Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2025 “La Forza e il Mondo” di Daniela Deflorio

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

“Ci vuole Forza e coraggio per stare al Mondo”

Quando il Mondo Arcano (l’arcano del Mondo) ti convoca, non è che puoi fare finta di niente. Ignorarlo vorrebbe dire innescare eventi a catena che preferirei evitare. Per il bene di tutti.
Così, quel mattino, mi sono messa in cammino verso il luogo designato. Non ho portato molto con me, solo lo stretto necessario. Sarebbe stato, comunque, un viaggio breve e un dialogo ancor più veloce.
L’Arcano non aveva giustificato in nessun modo l’incontro, ma si sa, tutti lo sanno, da che mondo è mondo, è noto che Lui è alquanto egocentrico. Si crede un “so tutto io”. Così non ci ho rimuginato sopra, anche se, una vocina nel mio profondo stava cominciando a borbottare senza sosta. Un tale chiacchiericcio da indispettirmi a tal punto da coprirlo con altri pensieri di gran lunga più concreti e urgenti.

Era da tanto che non viaggiavo e volevo godermi il paesaggio. Il treno mi è sembrata la scelta più consona. Io adoro i treni, adoro lasciarmi andare con loro senza dover prestare attenzione a dove metto i piedi. Farsi trasportare senza dirigere, lanciare lo sguardo e la coscienza al di là, oltre ciò che l’occhio vede e la mente brama. Lo trovo rilassante e piacevole a tal punto che mi sono addormentata, come una bambina cullata nelle braccia sicure della madre.
Mi sono svegliata di soprassalto.
«Ci vuole forza e coraggio per stare a questo mondo.»
Una donna stava consolando quella che sembrava essere una sua cara amica. La teneva per mano asciugandole le lacrime che solcavano il suo viso.
«Non è facile vivere ogni giorno guardando in faccia i nostri dolori, vedendo le assenze di coloro che sono andati via e, nel contempo, trovare anche la forza di mettere un passo avanti all’altro per evitare di morire, fuori e dentro.»
«Vorrei urlare. E… vorrei scomparire» le rispose la donna in lacrime.
«Lo so… lo capisco. È giusto che tu ti senta così.»
Ascoltando le due donne mi rendo conto che non è facile per gli esseri umani accedere a me, alla Forza. Sono un arcano semplice, dopotutto, ma in costante conflitto con le loro spinte primordiali ancora molto presenti nel pozzo profondo di chi sono stati. Ci sono molti detti che mi riguardano, tipo “essere forte come un leone”, “la forza la trovi dentro di te”, “se vuoi essere forte, vinci te stesso”, “forza e coraggio che la vita è un passaggio” e molto altro. Eppure, non sono sicura che questi siano i significati più corretti.
«I bambini…?»
«Li ho lasciati dai miei genitori in campagna… non me la sentivo di…»
«Lo capisco… ma non devi apparire forte a tutti i costi, nessuno si aspetta che tu…»
«Come no?» la interrompe la donna in lacrime. «Tutti si aspettano che io mi tiri su come un giunco dopo una tempesta e solo perché ho due bambini a cui badare. Non spezzata, solo piegata. Io invece mi sono spezzata, mi sono rotta in mille frammenti e non so dove trovare quella stramaledetta forza per tirarmi su. Tutti si aspettano che io faccia quello che, al momento, non sono in grado nemmeno di vedere dentro di me, o fuori di me… che diavolo ne so io dove trovare questa…»
«Lascia stare quello che gli altri si aspettano da te. Loro non sono nulla. Ignorali. Guarda solo a te. La tua forza di volontà e il tuo coraggio hanno illuminato e guidato tutta la tua vita. Ti ricordi all’università? Per frequentare il corso di laurea che volevi, ti alzavi ogni mattina alle 4:30, prendevi il treno alle 6 per essere in facoltà alle 8. E alla sera tornavi indietro. Studiavi mentre viaggiavi e mangiavi panini seduta sulla banchina dei binari. Sotto la pioggia, sotto il freddo, con il caldo e anche quando non stavi bene. E ti ricordi quando tua madre è morta? La sera stessa raccontavi le barzellette a coloro che ti stavano accanto per tirarli su di morale, perché non sopportavi di vederli soffrire, perché non volevi che ti facessero da specchio. Ma chi consolava te? Nessuno. Tu sei nata guerriera, quella forza che pensi di non avere è esattamente dove deve essere, dentro di te. Nei tuoi occhi, nel tuo sorriso, nel tuo intuito quando mi guardi e vedi cose che nemmeno io vedo. Ora sei come una sopravvissuta ad un disastro nucleare che sta ferma, in piedi, in mezzo alle macerie. E tu vuoi farmi credere che non sai dove appigliarti?»

Lo sguardo dell’amica era colmo di odio. Comprensibile. Nessuno sano di mente avrebbe fatto quel discorso a ridosso del disastro appena avvenuto. La donna però continuò.

«Lo so bene che questo non è il momento per questa ramanzina. Dall’alto della mia saggezza e dal basso della mia felice vita. Lo so che mi odi adesso, e va bene. Odiami. Fra qualche mese, quando avrai cessato di seguire tutti i tuoi pensieri appuntiti che dimorano nella tua testa, quando deciderai di fare del vuoto, aprire le mani e lasciare andare il dolore, ripensa a queste mie parole. Quando sentirai che sarà arrivato il momento di rialzarti, allora…» e strinse forte la sua amica, «io sarò con te, sempre. E se non avrai ancora trovato il tuo coraggio, sarò forte io per te fino a quando ti ritroverai.»

Decido di scendere a una fermata prima rispetto a quella prevista perché ho bisogno di camminare e riflettere. Il Mondo può aspettare.

A passi lenti mi incammino sul sentiero che dovrebbe portarmi al belvedere, il punto di incontro che l’Arcano del Mondo ha scelto per questa chiacchierata. Non c’è che dire, il paesaggio è magnifico, il profumo del sottobosco è intenso e gli alberi sono così alti da farti venire mal di testa a guardarli. Me la prendo comoda e mi godo la passeggiata. Per qualche strana ragione i fiori di campo prosperano in questo lato a nord della montagna nonostante il sole non sia così presente come dal lato opposto. Deve essere un sentiero praticato perché mi vengono in contro, correndo, due bambini inseguiti dai genitori mentre, io stessa, sorpasso una coppia di anziani che passeggia mano nella mano.
Essere la Forza però non vuol dire che io debba sempre essere padrona delle mie azioni e dei miei sentimenti, che debba sempre usare gentilezza ed energia femminile per trattare con il prossimo. Ci sono giornate in cui le scatole girano anche a me. Il pensiero zen oramai è fuorimoda.
«Potete smettere di seguirmi e unirvi a me nella camminata. Fate più rumore di uno stormo di anatre che migrano» dico ai due energumeni che mi seguono da quando sono scesa dal treno.
«Chiediamo scusa, Signora, non era nostra intenzione disturbarla…»
«Sì, certo, come no… non volevate disturbarmi eppure mi seguite dalla stazione. Cos’è, avete paura che non mi presenti al vostro Arcano? E da quando, Mondo, si avvale di tirapiedi come voi?»
Afflitti e colpevoli, i due segugi mi si affiancano e, in silenzio, proseguono senza alcun cenno di spiegazione. Avanziamo ancora per circa un’ora.

E poi, il Mondo appare nel suo splendore, in piedi su una roccia che si affaccia sull’intera vallata. A vederlo così, tutt’uno con ciò che lo circonda, potente e libero, verrebbe voglia di prostrarsi ai suoi piedi come se fosse un Dio. Eppure una sensazione sgradevole, quasi fastidiosa, mi gira attorno come a dirmi di dubitare di quel che vedo e che sento.
Mi avvicino cercando di apparire calma e padrona di me stessa. Ma non credo di riuscire nel mio intento.
«Ebbene… eccoti finalmente.»
«Ebbene sì…» mi piace giocare con le parole. Mi permette di prendere tempo e sondare il terreno.
«Hai preso la strada più lunga, a quanto vedo.»
«Mi hai fatta seguire dai tuoi scagnozzi, a quanto vedo.»
«Dovevo tutelarmi. Girano strane voci su di te, Forza, negli ultimi tempi.»
«A saperlo, mi sarei tutelata anche io.»
«Non l’hai fatto?»
«Non l’ho fatto.»
«Non vuoi sentire che voci girano sul tuo conto?»
«Non mi interessano… ma se proprio ci tieni…»
«Non è qualcosa a cui tengo, diciamo, piuttosto, che è una soddisfazione personale. Sembra, infatti, che tu, non riesca a controllare, e a dominare, le pulsioni e le passioni come facevi un tempo.»

Innervosirmi non mi aiuterà a uscirne illesa. Quindi decido di mantenere la calma a dispetto della frase appena pronunciata.
«Cos’è che vuoi da me, Mondo?»
«Dritta al sodo, come sempre eh… non ti smentisci mai.»
«Perché deluderti? Poi dovresti riconsiderare le tue opinioni in merito e tutti sanno quanto ne uscirebbe distrutto il tuo ego.»
«Guarda…» e mi fa cenno con la mano di avvicinarmi, «guardami…»
«Così mi confondi, chi devo guardare, te o il panorama?»
«Sei sempre la solita eh? Non cambi mai. Sarebbe troppo chiedere un po’ di compassione da parte tua? In fondo, come donna, dovresti averla programmata dentro di te sin dall’inizio dei tempi.»
Di fronte al mio silenzio, l’Arcano continua.
«Sono alla fine del mio viaggio.»
Socchiudo gli occhi per guardare meglio ciò che a prima vista mi era sfuggito.
«Pensi di impietosirmi con questa frase a effetto?» gli chiedo.
«Sei davvero senza pietà.»
Guarda le montagne che in lontananza creano un arco innevato e poi prosegue.
«Ho attraversato tutte le fasi e ora sono al termine del mio percorso. Sento tutto, percepisco il Tutto e me stesso in esso. Eppure… eppure mi sento così vuoto, così manchevole. Sono, al contempo, il tutto e il niente. Come se l’intera mia esperienza non fosse servita a nulla. Come se l’essere passato attraverso le varie fasi, i vari Archetipi, alla fine non mi abbia dato nulla di più di ciò che già ero. Come uno specchio, l’esterno riflette ciò che vede e il mondo riflette il Mondo, me stesso. Era già tutto lì, dentro di me… ma ho dovuto cominciare dall’inizio per veder-Mi davvero. Per sentirmi respirare, per percepirmi negli occhi degli altri. Ho attraversato ben 21 Arcani e ora, che sono qui, davanti a Me, ho paura…»
«Paura? E di cosa?»
«Paura di perdermi ancora, e ancora, e ancora…»
Il suo sguardo immerso nel Tutto è quasi tangibile, la sua sofferenza palpabile. Rimango in silenzio per offrirgli ancora del tempo ma lui si gira e mi guarda in attesa che io dica qualcosa. Chiudo gli occhi per qualche momento e poi dico ciò che lui già conosce ma che ha bisogno di sentirsi dire.
«Non hai bisogno che io ti ricordi che noi, Arcani, siamo immortali. Immortali fino a quando coloro che vivono sotto mille forme continueranno ad attingere alla nostra fonte, intellettuale ed emotiva. Noi ci arricchiamo ogni volta che un essere vivente impara a conoscerci. Assumiamo nuovi e più complessi significati con il passare delle civiltà e la loro diversità è fonte di nuova vita per noi. Se noi per primi, non facessimo esperienza di noi stessi, non potremmo arricchire coloro che dimorano nella nostra essenza. Allora sì che moriremmo dimenticati e inariditi. Di questo dovresti aver paura e non di ricominciare un nuovo ciclo.»

Mondo si gira e mi guarda.

«Tu non hai paura di nulla?»
«Non siamo qui per parlare di me. Mi hai convocata tu e spero non solo per confidarmi queste tue debolezze.»
«Certo, hai ragione. Bene, arriverò al dunque…»
«Sarebbe gradito…»
Il suo sguardo vaga sulla mia persona per poi fermarsi sui miei occhi.
«Aiutami…» sussurra.
«Aiutarti in cosa?»
Mi fissa come se io potessi percepire i suoi pensieri, in modo che non debba dargli voce.
«Aiutami… dammi la Forza, dammi una parte di Te per ricominciare un nuovo ciclo, perché io credo di non averla.»

Ecco, questo non me lo aspettavo. Lo guardo meglio, più in profondità. È possibile mai che l’Arcano del Mondo si sia fatto contagiare dall’umano sentire fino al punto di dubitare di sé stesso? Della sua stessa natura? Possibile mai che la paura, figlia della non conoscenza, abbia potuto intaccare un immortale tra i più consapevoli? Se questo fosse vero, tutti gli arcani sarebbero in pericolo, me compresa.

L’Arcano del Mondo questa volta mi guarda davvero come se leggesse i miei pensieri, come a confermare i miei sospetti.

«Cominci a capire le implicazioni di questa cosa?» mi chiede con una nota di preoccupazione nella voce.
Non solo le capisco, ma le vedo dipanarsi su molteplici linee dell’esistenza, le vedo prendere forme e colori, le vedo creare altre vie, altri mondi. Mondi nei quali noi non ci siamo, almeno non nella forma e consistenza attuale. Ora capisco la sua paura, e comprendo la sua richiesta. Ma non ne ho fatto esperienza quindi non riesco a sentirla fino in fondo.
E così prendo una decisione.
Scelgo di compiere un atto di Fede, di credere in quell’Arcano che dimora nel Tutto ed è lui stesso il Tutto. Perché sembra davvero che abbia bisogno di una parte di me, quella più intuitiva, più istintiva, quella femminile che lo incoraggia nel suo cammino e che lo collega al filo della Vita Eterna.
Mi avvicino a lui, e lo abbraccio. E sento un intero mondo che si muove dentro e fuori di lui, e sento mille e mille altre vite che risuonano con altrettante sue parti e la fusione e l’osmosi di ogni singola lacrima, di ogni singolo sorriso, di ogni singolo dolore e amore e gioia e disperazione e baratro e cielo e universo… e ancora e ancora e ancora…
Mi stacco da quella galassia di emozioni, gli prendo una mano e con l’altra gli asciugo una lacrima raminga sul suo viso.
«Vieni… ti accompagnerò laddove vorrai, sarò al tuo fianco a ogni tuo respiro, sarò per te ciò che tu sei per i sognatori e gli entusiasti, sarò la tua bussola affinché tu non ti perda e tu sarai per me quella parte di Mondo che ritroverò alla fine del mio viaggio.»

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