Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2025 “Sogno” di Francesco Filippi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Ci siamo incontrati alle sette di sera come stabilito. Mia cugina Paola viveva in città ormai da quando aveva diciotto anni, io ero solo un ospite d’occasione. Non conoscendo la zona, per non ritardare mi ero affrettato in direzione Nord, mentre in quel quartiere di Milano tutti rincasavano.
Arrivato allo scolmatore di Nord-Ovest, l’ho vista ai piedi del ponte deserto: i capelli corvini lunghi, il viso magro e ovale, alta dietro la carrozzella dove era seduto suo figlio dodicenne Nicola, imbaccuccato in un berretto colorato.
La via sul canale era stretta tra palazzi moderni, ricoperta da pozzanghere. Ci siamo salutati a voce alta, lei ferma al suo posto, io saltellando sul marciapiede sconnesso.
Lei rideva, al solito come imbarazzata quando ci incontravamo: “Come stai?!”, ha esclamato, abbracciandomi. Il ragazzino sotto di lei sorrideva, guardandomi un po’ sospettoso.
“Allora, come va?”, gli ho chiesto accarezzandolo sulle spalle con un gesto amichevole.
“Nicola stasera si è sentito pronto, siamo fuggiti per un po’!”, esclama Paola, emozionata. “Il dottor Pacini non si rende conto che ne avevi bisogno”, dice a Nicola chinandosi verso di lui.
“Finalmente mi sentivo di uscire, anche se il dottore non voleva”, conferma Nicola. “Mi sono preso coraggio!”.
“L’uscita dalla clinica con la carrozzella non è stata facile, poi con questo cielo cupo, non era invitante per niente”, dice Paola, poi ride come se avessero fatto un dispetto.
“Ma allora, cosa volevate farmi vedere?”, chiede Nicola guardandosi intorno, e sembra che non sia la prima volta a farlo da quando abbiamo deciso l’avventura.
Erano stati sufficienti poche decine di passi, dopo aver svoltato un angolo di fianco all’ospedale. Adesso eravamo tutti al nostro luogo segreto.
Il ponticello ad arco, con la balaustra bianca di marmo, lo abbiamo salito spingendo insieme io e Paola la carrozzella, direttamente sulla strada. Nicola aveva gli occhi chiusi, su nostra richiesta.
Poi, dopo averlo fatto salire sul marciapiede e affacciandoci al basso parapetto sull’acqua scura, lui li ha aperti a comando.
Nicola ha fatto un “Ehhhh…?”, ed è rimasto senza parlare, incantato, le labbra rosse per il freddo semichiuse.
Alcune forme di montagne, con i contorni di una stampa giapponese e dipinte come con vernice, erano apparse all’improvviso sulle enormi pareti di vetro dell’edificio di fianco sulla nostra destra.
Io e Paola le montagne le vedevamo davanti a noi, lontanissime, come una miniatura, al di là di tutti i tetti e dei confini della metropoli, nel cielo nitido di colori e scuro di nuvole. Una visione di un altro mondo.
Sul grattacielo lucido invece erano riflesse in modo abnorme, i bordi smarginati, sembravano a due passi, con un po’ di neve in alto, tanto da immaginarsi di poterle scalare. Nicola poteva vedere solo quelle.
Ma a lui sembravano bastare. Anzi, dopo tutti quei giorni tra medici, ha detto sorridendo: “Finalmente ecco qualcosa di naturale!”.
Dopo tutti quegli esami e tutte quelle stanze dalle pareti tristi, un’opera d’arte.
Dopo tutti i suoi incubi notturni, forse un sogno.

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1 commento »

  1. Un racconto molto toccante.

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