Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2025 “Una storia qualunque” di Donatella Asmodeo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Paolo sognava a occhi aperti da quando era piccolo. Nelle calde giornate estive passate in campagna dai nonni, scandite dal frinire delle cicale e dalle lenzuola pulite che frusciavano al vento, viveva avventure straordinarie: era un direttore d’orchestra e le cicale i suoi violini; era un pompiere che doveva mettere in salvo l’intero condominio di formiche; era un principe che arrivava a cavallo del suo cane maremmano bianco. Questa fantasia non lo abbandonò mai e quando divenne ragazzo, iniziò a sognare lei, Emilia: la figlia dei vicini di casa dei nonni, più grande di lui di tre cruciali anni. Passavano tanto tempo insieme a chiacchierare, mentre scorrazzavano per la campagna circostante rubando qua e là qualche ciliegia dagli alberi, canticchiando e fischiettando “Here comes the sun”.

Paolo divertiva Emilia con la spontaneità della fanciullezza e la sorprendeva con la sua capacità di ascoltarla.

Emilia a volte lo guardava pensierosa, convinta di non essere vista. Ma lui sentiva quello sguardo che lo bruciava ora sull’angolo delle labbra, ora sul collo all’attaccatura dei capelli, quando si arricciavano sulla pelle madidi di sudore.

Emilia continuava però a trattarlo come un bambino, mentre lui si immaginava a cingerla con le braccia intorno alla esile vita e a respirare il profumo dei suoi vestiti che sapevano di lavanda. Quando si addormentava lei era lì, con la testa poggiata sulla sua spalla. Lui la abbracciava e le accarezzava una ciocca di capelli avvolgendosela intorno alle dita. Restava così, con le dita che palpavano il nulla ma sentivano i capelli setosi di Emilia, mentre l’altro braccio era avvolto intorno al suo stesso addome, ma era di Emilia il tepore che riscaldava la sua mano.

Erano abbracci sognati, eppure così curati in ogni dettaglio, così vissuti e rivissuti, che lo rendevano felice davvero. Quegli abbracci erano il suo posto sicuro, ovunque si trovasse. Poi arrivò la macchina rossa sotto casa di Emilia: il tizio, più grande di lei, la aspettava in piedi appoggiato alla portiera e lei lo salutava con un bacio leggero sulle labbra. Quando tornavano, lui la accompagnava alla porta e rimanevano un minuto abbracciati, con la testa di Emilia poggiata sulla spalla del tipo.

Il profumo di lavanda degli abbracci di cui era stato derubato, trafiggeva Paolo con la sua mancanza. Capi che quel profumo gli sarebbe rimasto nell’anima, ora gioia, ora dolore. Per il momento era dolore e lo bandi dalla sua vita: costrinse tutti in casa a mettere via i deodoranti per ambiente alla lavanda, le foglie di lavanda, i detersivi alla lavanda.

Poi fu di nuovo estate, e anche l’anno successivo e quello dopo ancora, ma la musica ormai si era spenta e la macchina rossa era scomparsa, portandosi via Emilia.

I nonni morirono, uno dopo l’altro, e la casa fu venduta. Il frinio delle cicale non era più un coro di violini, ma solo un rumore di sottofondo. Non c’era più la biancheria stesa al sole, ma solo un filo che andava da un palo all’altro, curvando mollemente verso il basso. Paolo era solo in quella casa vuota, con l’amaro compito di decidere cosa tenere e cosa dare via di quei mobili che saturavano l’aria di ricordi. Una lacrima gli scese lungo la guancia, scivolò sul labbro inferiore e precipitò giù, sul pavimento polveroso. Paolo sentì distintamente quel tonfo, poi qualcuno bussò e la porta si aprì, facendo entrare la freschezza della lavanda di fine agosto: “Paolo! Sei cresciuto! “ gli disse Emilia, osservando la corta barba che incorniciava il suo bel viso da uomo. “Emilia, sei tornata! “ le rispose Paolo, sentendo mescolarsi nel suo stomaco l’emozione del bambino al desiderio dell’uomo. Fin dal primo istante di quell’incontro e senza che loro se ne accorgessero, i contorni di quell’uomo e quella donna sfumarono nelle immagini del ricordo e della fantasia. Quando il Paolo e l’Emilia del passato si furono del tutto sovrapposti a quelli del presente, i due ragazzi si abbracciarono come vecchi amici consapevoli di avere un segreto che non si erano mai rivelati.

Emilia prese Paolo per mano durante quel definitivo saluto ai luoghi della sua infanzia. E Paolo le tenne la mano mentre si avventuravano per i campi a raccogliere ciliegie e mazzetti di lavanda. Here comes the sun. Paolo non pensò a quanto fosse perfetto quel momento, con il sole che tramontava dietro di loro, ma senti le cicale che suonavano il violino mentre la terra si accendeva di rosso e travolgeva i loro sensi con i suoi profumi selvaggi. Gli occhi di Emilia gli chiesero di baciarla e lui lo fece. Poté cingerla finalmente in un abbraccio conquistato, sicuro, un abbraccio solido come una quercia, con radici profonde nella terra fertile e rami protesi fiduciosi verso il cielo.

Quando riaprirono gli occhi, furono il Paolo e l’Emilia del presente quelli che si ritrovarono davanti. Paolo senti che quella terra fertile si muoveva insidiosa sotto le sue radici profonde, facendogli perdere l’equilibrio: si accorse infatti solo in quel momento che i capelli di Emilia non erano più lunghi e setosi, ma corti e moderni. Si chiese se fossero mai stati davvero così lunghi e così setosi come lui ricordava dai loro abbracci immaginati.

La teneva ancora tra le sue braccia, come per cullarla dolcemente, ma non poteva, perché Emilia era più alta di lui.
In quegli occhi che poco prima gli avevano chiesto di baciarla, leggeva adesso insicurezza e disorientamento. Erano occhi bellissimi: solo ora, in quella vicinanza reale, ne coglieva le pagliuzze più chiare, che richiamavano il colore del grano.
Le prese entrambe le mani ed il tepore che emanavano, quello sì, era lo stesso che ricordava dai suoi sogni.

Si incamminarono verso casa e mentre salutavano le prime foglie che volteggiando giù dagli alberi anticipavano l’autunno, decisero che si sarebbero frequentati per conoscersi meglio.

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