Premio Racconti nella Rete 2025 “Gemming” di Ruggero Dittadi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Il Gemming era nervoso. Aveva un’espressione tesa sul volto quasi umano, dal quale scendevano lunghi fili lucenti che si agitavano all’aria brillando sotto i raggi del sole.
Mi ero seduto in un angolo, e ripresi a parlare di lei.
Credevo che l’amore per me stesse svanendo, o forse la sua era solo paura. Paura di sentirlo, di riconoscerlo, di arrendersi a qualcosa di più grande. Paura che combatteva il suo desiderio. Temeva di perdersi, o forse di ferirmi.
Ricordo come fosse ieri la sua voce dalle mille sfumature. Mi diceva «Non seguirmi», anche se nei suoi occhi c’era un lampo che sembrava chiedermi l’opposto. Quando ci incontravamo, mi sorrideva con dolcezza, socchiudendo gli occhi, e in quel gesto c’era qualcosa di fragile, di struggente. Ma poi la sua espressione si spegneva. «Farò del male anche a te», sussurrava, e quelle parole pesavano più di un addio.
Quante volte la vedevo camminare a testa alta, guardandosi intorno girando le spalle, con aria sicura, i suoi grandi e ipnotici occhi spalancati e le labbra serrate con una piega dura agli angoli della bocca. Ed era come se io non ci fossi.
Eppure com’era bello solamente immaginarla, mentre si muoveva per le stanze di casa con una sua certa sgraziata eleganza, o forse mentre beveva il the, come in un rito quotidiano. Il pensiero di lei evocava misteri indefinibili, nascosti nel suo sguardo, fra le lunghe ciglia, nelle microscopiche pieghe delle labbra, sulla sua pelle.
Ricordo quella notte senza stelle. Mi guardava triste e si appoggiava sulla mia spalla. Mi diceva «sono stanca». Io la accarezzavo, ma non riuscivo a toglierle la sua ansia, non riuscivo a darle niente. Poteva solo prendere, ma non sapeva ricevere. Le stavo davanti, la carezzavo piano ma il mio amore si fermava sulle mie mani e non riusciva a passare la sua pelle vellutata. Le stavo davanti fermo e inutile e lei mi guardava triste e annoiata.
Ricordo anche il giorno in cui partì. Qualcuno parlò della presenza dei Gemming, anche se pochi diedero peso a queste storie.
Nessuno sapeva veramente chi fossero, e addirittura dicevano si trattasse di fantasie. Ma lei voleva vederli, forse per strappare qualcosa anche a loro, qualcosa di nuovo. Non si conosceva ancora il devastante potere dei Gemming, il loro dono crudele. Colpire sempre il punto debole di chiunque li avvicinasse, il desiderio più nascosto, quello da cui non si può fuggire. Se lei lo capì fu comunque troppo tardi.
Quando lo incontrò, lui le sorrise accattivante spalancando i suoi enormi occhi da gatto, come aveva fatto tante volte lei. Non poté fare a meno di baciarlo, e lo baciò con amore. Cedere a quel sentimento era ciò che desiderava, ma anche la sua grande paura. Un abisso che l’avrebbe inghiottita.
Tutti dissero che era stato un sasso, ma io so che quando cadde a terra era già morta.
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Il Gemming ora era più calmo. L’aria muoveva delicata i lunghi capelli iridescenti, che sembravano mutare colore ad ogni respiro. La sua liscia pelle argentea catturava i riflessi del bosco. Con un cenno lento e misurato indicò che aveva fame. Gli portai del cibo.
Lui non mi aveva lasciato solo, non mi avrebbe mai abbandonato. L’avevo capito fin dal primo istante, quando lo avvicinai. Mi aveva sorriso accattivante, spalancando i suoi enormi occhi da gatto, e da quel momento fui suo schiavo.
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