Premio Racconti nella Rete 2025 “L’ombra sul colle dei lupi” di Tess Romano
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(File audio – Giorno 1, ore 18:32)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra in servizio.
Mi trovo in viaggio verso Colle dei Lupi, provincia di L’Aquila. Si tratta del decesso di Matteo Luciani, archeologo, rinvenuto ai piedi dell’abbazia del borgo. La dinamica appare compatibile con una caduta accidentale, ma su richiesta del procuratore Caprini effettuerò un sopralluogo. Prevedo una permanenza breve.
Fine registrazione.”
Il sole stava calando dietro la linea scura dei monti quando Andrea Serra imboccò la strada che saliva a Colle dei Lupi. L’asfalto si sgretolava ai margini, divorato dalle radici.
Intorno, solo boschi di roverelle e il silenzio assoluto di un luogo dimenticato dal tempo.
Andrea guidava senza fretta, il finestrino abbassato per sentire l’aria pungente della sera. Non si aspettava molto da quell’incarico. Un paese di sessanta anime, un morto che non interessava a nessuno, una pratica da chiudere in fretta. Eppure, mentre il navigatore gracchiava l’ultimo “arrivo a destinazione”, un disagio sottile gli si era insinuato tra le scapole. L’abbazia apparve per prima, isolata su un cucuzzolo roccioso. Rovine annerite dal tempo, un campanile spezzato come un dito amputato. Ai suoi piedi, una manciata di case sbrecciate, tetti di tegole storte, vicoli stretti come budelli. Colle dei Lupi.
Parcheggiò nella minuscola piazza, deserta. Nessuno ad accoglierlo. Nemmeno un cane.
Chiuse l’auto e si aggiustò la tracolla con il tablet e il fascicolo cartaceo del caso Luciani.
Avrebbe fatto il sopralluogo l’indomani. Quella sera, gli bastava trovare la locanda dove avevano prenotato per lui. Due insegne sbiadite penzolavano nel vento. Una portava la scritta “Locanda Bernardi”. Andrea varcò la soglia, annunciato dal cigolio del vecchio battente di legno. All’interno, odore di legna bruciata e minestra. E una donna seduta dietro il bancone: capelli grigi raccolti in uno chignon disordinato, mani forti, sguardo attento.
«Buonasera,» disse lei, senza alzarsi.
«Camera prenotata per Serra?»
Andrea annuì.
La donna — Rosa Bernardi, intuì leggendo la targhetta storta sul bancone — gli consegnò una chiave di ottone con un numero inciso.
«Secondo piano. Colazione dalle sette. Cena… se vuole. C’è zuppa calda.»
Nessun sorriso. Nessuna curiosità. Andrea salì la scala di pietra consumata. La camera era spartana: letto singolo, tavolino, finestra che dava su un cortile invaso dalle erbacce. Posò il tablet e si sedette sul bordo del letto. Fuori, il crepuscolo spegneva lentamente il mondo. Infilò le mani nelle tasche, trovando il registratore vocale. Ci pensò un attimo. Poi, quasi senza volerlo, avviò una nuova registrazione.
(File audio – Giorno 1, ore 19:07)
“Colle dei Lupi sembra più abbandonato che abitato.
L’aria è umida, ferma. Nessun segnale evidente di problemi. Eppure…C’è qualcosa, Dottore, che non saprei definire. Magari è solo suggestione.
Fine registrazione.”
2
(File audio – Giorno 2, ore 08:17)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi, secondo giorno.
Questa mattina effettuerò un primo sopralluogo presso l’abbazia dove è stato trovato il corpo del Professor Luciani. Nel frattempo, rilevo un’atmosfera di diffidenza da parte degli abitanti. Nessuno si avvicina. Nessuno saluta. Aggiornamenti a seguire.
Fine registrazione.”
Andrea chiuse gli occhi un momento, ascoltando il silenzio. Solo il respiro lento del vento tra le rovine. Domani avrebbe iniziato sul serio. Per ora, Colle dei Lupi sembrava volerlo solo osservare da lontano. In attesa.
Il mattino successivo, il borgo si presentava immobile sotto una coltre di nebbia leggera. Le pietre delle case sembravano sudare umidità. Andrea chiuse la porta della locanda alle sue spalle e si avviò lungo la strada acciottolata.
Il cuore del paese era poco più di un crocevia di vicoli. Panni stesi gocciolavano acqua sulle teste dei passanti invisibili. Pochi negozi: una macelleria chiusa, una bottega di ferramenta dal vetro scheggiato, una farmacia deserta.
Andrea Serra camminava lentamente, osservando. Due donne lo fissarono da dietro una tendina, poi sparirono. Un vecchio seduto su una panchina abbassò lo sguardo non appena Andrea incrociò i suoi occhi. Persino un gatto randagio scivolò via come un’ombra.
Non era solo diffidenza. Era paura. Ma paura di cosa?
Raggiunse il sagrato dell’abbazia. La struttura era imponente nonostante il degrado: muri scrostati, vetrate infrante, una croce sbilenca in cima al campanile. I nastri della polizia sventolavano al vento come stracci dimenticati. Andrea si chinò a osservare i gradini, ancora umidi dalla pioggia della notte. Nessuna traccia visibile. Solo una chiazza più scura, forse olio o muffa. Si guardò intorno. Nessuno. Solo la sensazione insistente di essere osservato da occhi nascosti tra le finestre buie. Tornando verso la locanda, decise di fermarsi alla bottega di ferramenta, dove un’insegna storta recitava Ferramenta e Casalinghi De Angelis.
Dentro, scaffali impolverati e un vecchio che lucidava lentamente un barattolo di chiodi.
Andrea si schiarì la voce.
«Buongiorno.»
Il vecchio alzò lo sguardo. Occhi chiari, quasi liquidi.
«Serra. Investigatore.»
Nessuna risposta.
«Sto indagando sulla morte del Professor Luciani. Lei sa qualcosa?»
Il vecchio abbassò lo sguardo, ricominciando a strofinare il barattolo.
«Era uno straniero,» mormorò. «Qui, chi scava troppo trova cose che è meglio lasciare stare.»
Andrea inclinò la testa.
«Che intende dire?»
Il vecchio scosse piano la testa, come chi preferisce non vedere. Poi, senza aggiungere altro, scomparve nel retrobottega. Andrea restò un momento immobile. Non era solo superstizione. Era terrore.
Quando tornò alla locanda, Rosa Bernardi lo aspettava dietro il bancone. In mano, una tazza di caffè bollente.
«Servirà,» disse semplicemente, porgendogliela.
Andrea la ringraziò con un cenno. Per la prima volta da quando era arrivato, provò un brivido che non aveva niente a che fare con il freddo. Colle dei Lupi non voleva essere disturbato. E sembrava disposto a difendersi. Con ogni mezzo.
3
(File audio – Giorno 2, ore 20:41)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Oggi primo sopralluogo presso l’abbazia. Nessun riscontro immediato. Tuttavia, registrata forte resistenza da parte della popolazione locale: silenzi, reticenze, allusioni a presunte ‘maledizioni’. Proseguo le indagini, pur rilevando un contesto sociale particolarmente ostile.
Fine registrazione.”
La sera calava sul Colle come una coperta di piombo. Il vento ululava tra le rovine, piegando gli arbusti secchi e facendo sbattere contro i muri scampoli di vecchie tende dimenticate.
Andrea sedeva nella sala comune della locanda, davanti a un camino che lottava per restare acceso. Accanto a lui, Rosa Bernardi versava un mestolo di zuppa in una ciotola scheggiata.
«Mangia finché è caldo,» disse, senza guardarlo.
Andrea ringraziò con un cenno, sorseggiando il brodo bollente.
Fu allora che Rosa parlò, come se le parole le fossero scivolate fuori contro la sua volontà.
«Lo sa, vero, cosa si dice di questo posto?»
Andrea sollevò gli occhi.
«Che è maledetto?»
Lei sorrise, ma senza gioia.
«Il Lupo Nero,» sussurrò. «Protegge il Colle da chi vuole profanarlo.»
Andrea appoggiò la ciotola sul tavolo.
«Leggende,» disse, più a se stesso che a lei.
Rosa scrollò le spalle.
«Leggende,» ripeté, ma il tremito nella sua voce raccontava altro. Raccontava paura.
Andrea si sporse leggermente in avanti.
«Mi dica, Rosa. Cos’è davvero il Lupo Nero?»
La donna rimase un momento in silenzio, scrutando il fuoco.
«È un’ombra,» disse infine. «Non lo si vede mai del tutto. Solo occhi che brillano nel buio. Chi lo incontra… non torna più.»
Andrea si appoggiò allo schienale, combattuto tra l’ironia e un vago disagio.
«Ha mai visto qualcosa?» Rosa lo guardò per la prima volta negli occhi.
«Io no. Ma mio fratello… sì. Prima di sparire.»
Un colpo secco di vento fece sbattere le imposte. Andrea si voltò d’istinto, poi rise piano, senza convinzione.
«La mente vede quello che vuole vedere,» disse.
«Oppure quello che è già lì,» rispose Rosa, abbassando la voce.
Quella notte, Andrea faticò a dormire. Ogni scricchiolio della vecchia casa sembrava amplificato, ogni ombra sulla parete si allungava fino a lambire il letto.
Verso le tre del mattino, fu svegliato da un suono sottile. Un ululato, forse. O forse solo il vento che si insinuava tra le pietre.
Si alzò, andò alla finestra. Fuori, nella piazza vuota, vide qualcosa. Un’ombra. Nera. Immensa. Stava ferma, in mezzo al selciato, come se lo osservasse. Andrea sbatté le palpebre.
Quando riaprì gli occhi, l’ombra era sparita. Solo il vento, solo la notte. Si strinse nella giacca, cercando di scacciare il gelo che gli si era infilato sotto la pelle. Non credere alle favole, si disse. Non credere mai.
4
(File audio – Giorno 3, ore 10:06)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Nella notte rilevato episodio singolare: figura indistinta avvistata in piazza, successivamente scomparsa. Proseguo le verifiche nell’area dell’abbazia. Priorità: confermare la presenza di accessi nascosti o attività recenti non documentate.
Fine registrazione.”
Il giorno successivo, il cielo sopra Colle dei Lupi era una lastra compatta di grigio.
Andrea percorse il sentiero che portava all’abbazia con passi cauti, il freddo che gli mordeva la faccia e la tracolla del tablet che gli pesava sulla spalla. Aveva bisogno di fatti, non di suggestioni. Superò il cancello arrugginito, scavalcando un basso muretto coperto di edera.
Dentro, l’abbazia era un deserto di pietra e polvere. I pilastri si alzavano come dita amputate verso il cielo aperto. La navata era ingombra di macerie e sterpaglie.
Eppure, tra le pietre, Andrea notò qualcosa che non quadrava. Tracce. Segni freschi di scavo, mascherati alla meglio con pietre e detriti. Si inginocchiò, tastando il terreno.
La terra era stata smossa di recente, forse solo pochi giorni prima. Seguendo le tracce, trovò una fessura nel pavimento della navata, nascosta dietro un altare spezzato. Un’apertura stretta, che sembrava precipitare nell’oscurità sotto la chiesa.
Andrea accese la torcia. La luce rivelò una scala di pietra, consumata, che scendeva in un abisso di umidità. Esitò. Poi infilò la torcia nella tasca del giubbotto, estrasse i guanti e si calò giù. La cripta era angusta, i muri grondavano acqua. C’erano nicchie scavate nella roccia, alcune ancora chiuse da antichi mattoni, altre sfondate. E in fondo, quasi nascosta tra le ombre, una parete diversa. Non antica. Recentemente murata.
Andrea si avvicinò, illuminando le linee ancora fresche della malta. Sfiorò la superficie con la punta delle dita. La malta si sgretolava facilmente, troppo friabile per essere antica.
Serrò la mascella. Qualcuno aveva murato qualcosa lì sotto. Di recente. Un rumore secco lo fece voltare di scatto. La torcia illuminò una figura a metà scala. Un uomo, anziano, curvo, con una lanterna in mano. Oreste De Angelis.
Il vecchio contadino della ferramenta.
«Non deve stare qui,» mormorò, la voce tremante.
Andrea salì i gradini a grandi passi, puntando la torcia in faccia al vecchio.
«Lei sapeva,» disse.
Oreste abbassò il capo.
«Ci sono cose… che devono restare sepolte.»
Andrea lo fissò a lungo, cercando una risposta nei suoi occhi acquosi.
«Che cosa c’è dietro quel muro?»
Il vecchio si strinse nelle spalle ossute.
«Non lo so. E non voglio saperlo.»
Poi si voltò, scomparendo tra le rovine.
Andrea rimase solo, il respiro che faceva nuvole nel freddo. Guardò di nuovo la parete murata. Qualunque cosa si celasse lì dietro, Colle dei Lupi aveva deciso di difenderla.
A ogni costo.
5
(File audio – Giorno 3, ore 19:12)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Scoperta apertura sotto l’abbazia, conduce a cripta secondaria. Rilevata parete murata recentemente. Richiesto intervento tecnico per apertura controllata. Persistono reticenze tra la popolazione locale.
Fine registrazione.”
La sera calò su Colle dei Lupi con la rapidità di una trappola.
Andrea cenò in silenzio nella sala comune della locanda, sotto lo sguardo silenzioso di Rosa Bernardi. La donna non fece domande. Non offrì spiegazioni.
Fuori, il vento aveva ricominciato a fischiare tra i vicoli.
Dopo cena, incapace di restare fermo, Andrea decise di camminare. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, di allontanare la sensazione che qualcosa — o qualcuno — stesse lentamente stringendo un cappio invisibile attorno a lui.
Il paese era deserto. Le finestre chiuse. Le strade vuote. Solo il rumore secco dei suoi passi sui ciottoli, e il frusciare dei rami nudi sopra la sua testa. Istintivamente, si diresse verso il sentiero che portava al bosco oltre l’abbazia. Un sentiero stretto, appena tracciato, inghiottito dalla nebbia. Avanzò lentamente, la torcia che tagliava con un fascio sottile l’oscurità liquida.
Dopo pochi metri, si fermò. Davanti a lui, nel chiaroscuro della nebbia, qualcosa si muoveva.
Una figura. Bassa, curva. Un movimento rapido, quasi furtivo. Andrea alzò la torcia.
«Chi va là?»
Nessuna risposta. Solo il rumore di passi rapidi che si allontanavano tra i cespugli.
Andrea si lanciò all’inseguimento, il cuore che batteva forte nelle orecchie.
La torcia sobbalzava con i suoi movimenti, illuminando tronchi contorti e pietre sporgenti.
Scivolò su un tappeto di foglie umide, si rialzò bestemmiando.
Intravide ancora l’ombra davanti a sé, un guizzo scuro tra gli alberi.
«Fermati!» gridò.
Il suono della sua voce sembrò rimbalzare senza effetto contro il muro della nebbia. Corse ancora qualche metro. Poi inciampò. Cadde pesantemente su una radice sporgente, battendo il fianco e perdendo la torcia. Rimase a terra qualche secondo, il fiato corto, il dolore pulsante sulla costola. Quando si rialzò, la torcia era rotolata via.
Nel buio, si accorse che il bosco era cambiato. Non era più solo.
Respiri. Passi. Movimenti appena oltre il bordo della sua percezione. Serrò i denti.
Raccolse la torcia e la puntò in cerchio attorno a sé. Niente. Solo alberi. Solo nebbia.
Solo la sensazione pungente di occhi che lo osservavano. Decise di tornare indietro.
Il sentiero sembrava più lungo, più contorto, come se il bosco stesso cercasse di trattenerlo.
Quando finalmente raggiunse il paese, aveva la camicia sudata incollata alla schiena, e una sottile, inspiegabile paura stretta in gola. Non era solo. Non lo era mai stato.
Quella notte, dalla finestra della sua stanza, Andrea guardò il buio oltre il cortile. E vide di nuovo. Un’ombra. Fermarsi. Osservarlo. Poi sparire, inghiottita dalla notte.
6
(File audio – Giorno 4, ore 08:52)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Iniziata oggi procedura di apertura della parete murata rinvenuta sotto l’abbazia. Presente personale tecnico da L’Aquila. Attendo conferma dei rilievi. Ulteriori aggiornamenti nelle prossime ore.
Fine registrazione.”
La mattina si levò grigia e fredda. Andrea attese con pazienza che la squadra di tecnici terminasse di predisporre l’attrezzatura. Due operai del comune e un esperto in archeologia preventiva, arrivato da L’Aquila, armeggiavano con martelli e sonde.
Rosa Bernardi gli aveva preparato un caffè amaro prima della partenza, senza dire una parola.
Nessuno a Colle dei Lupi sembrava curioso di sapere cosa sarebbe emerso da sotto la vecchia abbazia. O forse lo sapevano già.
Andrea osservò mentre i primi colpi incrinavano la parete. La malta cedette facilmente, sbriciolandosi sotto la punta dei ferri. Dietro, non c’era un tesoro. Non c’erano antiche reliquie o corredi funebri. Solo un piccolo spazio angusto, irregolare, scavato nella roccia viva. E qualcosa disteso al centro. Qualcosa che un tempo era stato un corpo.
Andrea si avvicinò, accovacciandosi sull’apertura. Il respiro gli si bloccò in gola.
Resti umani. Piccoli. Fragili. Il cranio ancora conservava parte della capigliatura. Le ossa, disarticolate, avevano proporzioni minute. Era il corpo di una giovane donna.
La camicia strappata, le mani raccolte in una posa di difesa disperata.
Andrea si alzò lentamente, il cuore che martellava. Il tecnico archeologo si avvicinò, scuotendo il capo.
«Niente di antico,» disse. «Sarà morta da… venti, forse trent’anni al massimo.»
Andrea si costrinse a riprendere fiato.
«Avvisiamo subito il procuratore,» disse.
Il tecnico annuì, preoccupato. Andrea tornò all’apertura. Chiunque fosse stata quella ragazza, era stata murata viva — o comunque abbandonata lì — sotto l’abbazia. Seppellita non per onorarla, ma per cancellarla. Il pensiero gli diede la nausea. Si voltò a guardare l’esterno.
Dal piazzale dell’abbazia, si intravedevano le case basse del paese. Inerti, immobili.
Come testimoni muti. Come complici.
Andrea capì che il caso Luciani — l’archeologo morto — era solo la superficie. Che il vero orrore di Colle dei Lupi non era la morte recente. Era il passato. E il paese intero aveva costruito la sua fragile pace su quel muro. Sul corpo nascosto di una ragazza senza nome.
Andrea chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì, si sentì più solo di quanto fosse mai stato.
7
(File audio – Giorno 4, ore 16:25)
“Rapporto per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Durante operazioni di apertura della cripta, rinvenuto corpo di giovane donna, deceduta presumibilmente tra i venti e i trent’anni fa. Disposta apertura fascicolo per omicidio a carico di ignoti. Proseguo accertamenti in loco.
Fine registrazione.”
Il paese era diventato ancora più muto, come se avesse trattenuto il respiro. Andrea percorreva i vicoli come un estraneo in terra ostile. Le poche persone che incontrava abbassavano lo sguardo, affrettando il passo. Alla locanda, Rosa Bernardi lo attendeva dietro il bancone, il volto tirato.
«Volete ancora restare?» chiese, senza ironia.
Andrea non rispose. Salì direttamente in camera. La ragazza nella cripta era il vero fulcro. E il Professor Luciani era morto perché aveva deciso di rivelarlo.
La sera stessa, Andrea si presentò alla ferramenta di Oreste De Angelis.
Bussò con decisione alla porta di legno, tre colpi secchi. Dopo un lungo silenzio, il vecchio aprì appena, mostrando solo un occhio inquieto.
«Lasciatemi in pace,» sussurrò.
Andrea forzò l’ingresso con una spinta decisa.
«Oreste,» disse, la voce bassa e tesa, «chi era quella ragazza?»
Il vecchio si appoggiò allo stipite, tremando leggermente.
«Una di noi,» mormorò. «Sparita tanti anni fa. Nessuno voleva cercarla davvero.»
Andrea fece un passo avanti.
«Chi l’ha uccisa?»
Oreste scosse il capo.
«Non lo so. E non voglio saperlo.»
Andrea strinse i pugni.
«Tutti sapevate. Tutti avete lasciato che venisse murata viva sotto la vostra chiesa.»
Oreste alzò finalmente lo sguardo, occhi lucidi.
«Non era il paese… era uno solo.»
Andrea inspirò piano.
«Donato Nardi.»
Il nome sembrò gelare l’aria tra loro. Il vecchio annuì lentamente.
«Custode dell’abbazia. Aveva la chiave. L’ha murata. Poi ha raccontato che era fuggita, che l’avevano vista su un autobus.»
Andrea uscì senza aggiungere altro. Sapeva dove trovare Donato. Lo trovò seduto su una panchina davanti alla chiesa, come se sapesse che sarebbe arrivato.
Donato era un uomo massiccio, la pelle del viso dura come cuoio. Non disse nulla quando Andrea si avvicinò.
«Perché?» chiese Serra.
Il custode alzò le spalle.
«Proteggere il paese,» disse semplicemente. «Se si fosse saputo… sarebbero arrivati i giornalisti, i carabinieri, la vergogna.»
Andrea lo fissò.
«E Luciani?»
«Era una minaccia. Voleva scavare, parlare. Non potevamo permetterlo.»
Nessun rimorso.
Nessun pentimento.
Solo quella fede cieca nella protezione del borgo. Andrea capì allora che Donato Nardi non era un mostro nel senso classico.
Era solo un uomo cresciuto in un mondo chiuso, dove la verità era un pericolo e il silenzio, una virtù. Fece un passo indietro.
«Verrete interrogato,» disse freddamente. «E questa volta non ci saranno muri a proteggervi.»
Donato chinò il capo, senza opporsi.
Come chi ha già deciso di accettare la condanna.
Andrea si voltò, lasciandolo solo nella piazza deserta, sotto il cielo grigio che sembrava pesargli sulle spalle.
Il Colle aveva tradito sé stesso.
E la vendetta più grande era che, da quel momento in poi, avrebbe dovuto convivere con il proprio crimine alla luce del giorno.
8
(File audio – Giorno 4, ore 18:03)
“Rapporto conclusivo per il Dottor Malvini, Andrea Serra, Colle dei Lupi.
Identificato responsabile dell’omicidio Luciani: Donato Nardi, custode dell’abbazia. Aperta nuova indagine per rinvenimento di cadavere non identificato. Termine operazioni di sopralluogo. Rientro previsto entro ventiquattro ore.
Fine registrazione.”
Andrea caricò la valigia nel bagagliaio con gesti lenti. Il paese sembrava ancora più vuoto, se possibile. Le finestre chiuse, i portoni sprangati. Nemmeno Rosa Bernardi era uscita a salutarlo. Forse, pensò, era meglio così. Avviò il motore. Lasciando la piazza, gettò un ultimo sguardo all’abbazia in cima al colle. Le rovine emergevano dalla nebbia come un relitto sommerso, indecifrabile e minaccioso. Il Colle dei Lupi non aveva bisogno di vendette rumorose. Aveva il tempo dalla sua parte. E il tempo, pensò Andrea, è un carnefice più paziente di qualunque uomo.
La strada si snodava tra gli alberi nudi. Le ruote sollevavano piccole nuvole di polvere grigia.
Appena oltre l’ultima curva, Andrea rallentò. Sul ciglio della strada, per un istante, vide qualcosa. Un’ombra. Alta, immobile, con occhi che sembravano brillare nella penombra del bosco. Il Lupo Nero. O forse solo la sua paura che prendeva forma.
Andrea rimase un momento fermo, il motore al minimo. Poi riprese a guidare, senza voltarsi.
Colle dei Lupi si richiuse alle sue spalle, inghiottito dalla nebbia. E lui capì che certi luoghi non dimenticano. Non perdonano. Non lasciano mai davvero andare chi osa svegliarli.
FINE
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Racconto splendido che avvince dalla prima parola all’ultima. Mi chiedo perché così pochi lettori
Mi piace molto questo racconto: lo trovo ben costruito, con un’ottima gestione dell’atmosfera e con una tensione che cresce con misura. La trama non mi sembra proprio originalissima ma la storia è raccontata con solidità e con tenuta narrativa. A conferma, una volta di più, che non è tanto il “cosa” a fare il racconto, quanto il “come”.
Un racconto molto bello, complimenti. Mi ha catturata dalla prima all’ultima parola. L’atmosfera di Colle dei Lupi (nome compreso) mi ha completamente rapita: questa assenza di tempo, questo distacco dal mondo moderno, il mistero… Grazie per questo racconto!
In questo racconto spicca la capacità dell’autore nel riempire la storia di elementi di suspense, creare personaggi interessanti, e gestire il ritmo della narrazione per tenere il lettore incollato alle pagine. Mi sono piaciuti la trama, l’ambientazione, l’atmosfera. Ottimo racconto!
Un incipit avvolgente e magistralmente costruito, che cattura fin da subito con l’atmosfera sospesa tra il reale e il perturbante. L’ambientazione di Colle dei Lupi è descritta con una cura visiva e sensoriale di notevole livello. Atmosfera densa e magnetica, tra mistero e malinconia. Colle dei Lupi sembra uscito da uno dei migliori best seller: personaggi molto particolari, leggende sussurrate e un senso di inquietudine che cresce pagina dopo pagina. Davvero coinvolgente. Ci vedrei bene un film basato su questo racconto.
Ho trovato questo racconto molto interessante, scorrevole nella lettura grazie ad un ritmo serrato, atmosfera ricca di suspanse. Da leggere!