Premio Racconti nella Rete 2025 “Il privilegio della presenza” di Valeria Cipriani
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“Ma guarda che strano: quelle anatre mandarino in volo sembrano formare un grande ventaglio.’’ Dalla panchina Nicoletta riusciva a vedere sia la lungara, ancora poco frequentata dai turisti sia le barche in fila da dove ogni tanto usciva un rumore, un movimento. “Sentori di vita”, pensò.
Per un attimo provò a concentrarsi. Doveva capire quale soluzione intraprendere. Le dita intanto sfioravano la placchetta d’acciaio incisa. Non aveva bisogno di leggerla. Aveva invece bisogno di deciderle sul da farsi dato che proprio quella panchina presto sarebbe stata sostituita con un’altra.
La dedica invece no. Quella sarebbe rimasta la stessa, indelebile nel suo cuore.
“Per te Barrett, che hai lasciato qui i tuoi sogni e la tua giovinezza. Spero tu possa vivere nell’ eternità di questo luogo che ti ha accolto ed apprezzato ogni giorno della tua breve esistenza. Niko”
OGGI : 20 giorni prima
La lettera giunta inaspettata dalla York House, osservandola insieme alle altre missive si distingueva per l’ eleganza della grafica scelta. Sembrava quasi si volesse fare largo sulla scrivania ingombra di carte e documenti impilati.
Il mittente faceva riferimento al municipio del borgo di Twickennam dal quale dipendeva Richmond upon Thames.
Nicoletta la prese, la aprì e ne lesse il contenuto.
Capendo che il passato la stava cercando, si sforzò di essere razionale fermandosi un attimo ad elaborare quanto stava accadendo.
Il cuore agitato comunque, la stava avvertendo che contro ogni aspettativa sicuramente avrebbe dovuto prendere un’ importante e sollecita decisione.
È vero. Il passato la chiamava ma era consapevole che il presente poteva catturarla e non lasciarla mai più come già era accaduto.
L’azienda era piuttosto solida. Le sue nipoti Greta e Lisa portavano avanti il lavoro in maniera eccellente nonostante il terremoto nel bilancio causato dalla lunga pandemia.Ora il loro prodotto cominciava a proiettarsi in una più vasta dimensione internazionale nonostante i giganti del web.
I confetti Corsini erano ormai sul mercato da anni e continuavano ad essere i migliori sia per l’alta qualità che per l’accuratezza artigianale che veniva tramandata dal 1922.
Più volte Nicoletta Corsini aveva pensato di mollare tutto e fare un lungo viaggio.Sarebbe sicuramente tornata a visitare anche Richmond nel pieno dei suoi 55 anni.
Riposta la lettera tirò giù un faldone posizionato molto in alto sullo scaffale impolverato. Prese da una cartellina dei fogli logori e ingialliti.
Il contratto stipulato 30 anni prima, chiaro in tutti i suoi punti, ora sembrava un documento di nessun valore giuridico. Dopo la parte formale e sostanziale Nicoletta si soffermò sulle note di raccomandazioni a fine pagina.
Proprio una di esse si riferiva agli impegni da mantenere in caso l’oggetto in questione fosse caduto in rovina, danneggiato o non più sicuro per l’uso pubblico. Per questo l’avevano contattata: per informarla della situazione e avere chiarimenti a riguardo. In caso di recesso si sarebbero riservati il diritto di offrire lo spazio ad un’altra famiglia.
Molto tempo prima lei aveva firmato quel contrato. Ricordava la disperazione, la devastazione che l’attanagliava. La scelta di incidere la dedica in italiano era dovuta al fatto che Barrett amava quella lingua. “Quando ascolto un conversazione in italiano, anche se non capisco, sembra di ascoltare un opera lirica di Puccini” diceva con quel suo sorriso sincero.
Nicoletta non l’aveva mai vista però quella panchina perché subito dopo era partita. I suoi genitori l’avevano raggiunta e l’avevano riportata a casa.
Ma dov’era casa? Più e più volte si era fatta quella domanda.
Durante quel lungo soggiorno, Barrett gli aveva svelato luoghi straordinari. Gli aveva svelato scorci di ponti rubati da lontano.
Ah quei ponti. Un susseguirsi di archi in pietra calcarea dai quali ammirare tramonti di raggi che si irradiano agli strati più alti del cielo. Quei stessi ponti che invece rubano la luce passandovi sotto. Un luogo amato, ambito prima ancora di essere posseduto. Allo stesso modo aveva amato quel ragazzo dai capelli scompigliati che le ricordavano i campi di grano sospinti dal vento di terra.
IERI 1994
La bottega della famiglia e il loro prodotto artigianale cominciava ad essere venduto oltralpe. La confetteria fondata dal bis nonno Osvaldo Corsini 72 anni prima stava intraprendendo una mercatistica nuova. Si cominciava ad avere l’esigenza di figure professionali che si interfacciassero con le richieste di aziende estere propense ad investire nello storico prodotto.
Nicoletta dopo gli studi universitari aveva deciso proprio in virtù di queste nuove aspettative commerciali, di affinare il suo scolastico inglese.
L’aveva aiutata Margaret l’amica dei capelli rossi con cui aveva condiviso il dottorato in studi italianistici.
Pur essendo di nazionalità britannica Maggie non volle tornare a casa, in Scozia. Preferì seguire l’amica a Richmond dove insieme avevano trovato lavoro presso un ufficio turistico nella City per 4 giorni alla settimana.
Così è iniziata questa storia di amore, di amicizia, di ponti, di panchine.
Barrett una sera aveva servito delle bevande a lei e a Margaret in un pub piuttosto frequentato. Il Mayfield Cottages.
Affascinato dalla lingua in cui le due conversavano, il ragazzo aveva cercato simpaticamente di ripetere le brevi frasi di cortesia: ‘grazie mille’o ‘buonissimo’, ‘perfetto’. Poi sorrideva e quella piccola depressione sul mento si accentuava conferendogli quel non so che di ragazzo goffo, ridicolo, ma così spontaneo e divertente.
Si erano rivisti nel pub fuori dal pub e a casa delle due ragazze un piccolo appartamento su due livelli così ‘stretto e lungo’ raccontava Niko alla sua famiglia da sembrare una torre.
I loro incontri erano diventati una consuetudine piacevole fino a veri e propri appuntamenti quotidiani. La necessità di vedersi, crescente e indispensabile faceva sì che ogni momento libero venisse riempito da gite e intimi pomeriggi a bordo della barca.
Lui, era amante dell’Italia. Cercava di imparare piccole frasi che venivano pronunciate storte e buffe, prive di stile. Le interferenze native davano luogo a quell’accento “stanliollionesco”[1] che facevano sorridere anche se non lo si voleva:
“ Non sono ràbbiato” oppure
“Hai messo la solare cream?” Ricordava ancora molto bene quei giorni con Barrett che ripeteva la stessa frase per molte volte pur di impararla correttamente. I loro venticinque anni si erano cristallizzati in un tempo che non aveva più coordinate. Nicoletta aveva dimenticato perfino il motivo per il quale si trovava lì. D’altronde questo era il prodotto della benigna alchimia di quel luogo, di quel tempo, di quell’età.
Tra i vari aneddoti Barret un giorno le raccontò di una graziosa casetta a due piani abbandonata, ubicata subito dietro il pub.
“ Qui si consumò, nel 1879 uno dei più noti crimini avvenuti nel Regno Unito.” Narrò il ragazzo. “ Si parlava di una domestica che a causa del particolare carattere iroso della sua padrona, la uccise e dopo con molta tranquillità si prese la briga di smembrarla e bollirla in una stufa peri il bucato per poi disperderne i resti nel Tamigi.’’
Niko rimase impressionata da quel racconto. Forse era solo una leggenda. Spesso Barrett la prendeva in giro con racconti folkloristici e parecchio romanzati.
Era comunque un eccellente studente. Faceva il volontario al Royal Park che era un vero e proprio laboratorio a cielo aperto per gli studiosi di botanica e gli appassionati di specie rare e protette.A volte invece lavorava al Mayfield Cottages il pub dove si erano incontrati.
Margaret la sua più cara amica fu complice di tutto ciò che accadde in quell’anno e mezzo a Richmond.
OGGI 2024
Tante foto erano conservate nella sua mente e nella sua camera chiuse in una scatola.
Istanti perfetti, lontani nel tempo, prima ancora che il tempo facesse il suo lavoro di inesorabile sbiaditura:
la foto della famiglia di Barret che viveva su una houseboat con la scritta Butterfly nel river side. Oppure quella dove Niko,Barrett e Margaret erano sdraiati sull’erba proprio vicino al molo coi pollici versi a salutare la vita.
“Che posto era, quello?’ s’era chiesta più volte Nicoletta ricordando attimi di allegre giornate lontana da casa.
Quando però Barrett scomparve tragicamente dalla sua vita quel posto perse tutta la sua autenticità, il lirismo che lo contraddistingueva – perduto per sempre.Come in una struggente e drammatica scena finale di un opera lirica.
Ricordava un frase di Virginia Wolf che diceva “: Londra, un luogo da guardare, dai cui influssi lasciarsi plasmare, scalfire.”
Lei quel luogo lo aveva guardato e gli effetti forgiata. Ma l’avevano anche smembrata in tanti pezzi come il corpo della donna gettato nel fiume.
Sua madre ma sopratutto Margaret, terribilmente sconvolta dell’accaduto, l’avevano all’epoca esortata a ritornare in Italia nel conforto della propria famiglia. Maggy era sempre stata una cara amica. All’inizio, da lei riceveva molte lettere piene di comprensione rassicurazioni. Poi cartoline un pò’ kitsch con panorami scozzesi che le ricordavano i film di Rosamunde Pilcher che guardava sua nonna. Poi continuarono a sentirsi tramite mail e ogni volta era un grande abbraccio che l’avvolgeva.
Poi notizie e mail cominciarono ad arrivare con una frequenza più diradata. Il legame che le univa si era trasformato in una di quelle amicizie che perdevano di intensità se non colmate da una costante presenza. In seguito di Maggie, non seppe più nulla. Quando però le capitava di ripensare a quei momenti allora sì, che la nostalgia prendeva il sopravvento. Quella nostalgia ora però la ritrovava in quel luogo dove era tornata.
Il tempo benevolo le faceva scorgere i tratti limpidi del parco di Richmond. Le acque calme la riportavano a quel senso di libertà che era rimasto là, non era partito con lei. Aveva deciso di recedere dal contratto facendo in modo che altre famiglie colpite da affetti perduti per sempre, potessero esprimere il loro dolore anche attraverso una dedica che ricordasse un loro caro.
Niko ripensò ai genitori di Barrett . Probabilmente non erano più in quella zona con il loro spirito hippy ormai sicuramente aggrinzito. Ancora seduta sulla panchina aveva notato come le imbarcazioni ad uso abitativo fossero aumentate e quasi per pura curiosità si mise a leggere i nomi sugli scafi davanti a lei: Pollyanna, Mr. Paul…Poi si fermò ad osservare lo scafo dove il nome Batterfly di vernice sfogliata si nascondeva tra i parabordi laterali. Il fumo usciva dal comignolo, segno che qualcuno alimentava la stufa. Lei però rimase paralizzata, immobile fino a quando un addetto alla manutenzione del parco cittadino la invitò ad alzarsi perché doveva, probabilmente cominciare a predisporre l’area per la rimozione della vecchia panchina.
Niko scese gli scalini senza togliere lo sguardo da quella scritta. Ora stava camminando sulla strada parallela al fiume pensando a cosa fare l’indomani mattina. Il pomeriggio del giorno seguente avrebbe avuto il volo di ritorno.
Quindi decise di tornare in albergo e passò di nuovo davanti all’imbarcazione. Note di un opera lirica si libravano nel cielo come fossero spinte fuori dal sottile fumaiolo,. Poi la musica cessò.
Dalla porticina con il telaio arrugginito ne uscì un uomo sulla trentina che agilmente saltò fuori dalla piattaforma galleggiante per toccare terra. Lo zaino in spalla e il passo veloce si incamminò verso il ponte. Lei rimase ferma. Poi sfidando ogni regola del buon senso accelerò il passo. Era sabato. Probabilmente quel ragazzo non stava andando a lavorare.
“Mi scusi” le parole le uscirono come se volessero raggiungerlo prima di vederlo scomparire. Lui si voltò scambiandola probabilmente, per una turista. Un sorriso si allargò su quel bel viso dai tratti gentili che però si interrompevano sul mento dove insisteva una profonda fossetta sgraziata ma pur sempre virile.
Lei si presentò: “Mi chiamo Corsini.” Disse raggiungendolo “Conoscevo i vecchi proprietari che abitavano la Batterfly intorno al…1994.’’ Spiegò agitata. ‘‘Erano due coniugi che ricordo con sincero affetto. Per caso,” proseguì con un po’ d’affanno ‘‘saprebbe darmi qualche notizia sul loro stato di salute.O dove sono andati ad abitare?’’
Lui socchiuse gli occhi scrutandola e disse: “Nicoletta l’italiana?”. Lei sbigottita sembrò chiedersi come facesse a conoscerla. Le gambe cedettero leggermente.
Lui sorrise di nuovo vedendo l’imbarazzo. “ Io sono Nicolas. I miei nonni sono da tempo in una casa di riposo nel Norfolk. Hanno lasciato a me la custodia della loro ‘dimora galleggiante’. Si sbrigò a spiegare.
Lei aveva perso la facoltà di parlare. Non ci capiva proprio niente. Barrett era figlio unico. Quindi quel ragazzo stava, forse confondendo qualcosa.
Bè, no! Conosceva il suo nome.
Poi, lui si scusò frettolosamente e le chiese se potevano vedersi magari nel pomeriggio. Si diedero appuntamento tre ore più tardi.
Così Niko, mentre mangiava uno spuntino, in camera cercò di mettere a posto tutti quei tasselli che non sembravano per niente combinarsi tra loro. Forse quel giovane era il figlio di una nipote dei genitori di Barrett che magari lui chiamava ‘nonni’.. Poi una telefonata la impegnò e si collegò in videochiamata con le nipoti che l’aggiornavano sui nuovi ordini. Avevano allargato le vetrine virtuali dove si descrivevano tutti gli articoli in produzione. Le stavano facendo vedere l’ultima combinazione di confetti liquorelli per chi voleva deliziare gli ospiti anche di un angolo ‘cubano’ dove oltre ai famosi sigari si offriva Rum e confetti allo Cherry con cioccolato extra fondente al 70%. Quel confetto era stato ideato proprio da lei in ricordo di quel periodo passato all’estero. In onore di quella vita che mai più avrebbe dimenticato.
Quando tornò verso il fiume il ragazzo la salutò e l’aiutò a salire a bordo. Le offrì la tradizionale tazza di tè e poi cominciarono a parlare dei nonni, delle loro stravaganti villeggiature un po’ fuori dai canoni turistici e poi del padre che non aveva conosciuto perché morto prematuramente.
Lei ascoltò ma continuava a non capire. Lasciò che parlasse. Le spiegò anche il perché la conoscesse. Sua madre gli aveva raccontato spesso di questa sua cara amica italiana con la quale aveva studiato e aveva condiviso la più bella parte della sua vita.
Ovviamente rimanendo impassibile più per lo shock che per la freddezza d’animo cominciò a tirare le fila mentre il ragazzo parlava ma che ormai non ascoltava più. Dovette chiudere le mani a pugno per non mettersi a contare i mesi, gli anni…Mille erano i pensieri e le domande. ‘Ci penserai dopo’ si disse.
Il figlio di Barrett le chiese se volesse dell’altro tè e lei rispose spiegando che si era fatto tardi e che doveva rientrare.
Lui però invece di salutarla si alzo e frugando in un cassetto un po’ duro da aprire , tirò fuori una scatolina. L’aprì ed estrasse una busta sgualcita.
Nicoletta stanca e priva di energie pensò subito: “Una lettera mi ha riportato qui e un’ altra probabilmente, mi avrebbe riportata a casa.”
Sul volo di ritorno decise di aprire la busta e lesse tutto d’un fiato il contenuto.
Molte contrastanti emozioni le passarono attraversandola pienamente, colpendola in piena faccia ,addolorandola ma poi rasserenandola. Non pensava più a Barrett come l’amore della sua vita. Pensava piuttosto a quello che aveva lasciato a quel figlio che come lui poteva dare tanto al mondo. Un giovane così energico e solare e pieno di vita. Un figlio, un nipote.
Prima di partire Niko passando per l’ufficio del Borgo di Richmond, chiese di poter cambiare alcune disposizioni decise il giorno prima.
Tornando a casa aveva però la sensazione di aver sbagliato qualcosa. Ma se così fosse se ne sarebbe resa conto il giorno successivo dopo una ristoratrice dormita.
Rientrata a lavoro non pensò molto a quello che era accaduto come se fosse andata al cinema a vedere un vecchio film che era stato riproposto in chiave moderna. Solo che il finale era totalmente diverso.
La sera sotto il portico della casa di famiglia si tolse la busta dalla tasca della giacca sportiva. Seduta sulla larga sedia imbottita posò lo sguardo sulla lettera senza leggerla. Chiuse gli occhi e con la pace nel cuore che solo le decisioni andate a buon fine le sapeva dare comprese che non aveva sbagliato niente. Dunque, nessun rimpianto, nessun errore.
Rilesse nuovamente la lettera di Margaret:
“Cara amica mia, quanto tempo. Se sta leggendo questa mia lettera è perché non esisto più e tu hai incontrato Nicolas il figlio che Barrett non ha mai conosciuto.Un ragazzo splendo che ama la vita come l’amava il padre. Ha studiato e viaggiato molto. Sicuramente ti avrà raccontato i suoi successi nel settore dell’architettura ricettiva…
Non voglio chiamare questo figlio ‘lo sbaglio di una sera’. No. E’ stato piuttosto una benedizione e questa benedizione ci ha condotti fino a qua.
Una stupida sera è stata la causa che l’alcol e qualche spinello ci ha resi irrazionali e certi che il giorno dopo tutto sarebbe tornato a posto. E così è stato in realtà. Tu eri partita per uno stage di cinque giorni felice di raggiungere l’Italia ancora Patria nel cuore. Eri tornata felicissima di aver incontrato anche se molto velocemente, la tua famiglia. Avevi portato con te una miriade di confetti con dentro segreti sapori che ci divertivamo ad indovinare. La sera del tuo ritorno (ricordi) abbiamo riso e scherzato. Ciò che era accaduto era stato per me solo un incosciente inciampo che si è rivelato un miracolo.
La scoperta di aspettare un figlio è coincisa con la morte di Barrett. Non sapevo cosa fare, credimi. Non ho mai avuto il coraggio di dirti la verità. Non c’è da stupirsi se alcuni di noi scelgono il silenzio anziché urlare. Non volevo perdere anche te. Ma sapevo che questo sarebbe stato inevitabile.
Avevo un segreto da tenere stretto da chiunque avesse voluto capire a chi appartenesse quel frutto nel ventre voluminoso. Solo i genitori di Barrett furono messi al corrente. Poi dopo anni sono tornata a Richmond dove si trovava una parte della famiglia di quel bambino.
Questo figlio doveva essere il vostro ma dopo aver pensato molto su cosa dovessi fare alla fine seduta proprio sulla panchina dedicata a Barrett ho deciso di andare fino in fondo. Non è stato facile. Mi hanno aiutato in molti, sopratutto i nonni di Nikolas che vedevano in questa gravidanza qualcosa di davvero miracoloso. Qualcuno gli stava restituendo un figlio, qualcuno stava colmando la perdita peggiore che una persona possa avere. Questo figlio è nato anche per te, che sei stata una parte importante della mia vita Quante volte abbiamo riso o pianto e giocato a fare le cuoche. Mi hai insegnato quel piatto tanto caro alla tua famiglia ‘ i topetti al ragù’ o la torta di riso di Pasqua. Spesso hai riposto in me aspettative che hanno esercitato un impatto incredibile su molte delle decisioni che hanno cambiato la mia vita. I lavori che mi venivano offerti o ai ragazzi con cui uscire. Ho tradito invece, le tue di aspettative anche se esse ormai erano sparite insieme a Barrett.
Lui amava te.
Il destino ha voluto che le cose andassero in maniera diversa. Vedi, lo stesso tragico destino ha fatto sì che la sua memoria continuasse a vivere con l’arrivo di un bambino.
Il suo nome, come avrai notato, è stato scelto per te. Ti voglio bene. Maggie.”
Due giorni dopo il suo rientro le arrivò per mail la comunicazione che la nuova panchina era stata di nuovo collocata. Le inviarono anche una foto. Ora sapeva che rinnovare il contratto non era stato un errore, così come non aveva sbagliato Margaret portando avanti quella gravidanza, nell’aver fatto nascere quel figlio. Era felice di aver rinnovato quel contratto, ma soprattutto di aver dedicato di nuovo a Barrett quel luogo che li aveva visti insieme, tanto tempo prima. La placchetta che era stata affissa questa volta però citava una frase della poetessa Wislawa Szymborska:
A Barrett. “ Una cosa soltanto non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza – ci rinuncio.”
Che ricordava i dialoghi dei comici americani doppiati Stanlio & Ollio. Il privilegio della presenza