Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Da Nord a Sud” di Alessandro Innocenti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Come arpeggi di Segovia si susseguivano. Bianche, leggere ed impazzite. Avevano un’unica direzione, da Nord a Sud, ed era quella dettata dal vento, nel quale danzavano. Il sole aveva raggiunto il suo apice e tutto era nitido e forte: il mare, la spiaggia, le ombre degli ombrelloni, i loro colori fantasiosi.

Erano inarrestabili le farfalle, non ne avevo mai viste così tante ed in quel luogo. Poteva essere una tormenta di neve, se fosse stato inverno, ed invece era agosto. Cercavo di individuarne il punto di partenza ma non riuscivo a scorgerlo, si alzavano di sicuro dalle dune dietro, dalle piante grasse e dai pancrazi che da tempo immemorabile avevano preso possesso della sabbia al limitare della pineta.

Dalla mia sedia-sdraio, confortevole come non mai, le seguivo con lo sguardo. Tutte insieme, oppure ne prendevo di vista una e l’accompagnavo con gli occhi fin dove potevo. Chiunque avrebbe potuto notare che questa era la mia unica occupazione adesso, non ero certo passato inosservato da chi mi stava più vicino, ma certo nessuno si sarebbe mai sognato di preoccuparsi di me oltre il dovuto.

Il mio era lo sguardo più attento su di esse tra tutta la gente che si trovava lì. Benché si trattasse in tutto e per tutto di un fenomeno senza ombra di dubbio non usuale, tutti sembravano non dargli troppo peso, come ne fossero stati assuefatti.

-Mamma mia!-

Era questa l’unica esclamazione in proposito che avevo udito. L’aveva pronunciata una giovane donna bruna con i capelli raccolti, il seno abbondante quanto il ventre e le mani sui fianchi, e subito dopo aveva riabbassato lo sguardo sul bambino che si trastullava lì ai suoi piedi, quasi con certezza suo figlio, che di continuo prendeva pugni di sabbia, la alzava, e con le mani ad imbuto la lasciava ricadere giù smossa dal vento, accompagnando quel suo gesto con un soffio emesso a bocca semichiusa come a voler dare voce a quel cadere lieve.

Sembrava che tutti fossero in qualche modo indaffarati, se così si fosse potuto dire, c’era anche chi si era appisolato, ma nessuno che come me osservasse veramente e seguisse lo sciame di quelle farfalle bianche, che se non altro avrebbe dovuto sollevare la domanda di quando sarebbe finito.

C’erano gruppi di persone che, disposte in cerchio, mangiavano pasti frugali con appetito, raccolti in circoscritte ombre rotonde senza parlare. Altri semplicemente conversavano del più e del meno, e anche se non potevo udiree i loro discorsi, ero certo che fosse stato questo l’argomento principale col quale si intrattenevano, il più e il meno. Parole di contorno a loro stessi e di contorno al mondo, parole di contorno insomma, lo notavo dalla poca concitazione che mettevano nel dialogare. Ogni tanto si fermavano come avessero finito gli argomenti e distoglievano lo sguardo, ma non sulle farfalle che invadevano tutto. Era piuttosto come avessero voluto prendersi una pausa, un momento per pensare a qualcosa da dire.

Sul bagnasciuga non mancava chi si passava una pallina di gomma a colpi di racchetta, e dietro, più dietro di tutti, oltre l’accampamento di ombrelloni, alcuni anziani gettavano bocce ad un pallino, soffermandosi poi a misurare il punto dopo una breve camminata.

Tutto questo era immerso e in sottofondo, a quello svolazzare artistico senza freni, e all’interno di un’unica direzione, da Nord verso Sud, che la forte brezza dettava alle farfalle bianche. O almeno per me che non smettevo di seguirle, era così.

Non mancavano le giovani coppie, che se ne stavano distese al sole, ad asciugarsi ed abbronzarsi quanto più fosse stato possibile, come prive di sensi, sprofondate nel calore, immobili. Presenti eppur lontane da quel fluire incessante di pennacchi bianchi ondeggianti e cortesi, che le sfioravano senza far rumore per non destarle.

Mi tenevo le mani sulle cosce e gli avambracci appoggiati comodamente sui braccioli della sedia-sdraio, e da dietro gli occhiali da sole vedevo tutto questo. Dalla mia piccola oasi di fresco, immersa nel ruggito del sole e nel sussurro fresco dell’alito del mezzogiorno, io vedevo tutto questo, il manifestarsi di quella brezza con il passare ininterrotto di piccoli pennacchi candidi tumultuosi, incapaci di prendere altra direzione se non quella, da Nord a Sud.

Il respiro pulito, i pensieri assenti di un momento di sola remissione, non avrei desiderato far altro che starmene lì ad osservare. Certo nessuno avrebbe potuto impedirmi di farlo, tutto dipendeva da me stesso. Da tempo era così, dipendeva tutto da me stesso quello che avrei voluto fare oppure no. Sarei rimasto lì fino a quando lo avessi voluto, e chissà fin quando lo avrei voluto. Nessuno mi avrebbe distratto, questo era sicuro, su questo potevo contarci.

Mi ero bagnato, ed avevo nuotato, allontanandomi alcune centinaia di metri dalla riva e quando mi ero rivolto verso di essa, le farfalle bianche non le avevo più viste, ma solo sagome di persone in lontananza, finché, una non mi volteggiò davanti agli occhi. Seguendola con lo sguardo mi resi conto che anche lì sull’acqua qualcuna passava. Non era la sola quella. Disperse, solitarie, alcune si stagliavano sull’azzurro. Forse una leccata d’aria le aveva spinte più in là, ma loro continuavano ugualmente come tutte le altre, da Nord a Sud, come se quella fosse stata la cosa più importante, l’unica direzione che avessero potuto seguire, un dettame di chissà chi.

Da lì, erano grandi quanto una persona là in lontananza, forse anche più grandi! Nel loro fremito svolazzante capitava che si sovrapponessero a qualcuno, fino per un attimo a farlo scomparire. Che bizzarria! Eppure era così.

Mi ero asciugato al sole e la pelle aveva cominciato a bruciarmi, ma dentro nel corpo era rimasta sempre un po’ della freschezza dell’acqua. Stavo all’ombra, e da lì l’unica cosa che mi interessava di fare era seguire quello sciame di farfalle bianche che attraversava quella massa di corpi, da Nord a Sud.

Ero di sicuro tra i più fermi su quella spiaggia, a parte chi dormiva, ma io non dormivo. Ero bene attento invece, e me ne rendevo conto.

Stare fermi non è lo stesso che essere fermi, come stare da soli non è lo stesso che essere soli. Chi mi aveva notato, e sicuramente mi avevano notato, certo avrà pensato questo, che me ne stavo da solo, ma non potevo spiegare a nessuno che era falso.

Me ne stavo fermo, sì, questo sì, a seguire quel fluire di ali bianche, delicate, vorticose e prigioniere, e pensavo che tutto intorno a me era falso, come se qualcosa di veramente falso esistesse a questo mondo. Comunque, era questo che pensavo. Avrei voluto darmi del presuntuoso ma non ci riuscivo, mi conoscevo troppo bene per sapere che questo non era un lato del mio carattere, semmai una condizione, un modo d’essere a cui ero stato indotto.

Improvvisamente, in lontananza, mi parve di notare una nota di colore che volava mischiata a tutto quel flusso candido. Un arancio. Strabuzzai gli occhi e poi vidi anche un verde per aria, più a destra e poi un rosso, ed un giallo, tutto dalla parte opposta. Di quelle macchie svolazzanti colorate riuscivo ad individuarne il punto di partenza esatto, non era come con le farfalle.

Un cono materializzatosi dal cielo si serviva degli ombrelloni come coriandoli per annunciare la sua destabilizzante e variopinta presenza. Veniva incerto verso di me. Mi alzai di scatto e mi misi a guardare. Il mio comportamento destò l’attenzione di chi mi stava intorno.

Si sentivano alcune grida in lontananza, quel piccolo vortice le provocava con i suoi movimenti improvvisi, sembrava volersi divertire, scherzando a sorprendere le persone con il suo zigzagare e arruffando tutto quello che incontrava. Come un giullare avanzava spostandosi di colpo ed imprevedibilmente, creando ad ogni suo schiribizzo, ora qua, ora la, il vuoto intorno a sé.

La gente che avevo intorno cominciò ad agitarsi e in fretta sfilò gli ombrelloni da terra e raccolse le cose prima che arrivasse, e si mise in disparte, e così feci anch’io, andandomi a rifugiare con gli altri verso la pineta al di là delle dune.

In men che non si dica arrivò. Mostrava il petto fiero, oppure di colpo si piegava su sé stesso come un navigato attore di avanspettacolo in segno di ringraziamento. Le farfalle, quelle più vicine, furono risucchiate e sparirono, la folla fu dispersa.

Una folla dispersa perde la sua espressione, la sua sola espressione, la sua sola inconsapevole direzione. Quel saltimbanco piombato lì all’improvviso fece anche di più, si avvolse su di sé anche il tempo. I veli di ogni apatia cominciarono a vorticare su sé stessi con lui, che muovendosi come un dervisho li sradicò.

– Oddio! Oddio! -, continuava a ripetere una signora di mezza età, con le mani sulla bocca e gli occhi spalancati, impietrita.

– Ha fatto proprio una bella pulizia -.

Avevo un uomo vicino che sembrava quasi divertito.

– Una svegliata -, gli risposi. – Eh, già -, e sorrise.

Due bambini si stringevano e urlavano, ma non di terrore, di esaltazione, sembravano non dovessero smetterla più, sotto lo sguardo attonito del padre.

Tutto quel vortice nebuloso di sabbia e di farfalle e di non so che in un secondo cambiò direzione ed abbandonò la spiaggia per dirigersi, saltellando, verso il mare. Sembrava essersi stancato di stare lì e aver deciso di uscire di scena. Chissà con quale logica lo fece, certo una logica tutta sua. Anche l’acqua si mischiò così al suo contenuto, e assunse un aspetto ancora più pittoresco.

– Guarda là!

– Bello!- si dissero una giovane coppia stando abbracciati, con negli occhi un misto di paura e stupore.

– Eccezionale! -, mi venne fatto di replicare.

– Vero… -, mi rispose lui approvando.

Mi voltai e continuai a seguire quasi salutandolo quello spettacolo in mare, finché non si spense all’orizzonte.

In fretta si erano separate, ma lentamente, le persone cominciarono ad unirsi di nuovo, ancora in una folla, che pian piano cercò di piazzare ancora gli ombrelloni, e gli asciugamani, e le sedie e i lettini.

Così le farfalle. Non avevano mai smesso di fluire, adesso però potevano addensarsi di nuovo e ripresero la loro direzione guidate dalla vecchia perseverante brezza, da Nord a Sud.

Una donna anziana in costume intero a tinta unita mi passò vicino, mi dette un’occhiata di cui non riuscii a comprendere il significato, forse non ce l’ aveva, poi si voltò e si diresse tracotante verso una sdraio vicina a quella del marito desiderosa di potersi finalmente riposare, e si sedette.

Loading

1 commento »

  1. Un racconto,delicato intenso ,bello.

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.