Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Dell’amore e della freccia, forgiata per orgoglio” di Alberto Bonini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Iniziatore e poi spettatore della tragedia, Amore giovane si posò di fianco all’alloro che ora era Dafne e lì depose le armi. Accarezzò il tronco che fu un corpo cereo vivo e si volse a guardare le impronte della corsa disperata dello zio Apollo; terra forzata da passi insolitamente pesanti, alimentati dalla cieca passione di una luce accesa da una freccia dorata. Amore si tolse una rosa dalla corona e la posò ai piedi della bella Dafne perduta.

Rimembrava la veste blu cielo che accompagnava i capelli dorati mossi e smossi dalla frenesia, poi la giovane ninfa che, aggraziata anche nel terrore, fuggiva al Dio radioso assistita dal sole brillante, che insolente ostacolava il suo portatore nel tentativo di curare la giovane ragazza. Una rincorsa folle del Dio più savio, abbandonato nel suo braciere che gli smosse anima e corpo. Sferzarono venti e fronde ammaliando creature animali e non, ossigenando il verde con la loro bellezza eterea che vestiva un dramma celestiale. Correvano entrambi per paura, solo di cose differenti.

Apollo aveva ormai abbandonato Dafne, decoratosi il capo con l’alloro che una volta furono i suoi capelli. Amore sedette al fianco della fanciulla persa e una colpa lo prese allo stomaco e poi alla gola. Il dardo scoccato deve il suo destino all’impulsività di un giovane Dio passionale, terrorizzato dal confronto e incapace di soffrire una provocazione insolita, uscita dalle labbra del parente più razionale.
Accompagnato dallo scorrere del fiume turbato che accolse la richiesta della figlia, Amore venne pizzicato dalla voce del vecchio Peneo, Padre di Dafne e sovrano del luogo. Con il cuore straziato notò il figlio di Afrodite ai piedi della figlia e la rabbia lo arse:
“Amore disgraziato, come mai rimugini carezzando le radici che una volta erano le gambe di Dafne?” “Peneo… Per qualche motivo fatico a sollevarmi, le mie gambe hanno perso forza e le mie ali sono di marmo, non mi riesce spiegarti il perché… Ho la mente annebbiata”
“Dafne oramai è perduta e io ho assisto al suo decorso, la metamorfosi fu cominciata con la messa in terra del primo passo, per fuggire a un Dio esausto di passione!”
“Ho scatenato io Apollo! Mi schernì e in me esplosero paura e rabbia, così non ragionai e caricai l’arco con due frecce, una d’oro brillante e una di piombo spento. Al Dio dorato destinai la punta d’oro, mentre a Dafne il piombo, una fece innamorare, l’altra repellere”.
Peneo esperto provò furia per quel giovane dannato, che dalle braci dell’anima scatenò una fiamma futile, che impose la testa della figlia come prezzo da bruciare. Avrebbe voluto affogarlo nelle sue acque e poi abbeverare Dafne con il sangue divino, ma non furono sue le mani che cercarono di possederla; chi fu mosso dalla passione non portava ali nivee sulla schiena e indossava vesti celesti. Peneo spense la furia e comprese l’innocenza di Amore.
Amore crepò il suo viso dolce col dolore, si percosse debolmente il petto e si afferrò la gola per cercare di togliere la morsa che gli levò il respiro. Rigido nel corpo, bagnò le radici di Dafne con lacrime amare scintillanti e si tinse le guance di scarlatto per il pianto. Peneo padre smosse le correnti gelide e bagnò il giovane fanciullo così da lavargli la tristezza di dosso; gli occhi verdi del figlio di Afrodite ripresero colore e tutto intorno gli ritornò calmo e vivo, acceso dal sole.
“Vorresti il mio perdono anche se non ti è destinato”
“Vi ho portato via la figlia”
“Hai scoccato una freccia, non hai compiuto altro che il tuo talento. Tu sei la scintilla, la saetta che squarcia il cielo, l’eccitazione e la paura. I tuoi meriti e demeriti sono terminati con la schiena di Dafne, dopo solo Apollo fu responsabile”
“Se non avessi scattato d’impulso, l’alloro porterebbe ancora le forme della bella Dafne”

“Sei passione incontrollata, ragazzo, e sei giovane, alla tua età le emozioni sono le sole cose che possiedi, il tempo per pensare e poi rimpiangere lascialo a noi vissuti”.
Amore dispiaciuto accolse la voce del Dio del fiume come un’onda di calore, accogliente e rassicurante in un momento di tristezza. Come la voce del creato sembra un cuscino dopo il caos, il vecchio Dio del fiume Peneo aveva placato la colpa del giovane Amore, che aveva recuperato la bellezza principesca della porcellana e la fresca innocenza. Si allontanò da Dafne e prese posto sul ciglio del fiume in lutto, lucido nell’acqua e nelle parole.

“Con quale forza avete concesso a vostra figlia la metamorfosi?” “Tutta quella che avevo”
“L’avete persa, qualcuno dovrà pagare…?”
“Qualcuno?”

“Apollo”
“Nessuno dovrà pagare, non sempre si può pretendere il risarcimento da un errore. Apollo la rincorse senza guardare, di lei poté osservare solo la schiena, gli occhi gli fuggirono… Li avesse letti si sarebbe fermato, ma il Radioso fu cieco”
“Ti chiedo scusa, ancora una volta scusa. Perdonami per la mia giovane incoscienza”
“Amore caro, ti perdono l’incoscienza, ma non fare di te il tuo male. Prosegui oltre Dafne, ritrova Apollo che ora sarà affranto, e dagli la mano. Tuo zio è lungimirante, davvero credi che non sapesse del suo destino?”
“A che scopo proseguire in un percorso destinato al dolore?”
“Perché non esiste solo il bene caro giovane… E poi Dafne non è morta”
“Come no?”
“Sei così innocente, mi ricordi Apollo stesso. Dafne ora è alloro, ma la sento che si nutre del mio fiume attraverso le radici, mi abbraccia con esse e si lascia osservare le verdi foglie! Vive dentro la corteccia e ora è in pace con la natura che proteggeva! Di lei piango il corpo, perché con tanto amore l’avevo creato, ma va bene così”
“Apollo lo sa? Ma certo che lo sa…”
“Apollo sa tutto. Ma quale bestia rinuncerebbe all’eccitazione di un cuore innamorato anche se destinato a spezzarsi? Sapeva che Dafne avrebbe continuato a vivere, e che non avrebbe tenuto compagnia alle anime di Adone, di Narciso…”.
Amore si caricò la faretra dorata in spalla e afferrò l’arco donatogli dalla madre. Con lento respiro si issò in piedi e si guardò riflesso nell’acqua di Peneo, che con voce grave gli parlò ancora.
“Afrodite sovrana ti ha attribuito armi pericolose ragazzo mio! Quante altre volte cadrai nell’errore e nell’eccesso… Ma andrà bene così. Permettimi di dirti questo: come impugni il tuo arco e come scegli i tuoi bersagli, non esiste creatura che possa sostenere una tale responsabilità. Osservi il mondo con la luce nello sguardo e di ogni freccia ne avverti il peso. Se Dafne ti fosse stata nei pensieri lontana e intangibile, non ti saresti soffermato alla sua ombra per chiedere perdono. La colpa ci accomuna tutti, mortali e immortali, ma il pianto si mostra solo nei puri, incontaminati e riconoscenti di se stessi… E tu hai pianto la mia ragazza.”
“Come si supera tutto questo? Dove sta la risposta? Era pur sempre una giovane donna”
“Non vi è risposta giovane Amore, solo consapevolezza che viene col tempo. Piangere uno sbaglio, una perdita o la colpa stessa va bene, farsi consumare è l’ennesimo eccesso. Sei l’unico Dio che può permettersi la leggerezza, eppure ponderi allo sfinimento. Ricordati che nessuno ti maledirà mai per le tue frecce, non c’è sensazione che sostituisca l’amore dirompente.”
“Tu non desiderasti il mio male quando ti raccontai quel che feci?”

“Io mai vidi Dafne come donna, fu mia figlia. Apollo è l’innamorato sconfitto, ferito dal suo stesso cuore, e avrà bisogno di tempo per comprendere il suo errore. Corri da lui e abbraccialo, vedrai che non serberà rancore anche se la freccia fu tua, ti amerà più di prima!”
“Addio Peneo, Addio Dafne”

“Addio Amore”.
Spiegate le candide ali piumate, con un passo Amore fu nel cielo azzurro. Peneo vegliava la figlia rinfrescandone il tronco e le meravigliose foglie verdi, mentre Apollo solenne piangeva sulla lira dorata illuminato dal sole che l’ostacolò, ma che ora gli porgeva calore. Amore raggiunse lo zio e con timore lo strinse in un abbraccio, ne seguì il silenzio e poi le note sublimi delle corde, pizzicate dal virtuoso Apollo che piangeva.
“Dolce Amore, ignora queste lacrime e raccontami quel che feci»
«Hai amato Apollo».

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