Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Una gabbia di matti” di Carlotta Mura

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Per una volta nella vita decisi di essere coraggiosa e affrontare le mie paure. Sono sempre stata una bambina molto estroversa e chiacchierona, eppure  col tempo l’ansia sociale aveva fatto capolino nella mia vita. Non che il mio essere logorroica fosse svanito nel nulla, ma l’idea di andare in una classe nuova composta da soli sconosciuti non mi entusiasmava più di tanto.

Il liceo artistico però era la scelta migliore per me ed io non vedevo l’ora di iniziare. Mi misi quindi l’anima in pace ed entrai in quella scuola grande e minacciosa. Non sapevo ancora che da quel giorno in poi quei diciannove ragazzi sarebbero diventati la mia seconda famiglia.

C’era Jean, la ragazza dalle “due facce”. A scuola era molto timida e riservata, parlava così piano da doverle chiedere di ripetere il discorso almeno tre volte. Se invece la incontravi in giro o alle feste era tutto il contrario. La incontrai una sera ad un festino e non potevo credere ai miei occhi. Sembrava al settimo cielo, saltellava, rideva e urlava in un modo che mai le avevo visto fare. Era alta e in forma, con i capelli di un mosso particolare che le invidiavo tanto ma che lei continuava a piastrare. Tante piccole lentiggini contornavano il suo naso e parte delle guance, donandole un aspetto da bambina. Era molto bella, ma sembrava non le interessasse quasi mai, era quasi sempre struccata e quelle poche volte che si truccava metteva solamente un leggero strato di mascara e la matita nera. Personalmente ho sempre pensato che il suo nasino scolpito alla perfezione e il sorriso impeccabile bastavano a farla sembrare bellissima.

Poi c’era Roby, amica di Jean e fidanzata con un sedicenne di classe nostra. Lei era l’anima della classe, quella che aveva sempre la battuta pronta che puntualmente faceva ridere anche i professori. Impossibile da odiare. Però aveva anche un caratterino ribelle, per la sua età aveva già molta esperienza ed anche esteticamente si notava. I capelli non avevano una forma ben definita, erano spesso legati e potevi scovare qua e là qualche dread. Aveva un bel faccino spezzato dal septum ed un leggero strabismo di venere che le donava un aspetto simpatico. Gli occhi erano di un verde leggero, delicato ma stupendo, con uno sguardo che cambiava ogni secondo. Diceva di odiare il suo fisico ma a me piaceva.

Sua compagna di vita, Mia. Dove c’era Roby c’era anche lei. Nonostante la loro grande amicizia non si somigliavano affatto. Mia era molto ingenua, quasi da sembrare piccola. Anche i suoi occhietti scuri lo dimostravano. Se fosse stata meno alta avrei giurato che avesse undici anni, perfino la voce era paragonabile a quella di una ragazzina delle elementari. In realtà era un palo della luce, altissima e secca. Non aveva nemmeno una forma ma non sembrava interessarle e a parer mio stava benissimo così. A caratterizzarla erano i suoi capelli colorati, non aveva però un colore preciso questo perché lo cambiava spesso. Era strano effettivamente vedere una ragazza così semplice con i capelli blu elettrico o rosa. Era un po’ amica di tutti ma anche di nessuno.

Luca era molto simile esteticamente a Mia. Lui era il classico nerd, intelligente e genio dell’informatica. Qualche volta rimpiangevo di non essere nata brava come lui, avevo anche provato ad ascoltare qualche sua spiegazione sul funzionamento degli apparecchi elettronici, ma mi perdevo ancora prima che iniziasse il discorso. Trovavo affascinanti le persone così ma per lui provavo solamente un forte senso di tenerezza, non so perché, era così e basta.  Era alto e magro, come Mia, ma aveva due occhioni azzurri, o forse meglio dire blu, che tutti non riuscivano a guardare per più di cinque secondi. Tranne me, io adoravo guardare le persone dritto negli occhi. In ogni caso non era uno di quei ragazzi che passano ore davanti allo specchio, anzi, aveva in testa un ammasso di capelli castani molto disordinati. Era di animo molto gentile e non si arrabbiava mai, non so come faceva. Quando c’era un compito in classe lui era uno dei pochi a fregarsene e continuare a fare gli affari suoi in completa tranquillità. Che poi non andava nemmeno male a scuola e sapeva oltretutto disegnare da dio.

Stava sempre insieme ad Olly. Lui era più piccolo di un anno e si notava. Non tanto per l’aspetto esteriore, ad esempio il suo abbigliamento era spesso particolare, ma soprattutto per il suo carattere. Era abbastanza permaloso anche se non lo dava troppo a vedere, faceva di tutto per assomigliare a quelli della mia età, ma spesso non ci riusciva. Cercava di avvicinarsi a noi con metodi sbagliati, questo è il motivo principale per cui non stava simpatico a molti della classe. Esteticamente somigliava a uno d’altri tempi, aveva i capelli poco più corti dei miei che gli accarezzavano le spalle, di un biondo cenere intenso, sarebbero stati il sogno di ogni ragazza. Il naso era delicato, quasi da bambino, e portava l’apparecchio. Non era molto alto. Nonostante non fosse il più amato era sicuramente il più bravo della classe. Andava bene in ogni materia, e in quelle in cui andava “peggio” aveva la media del sette. Era un bravissimo ballerino, come tutta la sua famiglia, che sicuramente gli voleva un gran bene.

Aveva la fissa di appiccicarsi a Nin. Lei era strana, e le piaceva esserlo. A volte le attenzioni di Olly nei suoi confronti erano esagerate, o forse no, ma era troppo buona per impedirglielo. Portava dei grandi occhiali dalla montatura fine che arrotondavano il suo viso già tondo. Metteva sempre una spessa e lunga  linea di eyeliner ma, a parte quella, non applicava altro. Lo stile gotico le sarebbe stato molto bene, però preferiva mettere una felpa e dei baggy. Anche lei come Luca adorava giocare ai videogiochi ed era un’appassionata di manga. La sua specialità era ridere, adoravo la sua risata squillante e naturale, e trovare sempre doppi sensi. Era simpatica e molto generosa, mi piaceva come persona.

Sua grandissima amica, anche se si conoscevano solamente da settembre, era Juliette. Non avevo mai capito come avevano fatto amicizia, ma l’unica cosa che sapevo era che avevano legato da subito. Juliette era quel classico personaggio delle serie tv d’azione, intelligente e che non mostra mai emozioni, ma che alla fine salva tutti. Non piangeva davanti alle persone, preferiva fare finta di nulla quando le succedeva qualcosa. Aveva così tante qualità che molte volte ti veniva naturale pensare: “Siamo sicuri che non sia un robot?” La cosa che le riusciva sicuramente meglio era disegnare. Aveva un tratto fine e delicato, tutti in classe la invidiavano per questo, me compresa. Persino i prof quando vedevano i suoi lavori ne rimanevano meravigliati. Un po’ il mio sogno diciamo. Nella sua famiglia erano quasi tutti bravi a disegnare. Slanciata e con il fisico da idol coreana, capelli scalati che raccoglieva lasciando sempre due ciuffi ad incorniciarle il volto magro e ovale, occhi scuri e palpebre da bradipo. In realtà quando voleva sapeva anche aprirli. A dicembre si era anche fatta il septum che le stava da dio. Oltretutto aveva  la madre francese, quindi sapeva parlarlo perfettamente, come se poi non fosse un fenomeno anche a inglese. Si truccava sempre nello stesso modo: eyeliner, mascara, illuminante e qualche volta blush. Aveva un carattere molto particolare, che andava capito. Sapeva essere seria e misteriosa, ma anche divertente e folle. Mi faceva arrabbiare il fatto che pensasse di essere “brutta” o “mediocre”, perché invece era molto bella.  Non una di quelle bellezze da occhioni e nasino alla francese con labbra carnose anzi, il contrario, aveva una bellezza distintiva che non tutti forse capivano. Io sì invece. Per dare un pochino di rotondità al viso portava degli enormi occhiali, in realtà era miope ed astigmatica, quindi forse li indossava più per quello. Girava costantemente con le sue enormi cuffie e lo zaino gigantesco pieno di roba, non riuscivo mai a capire cosa ci fosse all’interno, sicuramente non libri di scuola.  Lei non lo sapeva, ma era tutto quello che avrei voluto essere.

Era seduta vicino a Giulia. Una leonessa, in tutti i sensi. Capelli lunghissimi e sempre sciolti le davano un look selvaggio, per non parlare della frangetta. Aveva un carattere forte e sicuro, tutto il contrario del mio insomma. Avevi paura di rispondere ai prof? Lo faceva lei. Ti imbarazzavi a dire l’ordinazione al cameriere? C’era Giulia. Eri in ansia per qualcosa? Sicuramente lei no. Non a caso era la rappresentante di classe. Mi aveva insegnato molte cose, forse perché era più grande. Aveva frequentato il liceo classico, ma poi decise di iscriversi all’artistico. Diceva sempre: “Non ho paura di niente e di nessuno”, ma invece di una cosa aveva paura, anche se non lo ammetteva. Poteva continuare a dirmi che non era vero, ma io lo sapevo. Nonostante le volessi bene dovevo ammettere che era una gran testarda e voleva avere sempre ragione. Se diceva una cosa era quella e nessuno poteva dire il contrario. Alcune volte questa sua caratteristica dava fastidio, ma bastava un po’ di pazienza per capirla.

Scherzava spesso con Lucio. Tutti in classe pensavano che ci fosse qualcosa tra quei due. Lui era un tipo davvero singolare. Diceva la cosa più strana nei momenti meno opportuni, ma ogni volta non potevi far altro che scoppiare a ridere. Era molto simpatico, ma con lui non saresti mai riuscito a fare un discorso serio. Almeno un metro e settanta di ragazzo, non avevo capito bene il suo stile, si vestiva sempre in modo poco attillato. Il suo profilo era piuttosto strano probabilmente per via del suo naso lungo e all’insù. I capelli erano la parte peggiore, corti e scuri, ma sulla fronte gli ricadeva una frangetta ordinata. Non lo valorizzavano per niente, ma non avrei saputo immaginarlo con un altro taglio. Mi aveva detto che non andava d’accordo Jack. E tutti lo sapevano. 

Jack voleva fare lo strano ed era orgoglioso di esserlo. Ogni volta che gli rivolgevi la parola o insultava te o insultava qualche componente della tua famiglia, e anche se scherzava molti ci rimanevano male. Quando veniva sgridato abbassava la testa e borbottava qualcosa di incomprensibile tra sé, oppure quando aveva un normalissima conversazione all’improvviso alzava il tono della voce in modo disturbante. Per questo in classe aveva pochi amici. Non capivo perché facesse così. Non volevo credere che fosse solamente un maleducato. Le persone rispondono in una certa maniera per dei motivi, ma i suoi erano totalmente sconosciuti ai miei occhi. Aveva una chioma lunga e scura con un accenno di barbetta sul volto. Con lui probabilmente non avevo mai avuto una vera e propria conversazione. 

A pensarci bene un’amica ce l’aveva, si chiamava Jazzy. Sempre composta, gentile e disponibile. Un vero angioletto. Aveva i capelli molto corti e si vestiva sempre in modo diverso e in un certo senso stravagante. Era anche un’appassionata di pietre preziose, pure a me piacevano molto ma non ne capivo quasi niente, quindi chiedevo sempre a lei. Ogni volta mi stupiva con la sua intelligenza. Le piaceva molto anche la scienza, il modo in cui sapeva dire tutte le definizioni perfettamente ti faceva rimanere a bocca aperta. Era però un po’ impacciata e timida, infatti anche se si era candidata come rappresentante non era stata poi eletta. Sarebbe stata molto brava secondo me. Il suo modo di fare non era molto apprezzato da tutti.

Andrea ne era la conferma. Una ragazza più grande di un anno. Ammetto che il primo giorno di scuola mi incuteva un po’ di timore, ma dopo averla conosciuta per bene mi ero resa conto di quanto buono fosse il suo cuore. Era piuttosto bassa, persino più di me. Portava sempre i capelli legati, una cosa davvero strana visto che a parer mio stava meglio con i capelli sciolti, che erano chiari e bellissimi. Aveva anche degli occhiali che le rimpicciolivano gli occhi. Non era  femminile, si metteva sempre le stesse tute, però secondo me le stavano bene.

Una delle sue migliori amiche era sicuramente Livia. Lei era un mix di cose confuse. In classe parlava sempre con le stesse persone, e con il resto o ci litigava o non gli parlava proprio. Con me invece era davvero gentilissima. Non sapevo perché, noi non parlavamo quasi mai, eppure sembravo starle davvero simpatica. L’avevo sempre trovata bella. Soprattutto per il suo fisico perfetto. Magro, ma non scheletrico e molto ben proporzionato. Aveva anche un bel visino, il naso e le labbra erano molto classici, ma la cosa che trovavo davvero interessante erano i suoi occhi. Tondeggianti e scuri, come quelli di un cucciolo, ma sempre spenti e circondati da visibili occhiaie. Avrei voluto prendere il suo dolore solamente per vedere quegli occhietti sorridere. Non avevo mai scavato troppo a fondo nella sua vita, ma si capiva che c’era qualcosa o qualcuno che non andava. Rispondeva spesso male anche ai professori e a scuola non eccelleva in alcune materie. Era davvero un peccato vista la sua intelligenza.

Alle medie era in classe con Brando e Lucia. Brando era davvero una bomba ad orologeria. Con il suo carattere frizzante era impossibile non adorarlo. Aveva molti piercing e due tatuaggi. Ah, era anche il mio compagno di banco. Con lui avevo sentito da subito una forte complicità e per me era diventato come un migliore amico. Aveva una chioma di ricci stupendi e degli occhiali che non gli piacevano, a parer suo stava meglio senza. Pure lui aveva delle occhiaie spaventose. Non penso fossero perché non dormiva, probabilmente le aveva ereditate da un parente. Non aveva poi uno stile preciso, ma le uniche cose che non mancavano mai nei suoi outfit erano i gioielli argentati. I suoi anelli e le sue una collane lo rendevano sicuramente più completo.  Il suo più grande difetto era però il pessimismo. Stava male per come andava a scuola e aveva una paura matta delle verifiche. Io cercavo di rassicurarlo, ma lui sembrava avesse dei tappi alle orecchie.

Lucia invece era il contrario. Insieme erano fantastici. Lei aveva una delicatezza nel dire e fare le cose fuori dal comune. Stava simpatica a tutti, era così carina ed educata che anche se ti fossi sforzato non saresti mai riuscito a fartela stare antipatica. Io la chiamavo “Rapunzel” per via dei suoi capelli lunghissimi e biondissimi. Non si faceva spesso delle acconciature particolari, ma se si fosse impegnata a farlo sarebbe sembrata veramente una principessa. Anche lei portava degli occhiali, ma molto fini, che le donavano proprio. Con quelle guanciotte rosate era impossibile resisterle e non abbracciarla. Aveva uno stile davvero raffinato, con vestiti alla moda e di marca. Le sue orecchie erano piene di orecchini vari, tutti d’oro. Si vedeva che era un persona molto ordinata.

Tutto il suo opposte era Issie. Disordinata, capelli sempre gonfi e crespi, niente gioielli di nessun tipo e stile molto casuale. Trovavo attraenti le persone disordinate e lei mi trasmetteva a volte un senso di confusione. Stava sempre a lamentarsi della vita o della scuola. Mi dispiaceva vedere che le mancava il posto dove viveva prima di trasferirsi e che ne parlava così spesso che la gente, stremata, non la ascoltava più. Avrei voluto dirle di provare in un altro modo, ad esempio con la sua grande passione e competenza per il cinema. Prendevamo il bus insieme e parlava spesso dei suoi gatti o di quanto odiasse una professoressa. Aveva un naso che tendeva verso il basso e gli incisivi leggermente sporgenti. In classe era seduta vicino a Roby, ma si spostava spesso perché al posto suo ci doveva sempre essere Amedeo. Nonché fidanzato di Roby.

Lui era più grande di due anni, infatti io lo vedevo come una persona di un altro livello. Era maturo tanto quanto testardo. Con i professori doveva sempre avere l’ultima parola, e faceva ridere il modo in cui loro si esaurivano per questo motivo. Un po’ li capivo perché a un certo punto diventava snervante.  Persino Roby gli faceva notare quando stava esagerando. Lui prendeva sempre l’iniziativa in tutto, sia in cose positive che negative. Aveva i dread su tutti i capelli, che teneva sempre legati per via della lunghezza. Ti guardava con i suoi occhi azzurri e affilati e con un sorrisetto rilassato. Aveva una leggera barbetta per via dell’età che non riuscivo proprio a guardare. Il suo stile era riassumibile con una sola parola: colorato. Nel suoi outfit infatti non mancava mai un tocco di colore. Era molto conosciuto in quella scuola.

Rosa era molto diversa da lui. A volte era un mistero. Era una persona silenziosa. Provavo spesso a parlarle anche se pensavo di avere poco in comune con lei quindi le mie domande si riducevano a: “Come stai?”, oppure: “Cosa abbiamo dopo questa lezione?”. Lei le prime volte rispondeva a monosillabi, ma poi tra noi si era creato un bel rapporto.  Anche i miei compagni cercavano di coinvolgerla e a volte ci riuscivano. Qualche volta scoppiava a piangere oppure se ne scappava in bagno. Portava quasi sempre la coda alta ed era molto brava a disegnare, aveva un modo tutto suo di vedere e rappresentare le cose.

E poi ci sono io.

So che vi aspettate una mia descrizione ma non la farò, perché non sarebbe giusto parlare di me nel modo in cui mi vedo io.  Anche perché non corrisponderebbe all’originale. Questa era la mia classe, una gabbia di matti vero?

Eppure voglio tanto bene a ognuno di loro.

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1 commento »

  1. Una storia nostalgica,ma anche allegra,ricca di sentimenti. Brava

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