Premio Racconti nella Rete 2025 “L’apparecchio” di Michela Di Renzo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025“Come te lo senti?”
Anna si passa la lingua sopra l’apparecchio. “Me lo ricordavo più fastidioso”.
“Te lo avevo detto che i materiali sono cambiati. E comunque era l’unico modo per fare spazio all’impianto”.
“Che era necessario per levarmi di dosso questo mal di stomaco”.
“Te l’ho spiegato più volte che è importante masticare bene. E poi diciamocela tutta, con quel buco tra i denti non stavi benissimo”. Alessandra, la dentista, che è amica di Anna dai tempi della scuola, solleva le sopracciglia. “Va bene che ormai abbiamo cinquant’anni suonati, ma non siamo proprio da buttare”.
Anna fa spallucce. Se non fosse stato per problemi di digestione, lei l’apparecchio non se lo sarebbe mai messo, perché è da una vita che sorride con le labbra appena dischiuse; e quando le scappa una risata si mette una mano davanti alla bocca. Nonostante questo, nella scuola media dove insegna matematica, i ragazzi che ne hanno una paura tremenda, la chiamano di nascosto la cricetona, perché ha i denti davanti sporgenti, oltre a essere bassa e grassottella. E poi dell’apparecchio ai denti Anna ha un ricordo traumatizzante: lo ha portato solo per qualche mese, ai tempi delle medie, e le è bastato.
“Tra l’altro ora è più leggero di una volta e si nota meno. Non è più come ai nostri tempi quando l’apparecchio si vedeva lontano un miglio”, dice Alessandra.
“Non mi ci far pensare. Mio fratello mi prendeva in giro in continuazione con “la macchinetta”, come la chiamava lui. E non era il solo”.
Anna sospira. In una frazione di secondo si ritrova nel corridoio della Mattioli, durante la ricreazione, con il Benini davanti, che le si avvicina lentamente. Il Benini, il più carino della scuola, con un ciuffo scuro alla Fonzie che fa impazzire tutte le ragazze. E in quel momento anche il più odioso, mentre continua a chiederle: “Perché hai paura di sorridere?”
Anna stringe forte le labbra, rossa come un peperone. L’unica cosa di cui ha voglia in quel momento è di scappare via di corsa, ma non ha il coraggio di farlo. Tutta la classe le riderebbe dietro. E poi gli occhi del Benini, verde chiaro, hanno una strana luce, una luce magnetica, che le tiene i piedi incollati al pavimento. Perché il Benini, che è arrivato a Siena direttamente in terza media, da Ravenna, non è solo carino, ma è pure simpatico, con la battuta sempre pronta, e con quella parlata romagnola che lo rende diverso dagli altri. Oggi poi ha indosso una maglietta aderente che emana un odore speciale, un misto di muschio e sapone da bucato. Anna è così emozionata che non fa in tempo a bloccare la mano di lui che allontana la sua, mentre cerca di mettersi davanti alla bocca che si apre per rispondere. Bocca dove ora fa bella mostra di sé in tutto il suo orrore l’apparecchio per i denti. Anna serra di nuovo le mascelle e chiude gli occhi, trattenendo le lacrime, in attesa di una risata di scherno.
La sorprendono le labbra del Benini sulle sue, morbide come il velluto. Rimane per un attimo senza respirare. A quattordici anni non è mai stata baciata da nessuno, non solo perché è bruttina, ma anche perché, come dice la sua amica Alessandra, arriva prima all’osso che alla pelle, insomma ha un carattere terribile. Ed è un vero e proprio miracolo che il primo a baciarla sia proprio il Benini, nel corridoio della Mattioli, davanti a tutta la scuola. Ma il Benini è uno che non ha paura di niente, nemmeno dei professori con cui scherza sempre, figurati se ha paura della macchinetta. Anna apre la bocca ma la lingua del Benini non osa insinuarsi nella sua bocca. “Si vede che in fondo è un timido”, pensa. Così timido da staccare subito la mano dal braccio di lei. E fare un passo indietro per slanciarsi, con l’agilità dei suoi quattordici anni, verso il suo compagno di banco, che lui chiama “il mio fido scudiero”. A cui dà una bella pacca sulla spalla e dice, a voce alta, così alta che lo sentono anche da Piazza del Campo: “Oh, te l’avevo pur detto che ci sarebbe stata. E’ secchiona ma la figa gli si bagna lo stesso”.
Anna scappa di corsa verso il bagno, ci si chiude dentro e scoppia a piangere. Quando torna in classe, a capo basso, la lezione di matematica è cominciata da un pezzo. “Non mi sento tanto bene”, dice al Professore mentre qualcuno nelle ultime file ridacchia. Quella sera è irremovibile coi suoi sulla decisione di togliersi l’apparecchio. “Brutta sei e brutta rimani”, commenta a tavola suo fratello, prima di prendersi una sberla dal babbo.
“Alle medie te la ricordi quella scena nel corridoio con il…?” prosegue Alessandra.
“Con il Benini”, risponde Anna.
“Il Benini già. Dopo le medie tornò a Ravenna. Chissà che fine ha fatto. Un soggetto del genere magari è entrato in politica”.
“Ci sta”. Anna invece sa bene che fine ha fatto il Benini, ma in quel momento non ha voglia di raccontarlo. Un giorno la sua scuola ha organizzato una gita a San Patrignano ed è stata lei ad accompagnare gli alunni. La mensa della comunità era strapiena, ma lei ha notato subito una testa maschile con un voluminoso ciuffo sale e pepe, che le ricordava qualcosa o meglio qualcuno. Ha fissato più volte quella testa fintanto che non si è girata proprio mentre lei ci stava passando davanti. A quel punto le è sembrato di riconoscere il viso appuntito del Benini, parecchio segnato, a dire il vero. “Ciao mi sa che noi due ci conosciamo”, ha detto Anna. “Come?” Nel salone c’era tanto brusio, ma il Benini faceva chiaramente finta di non aver sentito. Quello che era certo è che non aveva più lo sguardo magnetico di tanti anni prima, che rendeva attraente il suo viso. “Mi sembra che fossimo in classe insieme alle medie”, ha insistito Anna. “Può darsi”, ha fatto il Benini mettendosi seduto e, dandole le spalle. Anna è rimasta lì ferma finché lui non si è girato. “C’hai preso, eravamo insieme in terza B. Adesso però ti saluto”.
Durante il viaggio di ritorno, sul pullman, il ragazzo più sfrontato di tutti i suoi allievi, le ha chiesto a voce alta: “Prof, ma era il suo ex quello che ha salutato alla mensa?” Anna ha risposto scuotendo bruscamente la testa: “No, era solo un mio compagno di scuola”. Il ragazzino, tornando indietro nel corridoio, ha detto a voce bassa: “Ha negato, ma è diventata paonazza. Certo per scopare con la Di Pietra, ti devi fare prima di eroina”. Nelle ultime file si sono messi tutti a ridere, ma quando Anna si è avvicinata per controllare cosa stesse succedendo, non volava una mosca. “Mi pare che abbiate imparato poco da questa gita, se avete voglia di ridere”, ha commentato prima di tornare al suo posto.
Mentre guarda fissa la strada, seduta accanto all’autista, Anna si sente uno strano peso sullo stomaco. Deve essere il panino mangiato di corsa in autogrill, perché da quando ha perso un dente, butta giù il cibo senza masticare. Certo tutto si aspettava tranne che incontrare il Benini a San Patrignano; è per questo che è stata lì ferma davanti a lui alla mensa, perché le sembrava impossibile che fosse proprio il Benini. Faceva tanto lo sbruffone alle medie, ma si vede che aveva anche lui le sue debolezze. Qualche giorno dopo la scena della macchinetta, Anna lo aveva incrociato di nuovo all’uscita del bagno. Questa volta da solo. “Ce lo diamo per bene o no questo bacio? Ma con la lingua questa volta”, aveva fatto lui, con il solito tono scherzoso.
“Lo sai che sei proprio un bastardo? Mi vuoi ancora umiliare?” Anna lo aveva fissato con uno sguardo pieno di odio.
“Ma Dio Bono, prendi tutto sul serio te! Che poi adesso senza tutti quei ferri in bocca sei quasi diventata gnocca”.
Anna era arretrata, incerta sul da farsi. Il Benini si era avvicinato, con i suoi occhi verdi magnetici e quell’odore di muschio misto al sudore della sua maglietta, tanto che lei stava quasi per lasciarsi andare. Ma quando lui aveva provato ad appoggiare le labbra sulle sue, Anna lo aveva colpito in pieno viso con uno schiaffo, per poi scappare via di corsa.
Per anni ha ripensato a quel gesto con orgoglio, orgoglio che oggi per la prima volta ha un sapore amaro. Il suo primo bacio, quello vero, sarebbe arrivato qualche anno dopo, al liceo e glielo avrebbe dato un ragazzetto brufoloso che poi sarebbe diventato suo marito. O meglio il suo ex marito, visto che Anna è divorziata da anni, perché lui aveva un’altra, anche se in tribunale ci aveva tenuto a definirla “la donna più rigida del mondo”. Il giudice aveva fatto un mezzo sorriso, forse aveva capito frigida anziché rigida. Anche se lei frigida non è mai stata. Però se ripensa al suo primo vero bacio, quello che ricorda meglio non sono le braccia di un coetaneo che la stringono, o il sapore della sua lingua che le si insinua tra le labbra, ma il sollievo, il sollievo di essere stata finalmente baciata. Anche lei, la bruttina. Forse con il Benini nel corridoio della Mattioli sarebbe stato diverso. Forse. Mentre il dondolio del pullman che la riporta a casa le fa socchiudere le palpebre, Anna rivede davanti a sé quegli occhi verdi magnetici e la sua mano anziché colpirlo con forza sulla guancia si lascia andare lentamente sul bracciolo.