Premio Racconti nella Rete 2025 “Il mondo di Avli. Il cavaliere e la clessidra” di Giovanna Congiu (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Il carro avanzava lentamente guidato da zio Domenico; entre proseguiva schizzi di terra argillosa si sollevavano al suo passaggio. Ininterrottamente aveva piovuto tutta la notte, allorché grosse buche e pozzanghere si erano formate sulla strada bianca. Affannosamente proseguivano il cammino i vecchi buoi, l pesante carro lungo il percorso lasciava grosse e profonde orme sul morbido terreno. Finalmente aveva smesso di piovere e il cielo appariva pulito senza più nubi, il sole tiepido di marzo già odorava di primavera. Lì stava l’isola di Avli.
Un pugno di case raccolte su un pezzo di terra circondata da un azzurro mare,grossi graniti si ergevano maestosi tra cielo e terra,come guardiani silenziosi. Canticchiando lo zio Domenico guidava il vecchio carro; da un sentiero sbucarono dai cespugli tre bambini che allegramente calciavano le pigne cadute sul terreno in quella verdeggiante pineta, due erano fratelli , Giovanni e Francesco che spesso giocavano assieme al cugino Matteo. Lo zio Domenico amava la loro compagnia, li invitò a salire sul carro, cosa che ai ragazzi piaceva molto e infatti non se lo fecero dire due volte, e prendendo la rincorsa con un balzo saltarono su di esso divertiti. Poco dopo con voce sommessa lo zio Domenico confidò loro un grande segreto e cioè l’esistenza di un personaggio fantastico che fin da piccolo gli aveva aperto le porte della fantasia .Il più piccolo Francesco impressionato da tale rivelazione intervenne e disse: “Dai su! Rraccontaci zio!” Lo zio accoratamente proseguì nel racconto: “Alla vostra età io e il mio amico Semplice siamo stati testimoni dell’esistenza di un cavaliere, il quale possiede una magica clessidra che proietta i bambini in un mondo fantastico.” Visto il grande interesse da parte dei ragazzi, lo zio decise di portarli a conoscere Semplice e il cavaliere. Molto felici i ragazzi acconsentirono, e presero appuntamento per il giorno seguente dopo la scuola. Il giorno seguente come d’accordo si presentarono all’appuntamento,e saliti sul carro di zio Domenico si avviarono . La casa di Semplice era un tafone; ossia una grotta granitica, che lui usava come abitazione. Mentre raccontava osservava divertito gli sguardi stupiti dei ragazzi e sorrise. Semplice per lo zio era un vecchio amico buono, affidabile. Lo zio seduto a cassetta con delicatezza spronava i suoi amati buoi ed era sempre allegro e contagiava tutti col suo buon umore. Durante il tragitto i ragazzi tempestarono lo zio di domande su Semplice. Egli raccontò che il suo amico viveva in solitudine, più in là verso la campagna.
Era un caro amico d’infanzia, la sua smisurata fiducia fu mal ripagata, poiché credendo fermamente , nell’amicizia dei suoi amici fu ferito dalle loro azioni malvagie. Un giorno Alessio e Luca invitarono Semplice a fare un’ escursione lui fu molto felice e accettò. I tre allegramente s’inoltrarono verso la campagna saltando tra siepi e canali che costeggiavano i sentieri, euforici e spensierati. Ma a un certo punto i due malandrini si lanciarono uno sguardo d’intesa: si fermarono su un precipizio fortunatamente non molto alto e là spinsero il malcapitato Semplice; egli si trovò intrappolato trai rovi, mentre i due sghignazzando se la dettero a gambe. Povero Semplice,.Dolorosamente tentò di uscire,ma nel tentativo urtò un alveare di vespe che lo punsero per tutto il corpo, purtroppo la sua indole buona e un po’ goffa aveva spinto i due a deriderlo e umiliarlo. Egli dopo questa esperienza così infelice decise di allontanarsi da tutti tranne che dal suo grande amico Domenico. I ragazzi ascoltarono senza commentare, certo era triste pensare che degli amici potessero comportarsi cosi, e ognuno di loro rifletteva con tristezza sull’accaduto. Intanto il carro proseguiva lentamente sulla strada bianca,erano curiosi ed ansiosi di arrivare a destinazione; l’attesa finì e presto raggiunsero la dimora di Semplice.
Arrivati in prossimità del tafone, lo zio lanciò tre acuti fischi , apparve sull’uscio Semplice . Alla vista dei tre ragazzi si bloccò, l’amico Domenico capì il suo turbamento, e dandogli una vigorosa manata sulle spalle disse: “Questi sono amici miei e ti puoi fidare.” Quando i ragazzi lo videro impallidirono; era lui l’uomo che s’inoltrava nella campagna e poi spariva; tornarono indietro nel ricordo, mentre si trovavano presso la spiaggia del Relitto, lo notarono, il viso cupo che li osservava in lontananza, e loro presi da timore fuggirono. Ora erano là all’ ingresso del tafone, la sua dimora. Essa era in parte coperta da una pianta di lentischio, con piccole palline rosse, ed anche altri piccoli cespugli, affinché impedissero ai curiosi di guardare dentro. Acciambellata su un piccolo zerbino riposava la gatta Dorina esausta,i suoi piccoli ingordi le giravano attorno, mai sazi e lei con delicatezza li spingeva lontano. Allora essi si catapultarono in direzione della ciottola del cane. Povero Gugio era costretto a vigilare, ma appena si allontanava essi si fiondavano sulla ciottola divorando tutto;ma non solo loro,anche la cornacchia Mariula, così chiamata da Semplice viveva là; ogni tanto lanciandosi in volo in direzione della ciottola rubava qualcosa per poi fuggire nascondendosi tra le fronde degli alberi. Intanto Semplice fece strada ai ragazzi; e con fare impacciato invitò quest’ultimi ad entrare, la sua dimora un semplice giaciglio, una vecchia branda per riposare, un fornello e pochi utensili da cucina. Su un piccolo tavolo una ciottola color smeraldo, e infine pochi indumenti sgualciti e scoloriti. Ma quello che attirò maggiormente i ragazzi fu un grande numero di oggetti e animali scolpiti nel legno . Dinanzi a ciò i ragazzi rimasero estasiati. E già! Semplice, vivendo costantemente a contatto con la natura circostante, aveva l’opportunità di osservare i piccoli animali ed insetti che vivevano là; questo spingeva Semplice a riprodurli intagliandoli nel legno, che lui sapeva fare con maestria. I ragazzi alla vista di quelle piccole opere d’arte si guardarono l’un e l’altro emozionati. Questo piccolo uomo nel riprodurre tutto ciò aveva una capacità che incantava. Nell’isola di Avli si ergevano maestose le montagne granitiche. Su quel luogo le forze della natura avevano operato figure meravigliose su quel le montagne granitiche, su di esse la pioggia, il vento avevano scolpito quelle rocce come per magia esse avevano assunto varie forme. La roccia dell’ elefante, Pinocchio, la strega, il gufo, l’indiano ecc…ecc… Semplice attratto da tutto questo era stato spinto a riprodurre queste meraviglie intagliandole nel legno. I ragazzi fecero amicizia con lui che strano più lo conoscevano e più lo apprezzarono. Fu una sorpresa, per loro scoprire la sua bonaria indole. Intanto fremevano nell’attesa di conoscere il cavaliere.
Dopo uno sguardo d’intesa lo zio Domenico e Semplice si misero uno di fronte all’altro e subito dopo dalle loro labbra ne uscì una dolce nenia che rapì i ragazzi i quali ascoltarono incantati di lì a poco da un punto indefinito della grotta si aprì un varco, avvolto da una nube biancastra ne uscì uno strano personaggio, un cavaliere d’altri tempi con un abito settecentesco. Il piccolo cavaliere uscendo da quella minuscola cavità della grotta fluttuando si adagiò sul ruvido pavimento,toccando il suolo s’ingigantì, il suo capo sfiorava il soffitto. La sua presenza seria e severa scrutava i ragazzi! “Oh mamma mia!” l’espressione dei ragazzi era di meraviglia e ammutoliti stavano timorosi davanti a lui. Il cavaliere indossava un abito di colore verde muschio con maniche lunghe, ai polsi un cordoncino d’oro,non possedeva un cappello,ma la sua chioma castano dorato scendeva sulle spalle larghe e possenti,anche la barba scendeva folta sul suo petto ,non sandali ne stivali ma piedi nudi. La sua età era indefinita poiché il suo volto era liscio e abbronzato . Intanto all’ingresso .sull’uscio del tafone si materializzò un grande cavallo bianco alato, le sue ali erano enormi , trasparenti come quelle delle crisope che hanno ali trasparenti c on venature color verde brillante. Il grande cavallo alato era di un candore quasi accecante. Tutti gli insetti ed animali del bosco si erano radunati attorno, in modo particolare le curiose caprette selvatiche. Si sa che le capre mangiano di tutto, ma non osavano avvicinarsi troppo a quel meraviglioso cavallo, erano intimorite dalla sua solenne e imponente sagoma, gli giravano attorno fiutandolo erano proprio curiose un po’ instupidite. Peccato per loro non era commestibile. Nel frattempo il cavaliere mostrando una grossa clessidra parlò ai tre ragazzi,guardate questa è una magica clessidra che salverà il paese di Avli da un’imminente pericolo. Dovete sapere dell’esistenza di una donna molto malvagia, Monia la quale odia coloro che vivono felicemente essa attira e si circonda di esseri malvagi che come lei cercheanno di distruggere il paese di Avli. I ragazzi ascoltarono attentamente, Matteo il più grande disse: “Come possiamo aiutarti?” ed anche Giovanni e Francesco chiesero la stessa cosa, poiché avevano a cuore il loro paese. In quel luogo tutti si volevano bene e vivevano in armonia, ma Monia odiava i bambini e voleva distruggere il loro paese e i loro sogni.
I ragazzi chiesero perché Monia era così malvagia e odiava tutti,il cavaliere disse: “Dovete sapere che lei quando era piccola era molto timida e di aspetto non gradevole e questo spingeva gli altri bambini a denigrarla e deriderla.” “Un giorno in particolare dopo essere stata ferita per l`ennesima volta, scappò via,e col volto coperto di lacrime scappò lontano nel bosco; sfinita, stanca si adagiò sulla riva di un ruscello. L’’acqua nel letto di quel ruscello scarseggiava il terreno era a melmoso paludoso , brulicante di piccoli vermi e insetti. Ora non piangeva più, immobile osservava il movimento dei piccoli insetti che a pelo di quell’acqua scura si spostavano con piccoli saltelli; attorno tutto taceva e all`improvviso davanti ai suoi occhi increduli il terreno si aprì bruscamente ne uscì un piccolo gnomo che scrollandosi il fango e il marcio fogliame di dosso si presentò come Gnu .” “Non fece in tempo a presentarsi che con irruenza soffiò tra le ciglia di Monia, ella trasalì, un vento freddo l’investi , quello gnomo malvagio aveva operato in lei un’ incantesimo. Aveva scelto lei per distruggere il paese di Avli, poiché ella aveva tanto odio e rancore verso tutti.”” Solo Il cavaliere avrebbe potuto salvare il paese di Avli e annientare la malvagia Monia.” Mentre il cavaliere esponeva preoccupato i suoi timori fuori scalpitando attendeva il bianco cavallo alato. Il cavaliere prese la decisione di mostrare ai ragazzi un posto particolare, con voce forte e autoritaria gridò: ”Freccia!” a quel comando il cavallo ebbe un sussulto, emise un forte nitrito che echeggiò all’interno del tafone, ubito dopo il cavaliere aiutò i ragazzi a salire sul cavallo,essi si strinsero tra di loro emozionati e il cavallo puntò dritto. Quello scatto fulminio sollevò Francesco, ma Giovanni e Matteo lo presero al volo; che paura aveva preso, s’aggrappò saldamente alla criniera del cavallo Freccia che nitrì mostrando i candidi denti. Francesco disse: “Ma il cavallo ride!” aveva avuto l’impressione che ridesse di lui della sua disavventura. Matteo e Giovanni scoppiarono in una fragorosa risata. Un gabbiano si accostò al cavallo, volò fianco a fianco, guardò con tenerezza il piccolo Francesco , toccò il suo viso delicatamente col suo capo , e con un grido come fosse un saluto si allontanò. Intanto il cavallo comincio a scendere verso il basso e con delicatezza si poso sul vecchio faro rosa.
Il cavaliere, indicando coll’indice un punto all’orizzonte , richiamò attenzione dei ragazzi, poi servendosi di un vecchio cannocchiale pirata a turno lo passò ai ragazzi affinché guardassero verso l’orizzonte. Quattro sirene danzavano a pelo dell’acqua,i loro nomi,Olga, Nice, Petunia, e Azzurra ; mentre danzavano intonavano con dolcezza una nenia quasi celestiale; essa era intervallata da un’insistente suono di campanellini. Da parte dei ragazzi ci furono dell’esclamazioni di meraviglia, c’era un interrogativo nella loro espressione, allorche’ il cavaliere esordì dicendo: ecco queste sono le sirene che sono state scelte ad intervenire a difesa, del paese di Avli poiché era costantemente minacciato dalla perfida Monia. “Ma come?” chiesero i ragazzi. Dovete sapere che nella notte di san Lorenzo esse sono state scelte affinché possano incanalare la pioggia di polvere di stelle nella clessidra. “A cosa serve la polvere di stelle?” chiesero i ragazzi; il cavaliere disse che quella polvere poteva annientare le forze malvagie capeggiate da Monia. E aggiunse che non dovevano svelare quel segreto a nessuno. Arrivò il momento di fare rientro alle loro case, erano emozionati e tenevano quel segreto gelosamente dentro di loro. Matteo e Giovanni , tenevano d’occhio Francesco perché avevano timore che potesse svelare quel segreto a qualcuno e non lo lasciavano mai solo. Intanto i giorni si susseguivano, la scuola gli amici le corse nei prati. Umile aveva legato molto con loro, per cui volle insegnare loro l’arte d’intagliare il legno.
Con i ragazzi Semplice aveva ritrovato la gioia di vivere e lo zio Domenico fu molto felice per il suo caro amico. Arrivò la notte magica di san Lorenzo e le sirene riempirono la clessidra di polvere di stelle; poiché magica non si sarebbe esaurita mai . Semplice aveva il compito di custodire la clessidra nel suo tafone. Quella sera del 23 dicembre un brivido percorse la schiena dei ragazzi, il cielo si oscurò, le stelle furono come spazzate da quell’oscurià tetra che avvolse il paese di Avli. Affinche’ tutto questo fu risparmiato agli abitanti del paese, il cavaliere percependo il grave pericolo lanciò nell’aria la clessidra; questa roteando a velocit sostenuta lasciò cadere la magica polvere di stelle; fu fatto affinchè gli abitanti si addormentassero e gli fu risparmiato tutto ciò. Ne furono esentati zio Domenico, Semplice e i tre ragazzi ; questo perché loro dovevano combattere le forze oscure. Sul cielo fulmini e saette e cavallo di esse la malvagia Monia che già pregustava la sua vittoria. Sul mare burrascoso un vortice si sollevò paurosamente, dalle profondità marine emersero galeoni e oscuri pirati con espressioni tetre e minacciose. Tra i flutti un’enorme piovra agitava i suoi lunghi tentacoli mentre tratteneva relitti di vecchie imbarcazioni che avevano solcato quel mare. La battaglia si presentava ardua; ma il cavaliere confortò’ i ragazzi e disse: “Il male non puo’ vincere sul bene.” Anche le rocce per magia si mossero per difendere il paese di Avli; esse pesantemente raggiunsero la riva, si allinearono attorno all’isola, affinché le forze malvagie non potessero oltre passare quella linea.
Potenti urla squarciarono l’aria. Ecco era arrivato il momento. Il cavallo alato maestosamente si alzò nell’aria,il cavaliere , Semplice ,zio Domenico e i ragazzi si prepararono a combattere Monia e i suoi malvagi amici. Sarebbe bastato gettare sugli occhi di Monia la polvere magica e questa avrebbe annullato il maleficio operato dallo gnomo Gnu. Mentre i ragazzi volavano sul cielo, paurosamente ,tra le saette volteggiava e spaziava Monia che con riso beffardo intimoriva i ragazzi. La clessidra era tra le mani dei ragazzi, a loro il compito di colpire il volto di Monia ,era difficile avvicinarsi a lei,volava ad una velocità pazzesca e intanto gridava alle profondita marine invitando le forze malvagie, vortici fangosi e densi s’alzavano da quelle profondità, esse erano compatte come un muro . Il cavaliere ordinò a Francesco di puntare verso il basso, egli tenendo saldamente la clessidra puntò in quella direzione, poi ordinò aiutaci a distruggere le forze malvagie. I ragazzi tenendo saldamente la clessidra la fecero roteare affinché gettasse la polvere magica che avrebbe dissolto quel muro, infatti toccato dalla polvere di stelle fu dissolto. Monia rabbiosa infierì con malvagit verso i ragazzi. Essi non s’intimorirono la rincorsero,tenendosi per mano formarono un triangolo imprigionando la perfida Monia. Disperatamente ella cercò di fuggire da loro, la circondarono, poi Francesco la colpì sugli occhi con la polvere magica, ma lei fulminea chiuse gli occhi e da essi uscirono lunghi aculei e lei dribblando agilmente sfuggì ai ragazzi. La lotta fu estenuante, era quasi l’alba e presto gli abitanti di Avli si sarebbero destati da quel sonno. Con un gesto fulmineo il piede di Giovanni colpi il volto di Monia, ella presa alla sprovvista aprì gli occhi, allora Matteo e Francesco tenendo la Clessidra sul capo gettarono la polvere di stelle; ecco ella trasali il volto cambiò espressione, era quasi bella ,il tremendo maleficio si era spezzato .Il mare divenne piatto, le rocce ritornarono al loro posto miriadi di stelle apparvero nel cielo scese la pace il silenzio. Poi il canto di un gallo annunciava un nuovo giorno, il paese di Avli era salvo.
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