Premio Racconti nella Rete 2025 “In piedi per scommessa” di Cristina Di Claudio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Non è un bel periodo, siamo sincere. Questa febbre continua. Nell’arco dei nostri quattordici anni quante volte avremmo preso l’influenza? Eppure, mai così. Cioè, che sembriamo guarite, ma poi ci riammaliamo. Prendi oggi, che siamo uscite dopo una settimana e ora ci sentiamo di nuovo a pezzi. Certo, le due ore in piedi al cinema non hanno aiutato. Tutti a vedere Ritorno al Futuro II. Siamo anche entrate a film iniziato e non ci abbiamo capito nulla. Con quella confusione! Dobbiamo comprarci la videocassetta appena esce. Però stare in piedi ci ha permesso di seguire il film. Da sedute, cosa avremmo visto? Solo il rosso delle poltrone. Noi siamo gambe. I film ci piace guardarli dal divano di casa nostra, senza nessuno davanti. Come quando abbiamo visto Pretty Woman o Splash, una sirena a Manhattan. Al cinema è stata dura. Di nuovo quella sensazione di cedimento. Abbiamo resistito, ma una fatica immane. E ora siamo qui, inermi e acciaccate. La mamma ci sta misurando la febbre: trentotto. È la quarta volta questo mese. ll Dottore ci ha detto che l’influenza quest’anno è dura a passare. Sarà vero, perché tornando alla macchina abbiamo abbandonato Nicole che è caduta a terra e la mamma ci ha dovuto sollevare. Mollare così, senza spiegazioni. Che ci sta succedendo? Per il dottore è la stanchezza dovuta alla febbre che non ci abbandona. Questa sera la stanchezza ha raggiunto l’apice allora! La povera Nicole si dimena nel letto. Il dolore è lancinante e non le diamo pace. E ora? Ci sentiamo leggere. Che sta succedendo? Non capiamo. Però il male è cessato ed è tornata la quiete. Nicole esausta si sta addormentando. Abbandoniamoci anche noi
È mattina e Nicole si è svegliata. Anche noi. Anzi, noi no. Nicole prova a muoverci, ma non ci arriva nessuno stimolo. Vorremmo gridare. Lo fa Nicole per noi. «Mammaaaa» «Cosa urli?» «Le gambe! Non si muovono!» Non capisce se Nicole esagera. Chiama papà «Nicole alzati» «Non ci riesco» Papà toglie il piumone. Siamo immobili e nude sotto la vestaglia da notte «Che vuol dire? Sù, prima una gamba poi un’altra» «N-O-N CI R-I-E-S-C-O!!» grida esasperata. Noi scrutiamo la faccia di mamma e papà e, senza un motivo, anche le pantofole perfettamente allineate sotto il letto, non certo sistemate da Nicole che è disordinatissima. È stato papà che cerca sempre di mettere ordine. Speriamo ci riesca anche questa volta.
Il Dottore arriva presto. Quello che diceva che l’influenza quest’anno è dura a passare. Lo riconosciamo dalla voce. Per noi era solo un’ombra tra i pantaloni neri di Nicole. Adesso invece possiamo vederlo: mezz’età, occhiali sul naso, maglioncino di un tristissimo nero scolorito proprio come la sua faccia. Mamma, potevi scegliere meglio! A ogni modo, basta ci tiri fuori da questa situazione. «Senti niente Nicole?» domanda, mentre ci scuote addosso quello che sembra un martello. Lo vediamo, ma non lo sentiamo. Mi sa che potrebbe passarci anche il fuoco e noi non sentiremmo niente. «No» «E qui? E qui?» continua a chiedere, mentre vediamo l’aggeggio scivolare inutilmente sopra di noi. «No e no. Io non sento niente» Smette. Ci guarda. Guarda Nicole. La faccia ci sembra ancora più scura di prima e il tono assai lugubre, mentre dice a papà di chiamare immediatamente l’ambulanza.
Sono arrivati. Nicole è quasi divertita. Starà pensando che all’ospedale non c’è mai stata e che avrà qualcosa da raccontare agli amici. Mamma invece sembra invecchiata. É frastornata. Esegue gli ordini di papà, che sa bene cosa fare. Su Anna fai una valigia! Mirco e Sara ci guardano sorridendo sotto i baffi mentre ci mettono sulla barella. Oggi nessuno li accompagna a scuola, e loro non fiatano. Anche quando gli infermieri ci scorrazzano lungo le scale, Nicole sorride. Un po’ si vergogna, però le viene anche da ridere a vedere tutti sulle porte. Ci salutano pure, sembra quasi che stiamo andando al patibolo. Ma davvero l’ospedale è così brutto? Se i Dottori sono tutti come quello di prima, non hanno torto. Vediamo però se almeno si risolve.
Eccoci qui. Ci guardiamo intorno: una desolante stanza dalle pareti bianche, senza neanche un televisore. Diciamoci la verità, non ce lo aspettavamo così l’ospedale. Non c’è nessuno con noi. Ci hanno detto che è un reparto che si chiama isolamento. Ma che abbiamo la lebbra? Guarda che trattamento. È venuto un solo infermiere e con la mascherina in faccia. Ti credo, sarà stato brutto come il dottore! Che tristezza. Adesso anche Nicole non ride più. Ha chiesto al tipo mascherato se almeno mamma poteva venire, ma ha risposto di no. Immobili, sole, in questa stanza orrenda. Nicole adesso sta piangendo. Neanche il ricordo dei regali ricevuti da Sara quando ha avuto l’appendicite riesce a consolarci.
È passata un’ora e Nicole si è un po’ ripresa. Dopo l’iniziale smarrimento, ha deciso che non valeva la pena disperarsi. Nel frattempo, mamma ha fatto arrivare un borsone. Ci ha messo il pigiama a fiori, il walkman con le cassette e soprattutto il libro «Cuore». Sara dice che fa schifo, ma Nicole se lo sta divorando. Che poi dopo i pianti del Piccolo scrivano fiorentino… ci manca solo lui! Per una volta concordiamo con Sara. È entrato un altro Dottore, anche lui con la mascherina. O è la moda qui, o sono tutti mostri! Siamo finite in un film horror, altro che Carrie, lo sguardo di Satana! Dura dormire questa notte. Anche lui con il martello a chiederci se sentiamo qualcosa. E noi sempre niente. Questo dottore sarà brutto, però è gentile. Ci ha spiegato che oggi e domani siamo in osservazione, devono farci diversi controlli. Ci riprendono un’altra volta il sangue. Nicole, dì qualcosa tu che puoi, mica siamo dei fenomeni da baraccone! E soprattutto chiedigli quando è che ce ne possiamo andare e preferibilmente in piedi. La barella ok, l’ambulanza pure. L’esperienza l’abbiamo fatta, ora basta, siamo stanche.
La giornata passa e la notte anche. Quando ci svegliamo la mattina dopo non è cambiato niente, siamo ancora immobili. E allora, tutte quelle analisi? Ma che ci state prendendo in giro? Mamma e papà non li fanno entrare. Chissà come saranno preoccupati! Anche noi lo siamo. Abbiamo sentito il dottore dire che, se domani ancora non ci muoviamo, ci trasferiranno con l’elicottero al Gemelli di Roma. Bisogna prendere in mano la situazione. Lì l’ospedale è grosso, poco da ridere. Quelli fanno presto a dire amputiamo quelle gambe! Dobbiamo reagire. Nicole si sta sforzando per provare a muoverci. Collaboriamo. Tenta con le dita dei piedi. Niente. Non ti arrendere. La sento che prova a sollevarci, ma per quanto ci sforziamo non riusciamo ad aiutarla. Le viene da piangere. Poi prende fiato e ricomincia: i piedi, i polpacci, le cosce. Quando si sente stanca, si ferma, prende coraggio e riprende. Oh, è una forza questa ragazzina! Dai, concentriamoci. Non ci va di prendere l’elicottero. Piedi, polpacci, cosce, riposo. Piedi, polpacci, cosce, riposo. Il tempo scorre, ma Nicole non si arrende. A volte ci sembra addormentata, ma poi ricomincia. Un impercettibile impulso. Nicole sorride. Rincuorata riprende forza. Ed eccoci: stiamo muovendo le dita dei piedi! E lei continua. Ci sembra di sentire qualcosa anche nei polpacci e sulle cosce. Ci viene da ridere. Anche Nicole ride. Ora però è esausta e ci addormentiamo.
È mattina e il Dottore è qui. Sempre quell’attrezzo in mano, ma stavolta è diverso. Ahia! Uomo mascherato, ci fai male! Ci guarda incredulo e prova a pizzicarci. E basta! La smetti? Chiama l’altro medico e viene anche lui. Di nuovo il martello! Quanto dobbiamo andare avanti? «Nicole, un miracolo, le gambe danno dei segnali. Chiamo il primario» Ancora, che scatole! Però poi la bella notizia arriva: a Roma non ci dobbiamo andare! Restiamo qui. Non riusciamo ancora a muoverci, ma a loro è bastato capire che non siamo morte.
È passato un mese e siamo sempre in ospedale, ma abbiamo cambiato stanza. Sempre isolate, però c’è un vetro dal quale possono salutarci parenti e amici. Mamma e papà vengono tutti i giorni. Sono diventata importante: è venuta pure la professoressa di italiano! Ci ha riempito di compiti. Dice che non ci dobbiamo preoccupare per l’esame di terza media. Nicole ha evitato di dire che all’esame non ci ha mai pensato. Pure Don Giuseppe è stato qui! Lì siamo sobbalzate. Ci ha anche nominato in chiesa. Che figura! Mielite trasversa, è stato questo a ridurci così. I miei fratelli, cugini, compagni di classe, hanno tutti dovuto fare una profilassi, ma stanno bene… solo a noi questa fortuna. Adesso ci alziamo e camminiamo, anche se ci reggiamo in piedi per scommessa. Ci hanno detto che staremo qui ancora un altro mese. Ci siamo fatte portare la televisione, ma si vede un canale solo. Trasmettono sempre lo stesso film, Oliver Twist, e il telegiornale cittadino. Sara mi aggiorna sugli episodi di Twin Peaks. Leggo, scrivo, faccio i compiti e ascolto musica. Infermieri e dottori si sono tolti la mascherina. Non erano poi così brutti. Silvio ci ruba le patatine fritte e ce le porta. Ci passa anche a prendere il cornetto al bar la mattina, che non credo si potrebbe, ma chi se ne frega. Tutto sommato quando andrò via mi mancherà questo posto.
Di anni ne sono passati trentacinque. Non so perché ci sia rivenuta in mente questa storia. Forse perché oggi sembra assurdo essere sopravvissute a un isolamento senza il telefono e senza internet, o forse perché il bagaglio di ricordi ha in sé più connotati positivi che negativi. Sorridiamo ripensando a quel periodo. Magari però è molto più semplice: stiamo guardando Doc in televisione, e ci stiamo chiedendo come sia possibile che in due mesi di ospedale un dottore così figo non si sia mai visto!
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