Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Profumo di Rose” di Alice Frisinghelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Il cielo è grigio sulla via principale e aleggia nell’aria uno strano profumo di rose.
Strano non si fa per dire, dal momento che a Pietrarsa le rose non nascono. In un paesino come quello non si sa nemmeno se le persone conoscano i fiori o sappiano identificarli nel mezzo di un comune campo di grano. Non conoscendo i fiori è ovvia conseguenza che non ne conoscano nemmeno il profumo. Eppure, chiedendo ad ogni pietrarsino questo risponderebbe in questo modo: proprio così, signore, quello è senza dubbio profumo di rose. Come un lampione profumi di rose non me lo chieda, non glielo saprei dire.
Oppure: mia cognata dice che è proprio odore di rose quello. Poveretta, non è abituata a un tale profumo e ogni volta starnutisce con vigore. Proprio non riesce ad annusarlo come dovrebbe.
Come è ovvio concludere, i pietrarsini pur non avendo rose, sapevano identificarne l’odore.
Mia zia mi ha detto che suo nonno le ha detto che il padre del suo bisnonno gli ha detto, che delle rose una volta crescevano a Pietrarsa. Vede quel campo? Quello proprio dietro il Picco Solitario? Una volta era un enorme prato di rose. Perché proprio rose non glielo so dire. Anzi, non gli so dire nemmeno che forma avessero questi fiori. Ma sono sicura che mia zia mi abbia detto fosse giallo il campo. Anche se non ne trovo il senso, sa? Insomma, se una rosa si chiama rosa dovrà per forza essere rosa, non trova? L’anno in rosa lo chiamava, sì proprio così: l’anno in rosa. Ah, lasci perdere, sono i discorsi di una povera vecchia. Perché rido? Ma perché questo lampione profuma di rosa, non sente anche lei?
In quel campo dietro il Picco Solitario, parecchie generazioni prima, erano cresciute veramente molte rose. Un evento talmente raro da essere unico: l’avevano soprannominato l’anno delle rose, trasformato nel tempo in anno in rosa.
È d’obbligo precisare quindi, giunti a questo punto, che il ricordo del campo giallo era corretto. Le rose di quel campo erano, infatti, di un giallo acceso.
Ma non vede che bello che è il campo giallo?
Oppure: ho chiuso i miei uccelli in gabbia, non volevo che volassero sopra il campo rovinandolo, sarebbe un peccato da bello che è. E sente questo profumo? Lo sente quanto è dolce e delicato? È il profumo delle rose, sono sicuro che non ce lo scorderemo facilmente. Oh, si fidi, non può non sentirlo.
L’avvenimento fu uno dei più felici di quel paesino: pietrarsini che non avevano mai visto un fiore, che non avrebbero saputo dargli una forma prima di quella stagione, avevano un campo di rose davanti a sé. Come fosse successo nessuno aveva saputo spiegarlo.
Ma vede, sono spuntate così, da sole, da una notte all’altra. Io non ho fatto nulla di diverso rispetto al solito: concime alle sette di sera e acqua per metà notte. Non saprei spiegarglielo, forse è un miracolo. Ma lo sente questo profumo? Forse è proprio questo il miracolo.
Se Pietrarsa ha già visto delle rose, come abbiamo raccontato, ecco spiegato come i suoi paesani sappiano riconoscerne il profumo. Tali paesani, tuttavia, per un motivo o per un altro, si sono dimenticati di aver visto quei fiori.
Il ricordo dell’anno in rosa era infatti svanito lievemente, giorno dopo giorno, diventando un qualcosa di magicamente surreale e lontano.
Non avevo mai visto un fiore in vita mia. Anzi, non so nemmeno perché conoscessi le parole fiore, fioritura, petali prima di vedere un fiore, eppure eccoci qua. Non lo trova strano anche lei? A me piace pensare che sia il destino: eravamo destinati a conoscerne il profumo, ma per conoscerne il profumo bisogna prima capire cosa è un fiore. Altrimenti dove si annusa? Non riesce proprio a seguirmi? È un peccato sa, ma mi lasci dire solo quest’ultima cosa: questo profumo è delizioso, mi sa che colgo qualche petalo caduto e me lo porto a casa, così da metterlo sul comodino. Sarebbe bello svegliarsi con un bel profumo, non crede anche lei? Sì, credo proprio che farò così. Oh! ma non si preoccupi, coglierò solo petali caduti, parola mia, sarebbe un peccato strappare qualche petalo da un fiore ancora così bello.
Quella donna fu la prima di tante a cogliere un petalo caduto a terra, vicino al confine del campo dietro la collina. Non ebbe il coraggio di addentrarsi ulteriormente: un’aura magica aleggiava in quel campo giallo scosso dal vento, un’atmosfera di pace imperturbabile al di fuori del tempo. Non ebbe il coraggio di infrangere tale incantesimo.
Si portò quel petalo a casa e lo posò sul comodino, poco prima di spogliarsi per farsi la doccia. Una volta entrata in bagno cambiò però idea e uscì a piedi nudi dalla stanza con un solo asciugamano avvolto attorno al corpo. Si diresse così nella camera matrimoniale e, facendo finta di aver dimenticato la crema, poggiata sopra al comodino poco prima come per un presagio interno, raccolse anche il petalo e lo portò con sé in bagno.
Il caldo ha uno strano effetto sui profumi e la stanza da bagno fu pervasa da un odore dolcissimo mai sentito prima. Quando ne uscì, un alone magico la avvolgeva e il marito non le seppe più resistere. Nel mezzo della notte, tuttavia, tale alone si indebolì e la donna, presa da un’ansia improvvisa, raccolse il cuscino e si trascinò inciampando al bagno, dove si addormentò pochi minuti dopo nella vasca. Lo stesso fece il marito quando non trovò la moglie al suo fianco.
Accadde che da quel momento in avanti i due sposi dormissero ogni notte nella vasca da bagno. Ogni mattina, come destandosi da un incantesimo che li aveva rapiti la notte prima, si ripromettevano di tornare a dormire nel letto. Ma ogni notte, quando il canto delle cicale finiva, una solitudine immensa si impossessava di loro ed essi trovavano conforto unicamente in quel dolce profumo, prima di cadere addormentati nella vasca.
Non passò molto tempo prima che altre donne avessero la stessa idea: molti petali furono raccolti dal terreno e portati nelle case. Pietrarsa si profumò a festa e gli animi diventarono più flessibili. Gli abitanti impararono a perdonare e a perdonarsi più facilmente.
Questo basta a spiegare la facilità con cui il desiderio di entrare in quel campo si realizzò. Molte persone avevano vissuto fino a quel momento ai limiti del campo di rose. Tende colorate e strappate ne crescevano infatti lungo i confini e altrettante sedie erano state allineate a seguirne i contorni con precisione e scrupolo. La gente non aveva mai voluto spezzare l’incantesimo che aleggiava sulle chiome danzanti di quei fiori e così si era limitata, fino a quel momento, ad osservare desiderante quel giallo sotto il sole estivo. Ma in un’atmosfera in cui perdonare divenne facile, quasi d’obbligo, molta gente osò sempre maggiormente: avvicinandosi e oltrepassando i confini del campo per qualche metro, azzardandosi a toccare qualche fiore e a strappare con delicatezza i petali più esterni o addirittura, nei casi più rari, strappare più petali contemporaneamente.
Vede, ho strappato questi petali ma non con malvagità, sono sicura che lei riesca a comprendere. Mi rendo conto di ciò che ho fatto, ma vede, ho bisogno di questo profumo, mio marito ha bisogno di questo profumo. Lei no? Guardi qua e ascolti attentamente: se lei prende tre o quattro petali di un fiore, non di più, e li immerge nell’olio questo si profuma divinamente. E dopo può spruzzarselo addosso, proprio così, bravo, così da usarlo come proprio profumo. Vede? Piace anche a lei, non è vero? Vedo nei suoi occhi il desiderio. Se mi permette di cogliere questi petali farò del profumo anche per lei, affare fatto?
Nacque così una nuova moda: profumo di rose per tutti. Vi era chi preferiva un profumo più leggero e chi utilizzava più fiori per un’unica boccetta; chi sperimentò utilizzando rose e erbe aromatiche nello stesso profumo; chi coglieva mazzi di rose per crearsi una scorta di profumo che durasse più di un anno, in caso il campo non durasse alla brutta stagione in arrivo; ricche donne che entravano nel campo e non curandosi delle spine raccoglievano fiori strappandoli dalla base più alta dello stelo, guidate da un desiderio irreprimibile, mentre mille petali cadevano al suolo e venivano calpestati freneticamente dalle suole fangose di mille passanti. Il campo si riempì velocemente giorno e notte, e mazzi venivano strappati, e i fiori distrutti, e gli steli piegati.
Chi primo ebbe l’idea di vendere tali profumi fece un affare, ma non per molto. Se all’inizio solo uno o due negozi furono aperti, dopo poco tempo tanti altri si fecero strada. Non servì molto tempo affinché tra i vicoli di Pietrarsa si potessero respirare le rose: profumi, saponi, unguenti, candele e tanto altro veniva prodotto. All’inizio le scorte di fiori duravano anche una settimana, dopo furono sufficienti per un giorno o due appena.
L’ossessione per quel profumo cresceva e nuovi negozi fiorivano lungo le strade: fiori e desideri, citava un cartello, o rose per tutti i giorni. I negozianti stessi iniziarono, nel dubbio di mettere pochi fiori e nella preoccupazione di avere candele meno profumate dei propri concorrenti di fronte alla strada, ad aumentare le proporzioni di rose all’interno dei loro prodotti. Le persone ripercorrevano quel campo più e più volte, mentre foglie, fusti e spine venivano calpestati e strappati. I fiori non erano trattati con più cura, perché nella frenesia del momento venivano strappati per metà, i petali cadevano al suolo e le piante venivano sradicate.

Fu così che da un giorno all’altro, nel trambusto di quel paesino, le rose finirono.
Quando la notizia giunse in paese tutti fluirono nelle strade e da lì fino al campo: chi era pietrificato dal terrore, chi urlava senza posa, chi veniva preso da attacchi d’asma e rovinava al suolo miseramente.
I pietrarsini si chiusero in casa per giorni, disperati. Si sentivano soli, persi. Il profumo nelle boccette sarebbe finito, prima o poi, e dopo cosa avrebbero fatto?
Nessuno più girava per le strade e, dopo poco tempo, nessuno più tornò al campo. E come spesso accade, tutti cominciarono a dimenticare.
Non si resero conto tuttavia che, a distanza di anni, qualcosa di stranamente profondo e importante era rimasto, come un profumo lontano. Un profumo di rose.
Le rose? Cosa sono le rose? Non ho mai sentito questo nome prima d’ora. E se anche fosse, non credo mi interesserebbe perché si hanno cose più importanti a cui pensare. Senza soldi non si va da nessuna parte ai tempi d’oggi. Anche se, questo lo sente? Nell’aria? Annusi dico, mi sembra impossibile ma direi che è proprio profumo di rose. A saperlo, cosa sono le rose però!
E ancora – profumate e colorate? E cosa dovremmo farcene, scusi? Profumi? A che scopo? Signorina la smetta con queste domande. Eppure, se proprio ci devo pensare il profumo di rose credo sia molto dolce, delicato… ma sa, le datate fantasie di un vecchio.

Il cielo è grigio sopra la via principale e aleggia nell’aria uno strano profumo di rose.
Strano non si fa per dire, dal momento che a Pietrarsa le rose non nascono. Eppure, chiedendo ad ogni persona di quel paese questa risponderebbe in questo modo: proprio così, signore, quello è senza dubbio profumo di rose.

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8 commenti »

  1. Molto bello, complimenti! Credo che questo racconto si possa definire un’allegoria perché tutto può essere interpretato e nulla è quello che sembra. È un racconto che sarebbe piaciuto a un maestro come Buzzati, secondo me, per quel tanto di magico, surreale e simbolico che contiene.
    Leggerlo mi ha ricordato che di recente ho sentito che secondo uno studio genetico l’antenato delle rose era un fiore con un singolo petalo giallo e alcune foglioline verdi, curiosa coincidenza con il giallo delle rose di questo bel racconto! E non si può che concludere citando il Bardo: “Romeo, perché ti chiami Romeo? Cambia il tuo nome. In fondo, che cos’è un nome? Quella che noi chiamiamo una rosa, con qualsiasi altro nome, profumerebbe altrettanto dolcemente.”
    Bello, complimenti 🙂

  2. Ciao Ugo, grazie tante per questo tuo commento. Mi fa davvero piacere che tu abbia menzionato Buzzati, è un grande complimento. Davvero interessante la coincidenza sulla rosa, non lo sapevo!

  3. Bello come un quadro di Renoir, le parole avvolgono il lettore con pennellate di colore e armonia.
    Grazie Alice

  4. Anna Maria, Grazie a te per aver letto il mio racconto e per il tuo bel commento. Mi rende felice sapere che tu, leggendolo, abbia pensato a Renoir!

  5. Ho apprezzato le note leggere del tuo racconto, un mondo che si respira delicato e surreale.
    Non so perchè ma quando lo immagino nella mia mente lo vedo colorato e animato alla maniera dello Studio Ghibli, ambientazioni sognanti dove spesso realtà e magia si fondono.

  6. Originale e onirico, io l’ho interpretato come una storia individuale e collettiva di scoperta del bello e sublime che la natura ci regala, fino a quando non la soffochiamo con prepotenza e avidità; eppure un richiamo ancestrale rimane in chi ne ha fatto esperienza… bello, brava Alice!

  7. Grazie Nicola e Stefania! Commenti molto gentili i vostri 🙂 mi fa davvero piacere sapere, da fan, che il mio racconto ti ha ricordato lo studio ghibl. E sí, nonostante sia un racconto che lascia spazio all’interpretazione, Stefania hai dato una lettura molto simile alla mia visione originale!

  8. Un racconto pieno di dettagli ben descritti, mentre leggevo mi sembrava di poter sentire l’odore di rose! Mi è piaciuto molto il tuo racconto con la sua atmosfera sognante e magica, ed è incredibile quanto tu abbia ben descritto l’essenza della vita di paese. Leggendolo, mi è sembrato di trovarmi seduta sul marciapiede davanti casa, in una giornata d’estate calda e nuvolosa, di quelle in cui tutto sembra un po’ sospeso, lento, e pieno di una dolce nostalgia.

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