Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Terenzio” di Geltrude Agrestini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Mi chiamo Terenzio, anzi Terry: una scelta bizzarra di mia madre, appassionata di romanzi rosa, e di mio padre, fiero sostenitore della lingua inglese. La mia infanzia? Un copione sempre uguale: casa-scuola-casa. Nessuna deviazione, nessuna distrazione. “Sei in una botte di ferro”, ripeteva mamma, e io ci credevo.
La mia vita era un orologio preciso, scandito da rituali rassicuranti.

Ora sono il ragionier Terry Cocozza: giacca grigia perfettamente stirata, cravatta a righe blu, scarpe che riflettono la luce come specchi. Lavoro da dieci anni nella stessa banca, nello stesso sportello. Sono l’incarnazione dell’affidabilità. Anche se il mio cognome — Cocozza — non è esattamente d’effetto, pazienza: è la sostanza che conta, mi dicevo sempre.

I miei genitori non ci sono più. Nel giro di sei mesi, un brutto male se li è portati via. E il vuoto che hanno lasciato, l’ho riempito moltiplicando le mie abitudini: ogni mattina, prima di uscire, controllo che tutto sia in ordine, ripeto mentalmente la sequenza delle cose da fare, mi assicuro che ogni dettaglio sia perfetto. L’ansia si combatte a colpi di ordine.

Esco sempre con il piede sinistro, salto solo sulle mattonelle bianche, sfioro i muri lisci, evito i sampietrini sconnessi come se potessero risucchiarmi nel caos.

In banca mi chiamano “quello strano”. Sempre preciso, sempre distaccato. Lavarmi le mani ogni volta che tocco il denaro non è mania, è sopravvivenza: se avessero conosciuto zio Vincenzo, morto per una banale infezione, capirebbero.

E poi, un giorno, accade.
Un urto. Una ragazza. Capelli neri come la notte, occhi vivi, un sorriso che rompe ogni barriera. Mi scuso, impacciato. Lei ride.
Non riesco a dire nulla di sensato. La vedo sparire tra la folla e rimango lì, come un imbecille, a fissare il punto dove prima c’era.

Non passa molto che il destino mi offre un’altra possibilità: la incontro in un bar.
Si chiama Fiorenza, studia biologia, sogna di salvare il mondo una pianta alla volta. È piena di vita, di entusiasmo. Racconta del Sudafrica, dei progetti, delle spedizioni in terre lontane. Mentre parla, gli occhi le brillano di una luce che io non ho mai conosciuto.

E poi, all’improvviso, mi invita a seguirla. Sì, proprio a me, Terry Cocozza, il ragioniere delle mattonelle e delle cravatte stirate.
“Vieni con noi,” dice. E io, stregato, annuisco.

Tornato a casa, vengo travolto dai dubbi.
Partire significa lasciare tutto: la banca, la casa perfetta, l’ordine rassicurante. Partire significa abbandonare me stesso, o forse, scoprire chi sono davvero.

Passo notti insonni, torturandomi su ogni minimo dettaglio.
E se il volo cadesse? E se la banca mi licenziasse? E se il mondo fuori fosse troppo grande per uno come me?

Eppure, ogni volta che chiudo gli occhi, vedo Fiorenza. Sento il suo sorriso che mi chiama.
Alla fine, decido: andrò. Costi quel che costi.

Preparo la valigia con maniacale precisione: piego ogni camicia, sistemo ogni calzino, allineo ogni oggetto come a voler costruire una trincea contro l’imprevedibile. Saluto ogni stanza come si saluta un vecchio amico che forse non si rivedrà più.

La mattina della partenza arrivo alla stazione. Il binario 3 mi aspetta.
Vedo Fiorenza e il suo gruppo già pronti, zaini in spalla, sorrisi larghi. Mi fermo.
Il cuore mi batte così forte che temo di crollare.

Mi nascondo dietro una colonna, incapace di fare un passo avanti.
Il treno fischia. Parte. Vedo Fiorenza affacciarsi dal finestrino, cercarmi tra la folla.
Ma io sono una statua.

Il treno si allontana, più piccolo a ogni metro, fino a sparire all’orizzonte.

Rimango lì, a fissare il vuoto.
Poi, lentamente, raccolgo la mia valigia.

Con passo studiato, attento, centro di nuovo le mattonelle della stazione.
Non sono partito.

Sono rimasto fedele al mio piccolo universo ordinato.

La sera, tornando a casa, sento il silenzio familiare abbracciarmi.
Accarezzo il paralume dell’ingresso, sistemo i libri sullo scaffale.
Tutto è come deve essere.

Eppure, mentre sfioro la foto di mamma sorridente, mi accorgo che qualcosa dentro di me è cambiato.
Non so se sia tristezza o sollievo.
Forse entrambe.

Forse, in fondo, anche restare è una forma di coraggio.

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1 commento »

  1. È vero che l’ansia si combatte a colpi di ordine. Lo dico per esperienza personale 🙂 Ed è anche vero che a molti capita di incontrare una Fiorenza che vuole cambiare il mondo “una pianta alla volta” e ci fa venir voglia di rivoluzionare il nostro di mondo: la tempesta che avvolge il protagonista è un’esperienza che in una forma o nell’altra abbiamo attraversato in tanti giungendo alla stessa, realmente coraggiosa, conclusione. Quello che mi piace di Terenzio è proprio la sua carica di verità, condivisibile, raccontata con una serietà che diventa, forse involontariamente, leggermente ironica, Ho apprezzato molto anche il modo in cui Terenzio è scritto: asciutto, pulito, con un periodare breve enfatizzato dai numerosi a capo e dalla divisione del testo in piccole sezioni, che ne aumenta il dinamismo e ne facilita la lettura. Tutto bello, complimenti 🙂

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