Premio Racconti nella Rete 2025 “Forme d’Autunno” di Ilenia Mazzucco
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025
Sono le sei di un pomeriggio di metà novembre. Sento odore di pioggia. Mi fermerò in quel bar con il dehor riscaldato. C’è sempre un sottofondo jazz e in giornate come questa mi fa sentire coccolata. Mi accomodo al tavolo nell’angolo a destra. In giornate come questa ho bisogno di riservatezza. Ordino un tè che qui servono con biscotti al burro. Il tè lo prenderò classico, ho bisogno di normalità. Sento il ticchettio lento e ritmico delle gocce che cadono sul solaio. Guardo fuori e la strada diventa uno specchio, riflettendo le luci allungate delle vetrine e dei lampioni.
D’improvviso sento un odore terroso, muschiato, come di cuoio. Quell’odore mi ha accompagnato per gran parte della mia vita. Non appena arrivava la mezza stagione mio padre sfoggiava la sua giacca di renna, indistruttibile, che odorava proprio così. La prendeva dall’armadio e la metteva su una gruccia nella veranda per farla arieggiare un giorno e una notte prima di iniziare ad indossarla. Mi volto e vedo vicino l’entrata del dehor quest’uomo robusto con in testa un cappello grigio a costa inglese, probabilmente misto cashmere. Lo deduco dai piccoli pallini nella parte inferiore. Si sta levando la giacca che è proprio come quella di mio padre. Rimango a fissarlo per qualche secondo mentre tra le mie mani la tazza irradia un calore che sale lungo le braccia come una carezza leggera.
Una sorta di allegra malinconia mi invade, si diffonde in me. Il ticchettio della pioggia si fa più intenso. Era un anno che non sentivo quell’odore. Da quando l’ultima volta ti abbracciai. In giornate come questa mi piace apprezzare la bellezza delle piccole cose. Si dice che le persone non muoiano mai veramente ma cambiano semplicemente forma, credo che sia vero. Tu sei diventato il calore di una tazza di tè in un pomeriggio di metà novembre, una canzone jazz, una giacca di pelle. Tu papà, sei tutto ciò che libera in me il calore, sei la presente assenza che ritrovo in giornate come questa.
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Come un ricordo doloroso, si trasforma richiamando l’affetto pervenuto da una persona amata e ritrovandolo nella realtà quotidiana.
Molto molto carino come il ricordo del padre si fa strada nella mente della protagonista inseguendo l’odore di cuoio, rende molto bene l’esperienza di un ricordo sepolto che riaffiora in seguito ad un’esperienza.
La protagonista plasma il dolore nella perdita , ritrovando il calore delle coccole del padre nelle piccole cose quotidiane, come se lui non se ne sia realmente andato ma continua in qualche modo a coccolarla. Una sorta di struttura mentale che trasforma il dolore in qualcosa di intenso e piacevole
È struggente e delicato Forme d’autunno, sin dal suo bel titolo che profuma di poesia. Si sa che gli odori sono potenti attivatori della memoria: a me capita, per esempio, di sentire un odore per strada e di ritrovarmi in un istante nella città dove sono nato e da cui manco da decenni. Se lo fa una città, tanto più una persona, che si lascia sempre dietro una scia, quel particolare profumo che cerchiamo nei luoghi dove è stata, nelle cose che ha toccato. Forme d’autunno rievoca un’esperienza che appartiene a tanti e lo fa con parole ben scelte nell’economia di una storia concisa, senza sentimentalismi o sovrastrutture, ma densa di emozione. Almeno, io l’ho vissuta così 🙂
Si l’idea era quella di creare un qualcosa che non fosse descritto dal classico sentimentalismo, che con occhi essenziali riuscisse a spiegare come la memoria proustiana sa anche trasformare un dolore in una coccola. Tra l’altro ho provato ad immaginare cosa potesse evocarmi tutto questo quando un giorno spero infinitamente lontano mio padre non ci sarà più. Ed è uscito fuori questo.
Ed è uscita una bella cosa! Aggiungo che, a mio avviso, l’essere frutto di immaginazione la rende ancora più interessante.
Un’intermittenza del cuore di sapore proustiano. Bello.
Sono molto contenta che vi sia arrivato. Mi preoccupava un po’ il fatto che effettivamente è “corto” ma in realtà credo che le emozioni non abbiano bisogno di pagine e pagine , credo che debbano, come nel caso di Ugo, far ritrovare il lettore in quel racconto richiamando alla propria esperienza di vita.
La dimostrazione di come bastino poche righe per creare un’atmosfera, la malinconia di un dolore che però ci coccola e ci appartiene e, come scrivi tu, si trasforma in calore vitale.
Brava, sai emozionare senza cadere nella retorica. Less is more.
Grazie Cristina. Devo dire che quando scrivo di getto, senza troppi “ particolari” riesco ad esprimere di più.