Premio Racconti nella Rete 2025 “Una storia alla belga” di Jose Toye
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Sul biglietto, mi dava un appuntamento alla terrazza di un bar della piazza del Sablon. Come chiesto da lui ho portato il cappello di paglia con me, un mio vecchio ricordo di Siracusa. Lui mi aspettava già, seduto ad un tavolo del bar, un bicchiere di birra vuoto posto vicino al libro alla copertina rossa. Vestito di un paio di jeans ed una camicia leggera, un po’ calvo, dimostrava una sessantina di anni. Lo sguardo era simpatico. Mi ha riconosciuto immediatamente.
“Buongiorno, sono Pietro” gli dico io “credo che mi aspetti, no?” “Mi chiamo Emanuele” mi risponde sorridendo.
Mi sono seduto di fronte a lui. Emanuele e rimasto muto per un istante, stava giudicandomi, poi si è chinato verso di me e a bassa voce ha detto, “ho quello che stai cercando ma prima sarei felice che dicessi che cosa ti è accaduto.”
“Quella storia è veramente straordinaria, incredibile. Due giorni fa, martedì mattino, verso le dieci, faceva caldo, il sole era accecante. Camminavo nella Via Royale, lungo il parco di fronte al palazzo Royal quando ho notato una causa un po’ strana. Alcuni passanti che venivano da me mi osservavano in modo bizzarro. Mi ricordo bene tra l’altro di una coppia di giovani, tutti e due mi fissavano e quando sono arrivati al mio livello, la ragazza senza motivo apparente si è messa a ridere come una matta. Anche il mendicante musicista che al solito suonava la fisarmonica per la strada si è interrotto quando mi ha visto. Ma non me ne sono preoccupato di più quando una donna anziana accompagnata da un cagnolino, vedendomi, si è fermata bruscamente, ha subito preso il cane in braccia e non si è più mossa finché non li ho superato. A dire il vero, non ho osato guardare indietro, temendo il suo sguardo stupefatto. Alla fine ho visto il mio riflesso nel vetro di un portone. Ma non c’era niente di strano. Ho pensato allora che il mio vecchio cappello di paglia era il responsabile. Quindi mi sono tolto il cappello ma non ha funzionato per niente. La gente continuava a guardarmi con ironia. Quando venendo al mio incontro, una bambina accompagnata da una donna mi ha puntato il dito e si è esclamata,” “nonna! guarda, guarda il signore lì, non ha la sua ombra.” “Al momento non ho capito ma istintivamente ho guardato intorno a me. Era ovvio che non c’era nessuna ombra dietro di me sebbene esse ne trascinavano due. Disturbato, ho attraversato la strada presto e ho cercato rifugio all’ombra degli alberi del parco. Dopo alcuni minute mi sono avventurato al sole ma niente ombra, purtroppo l’avevo persa.”
“Poi, evitando le zone di sole, sono tornato alla macchina e poi a casa. Devo riconoscere che quella notte non ho potuto dormire. Il giorno dopo, ieri dunque, sono tornato via Royale per cercare la mia ombra. Ho percorso la via più volte ma alla mia grande disperazione, invano. Sono arrivato ben scoraggiato alla macchina. E lì che ho trovato il tuo biglietto sul sedile. “
“E ora eccomi, come mi hai ritrovato Emanuele? “
“A dire il vero Pietro, vengo spesso qua, quasi ogni giorno perché mia figlia gestisce un commercio di antiquariato nella vicinanza. L’altro ieri stavo venendo a vederla quando ho notato il comportamento strano dei passanti e poi del tuo. Ho anche visto che mancava la tua ombra. Sono rimasto un po’ a guardarti e ti ho visto in fine raggiungere in tutta fretta la tua macchina.”
“L’ombra l’ho trovata lo stesso giorno, fine pomeriggio, sono passato lungo il museo Magritte che era appena chiuso. In un angolo del portone all’ entrata, c’era qualcosa di scuro che assomigliava ad una persona rannicchiata. Incuriosito mi sono avvicinato e in realtà non era una persona ma una ombra. Ho riconosciuto una testa e su questa testa un cappello.”
“Mi sono ricordato direttamente la scena della mattina. Quella dell’ombra assente. Poi, non ho capito perché, mi sono sentito parlare e dirle” “Vieni, se ti va bene posso aiutarti a ritrovare il tuo proprietario”. “Con mia grande sorpresa l’ombra si è alzata e si è messa vicino alla mia. Cosi accompagnato da due ombre siamo tornati a casa mia. Gliela aveva suggerito di mettersi nel bagagliaio. Credimi, anche io non ho potuto dormire tanto quella notte. Che fare? come restituirtela? come ritrovarti?”
“Il giorno dopo, ieri dunque, sono andato al parco, sperando incontrarti ma non ti ho visto, eppure la tua macchina era parcheggiata di fronte al palazzo. Fortunatamente avevi lasciato il finestrino un po’ aperto, cosi ho potuto gettare il biglietto dell’appuntamento dentro. Speravo che lo trovassi. “
“Che facciamo adesso Emanuele?”
“Pago la birra e vieni con me, andiamoci.”
La sua macchina era parcheggiata in una via che dava sulla piazza. Prima di aprire il bagagliaio Emanuele mi ha consigliato di mettermi il cappello di paglia.
“Ora apro, chissà ciò che accadrà?”
Appena il bagagliaio aperto, l’ombra è uscita presto e si è messa accanto a me. La vedevamo bene sul muro e sul marciapiede. Mi toglievo il cappello e se lo toglieva anche, tornavo su di me e tornava anche. Mi copiava in tutto. Ero tanto felice che ho scoppiato a ridere. Anche Emanuele rideva. Ridevamo in quattro, noi due e le nostre ombre.
“Sei fortunato Pietro.”
“Lo so, grazie a te Emanuele. Che ne pensi di un paio di crocchette di gamberetti con una birra?”
Da allora siamo amici.
Eppure a volte mi chiedo se non ho fatto un sogno. Ma, se ciò fu un sogno come ho conosciuto Emanuele? Avremmo fatto il sogno in due?
Da allora non posso passeggiare sulla piazza del Sablon senza cercare Emanuele, senza pensare alla mia ombra. La cerco a volte, temendo che sparisca di nuovo.
Attenzione, se per caso venite a Bruselles e che divagando nella via Royale, vedete una persona senza ombra, non prendetela in giro. Se vedete un’ombra sola non devi avere paura. Sono entrambe infelici.