Premio Racconti nella Rete 2025 “La cantante” di Marco Leonardi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Giro la testa verso quella meraviglia distesa accanto a me.
Di solito le mie donne lanciano gridolini, o urlano di piacere. O stanno zitte.
Quella splendida figliola, invece, aveva accompagnato le onde alte e lente del bacino con dei ss, sss a labbra socchiuse, simili al suono della risacca, lenti, ipnotici…
Non abbastanza, però, da farmi scordare ciò che aveva detto, appena prima.
“Quindi, saresti una sirena…”
Mentre parlo, guardo il suo braccio sinistro arcuato come un promontorio sul blu oltremare del lenzuolo in tempesta, poi la schiena nuda color sabbia, le dune dei glutei, la coscia destra piegata sulle mie, liscia, morbida e calda come il resto del corpo.
“…Però hai le gambe. Se ho capito bene, tutto iniziò l’8 luglio del 97, a Berkeley Marina. Una sirena sedusse con il suo canto Kary Mullis, un genetista che stava nuotando lì, e scoprì come era facile modificare con la sola forza di volontà il DNA di chi portava in grembo, tu”
“Sì, figlio degli uomini” – mi interrompe spalancando gli occhi dai riflessi di madreperla – “E quando fu il tempo, mi partorì vicino alla spiaggia di Cala Pulcino, a Lampedusa, nel momento esatto in cui un barcone si spezzava sugli scogli; mi baciò i piedi, prima di allontanarsi per sempre. Me li baciò piangendo senza lacrime e mentre piangeva sussurrava: vai, cuore mio, vai per le terre egli uomini. Pensarono, i soccorritori, che fossi la figlia di una delle tante migranti annegate. Mi adottarono, senza sapere cosa fossi: con gli uomini crebbi e le vie del mondo percorsi, ansiosa di vedere con i miei occhi ciò che dalle onde potevamo solo immaginare. Ma, scoprii, il mondo era arido e vuoto.
Dove stavano tutte le meraviglie di cui si favoleggiava? Dove i draghi? E Pegaso, il cavallo alato, i quali cieli si nascondeva? E i servizievoli robot positronici, in che città camminavano? Da quali finestre si contemplavano le notti dipinte da Van Gogh? Da millenni cantiamo ai poeti e ai bambini che guardano il mare: raccontateci il mondo! Davvero ci hanno sempre ingannate?”
Chiudo un attimo gli occhi, cercando di immaginare che razza di cose la tizia abbia fumato.
Non ci riesco.
Anche perché lei sta mordicchiandomi la bocca e le sue labbra sanno ancora dei frutti di mare in cui si era tuffata la sera prima, nonostante l’interminabile bagno che si era concessa prima di.
Si scosta, mi fissa.
“Ti vedo perplesso, figlio degli uomini”, dice qualche istante dopo.
Perplesso? Mi viene da ridere.
“Bè, tesoro” – sogghigno – “Le parole di mammina, le circostanze della tua nascita…mi dici quando hai imparato tutto ciò, se sei stata abbandonata subito dopo il parto?”
Lei prende il mio indice destro, ne appoggia il polpastrello al suo addome, con una lenta spirale simile a un gorgo lo conduce al suo centro.
Lascio fare.
“Non solo questo mio ombelico” – sussurra – “O il colore degli occhi e quello dei miei capelli, neri come il mare al largo nelle notti senza luna. O le labbra rosso corallo. Anche i ricordi ereditiamo, figlio degli uomini. I miei arrivano fino all’era dei grandi ghiacci: in un certo senso, ho diciannovemila anni”
Se prima ero perplesso, ora ne sono sicuro: è totalmente fuori di testa.
Lei chiude gli occhi, sospira.
“…Ma il come fare, come utilizzare ciò che ereditiamo, non sta nella nostra testa. E’ iscritto nelle reti neurali che si diramano nella coda. So tutto di genetica, figlio dell’uomo, ma non posso manipolare i geni di chi, tra poco, porterò nel ventre. Per cui, se voglio che nasca umana d’aspetto, ho bisogno di seme umano”.
“Azzo stai dicendo?”, le domando un po’ impaurito e parecchio imbufalito.
Lei non fa una piega.
“Ti ho assaggiato, prima” – risponde leccandosi le labbra – “ Il tuo DNA mi piace. Sì, penso davvero di usarlo”
Adesso sono completamente sveglio: non solo è fuori come una mina, la tizia; è una pazza furiosa.
Mi infilo i boxer, scendo dal letto come una molla e: “Ok, bella” – dico con calma furente – “Non so se a tutte le menate che hai raccontato ci credi davvero (e allora ne conosco uno bravo che ti può aiutare), o se qualcuno ti stia costruendo un personaggio addosso. Bene, se è così, svegliati. Sono il tuo agente, ricordi? Se tra qualche settimana calcherai il palco dell’Ariston, sarà perché l’ho deciso io, chiaro? Sei mia, lo capisci, vero? Io decido il colore dei capelli e delle unghie, io cosa dirai quando ti intervisteranno. E soprattutto, decido io se e quando metterti incinta, chiaro anche questo?”
“No, non sei tu che decidi”
Mentre dice quelle parole anche lei si alza e cammina verso di me, mentre la luce che filtra dalle veneziane gioca con il suo corpo nudo come fanno i raggi di sole con l’acqua.
E io, non so perché, arretro. Arretro con le gambe molli come una medusa spiaggiata fino alla porta finestra della camera. Contro la mia schiena, percosso dal vento gelido che viene dal mare, il vetro è freddo e umido.
Freddo e umido come uno scoglio.
Lei mi raggiunge, mi solleva.
“Prenderò il tuo seme, uomo. E intanto canterò, oh se canterò, e ti sarà dolce naufragare negli abissi della mia voce, come lo sarà per tutti quelli che mi ascolteranno, al prossimo festival. E poi crescerà, mia figlia, pure lei canterà… E’ la mia vendetta, la nostra vendetta per averci sempre ingannate”
Mentre parla mi slaccia i boxer e incolla il bacino al mio.
Poi inizia a muoversi come un’onda e a cantare.
E io divento fiume e nel mare mi perdo.
Da leggere durante il festival di Sanremo