Premio Racconti nella Rete 2025 “La Ragazza Di Silicio” di Tommaso Centra
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Ad Andrea la mano incominciava a far male. Essendo mancino, il lato sinistro del dorso era diventato violaceo. Si pulì distrattamente con un fazzoletto e chiuse il portatile. Oggi ne ho fatte quattro, due di fila, pensò. Da quando aveva scoperto quel sito semisconosciuto aveva ripreso a intrattenersi con la pornografia.
Andrea ha tre dipendenze: la prima ad arrivare è stata il cibo, scoperto a dieci anni perché la sua è sempre stata una famiglia dove mangiare bene rappresentava un pezzo importante della socialità; subito dopo è arrivata la masturbazione, che ha scoperto due anni dopo; poi si è presentato il fumo, un circolo vizioso in cui entrò intorno ai quindici. Gli manca poco per svilupparne una quarta, l’alcolismo, considerando quanto spesso si concede “un bicchierino” di questo o di quello.
Andrea diede un’occhiata alla stanza: fumetti e manga spiegazzati per terra, pacchetti vuoti di sigarette e vestiti sporchi e sparsi ovunque. Le luci al neon attaccate ai muri cambiavano colore a intermittenza. In quel momento un verde acceso dava alla sua stanza da letto un’aria spettrale, che per un attimo lo fece quasi trasalire. Erano le nove di mattina e le tapparelle erano rigorosamente abbassate. Andrea sbadigliò. Fu un grande sbadiglio, uno di quelli che provoca un piccolo dolore alla mascella. Era sveglio dalle 16 del giorno prima. Non era una novità per lui passare la notte in bianco. Andrea dava la colpa ai medici. Da piccolo soffriva di epilessia e per questo aveva dovuto fare diversi esami per i quali era necessario passare una notte intera senza dormire. Tuttavia, Andrea dimenticava il potere di dipendenza che può dare internet e un uso smodato dei dispositivi elettronici.
Mi faccio un caffè, si disse.
Andò verso la cucina lentamente, sostenuto dalle sue gambe pesanti. La guardò e, a differenza del solito, restò schifato da ciò che vide.
Il nuovo servizio di piatti che gli avevano regalato i suoi genitori dopo il trasferimento occupava tutto il lavabo, con posate e bicchieri a fargli compagnia. Il tavolo era coperto dalle buste di cibo spazzatura che acquistava quasi ogni sera. Ormai aveva rinunciato a migliorare la sua forma fisica. Tanto è tutto inutile, si diceva. Il nuovissimo e modernissimo piano a induzione era ricoperto da padelle con olio bruciato e residui di pasta che risalivano a tre giorni prima. La geometria degli schizzi di sugo sul muro sembrava quasi studiata per quanto le macchie erano distanti e dense.
Andrea indugiò su quel piccolo angolo governato dal caos, poi si avvicinò alla macchinetta del caffè. Provò a inserire una cialda, ma scoprì che il serbatoio era pieno. Con grandissimo sdegno scaraventò il contenuto nel lavandino già stracolmo, che assomigliava sempre di più a una discarica in miniatura.
Inserì la benedetta cialda, premette il pulsante e il caffè iniziò a colare lentamente nell’ultima tazzina pulita.
Bevve il caffè sentendosi leggermente in colpa con sé stesso. Forse dovrei provare a dormire, riflettè. Ma ormai la bevanda energizzante era stata consumata e stava scorrendo nel suo organismo.
Andrea non ebbe il tempo di poggiare il recipiente sul ripiano che suonarono al citofono.
Inizialmente Andrea si chiese chi potesse essere. Prese in mano la cornetta.
“Chi è?” bofonchiò con prepotenza.
“Il corriere!” rispose enfatica la voce di un uomo.
Ah, già, pensò Andrea.
“Quarto piano a destra” disse aprendo il cancello.
“Forse è arrivato il pacco grosso!” Disse Andrea, a voce alta. Era sua abitudine parlare da solo, specialmente nei momenti di deprivazione del sonno.
Aspettò qualche minuto, poi il corriere suonò il campanello del suo appartamento. Quando aprì si trovò davanti un ragazzo della sua età, alto e muscoloso. Era afrodiscendente e sulla piccola targhetta gialla della sua polo c’era scritto “THOMAS”.
“Buongiorno!” disse il corriere con energia.
“A te” rispose con sufficienza Andrea. Non gli importava nulla del corriere, gli interessava solo l’enorme scatola legata al portapacchi.
Lo prese tra le mani con gelosia, sfoderando una forza che sorprese sia se stesso che Thomas.
“Okay, abbiamo fatto. Buona giornata”, disse Thomas con un sorriso da parte a parte.
“Ah, e buon divertimento!” aggiunse con uno sguardo malizioso.
Andrea capì che il corriere aveva visto il nome della ditta dal quale proveniva il pacco: Lilith Tech s.r.l.
Fece strisciare il pesante scatolone per terra, nella direzione del salone. Prese un coltello da parmigiano e in una manciata di secondi tagliò il nastro del bramato oggetto.
Andrea era in fibrillazione. Aprì la scatola, tolse il polistirolo con foga e vide un pulsante. Sopra c’era adagiato uno sticker, con scritto “press here”. Lo premette all’istante. Quello che apparentemente sembrava un ammasso roseo dalla forma ovale iniziò a vibrare e a emettere un rumore sordo. Davanti agli occhi di Andrea, come per magia, quelle parti meccaniche iniziarono ad assumere un aspetto organico. In qualche minuto, l’uovo rosa assunse una forma umanoide.
Dopo un quarto d’ora l’evoluzione fu completa; davanti a sé Andrea aveva un robot dall’aspetto femminile.
“Ma non è quello che ho chiesto io!” esclamò lui, fortemente contrariato.
“Io l’avevo scelta con le tette grosse e il culo, questa è piatta!”
La ragazza artificiale era completamente nuda. Era alta un metro e sessanta, con un fisico minuto, dei capelli castani lunghi e una frangia color platino. Sul viso tondeggiante c’era qualche lentiggine e gli occhi erano di un verde tendente al giallo. Non dimostrava più di venticinque anni.
“Ciao! Io sono Arianna. Sono l’intelligenza artificiale deputata alla rieducazione sessuale e sentimentale”
Andrea sgranò gli occhi. Non ci posso credere. Quegli incompetenti del sito hanno sbagliato bambola, pensò, sconfitto.
“Tu non sei ciò che avevo chiesto, ora ti rimetto nella scatola” disse lui, scandendo ogni sillaba.
“Non c’è bisogno che parli così, io capisco ogni tipo di linguaggio umano. Per quanto riguarda il reso, l’azienda che mi ha creato non lo offre per i suoi prodotti. Mi dispiace molto”
“Vabbè, non importa. non parlare mentre lo facciamo” disse Andrea tagliando corto, e avvicinò la mano destra al seno di Arianna.
Con dei riflessi sovraumani l’androide afferrò il suo polso e glielo girò.
Andrea urlò per il dolore.
“Ma che cazzo fai? Sei matta!” disse in ginocchio per terra, mentre si massaggiava il polso dolorante.
“o sono un essere artificiale ma sono senziente. Sebbene io sia stata creata in laboratorio, sono una donna a tutti gli effetti. E per toccarmi devi avere il mio consenso” spiegò Arianna con la sua voce leggermente robotica e impostata.
Iniziò a snocciolare un discorso a metà tra filosofia e femminismo, che abbracciava la storia della donna dall’inizio dell’agricoltura al giorno d’oggi.
“Stai zitta!” le disse stizzito.
Ma lei continuava imperterrita.
Mentre perseverava con il discorso, prese i vestiti all’interno della scatola. Erano un semplice jeans blu slavato a zampa d’elefante, una maglietta rosa oversize e delle Converse nere alte.
Andrea si sentì a disagio: indossava la sua classica tuta da ginnastica, maleodorante e sporca di qualsiasi cosa.
“Per iniziare ad essere una persona migliore devi assolutamente pulire questo posto. L’ordine del tuo ambiente rispecchia l’ordine che hai in testa” gli disse il robot.
Lui si sentiva messo in soggezione da quel miracolo tecnologico.
“Non lo puoi fare tu?” chiese timido Andrea mentre si accingeva a insaponare i piatti.
“Per millenni le donne sono state assoggettate all’uomo e rilegate ai ruoli della casa e del focolare. Per avere una società equa tu devi fare la tua parte. Questa casa è tua, d’altronde” disse la ragazza di silicio, accennando un sorriso algido.
La pulizia della cucina fu lunga. Arianna fece un piccolo interrogatorio ad Andrea.
“Che visione hai della donna?” Chiese innocentemente Arianna.
“Non lo so. Mi piacciono molto, mi eccitano. Ma sono inavvicinabili. Io sono brutto e loro se la tirano un sacco. Per questo le guardo solo nei porno” le confessò con estrema sofferenza mentre scrostava una padella.
“Forse dovresti vederla dal loro punto di vista. Sono costantemente bersagliate da voi uomini, che, come pensiero fisso, avete solo e costantemente il sesso; è normale che alcune di loro si mettano sulla difensiva. Per quanto riguarda il modo che hai di vederti dovresti iniziare un percorso di psicoterapia. Se mi fai installare un’estensione posso pensarci io”
Le prime settimane con Arianna Andrea rigò dritto. La casa non era mai stata così pulita, e lo stesso valeva per il suo proprietario.
Andrea e Arianna discussero a lungo sugli incel, quegli uomini che odiano le donne perché non possono arrivarci. Così la terapia iniziò a fare effetto.
Andrea continuava ad abusare della pornografia, ma ogni volta che lo faceva descriveva ad Arianna le sue emozioni prima e dopo. Iniziò anche ad uscire più spesso di casa, per la spesa e le altre commissioni.
“Sei pronto per l’appuntamento” Affermò un giorno lei, mentre erano seduti sul divano a guardare un film di Agnes Varda.
Arianna era andata a comprare un vestito: era di un verde intenso, fatto di velluto e corto sulle gambe.
“Sei molto bella”. Furono queste le parole uscite dalla bocca di Andrea, di cui si pentì qualche secondo dopo.
“Ti ringrazio. Complimenti, hai usato il linguaggio corretto per riferirti a una donna. Stai imparando”
“Grazie” rispose laconico Andrea, contento dell’esito della sua uscita.
Andarono in un ristorante molto formale. Lui indossava il vestito della laurea, e, fatta la barba, assunse un aspetto piacevole.
Andrea e Arianna passarono una bella serata. Lui le parlò dei suoi videogiochi preferiti, lei invece del femminismo proposto da Simone de Beauvoir.
Alla fine della serata si sedettero su una panchina di Trastevere. In aria non tirava un filo di vento e si respirava una calma inquietante.
“Posso avere il tuo consenso per un bacio?”
“Va bene, Andrea. Non so quale sarà la mia reazione, quindi non crearti troppe aspettative” disse lei educatamente.
Lui posò gentilmente la mano destra sul viso di Arianna. La pelle finta era tiepida; imitava tremendamente la consistenza soffice di quella umana, era indistinguibile.
Il bacio durò una ventina di secondi, senza lingua.
“Mi è piaciuto! Vorrei baciarti più spesso” esclamò Arianna, con un sorriso molto naturale sulla faccia.
“A-anche io” balbettò Andrea, che intanto aveva il cuore a mille ed era diventato rosso paonazzo.
Rimasero entrambi in silenzio. Lo scrosciare del Tevere e il rumore delle cicale li cullarono fino a tarda notte.
Arianna posò la testa sul petto di Andrea, e rimasero così per un po’.