Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “L’ultima fotografia” di Andrea Foschini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Come ogni mattina, Simone alzò la saracinesca del suo studio fotografico, lo stesso che aveva ereditato dalla madre qualche anno prima, quando se ne era andata per sempre. Sentiva ancora l’eco dei suoi occhi guardarlo, per l’ultima volta, solitaria e riservata, adesso che era rimasto solo, senza donna, senza famiglia, con l’animo turbato da una giovinezza mai vissuta fino in fondo. Amava la fotografia, così come aveva fatto la madre, perché gli dava l’illusoria opportunità di creare una realtà parallela a quella in cui esisteva, provando a sentire il peso degli anni meno opprimente. Tra i capelli ricci color castano e gli occhi verdi, la speranza per un futuro migliore sembrava, tuttavia, non appartenergli più. L’assenza di sua madre, con cui, dopo l’abbandono del padre, aveva condiviso ogni istante di vita, pesava ancora un macigno dentro di lui, poiché da quel giorno nulla era stato più come prima. 

Di giorno in giorno i clienti si erano fatti sempre più rari, come si stessero estinguendo; qualche cliente affezionato tornava a fargli visita di tanto in tanto, più per compassione, che per reale bisogno. Passava il tempo con la mano sotto il mento, il pensiero rivolto inevitabilmente altrove, fissando di ora in ora i riflessi sulla vetrina formare immagini di ogni tipo sui profili della gente che passava, attenendo che qualcuno attraversasse la soglia, facendo suonare il campanello posto all’ingresso. Anche quella volta, però, si fece tardo pomeriggio, senza che nessuno avesse quel giorno varcato il portone. Decise di richiudere i software inutilmente accesi, spegnere le luci della ribalta, per tornare a casa dove ad attenderlo non ci sarebbe stato comunque nessuno. Si girò, andò verso il ripostiglio per prendere il giubbino. 

All’improvviso, il campanello dell’ingresso suonò. 

Guardò l’ora, mancavano dieci minuti alle sette. Attese per capire se si trattasse di un’allucinazione sonora dovuta al momento di sconforto. Poi, il campanello trillò di nuovo. Aprendo, vide una donna di mezza età ben vestita, con un cappotto lungo fino ai piedi, una camicia bianca abbottonata e dei pantaloni a uso ufficio. Non l’aveva mai vista da quelle parti, ma dai suoi occhi traspariva un mistero insondabile e, al contempo, tormentato. 

«Chiedo scusa, è aperto?» chiese. 

«Stavo per chiudere, ma non si preoccupi. Prego, cosa desidera?». 

«Domani ho un colloquio di lavoro, ho bisogno di due foto da porre sul curriculum, ma fatte bene, perché è importante». 

«Si accomodi sullo sgabello, accendo le luci e arrivo subito». 

La fece accomodare, prese la macchina fotografica, posizionò l’inquadratura, scattò più volte per prendere tutte le possibili angolature del viso. Quando finì, pose l’attrezzatura sul ripiano dove era posizionato il computer, muovendosi come per scaricare le foto, al fine di perfezionarle e stampare quelle più adatte. La donna, però, lo fermò. 

«Vedo che ha già spento tutto, non c’è fretta. Me le farà avere domani mattina con calma, ma mi raccomando, è questione di vita o di morte, è importante per me. Ho il colloquio nel pomeriggio». 

«Non si preoccupi. Qual è il suo nome?». 

«Nidal, sono di origini venezuelane». 

«Va bene, allora a domani, Nidal».                                   

Se ne andò, senza dire nulla, salutando con un rapido, ma profondo scambio di sguardi, come volesse imprimerselo nella memoria. Simone rimase interdetto, ma non disse una parola. Poiché a casa non avrebbe avuto nessuno ad aspettarlo, scaricò subito le fotografie sul computer, perfezionandole, migliorandone colori, contrasto e saturazione. Prese la carta lucida, le stampò una ad una: aveva sempre amato il momento in cui qualcosa di irreale, catturato in una frazione di secondo, si trasformava in qualcosa di fisico. C’era nello sguardo di quella donna qualche dettaglio che lo ipnotizzava, di enigmatico, che non riusciva a spiegarsi. 

Spense tutto, rimandando qualsiasi ragionamento. 

L’indomani, preparò il pacchetto con le foto da dare a Nidal. Passarono le ore, tuttavia, e la donna non tornò. Guardando l’orologio, si accorse che si erano fatte già le undici e di lei nessuna novità. Se ne stava con le fotografie in mano osservando, come d’abitudine, la vetrina disegnare i riflessi delle persone che passavano. Forse ci aveva ripensato, Nidal, forse aveva disdetto il colloquio di lavoro, o forse era stata tutta un’illusione, anche quella, chissà. Uno strano presentimento, però, lo invaghì, come di un terribile presagio: «questione di vita o di morte» aveva detto. 

Chiuse il negozio per l’ora di pranzo, andandosene in preda a infausti pensieri che, tuttavia, sembravano ingiustificabili o, quantomeno, non razionali. Eppure, anche nel pomeriggio, non si fece vivo nessuno: della donna nessuna notizia. Provò a cercare in rete il nome, così poco comune, ma non trovò nulla. Scorrendo le notizie, l’occhio gli cadde su un articolo che parlava di una signora scomparsa nel trevigiano, a due passi dal paese in cui abitava. Non c’era scritto il nome, ma le caratteristiche fisiche riportate corrispondevano proprio a quelle di Nidal. 

Non perse ulteriore tempo e si diresse dai carabinieri. Con il pacchetto delle foto in mano, percorse a piedi quei due chilometri che lo separavano dalla stazione, dopodiché, una volta innanzi, entrò. 

«Prego» fece l’uomo posto all’ingresso. 

«Devo denunciare la scomparsa di una donna» rispose Simone in maniera intimorita, con il cuore che gli saltava in gola. Non era mai stato all’interno di una stazione di carabinieri e aveva paura che lo incolpassero di qualcosa che, in realtà, non aveva commesso. 

«Si accomodi, mi spieghi». 

Lo fecero accomodare in uno stanzone in cui erano presenti soltanto una sedia e una scrivania. L’uomo in divisa si mise dall’altra parte del tavolo, lui prese posto innanzi e raccontò quanto successo, porgendo al carabiniere il pacchetto con le fotografie affinché le vedesse. 

«Ieri è arrivata una donna presso il mio studio di fotografia. Sembrava un po’ enigmatica, mi disse che aveva bisogno di alcune foto per un colloquio di lavoro. Ben vestita, elegante, se ne è andata dicendo che sarebbe ripassata l’indomani mattina a prenderle, cioè oggi. Aveva urgenza di averle: questione di vita o di morte, ha detto. Tuttavia, non è più tornata. Mi ha preso uno strano presentimento quando in internet ho letto che nel trevigiano è scomparsa una signora, le cui caratteristiche sono simili a quelle della donna di ieri. Pertanto, sono qui. Queste sono le ultime foto che le ho scattato». 

«Come si chiama la donna?». 

«Nidal». 

«Un nome poco comune. Ricerco subito in anagrafica se c’è qualcosa a suo nome, non dovrebbero essercene molti. Le dico però che è un po’ poco soltanto un giorno per effettuare una denuncia di scomparsa, al di là di quel che è successo nel trevigiano. Magari ci ha ripensato e le foto non le voleva più». 

«Ha ragione, è il presentimento che mi ha portato qui». 

«Vediamo, Nidal, Nidal…». 

Il carabiniere cercò per qualche minuto nelle banche dati, ma sembrava anche lui dubbioso. Simone, da parte sua, rimase in attesa. Poi l’uomo allontanò la tastiera, spostò lo sguardo e riprese a parlare. 

«Non risulta nessuna Nidal qui. È sicuro che fosse il suo vero nome?». 

«Questo non lo so, so solo che mi ha detto di essere d’origini venezuelane». 

«O meglio, qui risulta una sola Nidal in tutta Italia, e credo sia proprio quella a cui ci stiamo riferendo noi. C’è solo un piccolo particolare». 

«Sarebbe?». 

«Sarebbe morta il 25 Ottobre del 2018». 

«Prego?». 

«Sarebbe morta il 25 Ottobre del 2018, le ripeto». 

Simone ebbe un po’ di sconforto, gli girò la testa. Si sentì confuso, quasi spaesato, al punto da doversi tenere alla scrivania per non cadere giù per terra. Qualche lacrima gli scese dal volto, non capiva il senso di quella coincidenza, ma Nidal, in un modo o nell’altro, aveva fatto breccia nel suo cuore, nei suoi ricordi, senza che l’avesse mai conosciuta. Quella data, proprio quella data, non poteva essere un caso, coincideva con la data in cui aveva visto per l’ultima volta sua madre. Sorretto dall’uomo in divisa, se ne tornò al proprio negozio pieno di pensieri e paure, rimettendosi a sedere sul banco di lavoro, osservando il pacchetto di foto. Si accorse proprio in quel momento che Nidal era l’anagramma di Linda, il nome di sua madre. 

Riaprì i file che aveva caricato sul computer contenenti le foto scattate il giorno prima. Scorrendole, non ritrovò più le stesse, ma altre, raffiguranti Linda, negli ultimi momenti in cui era comparsa sorridente, fino all’ultima fotografia che avevano fatto assieme davanti a un campo di girasole. Senza che se ne fosse accorto, sotto le vesti di Nidal, sua madre era venuto a trovarlo, piangendo profondamente di malinconia. Solo in quell’istante capì che nessuno muore mai veramente, se vive nel cuore di chi rimane. 

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1 commento »

  1. Racconto intriso di profonda umanità, dove il soprannaturale non è morbosità ma apre la porta alla speranza che non siamo da soli nelle difficoltà della vita. Scrittura non particolarmente ornata ma efficace e scorrevole.

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