Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Game over – Kiss e il capitano” di Laura Filoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Game over

Erano trascorsi ormai diversi anni dall’ultima volta in cui il capitano era caduto nel mondo senza confine alle prese con le prove del Fato. Kiss non c’era più da tempo. Altri amici erano stati al suo fianco, ma il ricordo del suo pastore tedesco era ancora vivo nel suo cuore.

La vita aveva dato tanto a lui e tanto gli aveva preso. Aveva tanto di tutto, tanti amici, tante conoscenze, tanti lussi, ma spesso si sentiva solo, arrabbiato, insoddisfatto. Gli mancava tanto quel mondo di gioventù e sport che aveva costellato la sua vita di soddisfazioni e bei traguardi.

Sentiva la mancanza di affetti importanti. E uno in particolare.

Da giorni non mangiava bene. Non digeriva neanche un piatto di insalata. Che fosse un virus? Si domandava massaggiandosi la pancia…

-Eh …certo…qui prima c’era una bella tartaruga…ora solo grasso! –

Non si piaceva nella sua nuova fisicità e si riguardava allo specchio facendo le smorfie. Sul mobile contro il muro le foto giovanili con le divise da calcio sembravano ridere di lui.  Le rigirò per non vederle.

Andò sulla terrazza dove lo aspettava Zazà. Cominciò carezzandogli la testolina. Che buffa e longeva tartaruga. Aggrappata alla vita con una forza incredibile. Mordeva tutti. Meno lui.

Il cielo plumbeo donava una luce strana e immobile.

Cosa fu? Un lampo, un tuono, un soffio di vento…il capitano non riuscì a capirlo ma dopo tanti anni si trovò preso in un vortice di energia e piombò di nuovo nel mondo senza confini.

-Ma chi sei? Non ha i ancora smesso di torturarmi? – urlò al niente disperato.

Si trovava con i polsi e le caviglie stretti in catene di acciaio appese a due pali la cui sommità si perdeva nel cielo nebuloso sopra di lui.

Salì una grande rabbia dal suo petto che lo fece gridare e dimenare fino a straziarsi anima e corpo.

Passarono diversi giorni così. Aveva braccia gambe sanguinanti. Era allo stremo delle forze, la vista annebbiata. La rabbia gli faceva esplodere il cuore nel petto.

-Perché…perché…- si domandava

Ma forse non c’era un motivo. Era semplicemente un destino da accettare. Un destino maledetto che lo metteva sempre alla prova che lo voleva in ginocchio che appena stava bene lo voleva piegare a terra.

-Non vincerai! Non mi arrenderò…capito?!-

Strinse a sé le catene più forte che poteva ma sapeva che non avrebbero ceduto mai. E allora pianse di rabbia riempiendo gli occhi di sangue e sudore e lacrime.

Come per incanto le catene dei piedi si dissolsero nell’aria tra il luccichio della nebbia come piccole lucciole. Cadde così in ginocchio e prese un respiro.

Almeno le altre volte aveva il suo cane con sé. Adesso era solo, del tutto solo.

In quella posizione, appeso ai pali, perse i sensi e dormì incosciente per un tempo indefinito. Poi passò ad una sorta di dormiveglia che lo teneva cosciente ma con le palpebre così pese da non riuscire a tenerle aperte. Era gonfio, pieno di lividi e graffi. Sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto ed ebbe ancora un sussulto di rabbia e di paura.

Un suono poi lo scosse dall’incoscienza. Un suono familiare. Lontano. Come venisse dall’altro capo del mondo. Un abbaiare sottile e poi sempre più forte.

Con le ultime forze rimaste aprì gli occhi.

Davanti a lui il muso familiare del suo Kiss.

Non riuscì a dire niente il capitano ma solo grosse lacrime scivolarono sul suo viso rigandolo di solchi neri.

Kiss gli leccò il viso bene bene e lui rimase lì a ricevere amore e carezze con il cuore in tumulto. Poi il cane si scostò. Andò a piazzarsi lontano da lui. Si sedette di fronte e guardò il suo padrone, il suo amico.

-Kiss…-

Il cane lo guardava fisso negli occhi

-Kiss, guarda come sono ridotto! –

-È finita …vero?!-

Il cane lo fissava. Fermo. Bello. Fiero.

-Kiss…tu che dici? Che mi succede? Che farò della mia vita? Ce la farò a fare un ultimo giro di valzer? O è finita davvero? –

Il cane non emise un fiato. Fisso lo guardava nel volto. Ad un tratto chiuse e riaprì gli occhi. Neri, liquidi e sereni ficcati in quelli del suo grande amico.

Il capitano sentì arrivare tutto. Tutto quello che voleva sapere.

Chinò il capo all’indietro e aprì le braccia sostenute dalle catene.

Sentì il profumo dei fiori nel giardino della sua casa, percepì il vento che scostava le tende al tramonto, il suono di una televisione accesa, lontana, e rumori in cucina. Belle persone accanto a lui …buone generose …sincere. Come aveva sempre desiderato. Sentì l’acqua marina venire incontro alle sue bracciate. Avvertì il calore di un tenero abbraccio. Tante cose belle…

No. Non era finita.

Le catene si sciolsero di luce e un bagliore accecante lo colpì in pieno petto. Il Fato lo inondò di energia sotto forma di musica, di canti e di calore.

Canti di grilli. Erba bagnata. Sentiva un romore di tosaerba e di annaffiatoi meccanici.

Uge si trovava disteso nel centro del campetto di calcio della sua cittadina, quello vicino al greto del fiume. Era sotto il sole. Da solo.

Si guardò attorno alzando appena il capo. Chissà che pensavano di lui…un altro ubriacone che è finito nel campo!

Dette un lungo respiro e portò le braccia incrociate dietro il capo.

Restò ancora un poco sdraiato a guardare in alto il transito delle nuvole. Una in particolare attirò la sua attenzione: sembrava che due orecchie spuntassero dalla nuvoletta più bianca e che un musetto, maliziosamente, gli sorridesse.

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