Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Il dolore – Kiss e il capitano” di Laura Filoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Seconda impresa-il dolore

Camminavano sull’argine del fiume che scintillava sotto il sole. Era un comune canale nella scialba campagna circostante, ma era una giornata così bella che rendeva tutto migliore: l’acqua del fiume trasparente, gli argini verdi d’erba fresca.

Il capitano chattava con i suoi amici. Schedine, allenamenti, scherzi…e ogni tanto buttava un occhio a Kiss che andava e veniva sul sentiero riportandogli il bastone di legno.

-Tieni! Vai Kiss…- gridava Uge buttando lontano il legno. E il suo pastore correva a razzo per riprenderlo. Come era bello il suo cane, il suo pelo lucido ramato e nero fluttuava nell’aria. Possenti le zampe, dritte le orecchie, viso intelligente e testa possente. Un campione.

Si fermò riponendo il cellulare che lo aveva stancato. Stava per cominciare la partita della sua squadra del cuore: l’Inter. Non vedeva l’ora di andare a casa ad accendere la tv ma ora era il momento di Kiss, di stare fuori e doveva pazientare. Un silenzio pervadeva l’area circostante. Un po’ troppo osservo il capitano. Non un rumore di auto, un gorgoglio di acqua, un canto di volatile…niente. Si girò verso Kiss che si era fermato e lo osservava con uno sguardo che parlava da solo.

Uge ebbe un fremito.

Si alzò dal suolo come stordito. Era prono. Aprì gli occhi come avesse dormito vent’anni e si guardò attorno: nebbia, nebbia e nebbia.

Kiss gli leccò la faccia e lui lo abbracciò. Erano caduti di nuovo in quello sfalso temporale dominato dal Fato. Lo riconobbe subito. La sensazione tremenda dell’ignoto. L’incubo si era ripresentato.

Uge provò a fare qualche passo ma un dolore lancinante alla gamba lo costrinse a fermarsi. Si guardò le gambe, si tastò con le mani ginocchio, muscoli, polpaccio. Niente. Apparentemente era tutto a posto. Ma come muoveva un passo uno scricchiolio sinistro e una fitta lancinante lo costringevano a fermarsi.

Il cane lo guardava in maniera interrogativa.

-Non preoccuparti Kiss, ora mi passa…-

Il cane gli correva intorno con la lingua rosa e nera penzoloni, non sembrava minimamente turbato dal luogo e dalla situazione.

Invece il capitano soffriva. Un rivolo di sudore gli scendeva lungo la schiena e la vista gli si stava annebbiando.

Che fai molli…? – una voce stentorea gli risuonava nelle orecchie. Ma doveva udirla solo lui perché il cane annusava, tranquillo, sassi e nebbia.

Uge zoppicava vistosamente. Non c’era niente a cui appoggiarsi se non massi aguzzi e grigi. Sostò appoggiandosi ad una roccia con il fiatone.

Uno sportivo come lui ridotto ad avere il fiatone per pochi passi. Non esisteva!

Allora con forza e volontà riprendeva a camminare ma il dolore era davvero forte.

-Ma che vuoi da me! – urlò alla nebbia

Nessuna risposta lo confortò. Kiss gli leccò una mano.

Il cielo era tutto un susseguirsi di colori e fluorescenze. Però era tutto così strano e isolato. Anche il più piccolo rumore sembrava rimbalzare su sé stesso. Una grande solitudine sembrava appartenere a quei luoghi.

-Proprio un bell’incubo- sorrise fra sé e sé sarcastico.

-Kiss? – proprio in quel momento si accorse che il cane non c’era.

-Qua bello! –

Nessuna risposta.

Il capitano era in pensiero. Il suo cane rispondeva sempre. Saperlo sperso in quello strano mondo non lo faceva stare bene. Si mosse, ma si era scordato della gamba.

Una fitta dolorosa lo costrinse a piegarsi.

Passarono minuti che sembrarono ore. Uge lo chiamava ma Kiss era sparito.

-Questa ha tutta l’aria di un’altra prova ma giuro che, se hai fatto del male al mio cane …- Uge si sfogava parlando al nulla ma sapeva bene che qualcuno era in ascolto.

Si sedette un attimo e cercò di fare mente locale. Di concentrarsi. Cosa voleva da lui questo strano mondo. E perché lo metteva sempre alla prova? E cosa c’entrava il suo cane.

-Cosa ho fatto di male? Perché mi fate vivere questo incubo? Chi siete? – ma le sue richieste unite alle lacrime di rabbia cadevano nel vuoto.

Anche lo stomaco brontolava e zoppicando tastava il terreno per vedere se trovava qualcosa, una sorgente, un’erba, un albero da frutto.

-Povero Kiss…chissà che fame avrà…e sete…-

Davanti a lui, prima non lo aveva notato, una parete di roccia scura gli bloccava il cammino.

Gli sembrò anche di sentire abbaiare, ma piano, non capiva se fosse realtà o solo la sua mente che voleva sentire un richiamo dal suo cane.

La roccia non era liscia. Ma lui con quella gamba e quel dolore come poteva fare a superarla’?

Adesso l’abbaiare del cane era chiaro. Kiss lo chiamava.

Iniziò ad arrampicarsi sulla montagna rocciosa. Era tagliente e la pelle si graffiava e sanguinava. La gamba dolorante sembrava lacerarsi. Ma il capitano ingollò lacrime e dolore e si trascinò usando mani, gomiti e piedi per issarsi da anfratto a spigolo, masso per masso.

Dopo una salita che sembrò interminabile arrivò alla cima della costa rocciosa, ma davanti a lui solo una discesa e un’altra parete uguale.

Il capitano andò avanti richiamato dal suono della voce di Kiss e si spaccò la pelle delle mani con le rocce appuntite, ma superò anche la seconda barriera.

Non sentiva freddo, non sentiva fame, volveva solo andare avanti e riabbracciare Kiss.

Kiss dal canto suo si trovava in una radura dove la nebbia era lieve e profumata. Un rivolo di acqua scorreva pulito e una ciotola con buon cibo lo aveva rifocillato.

In attesa che il suo padrone arrivasse, lo sentiva con il suo settimo senso di cane, rincorreva i pesci nel rigagnolo e faceva una gran confusione.

Ad un tratto alzò il bel muso annusando l’aria e sulla cima di una collina vicino scorse una figura longilinea che lo chiamava.

Kiss gli corse incontro e salutò Uge buttandoglisi al collo festoso. Si abbracciarono senza fiato e il cane condusse il capitano al fiumiciattolo.

Uge si lavò un poco il sangue dei graffi, oramai rappreso, e si sciacquò la faccia. La radura era la cosa più simile ad un rifugio in quel mondo da incubo!

-Bravo Kiss che bel posto hai trovato…-

Si voltò verso il suo bel cane ma la vista gli si annebbiò e cadde a terra.

Quando riprese i sensi le sue mani affondavano nella pelliccia del cane che gli dormiva al fianco. Il sole stava tramontando sull’argine del fiume vicino a casa ma faceva ancora caldo.

Il capitano restò un attimo lì a terra. Provò a muovere la gamba. Nessun dolore.

Il suo respiro tornò calmo.

-Su Kiss… svegliati…ci spettano a casa. La cena è pronta. Sennò chi la sente la mamma! –

In un balzo il cane si alzò al suo fianco e insieme viaggiarono verso casa.

-Chissà come è finita la partita dell’Inter? – interrogò il cellulare mentre il cane lo ignorava, ovviamente.

Ma questa è ancora un’altra storia.

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.