Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Cavalli” di Francesca Maschietto

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Non fa neanche troppo freddo. Eppure non fosse che l’ho promesso me ne sarei rimasto a casa. A che fare poi? Dormire non riesco. Al galoppatoio è meglio. Sandro mi aspetta e anche gli altri. Corre Bianco. Lo voglio vedere vincere. In televisione non è la stessa cosa. Se sono qua sento il fiato del cavallo.

Magari potessimo correre come i cavalli. Solo correre, nient’altro che correre. In una pista lunga che non si vede la fine.

Da giovane ero un vero puro sangue. Venivo dalla scuderia giusta. Mi pare ancora di vederli  come si scapellavano tutti quando passava mio padre. Con suo fratello, il cardinale, si assomigliavano come due gocce d’acqua. Loro mi hanno aperto la strada. Non c’era che da andare.

La divisa mi è sempre stata bene. Molto bene, dicevano le donne. Tutte, dalla parrucchiera alla duchessa. Non che ci sia tanta differenza. Con una è tutto un vossignoria, con l’altra vai via liscio ma alla fine hanno da darti la stessa cosa.

Facevo sul serio in polizia una volta, molto sul serio. Ne valeva la pena. Gli altri ti rispettavano. Un po’ per paura, un po’ per dovere.

Ero una bestia nera per terroristi e  delinquenti. A me non scappavano. Sapevo mettere le mani nel fango io.

Correre a sirene spiegate per la città, stanarne uno fermarne cento.

Non c’è un parcheggio da queste parti neanche a pagarlo a peso d’oro.

Guarda come mettono le macchine! Dove sono i vigili?

Comandare ce lo devi avere nel sangue. Se la fortuna, quella puttana, non si fosse messa di traverso adesso sarebbe stata tutt’altra musica.

E’ così, quando cominci a scendere a patti, è così. Adesso è tutta una via crucis di appelli su appelli, sempre a discolparsi, a giustificare, a spiegare. Se no finisci in galera. E pensare che se fossimo in Inghilterra nessuno avrebbe niente da dire. Invece qui giocare ai cavalli è un delitto. Ti sono tutti addosso, ti spiano, ti sorvegliano, stanno a sentire cosa dici al telefono. Qua giocare ai cavalli e andare a braccetto con la mafia è tutt’uno. 

Invece è tutto un muscoli e adrenalina, adrenalina e muscoli. E’ un salire in groppa e andare, una volta facevano così, adesso ti dicono vai e non ti danno nemmeno il cavallo.

Oggi faccio fatica anche a camminare, come se mi pesassero i piedi.  E’ che non ne posso più. Sarebbe da mollar tutto e sparire in capo al mondo. Qualche mulatta che ti fa fresco da mattina a sera la si trova sempre.

Ogni volta che esce il tuo nome sul giornale è come se qualcuno spaccasse un cuscino di piume in piazza. S’alza un gran polverone, non si sa più cosa è vero e che cosa è falso e per la gente sei… un delinquente, ecco cosa sei. Bella fine la galera per un poliziotto.

E intanto devi far finta di niente. Comandano loro. Tu sei lì a passar carte buono solo a dare i soldi a chi vogliono loro. Tutti sempre li a chiedere e tu gli devi dare retta.

 Meno male che ci sono i cavalli. Almeno loro corrono. Arrivano primi…secondi… o non arrivano affatto.

Finalmente… giusto in tempo. Dovrebbe essere il primo dopo l’intervallo, avrà il numero trentatré, gli anni del Signore. Porta bene. Chissà che ce la faccia. Almeno lui. E chissà che ce la faccio anch’io.

Lo devo alla mia famiglia. Non devono pensare che ho perso la faccia. La condanna sarebbe la fine di tutto. Non ne posso più di questa storia infinita. E’ come nelle paludi. Se ci entri non ci esci più. Ti pare di venirci fuori a poco a poco. Gente che ti dà una mano la trovi anche. Vogliono tutti qualcosa in cambio, è ovvio. Nessuno si vergogna più a chiedere ormai. L’unico a essere rimasto tutto d’un pezzo è mio padre. E’ lì vivo per miracolo, non tira le cuoia fino a quando non gli dico… Mi hanno assolto. Hai visto ne sono fuori, nessuno può più dire niente. Ho solo giocato ai cavalli io, scommesse vinte e perse. Ma sono pulito come un bambino. Tra una settimana prendo il primo volo per Napoli; vado da lui. Le parole… glielo devo urlare perché è sordo. Ma gli basterà vedermi sulla porta. Che ne sa lui del mondo, di quei giri di soldi, puliti, sporchi, sporchi e puliti chi lo sa… son sempre soldi. E’ come guardare tra le gambe di una donna.

Meglio che mi sieda. Ho il sudore freddo nella fronte. Stanchezza. Non è altro che stanchezza. Una mulatta ci vorrebbe, sotto una palma, in culo al mondo, dove nessuno mi ha mai visto e conosciuto, dove poter dimenticare.

Che belle bestie i cavalli. Muscoli, energia e quei grandi occhi che toccano il cuore. Sono meglio di noi. Ciao Sandro. Lo so che non ho una bella cera oggi. Magari faccio due passi, prendo una boccata d’aria. Passerà. Tutti questi rami secchi, morti. ”Quando finisce l’inverno?” – mi ha chiesto mia figlia. Lei sì…  è primavera. Per lei resto sempre il miglior comandante della terra. Meglio che non cresca se no devo spiegare e cosa potrei dirle? Che ero grande, gli altri stavano sull’attenti quando passavo così ti aspetti che lo facciano sempre.

I cavalli sono bizzarri. Più sono potenti, più possono cadere. Sono generosi, ti danno tutta la forza che hanno in corpo, corrono sempre fino all’ultimo respiro. Così sei sicuro che quello lì, con quelle gambe, quello scatto, ce la farà. E poi magari no, s’azzoppa. Sono fragili anche loro.

E poi c’è sempre qualcuno che ti sta intorno, ha quel che ti serve, salvo  presentarti il conto più alto di quel che ti aspetti, di quel che hai.

Adesso corre lui, deve arrivare primo. Se lo guardo va di più, lo spingerei se potessi.. Se ce la fa lui ce la faccio anch’io… tra tre giorni il verdetto. Ancora un giro di pista e siamo al traguardo. E vado dal vecchio e mi nascondo tra le palme. Questi rami secchi… sembra che debbano restare sempre così. Corri, corri, chi rallenta è perduto, non vedi che ti stanno affiancando. Dai un ultimo sforzo. Se ce la fai tu ce la faccio anch’io.

Non lo vedo più, che cos’è questa nebbia, mi tremano le gambe. Ma tu continua ad andare. Ormai  in galera non ci vado più.

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1 commento »

  1. Bello. Mi è piaciuto. Una galoppata cosciente, malinconica e priva di autocommiserazione. Un racconto vitale, pieno.

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