Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2024 “La chitarra” di Carla Sabatini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Se una rivista per turisti facesse una recensione lo descriverebbe come un ridente borgo sulle colline tra Pisa e Firenze, nemmeno 400 anime, dove si respira aria di familiarità, di cordialità e di serenità. Dove tutti si conoscono, e anche se il pettegolezzo è all’ordine del giorno, quando qualcuno ha bisogno di una mano tutti si fanno in quattro per dargliela.

Nessuna delle famiglie che vi si erano trasferite aveva creato scompiglio in questa piccola comunità come la famiglia di Luigino. Adesso lui era da solo, ma quando si era insediato in quell’appartamento con lui c’erano: Maria, la sorella alcolizzata e svampita, e Aldo il fratello alcolizzato e delinquente. Davvero una bella famigliola che lo scompiglio lo aveva creato eccome!

Maria faceva gli occhi dolci a tutti gli uomini del paese, girava mezza nuda ed era pronta a tutto per un bicchiere di vino.

Aldo rubava le autoradio, ma di questo nessuno aveva le prove, solo sospetti.

Chi passava d’estate per quella strada non poteva non notarlo: Luigino, canottiera che un tempo, nemmeno troppo lontano, era di un bianco candido ma che ora aveva assunto un colore giallognolo quasi a volersi adeguare al colore di colui che la indossava, Luigino appunto, che sembrava da tempo aver litigato con l’acqua; solo il naso assumeva spesso un colore violaceo, segno che il contenuto della bottiglia di vino appena acquistata si era spostato nel suo stomaco.

Eccolo lì, anche oggi, come ogni giorno, seduto su una sedia e con la chitarra in mano pronto per allietare i vicini con l’ennesimo concerto. Il terrazzo era diventato per lui un palcoscenico da cui tutti i santi giorni, e purtroppo anche le notti, si esibiva.

Tutti erano stanchi di questa situazione ma, la più arrabbiata era lei, Santina, l’unica che alla fine lo sopportava giorno e notte. Gli altri brontolavano tanto ma poi non facevano nulla. Santina era in pensione, non si muoveva mai da casa e sentiva la rabbia montare sempre di più.

“Buongiorno Santina!” la salutò Rebecca, la condomina del quarto piano. “Anche oggi concerto eh!”. Disse indicando con la testa il terrazzo di Luigino. “Perché stanotte non lo avete sentito !?” Replicò lei “Il cane di Rosy ululava insieme a lui, un vero strazio!” Rebecca, carica di sacchetti continuò a salire le scale. “No Santina, io non l’ho sentito, la sera sono così stanca che appena tocco il letto mi addormento e riapro gli occhi solo quando suona la sveglia”. Beata gioventù! Pensò Santina.

Finalmente Luigino si era stancato, aveva appoggiato la chitarra per terra accanto alla sedia ed era rientrato in casa.

Poco dopo Santina aveva sentito sbattere il portone del palazzo, aveva scostato la tenda della porta-finestra appena in tempo per vederlo dirigersi verso il bar. Ecco, pensò, va a fare un po’ di scorta.

Era passata circa mezz’ora quando lo vide ritornare stringendo al petto, come fosse un oggetto di gran valore, una busta con l’ennesimo fiasco di vino. Tra poco forse ricomincerà il concerto, pensò, poi sorrise. “L’ultimo” mormorò tra sé. Si stampò un bel sorriso sul volto, prese il piatto dal tavolo e uscì sul pianerottolo.

Il condominio, quella mattina, si era svegliato nel più assoluto silenzio, Rebecca stava scendendo le scale per andare al lavoro e quasi non credeva alle proprie orecchie, dopo tanto tempo quel silenzio era così innaturale!

Bussò alla porta di Santina, come ogni mattina, per sapere se fosse tutto a posto; dall’altra parte la voce della donna la rassicurò “Sto bene grazie, sei una così cara ragazza! Ci vediamo stasera.” “A stasera”. Questo rituale si ripeteva ogni mattina da quando Rebecca aveva saputo da Alberto, il figlio di Santina, che abitava a Milano, che la donna aveva un tumore a uno stadio così avanzato che ogni possibile cura sarebbe stata inutile.

Il silenzio continuò per tutto il giorno, Santina dallo sdraio sul balcone confermava ai vicini di non aver né visto né sentito Luigino. “Si sentirà male” diceva qualcuno. “Con tutto quello che beve!” Gli faceva eco qualcun altro. E così arrivò la sera e il silenzio era ancora lì.

Quel silenzio innaturale in cui era piombato il condominio, venne rotto, il sabato mattina, da un urlo che salì lungo le scale e strisciò sotto le porte svegliando chi ancora dormiva. Sul pianerottolo dell’appartamento di Luigino l’assistente sociale, che ogni tanto veniva a fargli visita, si teneva la mano sulla bocca e guardava verso l’interno. “Che succede?” chiese Rebecca che era scesa di corsa. Poi lo vide: Luigino, sdraiato a pancia in su, gli occhi sbarrati, per terra i segni di una cena mai digerita e sul tavolo della cucina un piatto vuoto.

Il medico, chiamato per constatare il decesso, come di routine informò i carabinieri della vicina stazione.

“Perché stanno perquisendo l’appartamento di Luigino?” Chiese Rebecca osservando i carabinieri che stavano entrando nell’appartamento. “Sembra che abbiano trovato tracce di veleno per topi nel piatto vuoto sul tavolo, sicuramente era così ubriaco che ha scambiato il veleno per topi per brodo granulare” affermò il sempre ben informato inquilino del terzo piano.

Rebecca ebbe un leggero giramento di testa e si appoggiò alla ringhiera del pianerottolo. Come in un flash aveva ricordato le parole di Santina quando, alcuni mesi prima, le aveva chiesto spiegazioni riguardo ad una scatola che aveva visto sul tavolo della sua cucina: “Mio nipote Andrea l’ha ordinato su internet, arriva dall’India, è un veleno potentissimo, finalmente mi libererò dei topi che da un po’ infestano il mio garage.” Le aveva detto facendo sparire la scatola nella dispensa.

Ecco perché quel piatto sulla tavola di Luigino le era sembrato così familiare e in un attimo prende una decisione: ha visto Santina uscire, sicuramente è andata al cimitero. Con la sua copia delle chiavi entra nell’appartamento della donna prende la scatola dalla dispensa, la mette nella borsa e esce dal palazzo.

Nei giorni seguenti tutti gli appartamenti vennero perquisiti ma del veleno nessuna traccia.

La morte di Luigino venne archiviata come una tragica fatalità: sicuramente aveva in casa un po’ di quel veleno preso chissà dove e visto lo stato in cui si trovava l’appartamento e il grado di alcool ingerito dall’uomo non era stato difficile per lui scambiarlo per qualcos’altro.

Rebecca aveva agito d’istinto, ma ora non sapeva più se avesse fatto la cosa giusta, inoltre, mentre stava facendo sparire quella scatola, ripensava alla morte di Maria, la sorella di Luigino, anche per lei si era ipotizzato un avvelenamento, poi visti i problemi di alcolismo e di diabete la conclusione più ovvia era stata quella di una morte naturale.

Dopo la morte di Maria, il fratello Aldo era stato ricoverato in un ospedale per malati psichiatrici; lì era morto di morte naturale, forse l’unico della famiglia a cui era stata riservata quella fine.

Santina non vivrà ancora a lungo, pensava Rebecca, e questo le dava un po’ di pace.

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