Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2024 “Incubo di una notte d’estate” di Pippo Pace

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Capitolo 1

Erano le due della notte e mi raggiravo in stato ansioso fra la cucina e il soggiorno.

L’indomani, dovevo onorare il pagamento della rata semestrale del mutuo e ogni volta per accertarmi dell’esattezza di quella ingente somma, dovevo contare e ricontare tutte quelle banconote e monete con molta oculatezza e attenzione.

Il mutuo, come certamente saprai anche tu, caro lettore è il debito per eccellenza riferito a famiglie di ceto medio ( per la verità, il ceto della nostra, era medio basso). E’ anche quella semplice operazione bancaria che dà l’illusione al contraente di vedersi già proprietario del bene acquistato, pur nella consapevolezza dell’attivazione di un ipoteca e di una somma talmente onerosa e protratta nel tempo da coprire quasi un’intera esistenza.

Il mio, per l’esattezza, era solo un mutuo trentennale.

una bazzecola pensai all’epoca, ma non compresi appieno se quell’ottimismo era infausta ingenuità o reale consapevolezza di aver fatto “l’affare” principe della mia vita.

Una cosa era certa: feci di necessità virtù.

Abitavamo, infatti, in un immobile oggettivamente inadeguato e in affitto che mal si adattava alle esigenze delle sette persone che componevano la famiglia.

Ricordo come fosse adesso il giorno della stipula del contratto:

Il Notaio, il Direttore di banca e dei funzionari dalla parte retro dello sportello, io e Carmelina ( la mia signora ) dall’altra.

Noi, eravamo euforici.

Ricordo, di quel giorno, ( ma questo con un pizzico di amarezza), anche il macabro sarcasmo dei miei figli, allorquando al ritorno a casa dalla banca mi ricordarono sia pur senza intenzione di ferirmi, che quel debito testé contratto si sarebbe estinto certamente insieme a me, tanto era lungo il suo termine di scadenza.

Secondo la loro stima, pertanto, la mia “dipartita terrena” sarebbe avvenuta all’età di novant’anni ossia, dopo diecimila novecento cinquanta giorni  da quella stipula e per questo, fui assalito da immane sgomento.

“Sai, caro lettore, altro è vagare nel buio della nefasta scadenza, altro è saperne la data e perfino l’ora ( fossero pure  tanto lontane nel tempo)”.

Altro che “ proprietario d’egitto”, mi vidi come fossi ancora in affitto ma con l’aggravante di un accollo enorme di debiti e un contratto capestro che brulicava di clausole maligne da ogni parte:

Interesse variabile ma già alle stelle;

Penale per anticipata estinzione;

Provvigioni a Tizio, Caio e Sempronio;

Spese aggiuntive per rate insolute;

Confisca del bene acquistato in caso di mancato o reiterato ritardo di pagamento.

Insomma, un disastro !

Prima di entrare in camera da letto, dove mia moglie già dormiva beatamente, ancora una volta mi volli accertare dell’esattezza di quella somma e cominciai a ricontare.

Di banconote ce n’erano trecentoventidue di diversa taglia, di monete un kilogrammo circa.

Quando mi girai per andare in camera, inavvertitamente provocai un rumore assordante giacché  feci cadere il portafrutta in vetro che conteneva quel chilo di monete.

Rimasi per qualche istante immobile e impietrito a guardare quel tintinnio luccicante che s’infiltrava in ogni angolo della stanza come impietose metastasi tumorali.

Dal piano sottostante e quasi in contemporanea, una delle coinquiline per protesta batté forte il soffitto in corrispondenza della cucina.

Anche mia moglie sobbalzò dal letto e si unì alle imprecazioni.

Malgrado l’ingorgo mentale, mi distrassi guardando una foto in bianco e nero esposta sul ripiano del tinello che mi vedeva bambino in una posa da adulto: tenevo fra l’indice e il medio della mano sinistra una “nazionale” senza filtro e nell’altra dei guanti in similpelle lucida.

Sorrisi con amara nostalgia

Chissà perché, mi chiesi, da bambini imitiamo gli adulti e quando adulti lo siamo, vorremmo ritornare ad essere bambini ?

Data l’ora, comunque, cessai di filosofare e mi avviai risoluto in camera dove mia moglie aveva già ripreso a dormire raggomitolata nella sua calda coperta in ciniglia.

“…Lettore, sento che il tuo sguardo é perplesso e angosciato, cosa c’è che non va ?

“Mi sembri come trasfigurato e non comprendo la ragione: forse divergi su quanto stai leggendo ?

…Sai, penso di aver capito” !

Certi argomenti “di spessore”, non puoi affrontarli seduto in un cesso e nell’attesa di un agognato “ 25 Aprile “ che tarda ad arrivare.

Per ritornare alla mia vicissitudine, ti dirò che quella notte, sprofondai in un sonno agitato e per niente rilassante.

Capitolo 2

Alle undici del mattino lo squillo del telefono mi tolse ogni  possibile dubbio sul fatto che tutto era stato un sogno, proprio così mio caro amico, un brutto sogno e nessun mutuo ipotecario incombeva sulla serenità mia e della mia famiglia.

Volendo sincerarmene ancora di più e dissipare ogni frammento di dubbio, scostai il lenzuolo ( e in effetti, non c’era alcuna coperta in ciniglia ).

Mi sedetti sul letto con gesto atletico e con l’energia prorompente dei miei trentanove anni di vita, altro che sessanta.

Carezzai con indugio i glutei sodi e scoperti di Brigitte, mia moglie, che per la circostanza non indossava alcuna felpa ma un leggerissimo baby doll e notai, al tatto che già dava segni di vita:  la sua pelle, liscia e vellutata, infatti, fu pervasa da intensa emozione e presentò quell’aspetto tipico di “buccia d’arancia”.

Un vero abisso in realtà mi divideva dall’angoscia di quel brutto sogno. 

“ Lettore, ritorno ancora a te.

Confesso che è stato bello svegliarsi e rendersi conto d’avere solo sognato.

E’ stato bello anche per non opprimerti.

Costringerti ad entrare in empatia con quel povero cristo subissato di debiti, poteva anche indurti ad interrompere la lettura e questo, credimi, non me lo sarei mai perdonato”.

Brigitte, sia pure in modo non verbale, mi chiedeva di riprendere la conversazione da dove l’avevamo lasciata la sera precedente e per questo, iniziammo a baciarci con passione.

L’abbracciai per farla aderire al mio corpo e nel contempo gli carezzai i capelli folti e scomposti.

Il suo seno divenne turgido e presto, perdemmo la cognizione del tempo e dello spazio.

Ci lasciammo travolgere da un’ irrefrenabile e convulso possesso reciproco. 

“ E sì, caro lettore, destati !!!

Suppongo che ci avevi preso gusto !

Ti capisco sai !

Scommetto che avresti perfino sacrificato la tua flemma di persona benpensante per continuare su quella scia salace e piccante.  

E’ naturale che non ti sarebbe dispiaciuto andare verso quella direzione, anche tu, appartieni agli umani.

Così com’è certo che alla fine ti saresti finanche indignato, per tenere fede al tuo falso perbenismo.”

Con Brigitte, ci alzammo nel primo pomeriggio e dopo esserci regalati un bagno rilassante, passammo direttamente al pranzo e anticipammo di poco l’ora della merenda.

Quello stesso giorno, appresi con compiacimento che molti dei miei titoli azionari, avevano chiuso in forte rialzo e pertanto, avevano contribuito a consolidare le nostre già floride finanze.

La sera partecipammo ad una cena di gala organizzata dall’ambasciatore Fitzgerald e già l’indomani prenotai un volo per Tokio, dove alcuni miei collaboratori broker erano ad attendermi per concludere ulteriore investimenti.

Li, ci andai da solo.-

Capitolo 3

Arrivai a kabutocho ( quartiere generale della borsa di Tokio), alle sedici e quindici e già alle  diciassette e cinquanta il mio compito era finito: concludemmo la transazione in via elettronica per un ammontare di sette miliardi di dollari.

Approfittai di quella mia presenza in Giappone per fare un salto anche a Yokohama, dove possedevo delle industrie portuali e biotecnologiche.

Con tutta onestà debbo dire che andare a Yokohama, non rispondeva solo alla necessità di  presenziare ai molteplici impegni aziendali, certamente anche quelli, ma sopratutto per regalarmi la mia ora di “paradiso”.

A ridosso del bel parco di Yamashita, dove arrivai alle diciannove in punto, si stagliava la stupenda vista sul porto.

Li, tenevo ormeggiato uno yacht che utilizzavo per spostarmi fra le isole dell’arcipelago.

Salii a bordo percorrendo una breve passerella sospesa e semovente e incrociai lo sguardo di Hachigoro,  mio collaboratore nonché Comandante di bordo.

Hachigoro mi venne subito incontro col solito fare ossequioso e alla sua domanda se avessi preferito prima farmi una doccia, risposi di no, con tono secco e perentorio ( confesso che verso quell’uomo, conoscitore e complice delle mie debolezze, avvertivo perfino disagio ).

Entrai in cabina ed era già tutto pronto: la polvere bianca sistemata a strisce sottili e parallele; le candele profumate sotto le mensole dell’oblò; la bottiglia di  puro distillato e i sigari Cubani a foglia larga. 

Mi sedetti in modo tale da protendere il capo quanto più possibile verso il tavolo e iniziai ad inalare con forza per mezzo di una cannula sottile che introdussi profonda , ora nell’una, ora nell’altra narice.

Mi fermai soltanto, quando avevo inspirato ogni minima traccia di quella maledetta doppia dose:  avevo richiesto una doppia dose, giacché doppia, rispetto alla precedente era stata la transazione riuscita a concludere.

L’effetto che ne scaturì fu incontrollabile, deleterio e devastante.

Avvertii dentro me come un implosione che annullò del tutto la mia volontà di essere e fui risucchiato dentro le mie stesse visceri  in fondali oscuri e melmosi.

Fui trito e ritrito fino a scompormi in una infinità di frammenti e lottai fino allo spasimo per tentare di ricompormi.

Un turbinio di sensazioni sovrastò quel nulla che rimaneva ormai della mia collassata memoria: il mutuo raddoppiato; Carmelina ad imprecare contro il notaio; la casa scoperchiata e in balia del vento; Scorpioni trafitti al collo di Brigitte a succhiarne la vitalità; I titoli azionari del tutto svuotati e messi ad essiccare al sole come fichi secchi di Carmignano; La liquidità così tanto liquefatta da riuscire ad inzuppare perfino le lenzuola di candido lino.

Capitolo 4

Mi rigirai e avvertii un freddo sudore che mi avvolge da capo a piedi e quel lenzuolo bagnato mi spinse a prendere vera coscienza della realtà: avevo delirato per una notte intera.

Finalmente , posso affermare, con assoluta certezza di essere il maestro in pensione Calogero Incognito, burocrate per necessità, scultore di bolle d’aria, pittore e filosofo dell’effimero, dispensatore di gratuiti consigli e non per ultimo, scrittore della domenica con vocazione alla retorica. 

Per maggiore certezza dell’ ergo sum, mi guardo allo specchio e vedo la mia immagine ( ormai posta in verticale ai lati del letto )  e la osservo da tutti i lati e da ogni prospettiva.

Deduco, finalmente, che quel dormiveglia da incubo, dovuto certamente a pigrizia metabolica in soggetto in età senile, è veramente finito.

Sul comodino e parte sparsi per terra, una sventagliata di fogli A/4 che contengono questo mio ultimo lavoro di scrittura che si prefigge un degno e meritorio finale. 

Mi concedo, comunque, qualche altro minuto di pausa.

Ancora in pigiama, stralunato e sudaticcio, ma questa volta, cosciente e sereno,  mi affaccio dal balcone della camera da letto per gioire della vista del mio solito paesaggio antico che ben conosco.

Nel ricordo della mia piccola villetta di campagna che intravedo nitida ai confini dell’orizzonte, abbozzo perfino dei versi di struggente nostalgia che qui, mi piace incastonare :

la tua ombra, amica e prodiga,

non potrà mai più alleviare l’innata mia arsura.

Da effimera quale un tempo ti credevo,

preziosa oggi, nella sacralità di un olimpo che ormai non mi appartiene,

mi appari “.

Quel bel panorama che mi sta di fronte, mi sprona finanche ad una riflessione ascetica: Signore, quant’é bella la tua opera e quanto ingrato, a volte, il nostro agire !

Non l’avessi mai detto:

Un pennacchio di fumo denso e saturo di ossido di carbonio quasi mi soffoca e mi obbliga ad una perentoria retro marcia.

Mi precipito dentro, chiudo in fretta le ante della finestra di lucido preverniciato e mi rituffo sul letto ad imprecare contro ignoti.

Avevo semplicemente dimenticato che questa mia nuova dimora di paese, acquistata per ripiego e giammai per amore, soffre della vicinanza di vecchie ciminiere ancora in uso.

L’incubo di quella notte d’estate, pertanto, potrà ancora riproporsi-

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