Premio Racconti nella Rete 2024 “Questo è un addio” di Flavia Borelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Luci basse nell’anticamera dello studio, la porta sprangata inaccessibile dall’esterno senza tesserino, il dispenser del disinfettante, seduti su due divanetti.
Lui cerca le parole, lei tiene a bada il groppo in gola, il gatto nel trasportino poggiato fra di loro.
Gli occhi, al di sopra delle mascherine, esprimono turbamento, mentre lei torna con lo sguardo al distributore automatico che le ha tenuto compagnia durante l’attesa: cappuccino, caffè macchiato, + zucchero, – zucchero, bicchiere.
Lui tenta di spiegare senza essere troppo duro, lei annuisce, tanto lo sa quello che lui sta per dire o anche non dire: si ripetono concetti già adombrati nelle telefonate, si gira intorno all’argomento, lo sanno tutt’e due che non si incontreranno più, ma evitano di dirselo chiaramente.
E’ un addio, non dichiarato apertamente ma chiaro nei fatti, l’unico a non saperlo è il gatto che tenta di levarsi il cerotto dalla zampa.
Lei cerca conforto e distrazione nelle scritte che le hanno tenuto compagnia durante l’attesa: snack goloso, crackers, succo di pompelmo, mentre il distributore automatico emana la sua luce giallastra da sottopassaggio di metropolitana periferica.
Il gatto miagola forte, vuole andarsene a casa, ritiene tempo inutilmente perso il loro rimanere lì dopo essere stato palpato, osservato, commentato e bucato nelle zampe per il prelievo.
Lui le sta dedicando molto tempo e lei lo sa il perché: questo è un addio. Lo sa anche lui e gli occhi di tutt’e due sono tristi.
‘Non faccio mai previsioni – dice lui- perché si tratta solo di statistiche…’
‘E io non le chiedo mai- risponde lei- non voglio sapere.’
Il gatto si agita, forse vuole fare pipì e non gli va di farla lì nel trasportino mentre quei due continuano a filosofeggiare.
Un infermiere viene a prendersi un caffè al distributore.
‘Come sta il tuo gatto…?’ chiede lei che non sa più che dire.
‘Sta…’ risponde con aria rassegnata lui che non sa più cosa aggiungere.
‘Per quanto tempo gli devo dare questa medicina?’
‘Sine die- risponde lui- poi magari fra un mesetto facciamo un controllo…’
‘Certo…’ risponde lei, anche se pensa che il controllo non ci sarà perché questo è un addio.
Contrariamente alle regole non si salutano col gomito, ma azzardano un contatto fra mano e braccio.
Lei si incammina senza tenere più a bada il groppo in gola, reggendo saldamente in mano il trasportino, lui torna in ambulatorio.
Il gatto capisce che sta tornando a casa ed è l’unico felice, perché lui non lo sa che questo è un addio.
Io credo che il gatto lo sappia, ma che non lo darà a vedere fino alla fine. Triste ma bello…
È il primo racconto che leggo in questa edizione che registra il passaggio dell’epidemia e che ne annota le conseguenze che impigliano i gesti. Mi è tanta piaciuto questo sedimento che affonda un po’ di più la loro storia.