Premio Racconti nella Rete 2024 “Finchè non giunse nuovamente la primavera” di Alberto Fumagalli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Si svegliò col tiepido calore di un pigro raggio di sole che, filtrando dall’unica apertura della tolda della
barca, gli baciava gli occhi chiusi dopo che per tutta la notte erano stati cullati dall’abbraccio placido del
mare.
Quello che stava iniziando era un giorno importante per lui, l’ultimo che avrebbe passato tra le onde per un po’ di tempo.
Era arrivato il momento di scendere a terra, di prendersi cura della sua amata imbarcazione, di preparare le scorte di viveri per il prossimo viaggio… la cosa non lo entusiasmava troppo.
Il marinaio era buon amante del silenzio e della quiete e neppure disprezzava un po’ di solitudine.
Credeva infatti che in quel suo ovattato vivere riuscisse a coltivare e godere di ciò che il suo esistere
proteggeva sotto quel freddo guscio pallido che era il suo corpo.
Si alzò, uscì da sottocoperta e si immerse nel panorama; anche quel giorno il cielo si presentava come un
candido mantello di cotone.
Dietro di lui, dietro Kristel, la sua fedele barca, il vento spingeva e si faceva spazio freddo e gelido.
Erano abituati a tutto ciò, quel mondo era parte di loro, di lui; lo accarezzava e si infiltrava tra i capelli, nelle narici, nei pori della sua pelle custodendo e proteggendo i suoi pensieri.
Fluttuarono sulle onde per tutto il giorno, raggiunsero terra appena prima del sonno del Sole.
Prese la pesante gómena ed ormeggiò Kristel.
Non appena i piedi toccarono terra l’insicurezza esplose nel suo cuore.
Ora era preda esposta del caotico mondo terreno, avrebbe dovuto ben curarsi di sé e dei semi che il freddo abbraccio marino aveva posto in lui.
Fortunatamente sapeva che da lì a non troppo sarebbe tornato a solcare le amiche onde cristalline.
Silenzioso com’era solito vivere si assicurò che il nodo dell’ormeggio fosse sicuro, diede un ultimo sguardo alla sua Kristel e s’incamminò in ricerca di un alloggio dove riposare e dove potersi ristorare in pace.
Il suo silenzio espressivo ed il suo aspetto glaciale lo aiutarono nel sereno compimento della sua impresa.
Nessuno osava rivolger lui la minima parola, il suo viandare gelava le labbra di ogni passante, di qualcuno
pure lo sguardo faceva tremare.
E lui si faceva spazio freddo e gelido come il vento che lo trasportava sulle onde del suo amato mare.
Ecco, giunse ad una locanda, “L’Aurora”. Gli sembrava quieta ed accogliente.
Entrò, chiese disponibilità per una stanza ed un pasto che consumò con una certa soddisfazione.
Era stanco, parecchio stanco.
Finito di cenare salì dunque al suo piccolo alloggio e si addormentò non appena il suo corpo toccò il soffice materasso.
In un’altra di quelle stanze riposava una donna.
Era meravigliosa.
I variopinti veli profumati le vestivano come un campo in fiore la pelle rosea e liscia che sembrava
conservare nel suo candore i dolci segreti delle armonie dell’universo intero.
Essi le scorrevano nelle vene e per i muscoli, risalendo dal suo ventre su per il seno fino a giungere alle sue labbra rosse ed alla chioma castana dove esplodevano sulle punte in bionde cascate di raggi di luce luminosa; gli stessi raggi che, dal cielo esterno a quella fortunata stanza, facevano capolino spingendo curiosi dalla finestra socchiusa ed atterrando in un caldo bacio sui suoi stupendi occhi sognanti.
Aprendosi, marroni come la fertile terra d’inizio stagione, la fecero rotolare giù dai colli di Morfeo per farla dolcemente giungere all’inizio di quel giorno, tanto importante per lei.
Era per lei, viaggiatrice giunta da lontano, l’esordio di una storia nuova, incominciava così il suo percorso da locandiera a “L’Aurora”.
Fece dunque scivolare dal suo corpo i veli che la coprivano e cominciò a prepararsi, vestirsi ed adornarsi con una grazia notevole rendendo la sua naturale bellezza ancora più vivida.
Eccola, agli sguardi si presentava veramente come la massima espressione che l’amore può dare di sé stesso, e non solo per via del suo aspetto estetico, pure quella sua aura infatti espressa nel suo sorriso ed in ogni suo muscolo ne era la causa, tanto da avvicinarla per splendore agli astri del cielo.
Uscì dalla sua stanza e prese a svolgere i suoi compiti sempre con il sorriso lucente e l’allegra eleganza che le appartenevano; chi la vedeva rimaneva come riscaldato negli occhi e nel cuore e contagiato nella felicità e nel desiderio d’amore.
Lei questo lo notava e le dava ancora più splendore, ancor più bellezza nell’animo e nell’aura.
Perciò, inondata di felicità, incominciò a cantare… e cantava parole di nuovi inizi, di speranze, di generosità, di leggerezza.
Cantava la sognante passione che dalle sue vene pulsava dritta fino alle sue corde vocali le quali
cinguettavano queste note d’amore.
Il marinaio nella burrasca del suo pesante sonno le udì e si svegliò come guidato per incanto.
Era una voce bellissima, lontana dal caos della gente di terra, diversa dalla profonda voce del suo mare. D’un tratto era come se il più bello spettacolo fra i tramonti e le albe visti dalla sua Kristel gli si fosse palesato nel cuore.
Da dove arrivava questo canto di sirena?
Decise, seppur ancora un poco assonnato, che avrebbe abbandonato il comodo materasso e si sarebbe
preparato per ricevere colazione così da spiare da dove quella incantevole poesia provenisse prima di
prepararsi ad affrontare i mestieri della giornata.
Si lavò, si vestì e uscì dall’alloggio seguendo passo dopo passo la melodia; giunse così alla tavernetta della locanda.
La voce allegra e gaia arrivava dalle cucine.
Il marinaio tacito prese posto al grosso tavolo di legno scuro e abbandonò i pensieri al cullare di quel canto.
Stava programmando i lavori da fare alla sua nave, le riparazioni e i restauri quando ecco giungere
finalmente dalle cucine la giovane locandiera.
Lui la guardò ed il suo cuore che già la melodia aveva ammorbidito iniziò a scaldarsi, l’energia e la felicità
della ragazza mossero in lui sentimenti nuovi, emozioni forti, maremoti di cambiamenti.
Nelle sue vene cominciò a scorrere la trepidazione per quella speranza, quel nuovo inizio che le parole della sua bella sirena avevano cantato, colmarono i muscoli, riempirono i suoi occhi, dissetarono i semi che il mare aveva riposto nel suo animo e da essi fece sbocciare in lui un bianco candido sorriso.
Espressioni tanto forti che il solo vento marino era riuscito a tener coperte sotto il freddo manto del suo
esistere.
La ragazza le notò e, sensibile com’era, ne percepì la purezza, ne comprese la paterna protezione, ne intese la maestosa autenticità del semplice romantico desiderio.
Guardando tutto ciò pure lei condivise dentro sé queste sensazioni.
Erano proprio un bel contrasto a vedersi: il freddo marinaio e la splendida locandiera.
Come ogni contrasto che sia ben ponderato e incantevolmente guidato dal fato, pure loro erano cosmo, anche loro erano armonia.
Il marinaio le iniziò a raccontare i segreti che il gelo gli aveva rivelato, le mostrò i semi dei sentimenti che
fino ad allora aveva tenuto nascosti.
Lei lo ascoltò, lo osservò aprirsi, sentì il suo cuore scaldarsi e scongelarsi, ne fu onorata e pure lei si aprì a
lui, gli svelò i segreti del cosmo, lo amò, gli donò calore e gli donò colori.
Così si innamorarono l’uno dell’altra e viceversa.
Così riempirono gli occhi di chi li guardava come albe che tornano ad aprire il cielo, come campi che si trapuntano di erbe e di fiori, come cicale che cantano nelle notti, come coccinelle e farfalle che volano serene, come uccelli che cantano di gioia, come la primavera che si risveglia.
Così il marinaio si fermò per molto più del tempo che aveva previsto.
Stette lì per tutta l’estate, si fermò fino all’autunno, poi giunse il tempo di rimettersi in mare.
I due si separarono.
Lei restò alla locanda, lui prese il largo con la sua Kristel riparata e restaurata.
Lei sognava nel cuore caldo ciò che i suoi bianchi magici sorrisi le sapevano regalare in silenzio.
Lui ne tenne fresco il ricordo sotto la protezione del suo amato vento marino.
Finché non giunse nuovamente tempo di tornare sulla terraferma.
Finché non giunse nuovamente tempo di fiori, albe e farfalle.
Finché non giunse nuovamente la Primavera.