Premio Racconti nella Rete 2024 “La tua mano nella mia mano” di Lucia Rispoli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Non aveva mai potuto difendersi e, come avrebbe potuto, muta dalla nascita. Il padre l’aveva ripudiata e la madre l’aveva lasciata davanti a quel grigio convento riempito solo di silenzio, come la sua vita.
Dall’abito grigio che copriva interamente il suo corpo sbucavano solo due minuscole mani che si animavano a tratti, come mosse da un’esplosione di pensieri. Ogni tanto interrompeva quel dialogo con sé stessa e si passava la mano sul viso pallido. Aveva un’aria abbandonata, quasi appassita. I suoi grandi occhi azzurri erano diventati trasparenti mentre continuava a fissare fuori dalla finestra, oltre le sbarre quadrate che segavano il cielo.
Aveva incontrato Pietro un pomeriggio nella legnaia del convento. Con gli occhi pieni di spavento Maria aveva abbassato immediatamente il capo e si era bloccata al centro della legnaia. Nessun estraneo poteva trattenersi oltre l’ora del pranzo per lavorare nei locali adiacenti al convento.
Passandole accanto Pietro le aveva sussurrato “La tua mano nella mia mano”. Lei aveva lo guardato incredula, mentre lui le afferrava la mano e la tratteneva a sé. Poi aveva fissato a lungo le vene bluastre sul dorso della mano di Pietro e la folta peluria che gli copriva il braccio. Quando le dita di Pietro scivolarono con una leggera pressione sul palmo fino a congiungersi con le sue dita, come in una preghiera, capì di essersi persa.
“La mia mano nella tua mano” aveva risposto con gli occhi, mentre gli porgeva in dono anche l’altra mano perché lui la stringesse tra le sue. Il movimento commovente delle mani che si cercavano, si sfioravano, si incrociavano aveva frantumato, minuto dopo minuto, le armi di difesa a guardia di Maria.
Pietro aveva silenziosamente iniziato ad accarezzarla sul viso e a sfiorarle il collo. Quando le sue dita iniziarono a scivolare lungo la schiena e le mani ad esplorare i suoi fianchi, Maria abbassò le palpebre e cercò la mano di Pietro. Il desiderio all’improvviso aveva animato le loro mani che, senza essere guidate da alcun pensiero, trattenevano, afferravano, cingevano, stringevano.
Senza alcuna promessa, iniziarono ad incontrarsi di mercoledì nella legnaia prima delle preghiere dei Vespri. Maria vigilava lavorando nell’orto, ogni settimana temeva che lui non sarebbe venuto.
Poi non appena riconosceva il suo passo sul vialetto che conduceva alla legnaia e sentiva il pesante catenaccio che scorreva, sgusciava via dall’orto e felice si affrettava verso legnaia.
Entrava e lo cercava con gli occhi. Quando lui si avvicinava per abbracciarla la luce d’improvviso penetrava tra le sue ciglia e, appena lui appoggiava le labbra sulle sue palpebre, la contrazione sugli zigomi segnata dall’attesa si disfaceva. Allora Maria gli prendeva la mano e la appoggiava sulla sua guancia cercando una carezza.
Sdraiati sul pavimento Pietro incideva con i polpastrelli il codice del desiderio sul suo corpo e con le mani scioglieva l’inquietudine che aveva scandito anni di isolamento. Quando i loro sguardi umidi si incontravano lei gli offriva le sue labbra.
Ogni incontro si apriva a nuove ondate di desiderio. Lei desiderava che lui la possedesse e lui entrava dentro di lei e la prendeva. Poi restavano in silenzio fino a che le loro mani si intrecciavano per salutarsi.
E ogni giorno Maria lo amava di più.
Si incontrarono nella legnaia per circa un anno fino a quella domenica in chiesa, quando la luce della grande finestra aveva illuminato Pietro tra i banchi della navata centrale. Maria lo aveva intravisto e aveva sentito il suo cuore picchiare forte. Aveva alzato la testa per sbirciare tra i veli delle consorelle con la speranza di incrociare il suo sguardo.
Il libro delle preghiere le scivolò dalle mani e cadde in terra. Tra i banchi la luce illuminava la mano di Pietro nella mano di un’altra donna. E non fu più tempo per sgranare tra le mani il rosario e recitare la sua silenziosa avemaria. Nelle sue mani restava solo un rabbioso rimpianto che esigeva un risarcimento per quella lacerazione.
Trascorse i giorni successivi quasi febbricitante tra preghiere e lacrime. Avrebbe stracciato la sua carne per poter dimenticare quel male incurabile. Quando finalmente giunse il mercoledì, Maria entrò nella legnaia folle di desiderio e di rabbia.
Pietro si avvicinò. Maria non abbassò le palpebre. Scrutava i suoi movimenti, lasciava che Pietro si avvicinasse, mentre nella sua testa risuonava la sua voce che le sussurrava “La tua mano nella mia mano”. Desiderava aprirsi in un abbraccio consolatorio, ma l’odio impetuoso incideva il suo corpo. Quando lui le porse la mano, Maria la strinse con forza tra le sue.
Poi, presa un’accetta dal ceppo, sferrò un colpo violento e preciso e gli tagliò la mano sinistra.
Lo lasciò morire dissanguato. Immersa nel sangue non reagì neanche quando la Madre superiora l’aveva trovata e la scuoteva con vigore tra le urla delle consorelle.
In una atmosfera sospesa, Maria serrava nelle sue mani la mano di Pietro.
Maria passò in manicomio gli ultimi trent’anni della sua vita e nessuno andò mai a trovarla.
Raccontano che il tempo iniziò a cancellare i ricordi nella sua testa e la condannò ad un tremore alla mano sinistra. Per questo il medico del reparto le concesse di lavorare la creta.
Passava ore, seduta davanti alla finestra, ad impastare con il calore delle mani quella piccola massa informe. La notte tagliava la creta a fettine tutte uguali e con ogni parte modellava palline, stendeva lunghi fili e schiacciava tavolette. Ai primi chiarori rimpastava tutto in una massa informe.
Mentre la creta diventava ogni giorno più docile al tatto, le sue mani si facevano sempre più ferme. Una domenica di primavera, mentre la campana del paese in lontananza suonava per i vespri, sentì nella creta le pulsazioni della mano di Pietro.
Senza fiato si appoggiò alla parete della stanza. Recuperato un respiro regolare ricominciò intimidita a modellare: la forma della mano si rivelò all’improvviso, comparve il palmo e lunghe dita si gonfiarono tra le mani di Maria. La struttura e la dimensione della mano assunsero una loro indipendenza dalla creta.
Maria si tolse una forcina dai capelli e iniziò a disegnare spesse vene sul dorso della mano. Incise i nodi delle nocche e con cura disegnò le unghie alle estremità delle dita. Con calma girò la mano e, dopo averla contemplata a lungo, tratteggiò sul palmo una lunga linea della vita.
Quando giunse l’alba la trovarono seduta in terra con la mano di Pietro serrata nella sua mano.
Il racconto e’ avvincente, lo inizi e non puoi fare a meno di vedere come va a finire. L’autrice ti porta per mano fino al finale a sorpresa.
La prosa e’ asciutta e scorrevole.
Il racconto si lascia bere tutto di un sorso.