Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “La mala erba” di Lorenzo Cioni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

L’aula del tribunale rigurgita di gente di tutte le età e ceti sociali possibili e immaginabili. Solo soletto seduto al banco degli imputati c’è un omino minuscolo, quasi calvo, un essere insignificante. Poco discosto da lui l’avvocato Lanugioli, avvocato d’ufficio, una specie di ameba perché anche fra gli avvocati d’ufficio ci si è dovuti accontentare dell’ultimo fra gli ultimi.

Ad un tratto una voce stentorea annuncia: “Silenzio in aula, entra la corte” e nell’aula del tribunale cala un silenzio di tomba mentre tre giudici togati scuri in volto fanno il loro ingresso. “L’imputato si alzi” dice la voce e l’imputato esegue. Prende la parola il presidente del tribunale che esordisce dicendo: “In tutti questi anni di onorata carriera mai mi sono dovuto occupare di un reato così odioso e grave frutto di una mentalità che, sbagliando, davamo tutti come morta per sempre.” Al che la folla erompe in grida di: “alla forca!”, “criminale!”, “altro che processo, lasciatelo a noi!” “Silenzio in aula o vi faccio sgombrare!” li interrompe il presidente e poi prosegue, nel ripristinato silenzio: “quest’uomo si è reso colpevole del crimine più odioso di tutti, almeno per i codici morali di questa società. Imputato mi guardi, come si dichiara: colpevole o innocente?”, “mi dichiaro innocente, vostro onore”, “bene, lo vedremo durante questo procedimento e ora imputato si sieda” e l’imputato esegue. “Do ora la parola al pubblico ministero, prego, proceda pure”, “grazie vostro onore, sarò breve che la colpa dell’imputato è grave e palese essendo stato lo stesso colto ripetutamente in flagranza di reato.” Pausa ad effetto, la folla si scatena di nuovo in grida di “a morte!” “impiccatelo!”, “linciamolo!” Di nuovo interviene il presidente a imporre il silenzio: “prosegua signor pubblico ministero, non si lasci distrarre dalle legittime grida di questi bravi cittadini”, “grazie, signor presidente, dicevo che la colpa dell’imputato è grave e secondo me questo processo è solo una perdita di tempo oltre che uno spreco di denaro pubblico.”

Applausi a scena aperta e di nuovo il presidente impone il silenzio che soffre di un raro disturbo dell’udito e mal tollera i rumori troppo forti e ridà la parola al pubblico ministero. “Purtroppo nel nostro ordinamento giudiziario c’è ancora questo anacronismo che prevede il processo per tutti i reati anche per quelli in cui la colpa oltre che odiosa è palese, come in questo caso, per cui ci dobbiamo adeguare e perdere il nostro e vostro tempo prezioso e sprecare il denaro di questi amabili contribuenti.” Al che la folla esplode al grido di “bravo!”, “bravissimo!”, “parole sacrosante!”, “macché processo e scartoffie, datecelo a noi che gli cambiamo come minimo i connotatati!”, “si, lo faremo pentire di essere nato!” Di nuovo interviene il presidente e di nuovo cala il silenzio.

“Vi elencherei i singoli episodi di cui si è ripetutamente e scientemente macchiato l’imputato” riprende la parola il pubblico ministero “ma temo che offenderei la vostra e la mia sensibilità per cui mi mantengo nel vago. L’essere che vedete alla sbarra è un essere ignobile che ama questionare, cavillare, mettere zizzania”, “vostro onore mi oppongo”, “stia zitto e buono, avvocato Lanugioli, perché sennò la faccio espellere per oltraggio alla corte”, “va bene, me ne sto zitto e buono”, “bravo avvocato e lei, pubblico ministero, prosegua pure”, “grazie vostro onore, dunque, dicevo, l’imputato del quale potete notare la bassa fronte, lo sguardo sfuggente, il naso aquilino se non adunco, la bocca storta, le mani nervose che non stanno ferme un minuto, l’imputato, dicevo, sa di essere colpevole ma non ha saputo autopunirsi che so, con un bel suicidio, per cui tocca a noi rimediare con una punizione esemplare” al che la folla esplode in delirio e si lancia verso l’imputato che viene precipitosamente fatto uscire dall’aula per essere salvato da morte certa. “Signori e signore, vi invito alla calma” esordisce il presidente non appena gli uscieri e le guardie presenti sono riuscite a calmare anche i più scalmanati e facinorosi. “Uscieri riportate in aula l’imputato che senza di lui non si può procedere.” Entra di nuovo l’imputato e viene fatto sedere. “Bene pubblico ministero, riprenda pure la sua arringa ma sia breve”, “certo signor presidente, sarò stringato” (e si schiarisce la voce con una vistosa scatarrata accolta dagli sghignazzi degli astanti) “ebbene, signori e signore, il reo, perché di reo si tratta indubitabilmente, dicono abbia diritto ad un equo processo anche se la sua colpa è palese e manifesta ma sentiamo cosa ha da dirci lui.

Vostro onore posso rivolgere qualche domanda al reo, pardon, all’imputato?”, “ne ha facoltà e lei imputato risponda alle domande del qui presente pubblico ministero”, “certo” balbetta l’imputato, “e si alzi perdio! un po’ di dignità!” sbraita il presidente e l’imputato si alza. Tocca al pubblico ministero: “può dirci da chi ha appreso queste sue condotte indegne di un paese civile come il nostro?”, “sono stato educato così dai miei genitori”, “ah! Ecco i complici, procederemo quanto prima al loro arresto, pardon, alla loro convocazione”, “mi duole deluderla, signor pubblico ministero, ma sono morti entrambi e da qualche anno, ormai”, “mannaggia, questo non ci voleva, vorrà dire che procederemo ex articolo 1258 del nuovo codice di procedura penale ovvero in absentia quia defuncti.”

Fa una pausa ad effetto perché l’uditorio possa apprezzare la dotta citazione e prosegue: “e mi dica ha moglie o figli che possano essere stati da lei fuorviati?”, “avevo una moglie ma mi ha ripudiato e si è rifatta una vita e ho due figli ma mi hanno disconosciuto e hanno pure cambiato cognome e ora sono là, fra il pubblico, fra i più facinorosi, fra quelli che reclamano a voce più alta la mia pelle, ingrati!”, “imputato si calmi, non si permetta più di alzare la voce, mi ha capito!?”, sbotta il presidente, “ho capito, vostro onore, mi perdoni”, “e lei pubblico ministero proceda spedito, la prego”, “sarà fatto, signor presidente, bene quindi lei escluderebbe moglie e figli come suoi complici ma non la farei così facile che noi indagheremo, eh se indagheremo.” Al che dalla platea dei facinorosi si alzano le urla di rabbia di due energumeni: “farabutto, non ci trascinerai nel fango con te!”, “te la facciamo pagare, come padre ci fai schifo, ci hai sempre fatto schifo!”, “lasciatelo a noi, signor giudice, che ve la dimostriamo noi la complicità, lo facciamo a pezzi e ce lo mangiamo!” ma il presidente “uscieri prego accompagnate i due signori fuori dall’aula, quando è troppo è troppo”, “macché troppo e troppo, noi da qui non ci si muove e provateci voi a farlo!”

Gli uscieri tergiversano giacché i due energumeni sono l’esatto opposto del padre e sono due marcantoni della madonna. “Per ora lasciamo correre” corre ai ripari il presidente “ma non tollero altre intemperanze eccessive”. Salomone gli fa una pippa a lui e poi il mal di testa ora gli è quasi insopportabile per cui vuole chiudere al più presto. “Prosegua signor pubblico ministero”, “certo signor presidente”. Di nuovo una pausa ad effetto per sistemarsi la toga: “pare acclarato che il reo, pardon l’imputato, abbia agito in piena solitudine ma in piena scienza e coscienza e recidivando pervicacemente nei suoi propositi criminali!” Alza la voce, lui può: “il qui ignominiosamente presente è il disonore della nostra onorata società, non capisce e non si adegua ma mette sempre i bastoni fra le ruote, non capisce che una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso, non sa praticare il do ut des, non pratica e non approva lo scambio di favori, pardon, di cortesie ma anzi è sempre pronto alla disanima fine a se stessa, non vede il bene comune e superiore e non approva, orrore degli orrori, l’oggi a me domani a te, sottinteso di mangiare alla greppia comune”.

A questo punto il procuratore sta urlando e ha le vene del collo che quasi gli scoppiano per cui è costretto ad una pausa e a bere a garganella da una bottiglia di acqua fresca che gli porge uno degli uscieri. “Ebbene, e qui concludo, il reo, pardon l’imputato, è una mala erba e va quindi estirpata per il bene supremo della nostra onorata società, del resto ubi maior minor cessat e qui sappiamo bene chi deve cessare, chiedo pertanto il massimo della pena ovvero la pena di morte per garrotamento pubblico che l’esecuzione serva da esempio e monito, ho finito”. Il procuratore non fa in tempo a dire “ho finito” che la folla degli scalmanati si lancia come un fiume in piena verso gli scranni della corte e dove siede l’imputato. Niente possono questa volta gli uscieri e le guardie presenti, costretti alla fuga per non essere a loro volta travolti. In un turbine di grida, schiaffi e pugni il fiume in piena assale e travolge l’imputato e quando si ritira di lui non è rimasto che un mucchio di stracci sanguinolenti.

Giustizia è stata fatta, Onesto degli Innocenti, l’ultimo degli onesti, la mala erba, è stato estirpato per sempre.

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