Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2022 “Extraconiugale” di Mirko Gavioli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Non era cominciato da molto: due mesi? tre? Sì, all’incirca, mese più mese meno. Tutto era nato per quella galeotta disposizione dei bagni, simmetrici e separati da non più di dieci centimetri fra mattoni forati ed intonaco.  Il suo confinava con quello dell’appartamento accanto e i sanitari, in entrambi, erano disposti in modo speculare, le tazze e i bidet addossati alla stessa parete, nella stessa posizione.

 E forse fu solo un caso, anche se lui si preferiva pensare che invece fosse uno di quei segni che ti manda il destino, uno di quelli che non puoi girare la testa dall’altra parte.

  Era successo così: che lui stava in bagno, seduto sulla tazza scrollando qualche social, quando il silenzio fu rotto dalla cacciata dello sciacquone. Per un attimo fu colto da grande sorpresa, stupito che in modo inspiegabile quell’aggeggio fosse partito automaticamente, quasi avesse valutato da solo che era giunto il momento di scaricare. Perché in effetti il momento era davvero opportuno.

 Rimase interdetto per qualche istante, prima di realizzare che il rumore proveniva di là dal muro, dall’altro bagno.

  Il pensiero corse di colpo alla sua vicina, donna giovane e attraente, al cui fascino non era mai stato insensibile, e cominciò ad immaginarla: mentre si alzava dalla sua postazione prima di affidarsi ai gesti abituali e conclusivi che completavano quei momenti.

 Gli fu chiaro che erano stati seduti , senza saperlo, a pochi centimetri l’uno dall’altra, praticamente schiena contro schiena, separati da un nulla di laterizio, per tutto quel tempo, in una situazione di così singolare ma intensa intimità come raramente può accadere fra un uomo e una donna.  Si andava convincendo che non poteva essere successo per caso, che doveva essere un segno, che questo inaspettato incontro con “lei” fosse un richiamo, un appuntamento con il destino, un invito alla passione, tanto potente e incontenibile da travolgere quel misero contesto: la tazza, il portarotoli, il sapone sulla mensola, lo scovolino, e da spazzar via come uno tsunami tutti quegli stucchevoli, banali, usuali  contesti romantici in cui si immagina che queste cose debbano accadere: con il sole che tramonta dietro la collina, le foglie gialle dei castagni in autunno o l’aurora dalle dita di rosa che tinge l’orizzonte del mare.

 Il destino aveva deciso così: di farli incontrare fra la lavatrice e il bidet, fra la tazza del water e il box doccia, ignorando i tramonti, la tavolozza dell’autunno e il profumo del mare. Non poteva far finta di niente. Non voleva. Lei era di là e lui sentiva che pur nei limiti degli strumenti di cui disponeva in quel momento, anche lei era pronta all’incontro. Non si sarebbe tirato indietro; mai e poi mai avrebbe sciupato quell’occasione,  perché di questo si trattava, ne era sempre più certo.   Un’occasione che andava colta, forse l’unica che avrebbe mai potuto avere con lei, un vento di ardore e di passione che si stava alzando, cui non avrebbe negato le vele. Non avrebbe  trascorso i lunghi inverni della vecchiaia macerandosi nel rimpianto.

 Doveva chiamarla, risponderle, mandarle un segno, doveva dirgli “ eccomi, anch’io sono qui per te” e poi avrebbe aspettato, con sospesa speranza.

 Come fare? Aveva poco tempo per decidere e per far partire la scintilla che avrebbe attizzato il fuoco. Rimase per qualche attimo in una frenetica incertezza poi, prima che fosse troppo tardi e che l’occasione potesse svanire, si girò, spinse il bottone e scaricò il suo sciacquone. Trattenne il fiato,  seduto, immobile, senza fare alcun rumore, con i pantaloni abbassati fino alle caviglie e il cellulare abbandonato sul tappeto, senza avere la forza di rialzarsi, finchè sentì il cuore balzargli in gola all’udire, di là dal muro, tre-quattro scatti di scarico, deboli, certo, per la poca acqua che ormai stava nel serbatoio semivuoto, ma nitidi, scanditi. Lei l’aveva sentito e gli rispondeva! Quasi non credette alle sue orecchie. Il suo cuore avvampò di colpo. Cercò di darsi un contegno: si sistemò il colletto della camicia e si ravvivò i capelli,  trascurando particolari secondari come le mutande ancora a penzoloni sui pantaloni calati. Nessuna frase d’amore, uscita dalla penna di un poeta o letta su nessuna carta di  cioccolatino al mondo, poteva descrivere meglio il turbamento amoroso provocato da quei gorgogliì.

 “Lei” era di là e aspettava, pensò, doveva parlarle ancora, dirle che la desiderava, ma non poteva certo mettersi a urlare per farsi sentire di là dal muro, né picchiettarci contro con lo scovolino. Poi un’idea lo illuminò quando lo sguardo gli cadde di nuovo sul pulsante dello sciacquone.

 ALFABETO MORSE! Rispolverò freneticamente ciò che se ne ricordava  e schiacciò il pulsante dello sciacquone con pressioni rapide e altre più lente, a mò di tasto del telegrafo, per comporre le lettere. Avrebbe scritto un telegramma sonoro, un telegramma di scarico. Un linguaggio cifrato, impenetrabile e segreto come si conviene in questi casi. Poteva funzionare se “lei” avesse capito e se qualcosa del Morse avesse masticato. Era un rischio che doveva correre.

Si sa che una grande passione si fa un baffo delle piccole difficoltà, e che bisogna osare,  così cominciò a scrivere, con punti, linee, pause, e con l’acqua che continuava a scaricare nella tazza del water ora a fiotti deboli , ora con vortici scroscianti.

Era un sistema non semplice e tutt’altro che immediato: gli servirono quasi dieci minuti per scrivere: “Ciao”. Poi si tirò su i pantaloni, abbassò la ciambella e si sedette di nuovo, girato faccia al muro, con il dito sul pulsante, l’orecchio teso, in ardente e sospesa attesa di una risposta.

 Gli sembrò infinita, ma quando ormai stava perdendo le speranze, perché succede sempre qualcosa proprio mentre stai perdendo le speranze, ecco arrivare da di là del muro un punto, linea, punto punto linea, punto; si sforzò febbrilmente di tradurre. Il messaggio non lasciava tracce di carta, e questo era certo una garanzia di segretezza, ma la cosa costringeva ad un grande sforzo di memoria  per ricordare le sequenze dei segnali e per decifrarle. Con grande sforzo riuscì a ricordare i suoni e finalmente a ricostruire ciò che “lei” gli aveva inviato: “Maio”.

 Maio?  Che era  Maio? Ma certo! Un piccolo errore, insignificante, perdonabile, perdonabilissimo, figuriamoci, anche il di lei Morse doveva essere arrugginito, ci mancherebbe. Era “Ciao” che gli voleva scrivere, ovviamente.

 Gli aveva risposto! Questo era tutto quello che importava. Era eccitato.

 Così era cominciata la loro relazione. Da allora si incontravano in bagno e si scambiavano messaggi con il telegrafo-sciacquone, tutti i giorni, e anche due-tre volte al giorno.

Non passò però molto, giusto un bimestre, prima di scoprire con disappunto che con quel telegrafo idraulico, anche riducendo all’osso la sintassi, non era possibile fare discorsi troppo lunghi,  e che anche per scrivere brevi frasi ci voleva un tempo infinito – anche se questo non è un ostacolo fra due amanti-  ma soprattutto prima di scoprire che quel sistema consumava molta acqua e che la relazione si rivelava  dispendiosa. Non che lui fosse tirchio, anzi, si considerava generoso e non era attaccato al denaro, ma non poteva non considerare che “Ti desidero intensamente, amore mio” gli veniva a costare, aveva calcolato, più o meno trentacinque Euro sulla bolletta.

La moglie cominciò a nutrire qualche perplessità, se non proprio dei sospetti, trovando il bagno così spesso occupato dal marito. Ma una volta tranquillizzata, dall’interessato stesso, sulle sue condizioni di salute e fugato ogni dubbio sulla ventilata ipotesi di un malassorbimento, non diede più peso alla cosa. E non valsero ad instillarle alcun dubbio né l’unghia incarnita del pollice del marito, né la necessità di sostituire il pulsante dello scarico del bagno due volte in due mesi.

“ Non li fanno più come una volta” la convinse lui scuotendo sconsolato la testa e rispondendo al suo:

“ Non capisco: quell’altro ci è durato quindici anni”

 Fu con l’arrivo della bolletta dell’acqua che la cosa tornò a galla.

 “ Il doppio! Esattamente il doppio, anzi, qualcosa in più addirittura! Guarda qua! Non è possibile! C’è un errore! Domani vado e mi sentono! Non possono fare sempre i loro comodi e noi subire!

Sudditi! Siamo sudditi senza diritti! Ecco come ci trattano!” protestava indignata la moglie sventolando la bolletta e camminando su e giù per il corridoio.

“ Forse hai usato più acqua in questo periodo –tentò di giustificare lui in preda ad uno strano imbarazzo – magari.. prova a pensarci..sai certe volte non sembra ma lasci aperto un rubinetto qualche secondo in più e.. dai una volta e dai cento..sono litri eh!”

“ Ma che litri , ma che secondi, ma di che parli?”

“ Voglio dire che magari hai innaffiato molto di più le piante in questo periodo, o magari.. il cane ecco, il cane ha preso contro al rubinetto in giardino e..”

“Siamo in Febbraio, quanto pensi sia stato necessario innaffiare in Dicembre e in Gennaio? E Ruby poi che c’entra? E’morto due anni fa, non te lo ricordi?”

“ No… beh.. certo che so che Ruby è morto –balbettò lui in qualche modo- figurati… dicevo così per fare un esempio”.

 E la discussione era andata avanti così, senza arrivare a una giustificazione plausibile per quel consumo abnorme, fino a che lui non chiuse l’argomento giurandole che sarebbe andato, il lunedì successivo,all’ufficio della municipalizzata “per chiarimenti”.

– E per farti valere!

– Eh certo, figurati, si capisce che mi farò valere, cosa credi? Tu mi conosci…eh…

 Capì mentre lo diceva che non era il caso di insistere troppo sull’ultima affermazione e fu sollevato dal poter interrompere il discorso.

 Era angustiato invece dal pensiero che anche “lei” di là, forse stava affrontando una discussione analoga con il marito, ma non si preoccupò più di tanto: le donne sono più padrone della situazione e sanno tenere i nervi a posto. Mica sparano cazzate come aveva fatto lui. Il cane: ma come diavolo gli era venuto in mente di tirare fuori il cane, che stava sotto dieci centimetri di terra alla base del nespolo da due anni? Non finiva di darsi del coglione.

 Beh, “lei” errori del genere non li avrebbe certo fatti. Era una donna di ghiaccio. Da quando la storia era iniziata, non un gesto, non una parola avevano mai lontanamente tradito la loro relazione. Nei brevi incontri in cortile, o sulle scale: niente, nessuna reazione, sia che ci fosse qualcuno o che non si vedesse attorno anima viva. Anche quando gli capitava di  incrociarla con il marito: niente, non un gesto, non uno sguardo, non una piega del labbro. Che controllo! Che sangue freddo! Tanto che il marito, forse imbarazzato da tanta freddezza, gli sembrò addirittura che avesse cominciato a usargli un atteggiamento diverso, come dire, una maggior cortesia, piccole attenzioni ecco: come aprirgli la porta d’ingresso o chiamargli l’ascensore. Cose impercettibili per carità: uno sguardo cordiale, un mezzo sorriso…cose così.

 Tanto che questo lo metteva addirittura un po’ a disagio; si sentiva un po’ in colpa per avere una relazione, seppur  platonica – anche se confidava ancora non per molto-  con la moglie di questo coinquilino così per bene, della cui affabilità non si era mai reso conto nei cinque anni che abitavano nel palazzo.

 Dopo qualche settimana la questione della bolletta dell’acqua era passata in secondo piano, un po’ dimenticata, un po’ rimandata, un po’ tenuta nascosta, insomma malamente seppellita, anche peggio di Ruby. Ma il problema rimaneva. Gli amanti dovevano trovare un mezzo diverso per comunicare, se non subito, almeno prima del bimestre successivo. Si scambiarono a questo scopo alcune proposte nel solito modo senza tuttavia approdare a nulla se si vuole escludere il consumo di quasi quarantacinque Euro d’acqua.

 Per il resto tutto continuava come prima in un equilibrio stagnante e impantanato. Ma proprio quando gli sembrava che tutto fosse ormai scontato, perché succede sempre qualcosa di straordinario proprio quando tutto ti sembra scontato, una tempesta improvvisa squassò la quiete dello  stagno  scaravoltandolo con violenza.

 Successe verso la fine di Febbraio, una sera che era sceso a portare fuori il pattume, quando incrociò nell’ingresso “lei” e il marito mentre uscivano a cena. 

Il marito aveva prontamente lasciato il braccio di “lei” e gli aveva aperto la porta scostandosi un poco da lui e dal suo odoroso bidoncino dell’umido, e facendogli un piccolo inchino.

 Furono proprio le poche parole che disse “lei”che di colpo scatenarono la tempesta. Anzi una in particolare. Anzi proprio l’ultima. Si sentì come quando infili le dita nella presa della corrente o tocchi un filo scoperto, con i muscoli che sussultano e il cervello sbatte qua e là nella testa.

“ Su andiamo o faremo tardi; dài, MARIO!” così disse.

 Mario? Quel nome gli era esploso di colpo nella testa. Certo che sapeva come si chiamava, ma la cosa non gli era mai sembrata importante. O almeno non come in quel momento. La scossa lasciò il posto all’inquietudine. Un tarlo vorace gli stava crescendo nel cervello. Cercava, si sforzava, di ricordare: la parola con la quale “lei” gli aveva risposto la prima volta, quando gli aveva scritto “Ciao”,  facendo quel piccolo errore di lettere, com’era pure? “Caio o Baio ah ecco: Maio”era uno scambio di consonanti ne era certo. Non poteva essere che…che non così. Certo, era sicuro, sicurissimo, anzi quasi sicuro. O no? “Maio?”

 Quella notte non riusciva a prendere sonno. “Maio?” i pensieri gli si affollavano nella mente: Ciao, Caio, Maio, Mario. La moglie, che in trent’anni non l’aveva mai visto girarsi più di una volta nel letto prima di cadere in una manciata di secondi  in un sonno improvviso e catatonico, rimase non poco incredula. La sorpresa lasciò quasi subito il posto alla preoccupazione:

“ Che hai? Stai poco bene?”

“ Eh? No niente… forse la digestione”

“ La digestione? Tu sei cintura nera di digestione. Non ti ho mai sentito lamentarti per un mal di stomaco, anzi sono sicura che non sai nemmeno approssimativamente dove si trova se ti chiedessi di indicarmelo”

 Tranquillizzata la moglie, cercò di dormire. Quando finalmente gli riuscì, dopo quattro-cinque interminabili minuti che gli fecero sperimentare quale terribile disturbo fosse l’insonnia, arrivarono presto sogni inquietanti  ad agitargli il sonno. Vedeva “lei” in bagno, discinta e voluttuosa che gli scriveva a sciacquonate, poi lei si girava e al suo posto improvvisamente compariva Mario, che continuava il messaggio. Non sapeva come, ai sogni non bisogna chiedere troppo, ma sentiva chiaramente che quel farabutto  credeva di parlare a sua moglie. Sentiva montare l’odio verso quel bastardo che intendeva imbastire una tresca con lei, zozzo disgraziato, che si era messo in testa? Lui? Ma non era il suo tipo, un bacarozzo che insidia un angelo? Ecco il motivo delle sue cortesie, le sue moine, la sua cordialità, il suo aprirgli la porta, il caricargli la spesa sull’ascensore, Giuda! Ecco spiegato, altro che affabile, un Giuda!

 E così passò la notte: ora tra l’afflizione per un’amante svanita, ora tra la gelosia e la rabbia per un molestatore di donne perbene e ora per tutte e due le cose insieme. Oh ma avrebbe chiarito tutto! Oh se l’avrebbe fatto! Oh quello là se l’avrebbe sentito!

 Il proposito prendeva corpo verso il mattino, quando i sogni svaniscono piano e la coscienza si risveglia, incerta come un bimbo che impara a camminare. E siccome la sua così come era molto veloce a spegnersi era molto lenta a rianimarsi, ebbe quasi un’ora di tempo per rafforzarsi nel proposito. Avrebbe colto la prima occasione per affrontare quel satiro malefico e per chiarire la questione una volta per tutte.

 L’occasione si presentò, tanto insperata da sembrare addirittura prematura, quella stessa mattina, lungo le scale. Lo incrociò per caso, e decise su due piedi di affrontarlo subito e di parlare senza giri di parole, andando dritto al sodo, prendendolo di petto, a costo anche di azzuffarsi sul pianerottolo del primo piano, se fosse stato necessario.

 Ma per fortuna anche nel cervello dei più focosi c’è un nucleo che controlla le reazioni istintive e le mitiga in valutazioni razionali. La natura ce l’ha dato come salvavita, per evitare situazioni che  possano metterci in grave pericolo, come prendere a calci un orso o insultare un avvocato, o far scendere un camionista dal suo TIR per litigare per una precedenza, per esempio. Il suo, pur piccolo come quello di tutte le persone sanguigne, bene o male funzionò, e lo convinse ad affrontare la questione alla larga girandole attorno:

– Sto andando a vedere se c’è posta. Speriamo non ci sia arrivata la bolletta dell’acqua- buttò il sasso con tono indifferente per tastare il terreno e scoprire come l’altro reagiva.

 Non avendo ricevuto che un indecifrabile cenno del capo, insistette:

– L’ultima era incredibilmente alta, più del doppio del solito, non so perché. Forse abbiamo una perdita, magari sentiremo dall’amministratore. Anche a voi è successo? Magari è un problema di condominio..

– Beh sì… anche a noi in affetti è arrivata salata.

– Non abbiamo fatto niente di diverso dal solito..Noi – aggiunse dopo una piccola pausa.- Le solite lavatrici, lavastoviglie, solite cose. Non abbiamo fatto niente di diverso dal solito. Noi.

– Infatti, nemmeno noi abbiamo capito come mai.

– Mia moglie, poi… “mia moglie” –enfatizzando sia il pronome che il sostantivo- dice che proprio non capisce perché: lei non ha fatto niente di nuovo, proprio niente, assolutamente niente, mi sono spiegato?

– Sì, certo, me l’hai già detto.

– Allora sarà una perdita, un tubo rotto.. che ne so: uno sciacquone difettoso, toh – disse scandendo le parole e osservando la reazione dell’interlocutore.

-Uno sciaquone? Perché pensi proprio a uno sciacquone? Uno se ne accorge se lo sciacquone scarica di continuo, no?

 Ah sì, certo che uno se ne accorge farabutto –pensò immaginandolo intento a telegrafare a sua moglie un “mi manchi tanto, tesoro” da ventisette Euro. E se invece stava sbagliando tutto e fosse  “lei” a scrivere? Avrebbe stroncato una relazione appassionata per un banale equivoco? Per una infondata gelosia? Di colpo si pentì di aver suggerito al vicino che il luogo di incontro fosse il bagno. Aveva messo in guardia il marito e in pericolo il segreto di due amanti per una stupida questione di gelosia.

-Beh, vorrà dire che ci faremo trovare pronti tutti e due al “prossimo appuntamento”- aggiunse Mario con un sorrisetto a mezza bocca, avviandosi su per le scale. Qualcosa, un insetto, un granello di polvere, forse gli era andato in un occhio, perché gli sembrò che lo strizzasse un paio di volte.

 Lui rimase impalato, con lo sguardo perso, come un ladro sorpreso con il sacco in mano prima ancora di aver cominciato a riempirlo.  

-Quale appuntamento?- trovò appena la forza di sibilare, in ansia per la risposta.

Mario lo guardò inclinando un po’ la testa da un lato, sempre con lo stesso sorriso:

-Quello con il postino. Per la bolletta. Quale altro? Ciao.

 Rimase appoggiato al corrimano mentre i suoi pensieri cercavano di rimettersi in piedi come un pugile dopo un KO. Era confuso. Aprì la finestra del ballatoio. Sentì il sollievo dell’aria fredda fra le piccole gocce sulla fronte.

 Era un’ipotesi che non aveva preso in considerazione. Un punto di vista che non aveva immaginato. Si sentiva come un domatore, nella gabbia di un circo che con sedia e frusta e compiaciuta maestria aveva controllato la tigre di fronte a lui per scoprire di colpo un leone alle sue spalle che lo sta fissando, con le fauci socchiuse.

 Salì le scale distrattamente, mentre i pensieri cozzavano senza ordine nella sua testa, e fu quando arrivò al suo pianerottolo che vide uscire “lei”, elegante e profumata, dal suo appartamento.

-Ciao. Che giornata! Ci vorrebbero giorni di quarantott’ore per fare tutto. Mi sono ricordata di colpo l’appuntamento dal dentista: così smetti di rassettare… vestiti in fretta e furia… e via. Dovevo finire il bagno ma ho lasciato tutto lì. Lo farò stasera. Dopo cena.- aggiunse fissandolo negli occhi.

Lui si perdeva nei suoi e sembrava non fare troppa attenzione a quello che diceva.

-Il bagno, dico.. quella è una cosa che tocca a me, e .. a nessun altro- cinguettò con civetteria, dopo aver aspettato per qualche altro secondo una sua reazione.

 Sì, doveva esserci polvere in giro perché anche lei aveva qualcosa negli occhi che forse le dava fastidio. Sbatteva le palpebre in continuazione; tanto che lui non ricordò se gli avesse detto che l’appuntamento fosse dal dentista o dall’oculista.

 – Alla prossima- gli disse lei accompagnando il saluto con la mano.

   Lui cercò di sfoggiare il suo sorriso più malandrino, poi si accontentò del meno ebete e la salutò balbettando qualcosa, mentre il cuore  la inseguiva lungo le scale.

  Quella sera cenò distrattamente.

 Chi aveva scritto a lui“ Sei tutta mia vita”, “Amore mio eterno”, eccetera, eccetera..  e lui a chi credeva di rispondere? Con chi stava scambiando effusioni e intimità da tre mesi, di là dal muro? Aveva i pensieri come foglie secche, e un tipo con uno di quei soffiatori a scoppio che gliele vorticava dappertutto, senza pace.

 Da circa un mese si erano accordati, lui e l’amante, di scambiarsi ogni sera prima di coricarsi, verso mezzanotte la “sciacquonata della buonanotte”, così l’avevano chiamata con affettuosa complicità.  Era diventata un’abitudine dolce, una comunione d’anime, un appuntamento intrigante e consolatore, e nemmeno troppo caro: meno di quindici Euro a bimestre, centesimo più centesimo meno.

 Quella sera a mezzanotte però, entrò in bagno molto incerto. L’amante era già di là, si avvertiva da piccoli rumori, ma mentre le altre sere ne indovinava il viso e scendeva ad immaginarne le intime fattezze, stavolta queste gli sembravano più confuse. Non era sicuro di sentirsela. Forse avrebbe lasciato perdere. Troppo complicato. Troppo rischioso.

Fece per uscire, ma di colpo, perché è quasi sempre di colpo che queste cose devono accadere, si fermò sulla porta e si girò a guardare  lo sciacquone, muto, che aspettava.

E qualcosa scattò nella sua testa

-E chissenefrega! Sempre di amante si tratta!- pensò

Fece un balzo e schiacciò lo scarico: “ amore sono qui” gorgogliò il messaggio dall’altra parte.

  Era di nuovo felice.

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3 commenti »

  1. Molto ben congegnato e arguto. Piacevole!

  2. Molto piacevole, simpatico e ben descritto.

  3. Mi è piaciuto. Ben scritto e con un buon registro narrativo.

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