Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2022 “Verso l’infinito” di Francesco Rosaspina

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Il treno era in attesa sul primo binario della Stazione di Padova. Era da poco arrivato da Venezia e stava per ripartire per Firenze.  Era ancora inverno, quella fredda mattina del 1999. 

Puntuale come sempre, Cecco aprì la porta della terza carrozza e si sedette sul sedile della seconda classe.   Era da un paio di mesi che, due volte alla settimana, prendeva quel treno. Si recava a trovare la sorella Bice, ricoverata nel nosocomio fiorentino di Careggi, avendo la leucemia. Quel male la stava tormentando da un bel po’ di tempo.   

Era la sedicesima volta che faceva quel malinconico viaggio.  Aveva imparato i nomi di tutte le fermate e sapeva che sarebbe arrivato a destinazione in tarda mattinata.  Stava guardando fuori del finestrino quando sul vetro vide il riflesso di un viso di donna.  <<Stai tranquillo Cecco, andrà tutto bene!>> sentì distintamente.  Si voltò di scatto ma non vide nessuno.   <<Con questa preoccupazione sto andando fuori di testa. Dovrò consultare un psicologo!>>  pensò preoccupato.  Arrivò all’ospedale e trovò la sorella chiusa nella sua stanza asettica.  Con lei c’era anche la madre, avendo ottenuto il permesso speciale di stare sempre con lei, giorno e notte, 24 ore su 24.   Bice era troppo debole per stare segregata da sola.  Avevano iniziato, infatti, le procedure per prepararla al trapianto di midollo osseo.  Non poteva entrare nessuno in quella stanza, se non dopo una lunga disinfezione.  I medici le stavano facendo abbassare il numero degli anticorpi: in questa situazione anche il più piccolo bacillo le sarebbe stato fatale.  Si guardarono attraverso la vetrata.  Bice non aveva più i capelli a causa della chemio che aveva subito.  <<Sei sempre bella, cara Bice. Vedrai che quando sarà tutto finito ricresceranno e più belli di prima>>  le disse tramite l’ interfono.   Lei non aveva voglia di parlare e rispose alzando stancamente la mano destra, in segno di saluto.  Trovava conforto stringendo un vecchio rosario che le aveva dato sua madre anni prima.  Ma spesso la preghiera non bastava a rassenerarla.  La madre era preoccupata ma faceva di tutto per non farsi accorgere di quel sentimento che non riusciva a scrollarsi di dosso.

<<Buon giorno, signor Cecco.   Abbiamo una buonissima notizia.  Potrà donare il  midollo osseo a sua sorella, essendo compatibile!>> gli disse il primario del reparto. <<Quando avremo constatato la possibilità, la chiameremo, per eseguire l’intervento. Tenga il cellulare sotto controllo, perché veramente non manca molto>>. 

Cecco consegnò ai medici i suoi ultimi esami sanitari fatti a Padova, salutò la sorella e la madre e andò a dormire in un piccolo albergo vicino all’ospedale.  

Passarono alcuni giorni e la preoccupazione era sempre più alta.  La famosa telefonata tardava e Cecco, preoccupato, tornò in stazione per recarsi a Firenze, non riuscendo a stare a casa.   Anche questa volta si sedette nella seconda classe del terzo vagone.     Si guardò intorno e si meravigliò quando vide una signora seduta davanti a lui.  Aveva il viso uguale a quello riflesso sul vetro del finestrino nel viaggio precedente.   <<Caro giovanotto, non sempre la vita ci dà la serenità>>  gli disse molto preoccupata.   Cecco annuì e non rispose.  Aveva troppi pensieri per la testa. 

Arrivò con premura all’ospedale.  Salì di corsa la rampa di scale e vide il Primario.

<<Cosa c’è giovanotto, cos’è questa furia?  È  tutto a posto, stia tranquillo!  Stavo per contattarla, per confermale che domani faremo l’ intervento>>.  

Così fu!  Andò tutto bene!  Lui dovette rimanere in osservazione anche il giorno dopo. Bice, invece, si dovette trattenere in ospedale per altri giorni. Doveva infatti effettuare ulteriori controlli.  La madre rimase con lei,  sempre chiuse in quella stanza di speranza.

Era contento Cecco quando lo dimisero.  Vedendo la sorella sorridente, tornò tranquillo alla stazione. Trovò il treno già pronto e salì, questa volta nel quarto vagone, in seconda classe.    Guardò fuori dal finestrino e vide la bellezza del paesaggio.  

Era meravigliato dai forti colori dei campi coltivati a girasole.  La campagna toscana, sempre pronta a donare sensazioni pittoriche uniche al mondo, gli ispirò il seguente pensiero <<Tornerò in Toscana con mia sorella, quando il suo male sarà scomparso definitivamente e ci faremo qualche giorno spensierato di ferie, in qualche bel agriturismo>>. Improvvisamente una forte luce lo abbagliò.  Chiuse gli occhi,  rimanendo frastornato per qualche minuto.  Sul vetro, vide il viso della solita donna misteriosa che lo scrutava, incuriosita dall’inspiegabile felicità del ragazzo. 

Fu un attimo!  Un attimo solo!   Lo assalì un attacco di panico.  Si sentì impotente.

Si guardò intorno, il povero Cecco.  Nessuno!  <<Incosciente che sei!  Lasci tua sorella morire da sola!  Sola con quella povera vecchia di tua madre!   Torna indietro, corri!>>  sentì distintamente, ma intorno, dentro quel vagone, nessuno!   <<Baaaastaaa! Lasciami in pace!>> gridò forte il mio amico, sempre più preoccupato dal suo accumulato stress.   <<Bigliettiiii, favorite i biglietti signori!>> disse ad alta voce il controllore, il signor Cesare.  Dopo avergli controllato il biglietto … <<Anche lei è vittima della nostra ex passeggera, la signora Ninetta?  Deve sapere che era una signora di Ferrara.  Andava spesso all’Ospedale di Firenze.  Aveva la leucemia. Le fecero il trapianto e guarì.  Dopo qualche mese si stava recando a Firenze per la solita visita di controllo.  Mi raccontava tutto, la povera Ninetta.  Mi disse che la domenica successiva avrebbe festeggiato con i suoi parenti la guarigione.  Invece, durante quel viaggio, la trovammo qui in un bagno di sangue, proprio in questo vagone … su questo sedile!   Chiamai soccorso, non c’era nessuno che potesse aiutarla! Nessun esperto in arte medica!  Feci fermare il treno a San Pietro in Casale, ove trovò un’ambulanza da me allertata.  Il medico soccorritore mi disse che era morta. La portarono comunque al vicino Ospedale, per non dover fermare il treno in attesa del Magistrato di turno>>.

La sua anima, invece, restò su questi treni, nella tratta Ferrara-San Pietro in Casale.

Cecco pensò che gli avesse raccontato una “fantasia” e non gli diede seguito.

Arrivò a casa.  Chiamò la madre al cellulare … era tutto tranquillo!

Non dormì tutta la notte.  Il racconto di Cesare cominciò ad assillarlo. Così per altre notti!    Passò circa una settimana.  Lo stress era sempre forte, quasi invalidante.

Di prima mattina prese il treno.  Solito vagone, il terzo e lo stesso sedile di seconda classe.  Era una bella giornata di sole. La primavera stava facendo capolino.  Dopo pochi giorni avrebbero rimandato a casa Bice, guarita, pronta per riprendere la vita.  Tutto passato, forse.   Speranze e delusioni, poi … l’ imprevisto!

Era spensierato quella mattina, quando … <<Sciagurato hai visto cosa è successo?!  Nessuno mi vuole ascoltare!  Ora verrai con noi verso l’infinito!>>  gli gridò Ninetta.

<<Cos’è successo? Nulla proprio nulla!>> pensò mentre risentiva mentalmente le parole di Ninetta.  Fu in quel momento che gli squillò il cellulare … <<Signor Cecco, è successa una cosa grave a sua madre.   Venga il prima possibile, la stiamo aspettando qui, alla Stazione di Firenze>>  gli dissero gli Agenti della Polfer.

Si sedette preoccupato sul sedile del vagone.  Iniziò a respirare con affanno.  Iniziò a sudare freddo.   Il cielo si era improvvisamente annuvolato.  

<<Tranquillo, stia tranquillo, non è successo nulla. Ho già allertato un’ambulanza a Firenze>>  gli disse il Controllore Cesare … <<stiamo per arrivare in stazione!>>.

Era disteso sul pavimento del vagone di seconda classe, quando riconobbe Ninetta … <<Ben arrivato, nell’altro vagone c’è tua madre e Bice che ti stanno aspettando!>>.

Lentamente il treno entrò in stazione e si fermò ma non al solito binario.  Salirono sul vagone il personale paramedico e lo studiarono a lungo, il povero Cecco, sollecitando l’intervento di un medico. Il vagone fu staccato dal convoglio. Il medico constatò la morte per infarto.  Fu chiamato il magistrato di turno e solo a sera inoltrata, quando la stazione iniziò ad essere meno affollata, entrò il carro funebre per portare via il corpo esanime.   <<Ciao Cecco, ti stavamo aspettando, sei il solito ritardatario!>> gli disse Bice in compagnia della madre.   Poco più distante, in silenzio, Ninetta.

Bice morì per un’emorragia il giorno prima. I medici non erano riusciti a debellare un virus annidiato dentro al fegato. 

La madre, come Cecco, non riusci a sopportare la morte della figlia.   A tarda notte la vecchia donna, dopo aver lasciato la figlia nella fredda stanza dell’obitorio,  si recò stancamente verso la Stazione di Firenze, ormai svuotata dalla folla di viaggiatori.  Solo da qualche clochard, alla ricerca di un angolo riparato dal vento, venne vista passare.  

Quasi ipnotizzata, si avviò lungo i binari, allontanandosi dalle pensiline. 

Nel groviglio dei binari rivide la sua vita passata e fra gli scambi si perse tra vecchi vagoni dimenticati. 

Vide due fari venire verso di lei, sempre più grandi, abbaglianti come gli occhi di sua figlia morente.  Si ricordò il viso sofferente della creatura, vide le mani della ragazza che si aggrappavano disperate alla sua gonna, tirandola a sè nella girandola della morte … il macchinista non riuscì a fermare il treno.  

Le persone che accorsero sul luogo dell’ incidente fecero fatica a riconoscere quel povero corpo.  Solo il viso rimase quasi intatto, con un gelido sorriso sulle labbra.  

Una mano rugosa sul freddo binaro stringeva una foto, quella di sua figlia. 

Tutto intorno un gelido silenzio.

Iniziò a piovere, il sangue si dileguò fra il pietrisco della massicciata.  I flash della macchina fotografica della Scientifica rischiaravano brevemente la scena della  sciagura.   I lampi rischiaravano il cielo, in un tenebroso concerto di tuoni.

Alle prime luci dell’alba portarono via la povera vecchia.  

Quel che successe quella notte fu raccontata sui giornali locali,  mentre Bice, la madre e Cecco presero l’ultimo treno, quello che nessuno vorrebbe mai prendere.

Di Ninetta e delle sue apparizioni non si seppe più nulla.

Cesare, qualche anno dopo, andò in pensione.  Si ammalò anche lui di leucemia ma lui, per andare a curarsi,  non prese alcun treno, perché abitava a Firenze.

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