Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2022 “Indietro non si torna” di Paola Zaldera

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

C’è un silenzio cosi’ strano, inquietante… 
Eppure mi sembra di ricordare urla, rumore, confusione…
Ma quando? Quanto tempo fa? Quanto tempo è passato da quando questi ricordi erano realtà?
Non capisco dove sono, mi sento confusa.
Ricordo solo un gran dolore, un colpo forte che mi ha buttato a terra, ricordo di aver urlato… 
O forse ho solo pensato di urlare, non so… 
Perché non ricordo nient’altro, né prima né dopo… cosa mi è successo?
Mi rendo conto però che il dolore è sparito, non sento più male da nessuna parte, non sento più niente… 
Oddio, ma dov’è il mio corpo? Non lo sento più, non lo vedo… 
Non vedo nulla attorno a me, c’è come una nebbia densa che ovatta tutto, immagini, suoni, sensazioni…
Ho paura, cosa mi sta succedendo, dove sono?

Dio dimmi che non è vero, dimmi che non è successo davvero, dimmi che è soltanto un incubo… dimmi che fra poco mi sveglierò, madido di sudore, col cuore che batte all’impazzata, e un po’ alla volta mi renderò conto che non è successo niente, che niente di tutto questo è vero, che sono nel mio letto e lei è accanto a me che dorme serena…
Dio dimmi che non è vero…

Devo essermi persa di nuovo, ma adesso mi sembra di riprendermi un po’ meglio di prima.
Comincio a vedere delle cose attorno a me.
Sangue… Dio quanto sangue c’è attorno e su di me… Ma cosa è successo? Dove sono?
Sono.. Sono sdraiata per terra… Vorrei muovermi, alzarmi, ma il mio corpo non risponde, non lo sento più, il mio sguardo è fisso sul mio corpo insanguinato, non riesco a vedere altro… 
Sento qualcuno piangere, che significa? Cosa sta succedendo? Qualcuno me lo dica, qualcuno mi aiuti, per l’amor di Dio!

Non mi sveglierò, non è un incubo, è tutto reale…
Sara è lì, a terra, immobile… Dio quanto sangue attorno e su di lei!
Sono stato io? Io le ho fatto questo? Non è vero, qualcuno mi dica che non è vero, per pietà, non può essere vero, non posso aver fatto questo!

Sono morta, ecco cosa è successo. 
Per questo non posso muovere il mio corpo, spostare il mio sguardo…
Ho paura, cosa mi succederà adesso, come andrà a finire?
Non vedo niente di tutto quello che ho sempre immaginato, che mi hanno sempre raccontato ci sia dopo la morte, non vedo angeli, né luci, non sento arpe suonare né voci cantare…
Vedo soltanto il sangue su di me e sento la voce e il pianto di Luca.
Sta singhiozzando, sta gridando per chiedere aiuto, sta chiamando disperato il mio nome.
Vorrei rispondergli, dirgli che sono qui, che sono ancora accanto a lui, che non sento dolore, che mi abbracci forte e mi tenga stretta, che non mi lasci andare via… ma non ho voce, non ho forza né fiato…
Luca, non lasciarmi, non staccarti da me, posso sentire il calore del tuo corpo, il salato delle tue lacrime, non lasciarmi andare…

Domande, domande, decine, centinaia di domande, voci che mi incalzano, che ripetono le stesse domande all’infinito, voci che rimbalzano nel mio cervello in fiamme.
Vorrei urlare, chiedere pietà, dire che basta, che la smettano, che non ce la posso fare, che mi sta scoppiando il cuore, invece rispondo, continuo a rispondere sempre la stessa terribile verità, ho sparato, ma non volevo, non immaginavo che avrei colpito lei, non sapevo, non l’avrei mai fatto se avessi saputo, se avessi intuito…
Sento dal loro tono che non mi credono, leggo nei loro sguardi che mi considerano soltanto un assassino.
Non è vero, non è vero, ditemi che mi credete, ditemi che qualcuno vede ancora in me un essere umano, un essere che soffre, che ha perso la persona che aveva più cara al mondo, che ha distrutto l’unica ragione della sua vita…
Vedo arrivare mio fratello, di corsa, trafelato, disperato, cerca di venirmi vicino ma gli impediscono di toccarmi, di avvicinarsi a me, devono fotografarmi, esaminarmi, controllare le macchie di sangue, i residui di polvere da sparo sulle mani e sugli abiti… sono un reperto anch’io…
Per favore, per favore, lasciate che la sua mano prenda la mia mano, lasciate che la sua forza sostenga la mia disperazione… 

Hanno portato via Luca, non è più accanto a me, dove l’hanno portato? 
Per favore, non lo allontanate, lasciatemelo accanto, è il mio legame con la vita, con tutto ciò che era prima e non sarà mai più…
Improvviso, questo pensiero si fa strada nella mia coscienza… Ciò che era prima non sarà mai più… dalla morte non si torna indietro…
Che ne sarà di me adesso? Che ne sarà di lui? Ancora non so, non riesco a ricordare cosa è successo. La mia coscienza è limitata, è ferma al qui ed ora, i miei ricordi sono soltanto la certezza che prima c’era qualcosa che assomigliava alla felicità, ma forse non si può, non si deve avere troppa felicità, perché la vita è gelosa di chi è felice e prima o poi presenta il conto.
Lampi di flash, mi stanno fotografando, stanno fotografando tutto attorno a me, decine e decine di fotografie.
Ma dov’è Luca? Dove l’avete portato?

Un fantasma, un manichino senza vita, un essere senz’anima, così mi sento adesso. 
Preso, spostato, esaminato da cento mani che controllano, misurano, fotografano ogni centimetro di me.
E intanto voci che continuano a fare domande, sempre le stesse, e perdo il senso delle risposte e allora mi incalzano ancora di più, non so nemmeno io quello che dico, ripeto sempre le stesse frasi che ormai per me non hanno più nessun senso, sempre più stanco, sempre più confuso, ormai non mi credo più nemmeno io…
Vorrei il silenzio, vorrei che tutto questo si fermasse, che mi lasciassero da solo almeno per un momento, per poter fermare il vortice dentro la mia testa, per calmare il dolore che mi pulsa dentro.
Ma poi ho paura del momento in cui tutto questo finirà e mi ritroverò vuoto e smarrito a fare i conti con me stesso, ho paura di rimanere solo con i miei pensieri, ho paura di ricordare…
Dove sei, Sara, dove sei, amore? Cosa farò senza di te? Come potrò vivere col tuo ricordo? Col ricordo di quello che ti ho fatto? 

Lentamente mi sembra di allontanarmi, le voci si fanno più confuse, più lontane, più flebili… non vedo più bene, solo qualche macchia di colore, di rosso… sapevo cosa vuol dire, ma non lo ricordo più… non importa, niente importa, adesso… adesso… è … soltanto… silenzio… e buio…

Mi muovo piano, allungo una mano a cercare quella di Sara, ma la mia mano cade nel vuoto.
Dove sono? Questo non è il mio letto, non è la nostra stanza… Sara, dove sei Sara?
Apro gli occhi smarrito e vedo un muro grigio davanti a me, mi alzo a sedere di scatto e il mio cuore si ferma per un attimo.
Sono in carcere, sono in una cella, adesso ricordo, mi hanno portato qui stanotte. 
Sara non c’è più, non si sveglierà mai più accanto a me, Sara è morta, morta per sempre, morta per colpa mia…
Ma come ho potuto addormentarmi, come ho potuto cedere al sonno, come ho potuto?
Come può la mente crollare nonostante tutto, nonostante il dolore, nonostante la pena?
Adesso sono davvero solo, solo con i miei pensieri, solo con il mio dolore e la mia angoscia…
Dentro di me c’è un silenzio spaventoso, un nodo gelido di dolore e di paura: paura di ricordare, di rivedere con gli occhi della mente le immagini dell’altra notte, paura del domani…
O Dio, perdonami, ho paura per il mio futuro, ho paura per i miei domani, io che ho tolto il domani a Sara, io che ho preso la sua vita ho paura per la mia…
Sara, amore mio, perdonami, aiutami, non lasciarmi solo, sono così disperato e angosciato, non abbandonarmi, tu sapevi sempre come consolarmi quando le cose andavano storte, tu avevi sempre un sorriso per me, come farò a vivere adesso?
Dove ti avranno portato, amore mio, tratteranno con rispetto e gentilezza il tuo corpo?
Il tuo viso, come sarà adesso il tuo bel viso, devastato dalle ferite e dalla maschera della morte?
Non ti rivedrò mai più, Sara, non potrò nemmeno darti un ultimo saluto, non mi permetteranno certo di accompagnarti nel tuo ultimo viaggio, lo so, perché io sono un assassino, soltanto un assassino, sono l’uomo che ha tolto la vita alla sua compagna, un uomo che non merita pietà né compassione.
Vorrei disperatamente poter spegnere il mio cervello, fermare i pensieri e i ricordi, calmare il dolore che mi assale a ondate, far tacere nella mia testa la tua voce che grida disperata il mio nome, poter dimenticare il tepore del tuo sangue sulle mie mani, cancellare l’immagine del tuo viso che pian piano trascolora nel pallore della morte…
Sara, amore mio, cosa ti ho fatto?
Come hai potuto, o Dio, permettere che tutto questo accadesse?

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La 1° Corte di Assise di Torino
Visti gli articoli 533 – 535 del Codice di Procedura Penale dichiara
B……… LUCA
colpevole del reato di omicidio volontario a lui iscritto al capo A e lo condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per la durata di mesi sei…

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6 commenti »

  1. Racconto potente e drammatico che si dipana tra smarrimento, rimorso e tenerezza. Con quella domanda finale “Come hai potuto, o Dio, permettere che tutto questo accadesse?” che lacera l’uomo, vittima della sua violenza, dai tempi di Caino. Una domanda che risuona angosciante tanto nei rapporti interpersonali – penso ai molti casi di femminicidio, come nel racconto – quanto nei grandi eventi della storia, come purtroppo registriamo in questo periodo. Complimenti

  2. Ottimo racconto dal punto di vista letterario. Coinvolgente ed emozionante nell’alternarsi dei due punti di vista. Permettimi, però, una critica dal punto di vista umano. Trovo che in qualche modo ci sia una sorta di giustificazione per l’inaccettabile femminicidio. Troppo comodo ascrivere a Dio la responsabilità di una azione così aberrante. Correggimi se sbaglio, offrimi un’altra lettura e sarò ben felice di ricredermi.

  3. Ciao Pasqualina, grazie per il tuo commento. L’invocazione a Dio proviene dal protagonista, non è una mia personale attribuzione, e deriva dalla mia esperienza.
    Mi spiego meglio: per motivi di lavoro ho incontrato molti assassini e, escludendo i pazienti psichiatrici, la cui responsabilità sotto il profilo della capacità di intendere e di volere è grandemente scemata, ho osservato che mentre in alcuni omicidi (killer professionisti, killer psicopatici ma anche assassini comuni con particolari disturbi di personalità) la volontà di sopprimere un altro essere umano è ben definita e chiara nella mente dell’esecutore e non lascia spazio a nessun dubbio e nessuna invocazione, in molti altri casi l’atto compiuto lacera profondamente l’animo dell’omicida, che ha agito in un’escalation emotiva di cui egli stesso fatica a rendersi conto. Non a caso a volte la conclusione è il suicidio del colpevole, nell’immediatezza del crimine o negli anniversari successivi. Ed è a questa categoria di persone che pensavo quando ho scritto il racconto.

  4. Naturalmente avevo capito che l’invocazione proviene dal protagonista, non volevo attribuirla a te. Apprezzo tantissimo il tuo chiarimento e lo condivido. Grazie

  5. Racconto interessante di un femminicidio. Funziona l’alternanza dei piani descrittivi in soggettiva che restituisce su due livelli diversi i pensieri della vittima e del carnefice. Personalmente avrei preferito che il flusso di coscienza del killer fosse più frammentato, meno incline all’elaborazione e più esplicativo del proprio deforme e malato modo di pensare ma l’operazione rimane comunque interessante.

  6. Un’idea interessante, sviluppata con ritmo incalzante (il succedersi dei pensieri dei due protagonisti) e una lettura originale (tra le molte possibili) dei risvolti psicologici e umani del femminicida inconsapevole e della povera, incredula vittima.

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