Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2022″La grande onda di Kanagawa” di Claudia Faenzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Io ho sempre lo zaino in spalla, ma non è una metafora, piuttosto un modo simpatico o per alcuni affascinante per descrivere una deformità, comunque vi dicevo, ci sono proprio nata è un equipaggiamento di bordo, c’è chi ha strani nei, piccole escrescenze invece io ho uno zaino dietro la schiena, lì si depositano tutti i pensieri, i progetti, i desideri, le prospettive e certamente ci si può mettere dentro di tutto, anche oggetti è chiaro; si potrebbe dire che è utile ma io ce l’ho sempre in spalla anche dentro casa, per esempio sul divano non posso starci, appena mi siedo e provo ad appoggiarmi ai cuscini tac eccolo lì che mi spinge sulle scapole e cominciano ad uscirne fuori progetti, dubbi, prospettive, ricordi, insomma di tutto ed è un bel macello allora mi alzo, passeggio un po’, sistemo qualcosa, ci metto dentro un paio di cuscini, qualche oggetto sparso e subito si alleggerisce.
Delle volte è anche comodo, dentro casa intendo, ci si può mettere quel che si vuole senza fare avanti e indietro tra una stanza e l’altra, avete presente no? quando dovete andare a letto e portarvi dietro che so il telefono, il caricabatterie, l’acqua, magari lo spray nasale ed un libro, ecco, mettete tutto nello zaino e vi spostate, è comodo.
Per dormire è semplice, posso stare sul lato sinistro o sul lato destro e addirittura a pancia in giù, però in quel caso devo ricordarmi di riempirlo per bene per evitare di sentirmi schiacciata, oppressa. Ecco oppressa. Si perché più lo zaino è vuoto più si riempie di pensieri, progetti, prospettive, delusioni, speranze… mentre più è pieno di oggetti meglio è, c’è meno spazio per tutto il resto. 
Per cui prima di andare a letto di solito lo riempio di coperte, lenzuola, qualche vestito e subito leggerissima prendo sonno. 
Delle volte però vi dicevo lo zaino mi opprime, delle volte vorrei poterlo togliere, riporlo per poi riprenderlo in occasione di qualche partenza come fate voi con i vostri normali zaini da viaggio e invece no il mio non è mica una cosa che si può mettere via.
Mi capita spesso che mi chiedano “ma proprio non puoi toglierlo?” E allora io sono sempre combattuta perché vorrei rispondere che voi mica vi sfilate le gambe la sera prima di andare a dormire, o le braccia, ecco sono stanco le sfilo, le tiro su un attimo così mi riposo un po’, no.
Però poi penso che non lo potete sapere cosa vuol dire avere uno zaino sempre in spalla e allora finisce che rispondo semplicemente che no, non posso toglierlo, fine della storia.
Luka lo sapeva invece, anche lui aveva uno zaino come il mio.
Ci incontrammo alla stazione di Portogruaro qualche anno fa ed è difficile da spiegare ma è stato chiaro sin dal primo sguardo, avevamo lo stesso zaino e lui aveva uno di quei sorrisi lì, capito no? uno di quelli che vanno bene per innamorarsi oppure per morire.
Luka era solito camuffarlo il suo zaino, lo nascondeva sotto giacche firmate, occhiali griffati e quei sorrisi… che se non l’avessi avuto anche io il suo stesso zaino probabilmente non mi sarei accorta che lo aveva.
Voi ad esempio non vi sareste accorti che lo aveva, però ecco magari non lo avreste mai compreso fino in fondo, le sue insofferenze, le sue stanchezze, le frustrazioni non le avreste mai realmente condivise, mai avreste capito da come incurvava le spalle che aveva bisogno di partire. 
Luka viaggiava per necessità proprio come me ma in fondo avrebbe voluto potersi permettere di non farlo, o quantomeno di scegliere capite? concedersi la possibilità di una vita diversa da quella a cui siamo destinati, una casa magari, un unico obbiettivo di vita magari, un lavoro stabile forse, una moglie e dei figli chissà, una settimana o forse anche un solo giorno senza che lo zaino ricominciasse subito a riempirsi.
Ci capivamo io e Luka, era tutto semplice con lui, però lui il suo zaino lo camuffava, lo nascondeva sotto giacche firmate, occhiali griffati e quei sorrisi… io invece l’ho sempre tenuto bene in vista, ci applico delle spille sopra, qualche adesivo, ad ogni viaggio aggiungo una toppa in più, le scelgo con cura eh, ne ho una con la grande onda di Kanagawa con un grosso sole rosso ed il monte Fuji sullo sfondo, è la mia preferita, me l’ha regalata Luka.
Credo che lui pensasse d’essere l’onda, agitato, tempestoso, in continua lotta con se stesso; in fondo per me poteva essere quel che voleva ché tanto sotto le giacche firmate, gli occhiali griffati e quei suoi sorrisi io comunque riuscivo a vederlo.
Non so dove sia ora.
Sapete, non sempre è semplice ma in fondo credo d’essermi affezionata a questa strana sacca incorporata, credo che alla fine ci si leghi alle proprie stranezze, voi magari avrete il naso un po’ storto, un occhio poco più grande dell’altro, qualche piccolo difetto estetico che nel tempo sarà diventato un vezzo, ecco io ho il mio zaino.
Uno zaino porta pensieri, e anche oggetti chiaro.
È un po’ come un archivio, fisico e non, e si riempie con una facilità indicibile è vero e l’unico modo che ho per alleggerirlo un po’ è appunto partire, prendere il primo treno ed andare, dove non è importante, quel che importa è che se lo si riempie di cose fisiche, oggetti, libri, vestiti, ecco che allora lo spazio per i pensieri diminuisce e lo zaino seppur più pieno pare più leggero.
Più a lungo rimango in un posto peggio è, perché ecco che svuotato degli oggetti di viaggio si riempie di nuovo di pensieri, parole, desideri inespressi e allora capisco che è il momento di ripartire, esco di casa, vado in stazione e parto.
L’importante è che non stia ferma troppo a lungo e che lo zaino sia sempre pieno, che se è pieno è più leggero.
Oggi per esempio erano due mesi che mi trovavo a casa, il peso era diventato quasi insostenibile, mi muovevo lentamente, dormivo male, respiravo a fatica, il senso di oppressione si era fatto insopportabile e si certo lo riempivo di cuscini, coperte, libri, vestiti, ma niente a lungo andare i pensieri trovano il modo di insinuarsi e tra una piega di un abito e l’altra si fanno ancora più pesanti così stamattina mi sono alzata e ho deciso di partire.
Sono in treno verso il nord in questo momento, non ho ancora deciso dove andare, credo però che starò fuori per un po’, sapete così lo zaino pesa meno, è così semplice abituarsi a questa incredibile sensazione di leggerezza. 
Ogni volta che mi metto in viaggio ripenso a Luka.
Non so dove sia ora, quale viaggio stia affrontando o quanto sforzo stia applicando nel reiterato tentativo di restare fermo ma sono convinta che ci rincontreremo un giorno, in fondo io e lui portiamo lo stesso zaino.

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5 commenti »

  1. La metafora dello zaino come contenitore dei nostri pensieri è molto azzeccata, legata all’ idea di viaggio- fuga. E poi è potente il paradosso zaino pieno/ leggerezza. Bella l ‘ idea e anche la scrittura.

  2. Una storia molto delicata, mi hai commossa. Avrei curato un po’ di più la scrittura, abbreviando le frasi e cancellando qualche virgola di troppo, ma nel complesso mi è veramente piaciuto. Complimenti

  3. Mi è piaciuto un sacco, anzi uno zaino! Trovo l’idea geniale, e la suggestione dell’anima gemella raccontata in una descrizione molto chiara. I sorrisi di Luka, me li sono immaginati. Brava!

  4. Alle volte basta un’idea apparentemente semplice per creare una storia che semplice non è. Resta tutto leggero, in un gioco che alterna il peso della vita alla levità dell’anima.

  5. Un’immagine surreale efficace a rendere il peso dei pensieri e delle strategie per liberarsene.

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