Premio Racconti nella Rete 2022 “Lacrime salate” di Ludovica Bertarelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Ho sempre pensato che stare insieme ad altre persone sia stupendo ma non necessario.
Il sabato sera ad esempio preferisco passarlo con i miei amici piuttosto che a casa sul divano a guardare repliche di puntate di cui so le battute a memoria. Ed è così che passai un weekend di luglio con loro a ridere e scherzare sul futuro che ci pareva così spaventoso e tremendamente vicino.
Il nostro gruppo si creò all’inizio di giugno e da lì in poi fummo inseparabili. Se avessi avuto bisogno di supporto loro erano sempre accanto a me a qualsiasi ora del giorno, ogni nostra serata passata insieme era il nuovo giorno più bello della mia vita, avendola trascorsa a cantare a squarcia gola e ballando come se la notte fosse infinita. Facemmo i bagagli e prendemmo il treno, il viaggio non era lungo, soltanto qualche ora nella quale dormimmo tutti quanti, uno accanto all’altro sopra sedili consumati dagli anni e affianco a finestrini sporchi dalle impronte di mani sconosciute.
Stavo in dormiveglia quando sentì Leo scuotere ognuno di noi urlando:
– Sveglia ragazzi! Siamo arrivati finalmente, su Fede, non vorrai passare il fine settimana più bello della tua vita su questo treno mezzo andato, – disse mentre si metteva lo zaino in spalla e spostava dal viso i suoi ricci scuri che gli ricadevano sempre sopra gli occhi.
Incrociai il suo sguardo nel quale rimanevo paralizzata ogni volta, sentendo un’ orchestra nello stomaco che non riuscivo a gestire, non so cosa potesse pensare lui di me e non m’importava più di tanto, era certo che non ci sarebbe stato di più di quello che eravamo, quindi io mi limitavo a osservarlo e a viverlo.
Ridevamo spesso e succedeva anche solo guardandoci per pochi istanti e se gli dicevo qualcosa che mi divertiva, lui rideva a sua volta, con una risata buffa e acuta dalla quale poi non riuscivo più a pensare ad altro se non a quel suono che si insinuava nella mia testa e mi faceva continuare a sorridere finché dagli occhi non uscivano lacrime salate che mi asciugava con un fazzoletto che puntualmente teneva sempre in tasca per evenienza.
– Abbiamo capito Leo, ora stattene un po’ zitto per l’amor del cielo – rispose Alice, alzandosi e facendo da guida verso l’uscita. Scendemmo e il sole ci batteva caldo sul viso, il profumo del mare dentro le nostre narici e l’eccitazione che pulsava forte dentro il petto come se fosse la prima volta sulle giostre da piccoli.
La casa non era molto distante dalla stazione, quindi proseguimmo a piedi. Non era grande quanto ci aspettassimo ma nessuno si lamentò, qualcuno di noi iniziò a disfare i bagagli e altri nel frattempo si occupavano di preparare la cena. Tutto questo avveniva tra canzoni e risate e con Cesare che suonava alla chitarra una melodia allegra.
Andai fuori in balcone pensando a quanto fossi felice in quel momento e iniziai a buttare su carta ogni mio pensiero, quando mi dovetti però fermare perché sentì una voce stridula chiamarmi.
– Ade, dai basta scrivere, vieni a tavola che è pronto – disse Martina parlando a strappi per il solletico che le stava procurando Matteo.
Mangiai l’ultimo boccone e mi sentì scoppiare come un palloncino troppo gonfio, quindi mi slacciai il bottone dei pantaloni di jeans sentendo subito sollievo.
Uscimmo di casa tardi e ci dirigemmo da una lunga stradina fatta di ciottoli a un piccolo pub della città con lucine calde che penzolavano da un lato all’altro del soffitto e piante verdi e rigogliose ogni tre metri.
Arrivati, ci accolse un vecchio signore con una camicia hawaiana e una folta barba bianca che ricordava una soffice nuvola e un sorriso dolce sul volto.
– Cosa posso portarvi miei cari? – disse con una voce sorprendentemente profonda. Ordinammo da bere e rimanemmo lì per un po’ parlando di tutto e di niente. Era una serata calda e senza pensarci corremmo come in spiaggia, spingendoci e cadendo ripetutamente a tal punto che dovemmo trasportare Martina come se fosse distesa su una barella per poi buttarla nell’acqua scura e luminosa del mare, dopodiché Alice salì sulle spalle di Fede e io su quelle di Leo e cominciammo una battaglia nell’acqua che terminò con la nostra sconfitta. Pian piano, fradici e frastornati tornammo a casa, impiegando almeno mezz’ora per introdurre la chiave nella serratura. Entrati, la maggior parte se ne andò direttamente a letto, io e Martina restammo fuori guardando il paesaggio ognuna su un divanetto diverso ma vicini tra loro, meditando su tutti gli eventi accaduti, poco dopo ci raggiunsero Alice e Leo.
Stavo fumando e Leo per fare qualche tiro si sedette accanto a me, mi appoggiai sulla sua spalla e lui chinò il capo sopra il mio, ero stravolta ma non avevo nessuna voglia di dormire quindi mi sdraiai sul divanetto, misi la testa sulle sue ginocchia osservando il fumo che usciva lentamente dalla sua bocca, mi si stavano chiudendo gli occhi quando Leo si scostò e si mise in parallelo al mio corpo, con un suo braccio che mi faceva da cuscino e il suo calore da coperta. Sentivo la luna illuminarci e per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentivo al sicuro. La mattina seguente ci sedemmo tutti a tavola ancora stanchi dalla sera precedente, rimanemmo in silenzio mentre ci gustavamo delle fette di pane tostato con sopra uno strato leggero e roseo di marmellata. Passò molto in fretta il pomeriggio trascorso alla spiaggia, facendo a turni per usare il pedalò e a prendere il sole.
Stavo leggendo il giornale, il quale informava che la settimana scorsa una ragazza fu scippata proprio in centro città, per fortuna aveva solo pochi soldi dentro la borsa e per lo più piena di foto con amici e mappe geografiche della regione, quando lo misi giù il sole stava già calando e vidi Cesare avvicinarsi.
– Andrea è su a preparare la cena, gli altri si stanno facendo la doccia qui negli spogliatoi, io non ho toccato acqua, te che fai? Ti dai una sciacquata o sali con me? – disse accennando un sorriso bianco che faceva contrasto con la pelle arrossata dalla giornata afosa.
– Dammi cinque minuti e ti raggiungo, mi do giusto una rinfrescata, aspettami al bar, – risposi, mentre ritiravo la crema solare e il berretto nella borsa. Mi diressi verso le docce e sotto l’acqua fresca tanti pensieri mi vennero in mente che furono interrotti da una voce familiare, era Leo, lo vedevo nervoso.
– Ade, insomma a cosa pensi sempre? E’ la quinta volta che ti chiedo se hai lo shampoo – concluse ridendo, dentro di me una risposta breve e diretta sarebbe voluta uscire e dirla in faccia a lui, a te, penso costantemente a te, a quando sei nervoso e ti mangi le unghie, quando sei triste che tieni la testa china per non far vedere agli altri le lacrime che ti riempiono gli occhi, oppure quando sei felice, arrabbiato, pensieroso ma mi limitai a un’altra risposta.
– No Leo, non ho lo shampoo mi spiace – risposi, affrettandomi a chiudere il rubinetto e raggiungere Cesare.
L’ora di uscire dopo la cena arrivò subito, andammo al solito pub, trascorremmo lì la serata quando poi decidemmo di andare a vedere la luna in un punto della città un po’ più alto che quasi nessuno conosceva, arrivati in quel posto il cielo ci pareva così vicino da poterlo toccare, era tutto magnifico se non che a un certo punto un uomo alto e scuro nell’ombra si avvicinò subito a Martina rubandole la borsa, Leo senza pensarci lo rincorse in mezzo al buio. Non vedevamo più nessuno dei due, Andrea prese il telefono dalla borsa per chiamare la polizia quando sentimmo un forte, rapido, diretto colpo di pistola.
Credo che nessuno abbia mai corso così veloce come noi facemmo quella sera per raggiungere Leo.
Lo trovammo disteso per terra con la borsetta vuota accanto e la maglia bianca, che gli era stata regalata qualche giorno prima per il suo ventesimo compleanno, intrisa di un sangue rosso scuro come una rosa regalata da una persona speciale.
La vita per me è come se fossimo tutti quanti su un filo, così sottile da sembrare trasparente, sulla quale ognuno di noi è sopra con una corda legata al collo, e c’è chi decide di buttarsi giù da questo filo, a volte capita e non provo vergogna per le persone che lo fanno, se lo fanno è perché non hanno trovato qualcosa in questo mondo e quindi lo cercano in un altro. Lo sapete cos’è? La speranza. Perché finché c’è la speranza ci sei anche tu ma una volta che pure questa muore, muori pure tu.
Invece a volte è la vita a decidere, è la vita a piombarsi dietro di te e spingerti giù dal filo. Ma nessuno oltre la vita o te stesso può decidere di mettere fine alla tua esistenza, ai tuoi sogni e progetti. Invece questo è proprio quello che successe a Leo che vedendomi piegata su di lui, inondandolo di lacrime salate tirò fuori un fazzoletto e me lo porse sussurrando a basa voce:
– Sei sempre stata bellissima quando piangevi –
Sentì che con l’ultima parola cessò anche di respirare.
Forse per una volta la vera necessità era rimanermene a casa, passando del tempo con me stessa, visto che ora senza di lui non riesco a fare altro.
Ho sempre pensato che stare insieme ad altre persone sia stupendo ma non necessario.
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