Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2022 “Tamamo” di Marco Molendi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Si trattava di una pietra di basalto nero, un blocco irregolare dalla forma quasi a goccia che stava, insieme a molte altre sue simili, su una collina ex-vulcanica nella prefettura di Tochigi, in Giappone.

Sebbene fosse una pietra come tutte le altre, assolutamente non lo era. Lo stava spiegando Keiko, la gentile guida turistica locale con la sua divisa gialla tenuta alla perfezione e il suo immancabile accento marcato, alla piccola massa di stanchi turisti arrivati in loco. Stanchi, sì, perché la collina l’avevano risalita a piedi rimirando perlopiù paesaggi naturali e facendosi foto vicino ad eventuali tempietti et similia, sarebbero andati ancora più in su per vedere il tramonto dalla cima quindi avevano perfino un briciolo di fretta, nel paese del ‘sol levante’ comunque il Sole calava senza aspettare i comodi dei turisti anglofoni.

Così la donna spiegava rapidamente:”Qui si dice che risieda l’anima di Tamamo no Mae, incarnazione mortale del temutissimo demone noto come ‘volpe a nove code’ che venne uccisa dai samurai quasi mille anni or sono” era abbastanza meccanica nell’esposizione; ma disponibile alle domande così una signora australiana col cappello di paglia a tesa larga chiese indicando:”Perché è recintato? Va bene che è magico; ma è un sasso” esibendo così il suo rispetto per la cultura altrui. In effetti attorno alla pietra in questione c’erano quattro paletti che sostenevano altrettanti cordoni di un bianco quasi immacolato, tradizionalmente usate dai monaci per sigillare le strutture mistiche:”Gentile signora: è per la sua salvaguardia! Lo spirito di Mae resterà imprigionata lì dentro per mille anni; ma se riuscisse a nutrirsi di un anima scapperebbe anche prima del tempo. Toccare la pietra equivale a morte certa! Per questo è recintata” spiegò Keiko con un tono serio che venne ampiamente sottovalutato. Due foto e qualche risatina dopo il gruppo riprese a camminare verso la sua meta.

E’ qui che nella nostra storia entra in gioco Jean, una ragazza francese decisamente carina che guadagnava bene girando il mondo e facendosi video che postava regolarmente su internet. ‘JeanAllAround’ era il nome del suo canale ed andava insperatamente bene, forte anche della simpatia della sua creatrice.

Spesso la gioventù si accompagna anche ad una certa spregiudicatezza che inoltre, nell’ambito dello spettacolo, paga sempre. Jean si finse stanca e si sedette (diciamolo pure, si nascose dietro un solitario albero) da una parte aspettando che il gruppo ripartisse solo per fare un video col suo cellulare. Successivamente avrebbe aggiunto una introduzione, un montaggio, una musica da film di fantasmi; ma per ora si limitava a riprendersi gli scarponi mentre scavalcava lentamente il cordone sacro e si avvicinava alla pietra lavica che, forse a causa della sua età, presentava le prime piccole crepe alla sua base. Zoom sulla mano che si avvicinava esitante, poi primo piano:”Se muoio lascio tutti i miei like al canale di mio fratello!” esclamò ammiccando prima di salutare e poi toccare la pietra con il palmo.

A quel punto si bloccò di colpo, ebbe un sussulto e si mise ad urlare. Le grida si sollevarono forti in quello spazio di collina desolato e poi scemarono gradualmente. La mano elegante si sollevò e si mostrò all’inquadratura leggermente sporca di fuliggine:”Paura eh? Si vede che al demone millenario non piace la cucina francese! Mettete via i fazzoletti, non sono morta neanche stavolta!” esclamò, poi fece l’occhiolino e chiuse la registrazione: anche quello spezzone era completato. Stava riordinando le sue cose quando sentì un piccolo guaire, un pigolio microscopico da dietro di lei:”Mh?” si chiese voltandosi, c’era qualcosa che grattava vicino alla pietra e la incuriosì. Con calma si accovacciò per guardare meglio e vide, attraverso la crepa nella roccia, un occhio verde dal taglio verticale. Questa improvvisa comparsa le fece davvero paura e cadere seduta prima di riprendersi:”Che cosa?” si chiese guardando meglio. Qualcosa scavava sotto il basalto ed erano zampe. Non sembrava il mostro del mito; ma più un gatto in verità:”Sei un micetto?” chiese curiosa:”Come cavolo ci sei finito lì?”

La risposta fu un disperato:”Gni!” e un continuo grattare; ma sembrava non avere la forza di scavare la terra con risultati decenti. Per sua fortuna però c’era Jean:”Aspetta stupido” disse avvicinandosi:”Magari dovrei fare un video:’Jeansalvaigattini’ nuova rubrica!” realizzò. Poggiò quindi il telefono al suolo da una parte e lo accese prima di mettersi all’opera gattonando ai piedi della pietra:”Non mi graffiare eh, già mi rovinerò le unghie per te…” ammoni prima di mettersi a scavare la terra alla base del piccolo monumento, spostando anche un bel po’ di pietrisco, parte del quale leggermente affilato, troppo:”AH!” esclamò ritraendo un polpastrello ferito dal quale stillava una singola goccia di sangue e che, senza pensare, portò tra le labbra.

“GNI!” chiamò ancora l’animale e lei sospirò:”Eh, ‘gni’ un cavolo, mi sono fatta male. Stai indietro” e sospirò meno entusiasta di prima; ma aveva aperto un piccolo buchetto e lì fece capolino il muso dell’animale.

Non era un gatto, aveva la testa triangolare e il musetto affilato, ricoperto da una pelliccia di un rosso focato particolarmente bello. Si premette schiacciando il capo contro la fessura; ma non bastava ancora per uscire.

“Sei un cane?” domandò lei insicura:”Un cagnolino direi, ora ti faccio uscire poi mi spieghi come sei finito dentro una pietra: c’era una pallina?” e si avvicinò per scavare di più il buchetto, stavolta anche in larghezza. L’animale uggiolava e si dimenava per uscire poi, con l’aiuto di lei, alla fine ci riuscì. Era più grande di un gatto e aveva grandi orecchie triangolari oltre ad una gonfissima coda pelosa dalla punta bianca:”Che cane strano che sei!” esclamò Jean divertita e ignorante, al punto da non riconoscere una volpe. Ragazzi di città, capita che non abbiano mai visto animali relativamente comuni e se ne stupiscano incontrandoli dal vivo. Perfino la bestia la guardò con sufficienza tirando le orecchie indietro:”Gneh” commentò a mezza bocca:”Allora?” chiese la francese:”Un po’ di gratitudine non usa nel sol levante?” allargando le braccia.

L’animale non se lo fece ripetere due volte balzandole al petto guaendo agitatamente, emettendo una serie di corti versetti sgraziati:”Eh, non sarai mai una cantante” commentò lei alla quale arrivò il primo colpo di lingua sul mento:”Hey!” poi il secondo:”Buona, buona!” però non era così infastidita come fingeva di essere, anzi iniziò a sorridere e poi ridere. La manifestazione di affetto era genuina e incontenibile, la volpe saltellava dal suo petto per leccarle il viso in una pioggia di ‘baci’, come molti li definirebbero, mentre lei rideva. La sua voce era argentina e allegra, la bocca si spalancò non contenendo il divertimento e l’animale colse al volo l’occasione infilandoci il muso dentro.

Occhi azzurri si sgranarono di colpo mentre emetteva un verso soffocato. Le mani afferrarono la bestia per le spalle cercando di allontanarla mentre questa si spingeva in avanti. Jean cadde indietro tirando; ma la bestia le strisciava tra le dita lasciandole afferrare solo ciuffi di pelo e sparendole nelle fauci centimetro dopo centimetro; la stava violando in un modo impossibile, la sentiva lungo la gola e non riusciva a respirare. Gli occhi si riempirono di lacrime, il volto divenne paonazzo. disperatamente tentava di afferrare e tirarla via, provò anche a colpirla con una specie di pugno maldestro; ma la bestia le avanzò addosso graffiandole il petto con le corte unghiette e alla fine anche la vaporosa coda le spari tra le labbra sottili.

La giovane cadde al suolo, ebbe dei sussulti, spasmi violenti mentre sbavava e agonizzava ad occhi serrati, poi si bloccò e trovo la quiete.

Rimase morta nove secondi esatti, quindi gli occhi si aprirono. L’azzurro venne invaso da inchiostro verde, le iridi si strinsero con un taglio verticale e tutto fu di nuovo perfetto e funzionale, al punto che riprese a respirare. Si tirò seduta con fatica, emise un piccolo colpo di tosse e poi si alzò in piedi, si ripulì la maglietta dalla terra e constatò i graffi su di essa con una smorfietta, quindi scavalcò i cordoni sacri avendo buona cura di non toccarli:”Una volpe, ragazzina, non un gatto” disse, poi sospirò:”Sono stata più bella di così; ma pazienza” sorrise sottile e determinata allontanandosi da lì. Alle sue spalle la pietra basaltica subì un tracollo totale e si spezzò in due, la parte superiore cadde a lato rovinando sul cellulare ancora al suolo, frantumandolo.

Il giorno dopo, su molti notiziari di costume, si parlò di come la pietra millenaria che conteneva il demone a nove code, Tamamo No Mae, si fosse infranta più o meno cento anni prima del previsto ipotizzando che il demone fosse ora in libertà; ma era solo una credenza popolare sul quale fare qualche meme.

Jean DeLaCroix è tornata a casa tre giorni dopo, sebbene le sue abitudini siano cambiate radicalmente, sembra che chi la conosca non abbia potuto fare a meno che definirla:”diabolicamente ammaliante”.

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