Premio Racconti nella Rete 2022 “La bellezza salverà il mondo” di Stefania Magnani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Portava sempre maglie larghe per i due bozzi che aveva sotto le scapole. Se per caso qualcuno li notava, magari al mare, raccontava che era una piccola malformazione della gabbia toracica. Solo che non era una malformazione e non era neanche piccola: erano le sue ali. Quando decideva di spiegarle, si stiracchiavano fuori dai bozzi e diventavano grandi quanto lei. Quando invece non voleva usarle, si ripiegavano e si rattrappivano come quei borsoni da viaggio di nylon che si appallottolano e si mettono in tasca.
La cosa bizzarra è che non ci era nata con quelle ali. Erano spuntate più o meno quando aveva sedici anni. Voleva così tanto scappare da quel vicolo in cui l’avevano intrappolata quei ragazzi – la prendevano in giro, chissà, forse l’avrebbero anche picchiata – che alla fine era volata via. La famiglia si era poi trasferita e la storia era finita lì. Ma meglio non correre rischi, meglio tenerle ben nascoste quelle ali. Se fosse diventata un fenomeno da baraccone o una cavia da laboratorio? Eppure come resistere al volo, quando ormai sapeva di poter volare? Era passato qualche anno e ormai aveva imparato a usare per bene le sue ali. Bastava cercare un posto appartato, magari in campagna, stiracchiarle come faceva con le braccia al mattino appena sveglia e poi via, eccola che sfrecciava su in cielo, con l’aria che le fischiava nelle orecchie e poi giù in picchiata verso le cime degli alberi e ancora su ad adagiarsi su una corrente di aria tiepida, facendosi cullare come in una vasca da bagno.
Come rinunciare a vedere il cielo attorno farsi rosa ed essere parte di quello spettacolo, non solo spettatrice? Vedeva il mondo degli uomini che si rimpiccioliva. Era così meschino tutto quel correre e affannarsi, visto da quell’altezza. Era diventata più uccello che donna? All’inizio, a volte chiedeva: “Nonna, cosa sono diventata? Un mostro?”. La nonna era l’unica che poteva toccarle le ali e le piaceva accarezzargliele. Passava le mani avvizzite sulle penne bianche e lisciandole le rispondeva: “No, non sei un mostro. Sei un angelo. Ma bisogna stare attenti, amore, le persone hanno paura di quello che non capiscono. E una persona che ha paura può fare ogni cosa”. La nonna aveva avuto la sua parte di tribolazione per colpa della paura della gente. Viveva in un paesino arretrato e bigotto. Strega, la chiamavano spesso quando era ragazza, abitava da sola e da sola si arrangiava come poteva, prima che arrivasse il nonno e se ne andassero insieme. Adesso se n’era andata via in un altro modo, portata via da un brutto male. Le mancava il brivido che le pizzicava la schiena quando le accarezzava le penne. Nessuno gliele aveva più lisciate. Quando si guardava allo specchio, le sembravano così belle le sue ali: erano forti, grandi, aerodinamiche e le penne erano lisce, perlacee.
“Se è vero che la bellezza salverà il mondo perché devo nascondere qualcosa di così bello?”
Ci stava pensando anche quel giorno quando si lanciò verso il cielo e non si accorse che non era sola. Degli uomini l’avevano vista, forse braccianti stagionali, forse solo gente che bivaccava in campagna in mancanza d’altro. Se li trovò davanti quando atterrò per riprendersi le sue cose: i capelli erano scarmigliati e le guance e gli occhi accesi dal volo. L’espressione aveva acquistato qualcosa di ferino per l’adrenalina che le pompava nelle vene, le braccia e le mani un po’ sporche di sangue perché si era ferita sfrecciando troppo vicino agli alberi. Restò immobile, non riusciva a parlare, era spaventata. Ma quelli le sorrisero. E a lei tornò in mente la nonna: “Sei un angelo”. Forse non doveva aver paura, in fondo non aveva fatto nulla di male. Anche il suo aspetto disordinato si poteva spiegare, nessuno sarebbe ben pettinato dopo un volo del genere. Sorrise di rimando, ma più che un sorriso le uscì una smorfia. Le labbra erano addormentate ed esangui per il freddo che le aveva frustato il viso in volo. Sentì lo schiocco, prima del dolore. Qualcosa era andato in pezzi sulla sua schiena. Il grande osso cavo di un’ala si era schiantato con un rumore secco, sotto al colpo della pietra che l’aveva raggiunta alle spalle. Poi le arrivò il dolore sordo, mentre l’ala destra penzolava verso terra, strisciando sul terreno e insudiciandosi.
Fece in tempo a vedere gli sguardi infervorati e le urla “Mostro! Strega!”, uscire da quelle bocche. I brividi che le correvano sulla schiena non erano più di piacere, era dolore lancinante, era paura. Stai attenta, se cerchi di correre così impaurita inciamperai nelle ali, farai peggio. Un colpo a una spalla scoperta, a una natica, a un polpaccio. Un disco di fuoco le corre impazzito su e giù dalla colonna vertebrale, perché ormai non capisce dove sente male, sono troppi i colpi. Un altro schiocco, un altro osso andato. “Ma perché, cos’ho fatto?” vorrebbe chiedere, ma si copre la testa, con le braccia, una pietra la raggiunge nella pancia, cade. Non sente le urla, non sente gli insulti, non li vede avventarsi su di lei, c’è solo un fischio acuto che le perfora i timpani, solo quello. Quello e il disco di fuoco che corre all’impazzata su e giù lungo la schiena e l’odore della terra nel naso e il sapore di ferro e sale. Le ali ormai sono una poltiglia sanguinolenta di terra e penne. Si stringe più forte la testa fra le braccia. Se ne esce non lo farà più, non volerà più. Vorrebbe prometterlo a quelle bestie. Se la lasciano andare non volerà più. “La bellezza salverà il mondo, nonna?”. C’è silenzio finalmente, forse se ne sono andati via.
“La bellezza salverà il mondo, nonna?” eccolo, quel brivido tiepido lungo la schiena. “Non questo mondo, bambina mia”.
Devo essere sincero, ho sperato nel “bene” fino alla fine. Ma, come racconti, non sempre è così.
Un racconto perturbante, si apre don dolcezza, finisce in crudezza. Una visione dell’umanità senza speranze, come forse i tempi attuali ci portano a credere. Ma compito della letteratura non è dare speranza, né tantomeno illudere, quello lo fanno le favole, piuttosto trasformare l’orrido in bellezza. E questo è un bel racconto.
Grazie di aver letto e commentato, Nicola, spero che ti sia piaciuto lo stesso