Premio Racconti nella Rete 2022 “Favola della buonanotte ai tempi del coronavirus” di Rossella Porzano (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, una Principessa con il corona …“Ma no, sbagli! Non si dice IL corona, si dice LA corona!”. Purtroppo non sbaglio, questa Principessa aveva IL coronavirus, una malattia. Anzi, per dirla in modo corretto, il coronavirus era un tipo di virus che causava una malattia molto contagiosa. Questa malattia si chiamava COVID-19, un nome che suonava misterioso tanto quanto era misteriosa la malattia stessa, perché in alcuni casi le persone non si accorgevano neanche di essersi ammalate e sempre senza accorgersene, guarivano. In altri casi, invece, le persone stavano male, a volte tanto male da morirne. La Principessa era distesa sul letto e faticava a respirare, sembrava senza vita. Si trovava nella torre più alta di un castello in riva al lago, isolata da tutti per non contagiare i cortigiani. Solo la Regina le stava accanto e si prendeva cura di lei. Il Re, invece, si era spinto ai confini del regno nel tentativo di fermare l’avanzata del coronavirus, ma invano perché si trattava di un nemico invisibile. Era formato da un fantastiliardo di particelle così piccole, ma così piccole, che non si riusciva a vederle. E non visto, questo temibile esercito di particelle ogni giorno conquistava più terreno, infettando nuove persone.
Volete sapere come faceva? Le particelle di una persona malata si mettevano a cavalcioni delle goccioline del suo respiro e si divertivano a spostarsi sulle persone sane, volando nell’aria. Si insinuavano nella bocca e nel naso di chi si trovava anche solo ad un metro di distanza e così facendo lo contagiavano . Le persone cominciarono ad essere sospettose le une delle altre, nessuno si voleva più avvicinare ad un altro, figurarsi abbracciare un amico, bere dalla stessa coppa, baciare una persona cara!
Poiché il malefico virus era inarrestabile, il Re decise di inviare un messo al castello per proclamare un bando. “Udite, udite, in nome del Re, per proteggersi dal coronavirus, ognuno deve rimanere chiuso nella propria abitazione e non far entrare nessuno, fino a scampato pericolo. Solo un componente della famiglia potrà uscire per procurarsi cibo e pozioni curative, ma potrà farlo solo indossando una maschera che protegga se stesso e gli altri dal contagio” . Così nella tristezza desolata di un paese semideserto ed immobile, svuotato da ogni operosa attività, si aggiravano poche sparpagliate persone, coperte da maschere di ogni tipo che, oltre a camuffare i lineamenti nascondevano volti trasfigurati dalla tristezza e dalla paura.
Altri messi a cavallo furono inviati ai quattro angoli del mondo (all’epoca qualcuno ancora dubitava della sfericità della Terra) per mettere in guardia tutte le genti dal pericolo del coronavirus e nella speranza che qualcuno riuscisse a trovarvi rimedio. Appena gli giunse voce che la Principessa del lago era in fin di vita, il Principe Azzurro non esitò un istante e prontamente partì alla volta del castello del lago. Era fiducioso che il suo bacio d’amore avrebbe risvegliato la sua amata dal torpore della malattia. Per tutta la notte, volò in groppa al suo destriero fatato attraverso boschi e foreste, altipiani e pianure, lande e deserti, finché all’alba giunse in riva al lago e si trovò di fronte il castello, ancora avvolto nel silenzio del sonno dei suoi abitanti. Bussò ripetutamente e finalmente udì una voce attutita che proveniva dalla guardiola sprangata : “Non apriamo a nessuno per ordine del Re. Andatevene!” . A nulla valsero le sue accorate proteste e i suoi tentativi di persuasione, il portone rimase sbarrato. Così il Principe Azzurro, sconsolato, impugnò le redini e fece ritorno. Poi fu la volta di Sir Lancillotto, il prode cavaliere della Tavola Rotonda di Re Artù, che tante donzelle aveva tratto in salvo da pericolosi frangenti. Senza indugio, lasciò la brughiera britannica per tentare di liberare la Principessa dal coronavirus. Cavalcò ininterrottamente per giorni e notti, attraversò luoghi ostili, dovette affrontare draghi sputafuoco, incantesimi e malefici, ma continuò ad avanzare con coraggio fino alla meta. Ciò nonostante neanche a lui fu concesso di entrare. Persino il sagace Aladino, dal lontano Oriente, volle cimentarsi nell’impresa. Una notte delle Mille e una Notte, balzò sul suo tappeto volante e, facendosi trasportare dal vento, ricamò ghirigori nei cieli a pecorelle e abilmente planò proprio davanti al castello. Sfregò con foga la sua lampada magica, fino a farla brillare in tutto il suo splendore, ma questa volta, il Genio non uscì per esaudire il suo desiderio di far scomparire il virus malvagio.
Intanto, all’interno del castello, nel salone che un tempo era stato teatro di sontuosi ricevimenti, gli Anziani si scervellavano per trovare una soluzione. Erano sfiniti perché non riposavano ormai da molte notti . Ad un tratto il più anziano tra gli Anziani esclamò: “Chiediamo udienza al Mago di Oz”. “Ma lo sanno tutti che il Mago di Oz non è un vero mago !”, proruppe l’Anziano che gli stava accanto. Dopo un attimo di smarrimento, seguì un ponderato sciorinare di autorevoli nomi e relative considerazioni. Chi proponeva Albus Silente per poi ricordarsi che non poteva usare i suoi poteri nel mondo dei Babbani, cioè degli Uomini. Chi pensò alle Fatine della Bella Addormentata, ritenute esperte in questo genere di cose, ma sicuramente troppo deboli contro il coronvirus. Allora perché non la Fata Madrina? Dimenticava sempre le formule magiche, tant’è che la chiamavano anche Fata Smemorina|! Forse il Mago Merlino? No, troppo vecchio e stanco…Ma allora chi? Alla fine convennero di rivolgersi alla Fata Turchina, perché aveva saputo trasformare un burattino di legno in un ragazzino pieno di vita. Detto fatto, gli Anziani si misero in circolo e sommessamente cominciarono a recitare arcane formule magiche. Non passò neanche un minuto che comparve la Fata Turchina. “Illustri Anziani, in verità, il merito è tutto di Pinocchio, che ha dato ascolto a me e in special modo al Grillo Parlante, la cui saggezza vale molto di più dei miei poteri magici. E’ dunque il Grillo Parlante colui che potrà esservi di aiuto”. Ciò detto, sparì. Questa volta passò una lenta mezz’ora, durante la quale gli Anziani rimasero in silenziosa attesa, pensando di vedersi comparire innanzi il Grillo Parlante, per il solo fatto che fosse stato nominato. D’improvviso il più anziano tra gli Anziani, sollevò il capo e disse: “Il Grillo Parlante è già con noi, perché è la nostra coscienza e, in coscienza, io dico che l’unica soluzione che ci potrà salvare è ricorrere all’Assemblea degli Uomini di Scienza”. In quella un gaio cri-cri di assenso risuonò nella sala. Sollevati per aver intravisto una soluzione e soddisfatti dell’approvazione del Grillo Parlante, tutti gli Anziani si apprestarono ai loro scrittoi. Con penna e calamaio, ognuno di loro scrisse una missiva indirizzata ad un Uomo di Scienza. Poi, con un nastro, fissarono la propria pergamena alla zampa di un piccione viaggiatore e gli sussurrarono la via da percorrere per giungere a destinazione . Lo stormo prese il volo e gli Anziani rasserenati andarono finalmente a riposare.
Trascorsero lunghi mesi, durante i quali a volte prendeva sopravvento la paura ed altre la speranza. Finché un mattino, l’Assemblea degli Uomini di Scienza si presentò al completo alla porta del castello. “Aprite! Dopo tanta ricerca e numerosi esperimenti, forse abbiamo trovato il rimedio per sconfiggere il coronavirus”. Non vi dico l’emozione! Il custode li fece subito entrare. Non si potevano scorgere i loro volti per via delle maschere, ma su queste erano dipinti sorrisi, perché erano portatori di speranza. Vennero guidati su per la torre più alta , dove sul suo letto a baldacchino, giaceva la Principessa esanime. Uno tra gli Uomini di Scienza porse alla Regina un’ampolla di liquido scarlatto. Questa, con mani tremanti, la avvicinò alla bocca della Principessa, inclinandola leggermente. Non appena una goccia di fluido rubino si posò sulle sue pallide labbra, come per incantò, ella spalancò gli occhi e sorridendo abbracciò la madre. Era guarita. Fra lacrime di gioia tutti esultarono e volevano abbracciarsi, ma il più erudito fra gli Uomini di Scienza esclamò: “Fermi! Il pericolo non è ancora scongiurato, non tutti possono guarire solo con la pozione curativa, come è accaduto alla Principessa. Non possiamo ancora avvicinarci, prima dobbiamo usare il secondo rimedio che abbiamo trovato”. Così dicendo, estrasse dalla sua sacca un’altra ampolla molto più capiente e aggiunse: “Questa non è una pozione curativa, è un ritrovato che dovrebbe proteggere dal contagio della malattia o almeno dai suoi effetti più gravi. Viene chiamato vaccino. Orsù, andiamo di casa in casa ad offrirlo a tutti ”.
La Regina ordinò al Primo Ministro di organizzare la distribuzione del vaccino per tutto il reame. Inoltre comandò che fossero inviati convogli carichi delle preziose ampolle in ogni dove, per raggiungere tutti gli abitanti della Terra. Quando anche l’ultima persona ebbe ricevuto il vaccino, nel cielo risuonò un potente squillo di tromba. In men che non si dica tutti uscirono dalle proprie case e si riversarono nelle piazze, esultando, ballando ed abbracciandosi gli uni con gli altri, anche se non si conoscevano. La gioia era incommensurabile. Nel contempo però, furono attraversati da un profondo sentimento di dolore per i molti che non erano sopravvissuti. Vi furono giorni di raccoglimento in ricordo delle persone care scomparse, chi pregava, chi piangeva chi con un mesto sorriso raccontava di quando erano state in vita. Ognuno, a suo modo, rese onore a chi non c’era più. Poi, iniziarono i festeggiamenti per celebrare la gioia di vivere.
Tanti si misero in viaggio per ricongiungersi coi propri cari che il coronavirus aveva separato. Il Re fece ritorno, con tutto il suo esercito e pianse di felicità riabbracciando la sua diletta figlia e la consorte. Arrivò anche il Principe Azzurro, con un seguito di buffoni e giocolieri, funamboli e saltimbanchi, paggi e cavalieri che recavano preziosi doni per la sua amata. Finalmente poterono riabbracciarsi e convolare a nozze e, come in ogni favola che si rispetti, tutti vissero per sempre felici e contenti. E con tutti, intendo dire proprio tutti: tutti i cortigiani, tutti i sudditi del reame e tutti gli abitanti della Terra intera!
Volete sapere come fu possibile? Gli Uomini di Scienza spiegarono che nell’ultimo secolo gli Esseri Umani avevano continuamente maltrattato la Terra. Avevano abbattuto gli alberi delle foreste, avvelenato le acque dei fiumi e dei mari, insozzato ogni luogo e appestato di fumi mefitici tutti i cieli. Per questo motivo, Madre Natura, sfinita da questa devastazione, si era ribellata, generando il coronavirus, che aveva decimato l’umanità. Tuttavia, conclusero gli Uomini di Scienza, questo flagello non voleva essere un castigo definitivo, ma piuttosto un monito affinché gli Uomini ricordassero di non ripetere gli stessi errori. Perciò tutti impararono a rispettare Madre Natura che, come aveva sempre fatto, riprese ad elargire i suoi meravigliosi doni: il dolce tepore del sole primaverile velato da brezze leggere; il benefico calore sui campi di grano assolati; la frescura della pioggia leggera fra le foglie dorate e il freddo pungente della neve a Natale. E con l’alternarsi delle stagioni, regalò agli Uomini cieli limpidi, acque trasparenti e foreste lussureggianti; una moltitudine di animali che sguazzavano e scorrazzavano nei loro habitat ritrovati e sciami di api industriose che, svolazzando di fiore in fiore, rigeneravano di anno in anno la vita sulla Terra.
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Bellissima fiaba, ricca di significati per i bambini e al tempo stesso capace di donare la speranza che prima o poi tutto possa tornare ad essere com’era prima.
Grazie moltissime Primula 🙂
Bella fiaba, educativa, da leggere nelle scuole.
Grazie molte
Molto bella l’idea di coinvolgere i personaggi di altre storie! Brava.
Antica fiaba classica per parlare di una pandemia moderna Bella la fantasia d ‘inserire tanti personaggi
di fiabe completamente diverse. Originale .Brava
Grazie molte Federica e Eugenio 🙂