Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2022 “Lili Marleen” di Isabella Ciuca

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Vor der Kaserne,

Vor dem großen Tor

Steht ‘ne Laterne

(…)

“Davanti alla caserma/ Davanti al portone/ Si trovava un lampione…
La nipote canta una vecchia canzone in tedesco per accompagnare l’anima esausta della nonna nel suo ultimo viaggio. La nipote piange: non è disperazione, ma sollievo. Da tempo la nonna avrebbe dovuto lasciare il suo letto. La nonna espira per l’ultima volta. La nonna inspira per l’ultima volta. La nonna negli ultimi giorni è peggiorata in maniera irreversibile. La nonna negli ultimi anni ha smesso di parlare, ma nessuno può esser certo che abbia smesso di capire. La nonna ormai mangia solo pane e burro, un lusso del quale un tempo si godeva solo a Pasqua e a lei, che non sa più dove e in che tempo si trova, basta mangiare del burro perché sia Pasqua ogni giorno. La nonna non ha mai smesso di sognare. Sono incubi sonori, rossi, epilettici, allarmi martellanti di sirene che si accendono spezzando la notte quando il cielo minaccia una piccola città sul Mare del Nord, una piccola città con un grande porto militare, una piccola città che è stata completamente rasa al suolo per il suo grande porto militare. La nonna si agita nel sonno, sibila e fischia, imita quei rumori e canta “Davanti alla caserma/ Davanti al portone/ Si trovava un lampione…”. Sogna una terra vuota, una terra dove sono rimaste solo le torrette dei rifugi come vette tra case che non esistono più, e le tracce dei vermi sul confine fangoso tra la sabbia e il mare grigio pieno di morte, dal quale affiorano vite gonfie che non respireranno mai più.

La nonna ha smesso di camminare, prima di smettere di parlare. La nonna ora non può più correre per scappar via dai suoi ricordi. La nonna scopre di avere una malattia degenerativa che potrebbe derivare dalla contaminazione da bombe al fosforo. La nonna rimane vedova di un marito che l’aveva amata immensamente, ma con il quale lei è stata anche profondamente infelice. La nonna beve e non si riesce a controllare. La nonna ha gli incubi, sogna le bombe fischiare sulla sua testa, sente il freddo della sua casa senza finestre. La nonna soffre di un male, un male che non deriva da un virus che attacca il corpo, ma da un vortice oscuro che nasce nella mente, che oggi chiamiamo depressione. La nonna ora vive in Italia e frequenta le dolci compagnie della Roma di fine anni Cinquanta. La nonna è talmente attraente che per strada la fermano per dirle che è più bella di Kim Novak e Doris Day.

La nonna sposa il nonno, che le offre una via di fuga da una vita e da un paese in macerie per darle la possibilità di non rimanere schiacciata dalla folla degli sconfitti. Il nonno conosce la nonna in un viaggio d’affari, perché lei fa da interprete per quegli stessi stranieri che l’hanno lasciata senza finestre, in quello stesso paese che della vita dei suoi cittadini ha fatto un cumulo di cadaveri e detriti, in una nazione che sotto ai cadaveri e ai detriti deve ritrovare dignità e identità, soppresse nel passato e per molti anni a venire. La nonna paga il giardiniere del cimitero della sua cittadina per deporre tutti i giorni dei fiori sulla tomba del suo primo marito, che non è morto in guerra ma che è una delle tante vittime delle sue conseguenze. La nonna guida i veicoli traballanti che trasportano gli sfollati nelle campagne, perché in una città di fantasmi nessuno trova più da mangiare. La nonna racconta le favole ai bambini che si rifugiano nei bunker al segnale degli allarmi e canta loro: “Se ci volessimo rivedere/Potremmo ritrovarci vicino al lampione/Come una volta, come una volta…”. La nonna ci tiene ad essere in ordine e si disegna con la matita la riga delle calze sui polpacci perché le calze non le ha.

La nonna è fortunata perché ha due paia di mutande, un paio lo mette e un paio lo lava. In città le malelingue dicono che la nonna si venda ai soldati per far sopravvivere i suoi genitori. La nonna soffre per queste dicerie e sua madre soffre anche lei, perché potrebbero essere vere. In città non ci sono più insegnanti, non ci sono più bambini e non ci sono più scuole. In quei giorni nei quali la nonna riesce a raggiungere la sua scuola, fintanto che è ancora in piedi, si accorge che in classe manca qualcuno in più. I bambini rimasti cantano: “Quando le tardive nebbie svaniranno, chi sarà di nuovo vicino al lampione con te?”.

È il 1939: fischiano le prime bombe, suonano le sirene e alla radio Lale Andersen canta “Lili Marleen”.         

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2 commenti »

  1. Un racconto che trovo essere molto particolare nella sua stesura, scritto in modo particolare. Non mi dispiace. Sembra davvero di risentire i miei nonni quando mi raccontavano la follia e il caos (soprattutto) della guerra.

  2. Anche io lo trovo un racconto particolare, ha l’andamento di una canzone popolare, come quella in tedesco che ricorre tra le righe. E per certi versi il ripetersi del soggetto è disturbante. Una realtà che disturba, che deve disturbare. Alle volte è veramente importante come si decide di raccontare una storia e qui ci sono spunti stilistici interessanti.

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