Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2022 “16 Luglio: dove il mondo andrà a finire” di Vera Ercoli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

«Agua! Agua!» imperava la voce della piccola Mimì, un anno e otto mesi appena e un’energia
atomica, troppo tonica per un padre tardivo come lui.
«Agua! Agua!», da dietro il ciuccio usciva la parolina che ingiungeva di aprire il rubinetto della
fontanella di mattoni rossi.
Chi aveva consuetudine con la sua signorina (così la chiamava in presenza di altri, con fare
compiacente, dall’alto della sua veneranda mezza età), sapeva che la richiesta doveva essere
tradotta im-me-dia-ta-men-te nell’apertura del rubinetto, nel riempimento del piccolo annaffiatoio
arancione, e nell’accompagnamento della Mimì verso i molteplici e multiformi vasi di fiori che
costellavano la terrazza e il giardino, al fine di rendere una semplice primula di aprile una sorta di
fiore equatoriale, il cui humus grondasse ristagnante di piogge torrenziali…
«Basta acqua! Li stai annegando questi poveri fiori!»
« Agua! Agua!» sorridente braccio di ferro in cui vinceva sempre lei.
« Agua! Agua!» . Marco aprì il rubinetto, avvicinò l’annaffiatoio e… Clof, clop, cloch cloffete,
come in una nota poesia di Palazzeschi- pensò- la fontana pareva oggi malata.
Oggi, 16 luglio, piena estate.
Ruotò il rubinetto in senso contrario e subito lo riaprì, tentando una sorte migliore.
Cloppete,clocchete,chchch…
Come dire alla piccola signorina che ‘Oggi l’acqua non c’è…?Staranno facendo dei lavori
all’acquedotto’.
«Agua! Agua! Papà Agua!» .
Ennesimo tentativo, ennesimo tossicchiare dal rubinetto e poi…
Ploc. Una goccia.
Ploc ploc. Due gocce.
Ploc. «Agua! Agua!».
All’improvviso il flusso ricomparve ininterrotto.
Dall’altra parte del mondo, seguendo oltre il Polo la linea tracciata dal meridiano, il piccolo Antòn
stava giocando a pallone con il suo fratellino Adrian.
«Cosa succede?» esclamò Adrian in un caldo dialetto argentino.
«Non saprei, la terra ha sobbalzato» rispose Antòn che, essendo il più grande della nidiata, sapeva
tutto su ogni cosa.
«Rientriamo in casa» propose Antòn; e dopo essersi guardati negli occhi: «Non diciamo niente alla
mamma però».
L’assenso era la normalità, nella comune volontà di non far preoccupare la madre dopo che il
padre era scomparso forse in preda alle esalazioni dell’alcool, forse chissà… queste cose ai
bambini non vengono mai dette, ma queste cose i bambini le sanno, perché è il loro cuore a
sentirle, e il cuore non sbaglia mai.
«No, non glielo diciamo, magari non è niente di importante» confermò Adrian per rassicurare il
fratello. Sarebbe stato sciocco o comunque inutile darle preoccupazioni per quella che, di lì a
qualche ora, si sarebbe rivelata molto probabilmente una loro fantasia di bambini.
Sui giornali, nelle piazze, non si parlava d’altro. Il vecchio Costancio era rimasto senza pesce, e
ormai prediceva sventure all’angolo tra la piazza e la casa dei due fratelli. Loro si fermavano ad
ascoltarlo; e portavano nel cuore il senso di colpa per essere stati forse i primi ad accorgersi di
quanto stava avvenendo, ma di non averlo detto a nessuno.
«Oggi il lago Azùr non esiste più»- scrivevano con titoli gonfi a lutto i giornali; alcuni mesi prima
aveva iniziato a ribollire, e poi a calare, e calare e calare… via via finché i pescatori non avevano
abbandonato i loro piccoli barchini e il lago, triste e solitario, appariva ora come una landa lunare
desolata di ciottoli e ghiaie.
Ma una volta prosciugato il lago, alcuni geologi si avvidero che anche la sabbia e la terra e i sassi
e tutto quanto c’era in prossimità veniva risucchiato da qualcosa, da qualcuno, da un ignoto essere
che sembrava nutrirsi del loro Paese. Nessuna spiegazione scientifica venne trovata. Tutto
inesorabilmente scivolava via, terra e sabbia ingoiati da quell’enorme clessidra.
La comunità internazionale si interrogava esterrefatta ma gli altri Paesi non studiavano il
fenomeno: era ancora troppo lontano, li avrebbe coinvolti solo tra qualche anno, e il principio di
precauzione tanto sbandierato nelle conferenze -si sa- non viene mai applicato.
Piano piano fu la volta della casa di Antòn e Adrian, della piazza, dell’intero stato e poi del
continente e dell’oceano e poi di un altro continente… Gli unici che avrebbero potuto salvarsi
sembravano essere gli astronauti sulla stazione orbitante, i quali però, nemmeno attraverso lo
studio delle immagini satellitari, riuscivano a capire dove il mondo stesse andando a finire.
Da lassù qualche scienziato disse che la Terra non era ormai più sferica. Da qualche anno a
questa parte sembrava che fosse risucchiata tutta verso un punto… come se stesse implodendo.
Marco si sentiva in colpa. Da quel pomeriggio di luglio non era più riuscito a chiudere il rubinetto.
Usciva acqua, aria, usciva sabbia… poco alla volta si era ritrovato con tutto il lago Azùr in giardino,
poi arrivarono la casa di Antòn e Adrian con la loro madre e i loro fratellini, la piazza con Costancio
il pescatore, le Ande, poi gli Stati Uniti, pian piano tutto l’Oceano Pacifico fino a quando un giorno
si trovò con tutto il mondo nel suo giardino. Sembravano vivere in una bolla intangibile, loro, come
un mondo dentro un mondo, un mondo dentro il suo giardino, inconsapevole di esservi dentro.
Gli astronauti, quando atterrarono con i loro paracaduti nell’oceano, che ormai stava tutto intero in
via Carducci numero 4 nel giardino di Marco, gli astronauti sostennero che in realtà la fontanella
aveva dato origine a un vero e proprio buco nero e che il mondo, completamente risucchiato e
riversato nel giardino di Marco, fosse oramai composto di antimateria; un mondo chiuso in una
bolla fluttuante, con il quale era impossibile per quelli rimasti di qua, comunicare, come un gatto
che guardasse una boccia di pesci, e ne studiasse incredulo ogni movimento.
Solo Mimì, ora quasi ventenne, non comprendeva come lei e suo padre e gli astronauti, essendo
materia, potessero coesistere nello stesso giardino con l’antimateria, pur non potendo comunicare.
Ora Mimì non diceva più ‘Agua’ ma avrebbe tanto desiderato trovare un uomo della stessa sua
sostanza, da poter sposare. Ma nel giardino c’era solo suo padre e una dolcissima astronauta, che
a dispetto delle sue mille lauree in ingegneria e dei suoi mille viaggi interstellari, pareva fatta di
fecola burro e marmellata: si chiamava Margaret, aveva deciso di sposare suo padre e rimanere
con lui nella materia. I suoi colleghi invece avevano preferito vivere nella normalità della bolla di
antimateria e dopo un po’ di tempo dallo sbarco se ne erano andati.
Fu così che un giorno, presa dal timore di rimanere sola e di non poter provare altro affetto che
quello per su padre, Mimì scavò con le mani dietro la fontanella di mattoni rossi e si gettò nel
rubinetto. Ne venne risucchiata e diventò antimateria. E visse una vita felice e contenta nel nuovo
mondo, trovandosi un compagno e realizzando i sogni della sua vita.
Suo padre la osservò per anni ed anni ancora, come fuori da una sfera di cristallo, finché si
spense un mattino d’estate, sdraiato sull’erba umida del giardino, mentre nelle orecchie gli
risuonava ancora l’amorevole voce di Mimì: ‘Agua Agua! Papà, agua! Agua!’.
Si alzò e la abbracciò. Le riempì l’annaffiatoio arancione e l’accompagnò a bagnare i fiori; quella
piccola bimba di un anno e nove mesi appena, riempiva di gioia la sua mezza età.
La fontanella aveva fatto uno strano rumore, mentre aveva riempito l’annaffiatoio della sua bimba;
ma non ci fece caso e decise di non aprire più quel rubinetto. Qualcosa gli diceva che in una
precedente vita… Seguendo l’istinto lo smontò e ne acquistò uno nuovo. Pose il vecchio rubinetto
su uno scaffale polveroso della cantina: lì nessuno lo avrebbe mai trovato. A meno che un nipote
un po’ troppo curioso, in futuro… ma non si può sapere, davvero, dove il mondo andrà a finire,
prima o poi; non tutto ciò che accade, è accaduto o accadrà dipende da noi. O forse sì?
«Si può sapere solo cosa accade oggi-bofonchiò tra sé e sé- e oggi è il 16 luglio»

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5 commenti »

  1. Mi ha incuriosita molto la scelta della data 16 luglio. Racconto onirico che ha il fascino di una leggenda e una sorta di aura magica. Ci sono tanti ingredienti che uniscono fantasia, realtà, scienza e fantascienza. Una storia che colpisce. Brava Vera.

  2. Grazie Monica per il tuo apprezzamento. Mi fa piacere siano state colte alcune singolarità del racconto.

  3. E’ un racconto molto interessante. La scrittura leggera e delicata si sposa bene con l’atmosfera sognante del racconto. Mi piace molto anche questa sua struttura “circolare” : si apre come si chiude, nel giardino di casa, dando l’acqua ai fiori. Il finale lascia la sensazione di qualcosa di non detto, quasi magico, molto piacevole.

  4. Grazie Alice, per il tuo apprezzamento.

  5. Un’atmosfera surreale e magica che però ci fa riflettere sull’ importanza di ogni singolo gesto. Complimenti

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