Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2022 “Il giocoliere” di Isabella Ciuca

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Sono un giocoliere. Davanti ad un vasto pubblico che osserva severo la mia esibizione, lancio in aria cinque palline di vetro. Se dovessero cadere, il che potrebbe succedere in ogni momento, le palline si frantumerebbero in mille pezzi ed il mio numero sarebbe un fiasco. Il pubblico: Amici, Famiglia, Colleghi, il Medico. Insomma, il peggior pubblico possibile per qualsiasi artista. Tutti mi guardano, analizzando i miei movimenti, misurando l’altezza che riescono a raggiungere le palline, indicando il sudore che mi cola dalla fronte per cercare di tenere le sfere tutte quante in quota e di farle girare, senza sosta, il più velocemente possibile. Il mio è un gioco infinito ed io, ho paura. Un brivido mi percorre costantemente la schiena, come se stesse sempre per succedere qualcosa, come quando si batte il rigore al novantesimo minuto, o quando si aspetta che suoni la campanella del venerdì o quando si aspetta che qualcuno esca dalla sala operatoria. Faccio roteare le palline senza fermarmi mai. Non posso smettere perché, la mia, è una platea esigente.

Sono un giocoliere. Lancio in aria cinque palline di vetro. Ogni pallina ha un ruolo e il suo tifo esclusivo. Per gestire le palline al meglio, devo mantenere un certo ritmo. Se rallento un po’, rischio di perderne una, se non tutte. Qualsiasi cosa succeda, devo farle girare, in continuazione, ad una velocità costante. Devo coordinare tutto il mio corpo per lanciarle in aria e riprenderle, senza farne cadere nemmeno una. A volte ho pensato di concentrami solo su una pallina, o al massimo su due, fare qualche numero speciale, dimenticarmi delle altre per un po’, far divertire il pubblico, ognuno a temere e tifare per la sopravvivenza della propria pallina. Ma non posso farlo, con quel brivido dietro la schiena. Gli spettatori sono seduti in quattro tribune diverse. A volte si mischiano tra loro, certi Colleghi si spostano tra gli Amici, il Medico va a salutare la Famiglia, la Famiglia invita gli Amici a mangiare dei popcorn. Capita che il mio Capo discuta con mia Moglie, che mia Moglie discuta con mia Madre, che i Colleghi discutano tra loro. Il Medico, invece, a turno litiga con tutti o forse, tutti litigano con lui. Spesso non riesco a sentire bene cosa dicono, le voci rimbombano nel teatro, soprattutto quando parlano tutti insieme. Quei momenti mi confondono, mi rendono irrequieto, quasi vorrei mollare tutte le palline e ritirarmi nel mio camerino, ma no, sono inchiodato a terra in un equilibrio precario e sbilenco.

Sono un giocoliere. Lancio in aria cinque palline di vetro. Ogni pallina ha un ruolo e il suo tifo esclusivo. Devo compiacere il pubblico. Una pallina è per la Famiglia, una per gli Amici, una per la Salute, una per il Lavoro e l’ultima è il Cuore. Io gioco con loro, le tiro in aria e le riprendo, le scambio, le passo da una mano all’altra, me le faccio girare dietro la schiena o scivolare tra le gambe. Io gioco con loro, in un gioco eterno e pericoloso dove al minimo sbaglio le palline potrebbero distruggersi in una pioggia di schegge. A volte sono più concentrato sul gioco che sui suoi momenti. A volte mi chiedo se, in un’altra vita, ero io ad essere uno spettatore. La platea mi incita. Capita che si organizzino per tifare tutti insieme. Spesso, non è scontato, inizia la Famiglia: uno dopo l’altro, gli spettatori seduti nella prima tribuna alzano e abbassano le braccia in sequenza, trasmettendo il movimento al pubblico immediatamente adiacente, come se si sollevasse e abbassasse un’onda. Se a qualcuno non è piaciuto il numero, l’onda si interrompe. Quando il tifo non è concorde, mi demoralizzo molto. Quando questo accade, il Cuore sembra più pesante delle altre palline. Dentro, quella pallina è fumosa, opaca, pulsante. Quando questo accade, perdo un po’ il ritmo. Mi sento le gambe molli e le braccia deboli, mi gira la testa. Quando questo accade, gestire le palline mi sembra impossibile. Quando il pubblico non tifa all’unisono, ho paura che le palline mi cadano. Anche il pubblico ha paura, serpeggia una contagiosa tensione. Il brivido nella schiena si fa insopportabile e diventa un dolore acuto, mi si mozza il respiro. Quando questo accade, quando loro si accorgono che le rispettive palline rischiano di cadere, molti smettono di incitarmi e iniziano a darmi addosso. A volte mi insultano, mi spingono, mi tirano delle cose, mi danno le spalle, confabulano tra loro scuotendo la testa. Qualcuno esce dalle tribune e non sempre torna indietro. Qualcuno, poi, non l’ho più visto.

Sono un giocoliere. Lancio in aria cinque palline di vetro. Ogni pallina ha un ruolo e il suo tifo esclusivo. Devo compiacere il pubblico. Dietro di me, un grande schermo proietta le immagini della mia vita. Sono stato promosso. Con una bottiglia in mano, brindo con il mio Capo che mi raggiunge sul capo e mi annaffia di spumante. Metà dei Colleghi esulta, gli Amici soffiano dentro delle trombette colorate, la Famiglia ordina champagne al venditore ambulante, il Medico osserva roteare in aria la sua pallina, si riversano tutti sul palco per stringersi intorno a me come in un caloroso abbraccio. Io, in un lampo di entusiasmo, faccio schizzare in alto il Lavoro, le altre palline rimangono a bassa quota, roteano sommessamente qualche metro più in basso. Nascono i miei figli, gli Amici portano regali alla Famiglia, i Colleghi si congratulano, qualcuno si sfrega le mani, il mio Capo incrocia le braccia, il Medico prescrive vitamine. Mia moglie sale sul palco a farmi vedere il neonato, mi riempie di baci. Sono pazzo di gioia, la pallina della Famiglia vola a metri dal suolo, il Lavoro rischia di scapparmi di mano a qualche centimetro da terra. Vinco alla lotteria, la Famiglia balla, gli Amici e i Colleghi si trasferiscono in massa nella tribuna con mia Moglie, il Medico presenta parcelle, le palline sono tutte in orbita, muovo le braccia come un pazzo, le recupero con una capriola. Dalle tribune il pubblico mi sommerge con una pioggia di banconote. Ma quel brivido non mi abbandona mai.

Sono un giocoliere. Lancio in aria cinque palline di vetro. Ogni pallina ha un ruolo e il suo tifo esclusivo. Devo compiacere il pubblico. Dietro di me, un grande schermo proietta le immagini della mia vita. Sono alla scrivania, sommerso dalle carte e dai capelli bianchi, sono le 23.00. Non torno mai a casa. I Colleghi sono grigi, qualcuno dorme, qualcuno si lancia aeroplanini di carta, il mio Capo approva e viene a darmi una pacca sulla schiena, Mia Moglie si è voltata di spalle, i Bambini mi chiamano da lontano e poi corrono urlando verso di me tirandomi i loro giocattoli, gli Amici parlottano tra loro, mi indicano, qualcuno si avvicina e mi gira intorno preoccupato, qualcuno sembra intento a fare altro, il Medico mi ausculta il petto e prende appunti. La pallina del Lavoro è pesantissima adesso, anche le altre in realtà, a ben guadarle sono piene di graffi, la presa è insicura e tutte rischiano di cadere. Il Cuore fumoso è quasi impossibile da sollevare, sarà perché non c’è mai nessuno che tifa solo per lui. Il funerale di mio padre. Lui non è più tra il pubblico. Bevo troppo. La mia Famiglia si abbraccia, piange, gli Amici vanno a trovare la Famiglia nella rispettiva tribuna, ci va anche qualche Collega, il mio Capo mi si piazza davanti sbattendo i piedi a terra con impazienza e schiocca le dita, il Medico è preoccupato, scuote la testa, mi tira fuori le bottigliette di alcolici dalle tasche, mi getta in faccia dell’acqua gelata, mi presenta un altro specialista con gli occhiali e un grosso quaderno di appunti. La pallina fumosa è un macigno, le altre palline iniziano a creparsi, non splendono più, riflettono una luce irregolare, ho difficoltà a tenerle sospese nell’aria. Non mi riesco a riprendere, chiedo un periodo di aspettativa, al mio ritorno, faccio fotocopie. Il Lavoro mi scivola via dalle dita e cade a terra in mille pezzi. Ho perso il mio smalto, nel gioco e nella vita. Dopo la morte di mio padre, in mezzo alle fotocopie e alle bottiglie di gin non sono che l’ombra di me stesso. Non amo più mia Moglie. Lei ha avuto pazienza, mi è stata vicino, ma adesso non ce la fa più. Ancora una volta, mi raggiunge sul palco, in preda ad un ultimo e disperato impeto d’ira. Davanti alla mia faccia, inizia a gridare, mi prende a pugni sul petto, mi scrolla per le spalle, io non faccio che piangere. La Famiglia prova a fare un’ultima capriola nell’aria: non riesco a riacciuffarla, e cade a terra in mille pezzi. Mia moglie mi lascia, e si porta via uno dei bambini. Sono chiuso in me stesso, la schiena non mi sorregge il più, il brivido è ormai un dolore cronico, Mio Padre è morto, mia Moglie se ne è andata, il lavoro fa schifo. Non ho voglia di vedere nessuno. I miei Amici si risentono, sono completamente sparito, si sono avvicinati a braccia aperte, mi hanno offerto aiuto e io non l’ho accettato, mi hanno chiesto una mano, e non ho dato neanche un dito, mi sono spostato in fondo al palco in mezzo alla polvere pur di non vederli. Gli Amici esplodono in una nube di frammenti di vetro. Sto invecchiando e non mi sono curato, qualche goccetto di troppo e troppe sigarette. Lo facevano tutti, del resto la vita bisogna godersela ed ora, non mi sembra di essermela goduta poi così tanto questa vita. Il Medico perde le speranze: mi presenta il conto, firma la fattura e se ne va. La Salute si fracassa a terra con uno schiocco sordo.

Ero un giocoliere. Nessuno può fare il giocoliere con una sola pallina. La stringo in mano, non c’è più bisogno di lanciarla, è rimasta solo lei. Lo spettacolo è finito ragazzi, vorrei dire al pubblico, ma non ci è rimasto più nessuno. Sono rimasto io, da solo, con il mio Cuore, quello ancora non l’ho perduto. Il brivido è un martello nel cervello, la pallina è rovinata, scheggiata, opaca, ma la stringo ancora in mano. La strofino, vorrei lucidarla, conservarla bene. Mi metto il Cuore in tasca, ora spero che nessuno mi rubi quel poco che resta di me stesso. Mi chiedo cosa farò, senza più nessuno al mio fianco, forse dovrei gettare a terra anche lui. Alla fine, lo faccio, quel brivido non lo sopporto più, non getto il Cuore oltre l’ostacolo, lo butto a terra, ci salto sopra, lo pesto, le schegge sono dappertutto come dappertutto sono i frammenti della mia anima, perduta negli anni, si è nascosta tra le fotocopie, nei silenzi, dentro l’alcol, negli occhi tristi di mia Moglie, dietro l’abbraccio che ho negato a un Amico, nel benservito che ho dato al Medico.
Penso sia finita ma ecco, vedo qualcuno rientrare nel teatro. Credo fossero tutti lì, magari nascosti dentro la nebbia del mio Cuore come mi nascondevo io tra la polvere, dispersi in mezzo a quei frammenti di vetro, è incredibile, possono sempre spuntare fuori dei panchinari, quelli che richiamati in campo ti salvano la partita: finché c’è vita, c’è speranza, dicono, e io sono ancora vivo, anche se ho calpestato il mio Cuore a piedi uniti. Ecco mia figlia, perché le figlie ai padri un po’ scapestrati perdonano tutto, il medico, buon segno, si vede che avrò altre fatture da pagare o chissà, magari col tempo è diventato un amico, il mio compagno dell’asilo, che non mi abbandonerebbe mai né sopra né sotto terra, il mio Capo, perché nella vita, anche quando pensi che te ne sia rimasta poca, non si può pretendere di non avere rotture di scatole e infine ritrovo anche lui, il brivido, quel brivido che ci fa andare avanti sempre, ma solo fino all’orlo del precipizio.

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11 commenti »

  1. È bellissimo. Complimenti!

  2. Un racconto che descrive alla perfezione la vita, la difficoltà nel trovare sempre un equilibrio e il brivido che ci accompagna in ogni scelta che possa mutare il nostro stato attuale.

  3. Il tuo racconto è interessante, la vita come gioco di equilibri nella gestione dei rapporti con gli altri e nelle varie attività in cui siamo impegnati. Avrei solo evitato la frase ‘brivido lungo la schiena’ che è una frase fatta, da non usare. Ciò non toglie che il testo sia ben scritto, con punteggiatura corretta, insomma, uno dei migliori visti finora!

  4. Interessante parallelo tra la vita e le sue diverse sfere emozionali ed il giocoliere su un palco, sempre esposto al giudizio degli altri. Veramente ben scritto, delicato e commovente. Del Cuore, dobbiamo sempre prendercene particolare cura, perché “non c’è mai nessuno che tifa solo per lui”.

  5. Racconto profondo e molto coinvolgente. Si ha veramente la sensazione di essere lì nel luogo dell’esibizione, tra palco e platea.
    Ognuno di noi è un giocoliere, in difficoltà a gestire contemporaneamente le varie sfere della vita.

  6. Ringrazio tutti per gli splendidi commenti.
    Per Silvia Roncucci: ho letto proprio ora il tuo racconto “Punto e Virgola” e hai perfettamente ragione. Ti ringrazio per il suggerimento (molto apprezzato) e sono contenta che il racconto ti sia piaciuto!

  7. Gran bel racconto. Ben costruito e coinvolgente. Complimenti!

  8. Bellissimo racconto, coinvolgente ed emozionante, in cui è facile immedesimarsi. Bella anche la chiave di lettura finale. Complimenti!

  9. Molto complesso, metaforico; ben scritto. A un certo punto, prima del finale, ho pianto perché mi sono riconosciuta.
    Mi piacerebbe che il protagonista riuscisse a far brillare nuovamente quella pallina, dandole speranza; e che quella ultima pallina fosse magica e ne generasse altre e lui ritornasse ancora a vivere… completamente, come all’inizio.
    Ma forse vivere come all’inizio, al centro dell’attenzione è un’illusione?
    Perdona le mie riflessioni, ma un racconto che innesca riflessione e sommuove emotivamente e interroga l’anima, è un ottimo racconto!
    Grazie.

  10. Grazie davvero Valeria, Grazia e Vera per i vostri commenti.

  11. Coinvolgente e significativo. Complimenti

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