Premio Racconti nella Rete 2022 “Quella notte a Monte Carlo” di Francesco Lastaria
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022
Un sabato di maggio di qualche anno fa. Era una splendida sera di luna piena e l’astro d’argento si specchiava nella splendida baia di Monte Carlo, che mollemente si adagiava, a mò di una formosa ed elegante cortigiana del Re Sole, nelle scure acque del Principato illuminate da centinaia di Yacht.
La serata era mite e l’aria resa frizzante da una sottile e discreta pioggerellina primaverile nel tardo pomeriggio; tutto invitava ad una promenade serale nella splendida cornice di quella città simile ad un fiore coltivato in serra e non contaminato dal mondo esterno. Monte Carlo è un mondo a parte, vissuto solo da quei’’ pochi che contano’’ come si dice nel gergo comune, e sfiorato da tanti che la visitano ammirati portando con sé l’immagine di un paradiso terrestre in miniatura che lascia estasiati e nel contempo estranei ad una realtà che è di privilegiati e che per dirla con un’efficace espressione napoletana lascia a ‘’uocchie chine e mane vacante’’.
Da uno degli ascensori dell’Hotel Fairmont Fernando si diresse verso l’uscita a passo lento , quasi scivolando elegantemente sul lucido pavimento in marmo, rispondendo con un cenno del capo ai sorridenti ed ammiccanti saluti delle addette alla reception.
Cinquant’ anni ben portati, capelli brizzolati e un fisico asciutto da far invidia, viso ben curato e rasato ed un baffetto alla David Niven dei tempi andati, che lo rendeva ancora più affascinante;impeccabile il suo abito blu su una bianca camicia di seta su cui primeggiava una splendida cravatta Marinella a righe trasversali, napoletana la cravatta come napoletano della ricca borghesia di Via Chiaia era lui.
Uscito dall’hotel si avviò a piedi verso il Casinò , lasciando che la leggera brezza marina accarezzasse il suo viso, scompigliando leggermente la sua pettinatura .
Attraversata la piazza fece il suo ingresso nell’imponente ingresso della costruzione barocca – progettata da quel Charles Garnier, architetto del tardo ottocento , creatore anche dell’Opera di Parigi – e si ritrovò nel luminosissimo atrio d’oro e di marmo addentrandosi nelle varie sale interne ricche di affreschi e sculture .
Trascorse il tempo fino a tarda notte barcamenandosi tra un tavolo della roulette e uno di chemin de fer senza trascurare quelle infernali macchinette che avidamente inghiottono monete senza curarsi di tanti esseri umani che una terribile malattia – la ludopatia – porta alla disperazione e alla rovina di interi nuclei familiari.
Fu proprio mentre inseriva meccanicamente l’ennesimo gettone in una slot machine che Fernando si accorse che il suo vicino, un uomo minuto invecchiato più dal fumo e dall’alcol che dal tempo , con un gesto di stizza percosse con un pugno l’infernale macchinetta che aveva inghiottito spietatamente il suo ultimo gettone .
L’uomo si allontanò dalla sala e Fernando incrociò per un attimo il suo sguardo vuoto e disperato e percepì l’anteprima di una tragedia.
Istintivamente si allontanò dalla macchinetta e per un istante fu tentato di recuperare le monete che tintinnanti e numerose scendevano accompagnate dalla classica musichetta del raro vincitore, ma quello strano presentimento che lo aveva colto pochi istanti prima gli impedì di tornare indietro e la forza dell’istinto lo portò a seguire lo sconosciuto.
Si tenne a distanza dall’uomo per evitare di essere scorto e, a breve intervallo l’uno dall’altro, guadagnarono l’uscita.
L’ aria della notte si era fatta più fredda e una folata di vento lo sorprese costringendolo ad alzarsi il bavero della giacca; l’altro procedeva a passo svelto verso la marina quasi a voler fuggire da quel luogo e dall’intero mondo che lo aveva relegato ad un infelice destino, abbandonato dagli affetti più cari, la moglie ed il figlio che avevano rinunciato forse troppo presto ad aiutarlo.
Di colpo l’uomo si arrestò perdendo il suo sguardo nella profondità della notte e trasse dalla tasca della giacca una minuscola pistola,una beretta 6,35 con il calcio in madreperla, e fece per portarla alla tempia. Fernando per un istante rimase paralizzato ed incerto sul da farsi,poi istintivamente balzò in avanti guadagnando di corsa la distanza che lo separava dallo sconosciuto e gridò con quanta forza aveva in gola : ‘’Fermo!’’ e contemporaneamente colpì con forza la mano ossuta dell’uomo facendo cadere in terra la piccola arma. ‘’Fermo,per carità … cosa vuoi fare?’’.
I due uomini si fissarono mentre la luce di un lampione avvolgeva i loro corpi ; non so quanto tempo passò, forse solo pochi secondi che sembrarono lunghissimi.
Fernando ansimava più per lo spavento e la tensione che per la fatica di quell’insolito inseguimento … l’altro portò entrambe le mani al volto e scoppiò in un pianto dirotto. ‘’Coraggio, è tutto passato ora’’ esclamò Fernando e istintivamente lo abbracciò in un gesto consolatorio.
Il suono della sirena di un’autoambulanza in lontananza li scosse e si distaccarono , per un istante i due si fissarono e Fernando avvertì che l’uomo di fronte aveva ancora gli occhi umidi di pianto; con un filo di voce l’uomo disse ‘’’grazie…grazie’’, null’altro poi girò le spalle e corse via : una fuga disperata dettata dalla vergogna o dalla volontà di allontanarsi da quel luogo che avrebbe potuto segnare tragicamente il suo destino.
Fernando rimase immobile senza trovare la forza di inseguirlo ma fermamente convinto che lo sconosciuto non avrebbe ripetuto il suo gesto.
Si fermò ancora qualche istante rivedendo come alla moviola tutte le sequenze di quanto era accaduto pochi minuti prima ; poi un brivido di freddo percorse tutto il suo corpo e fece per allontanarsi e ritornare in albergo e fu allora che si accorse che ai suoi piedi c’era ancora quella piccola pistola.
Si chinò a raccoglierla pensando tra sé e sé cosa avrebbe dovuto fare, ma preferì rimandare all’indomani ogni decisione. Mise la minuscola arma in tasca e si avviò a passo svelto verso il Fairmont.
Solo dopo molto tempo riuscì a prendere sonno ma quel sonno fu agitato e affatto riposante.
Si risvegliò di buon mattino con un gran mal di testa e le idee un po’ confuse; balzò giù dal letto e si avviò verso il bagno tuffandosi in una doccia ristoratrice.
Prima di scendere in sala per la colazione chiamò Laura per il solito primo saluto del mattino e la rese partecipe dell’evento della notte….la sentì felice ma nel contempo preoccupata … non si sa mai cosa poteva succedere, era comunque un uomo armato ‘’sei stato bravo amore, ma forse anche un po’ incosciente!’’.Laura era sempre stata apprensiva e questo, pur procurandogli un po’ di fastidio, lo rendeva orgoglioso di sentirsi l’uomo che l’avrebbe protetta da ogni insidia e difficoltà.
Durante la colazione riflettè a lungo sul da farsi. Si recò quindi alla vicina stazione della Police de Monaco e qui spiegò al poliziotto di turno l’accaduto restituendo l’arma e abbozzando una minuta descrizione dello sconosciuto che si era materializzato nella notte e che aveva non poco sconvolto la sua vita di borghese consuetudinario e non avvezzo ad avventure. Firmato il verbale si accommiatò dal gendarme e meccanicamente annotò su di un foglio le caratteristiche dell’arma ed il numero di matricola senza nemmeno sapere il perché.
Capitolo 2
Era trascorsa una settimana e Fernando era tornato nella sua Napoli e aveva ripreso la sua attività nell’agenzia immobiliare di cui era titolare, a contatto di quella clientela per la quale l’acquisto di un appartamento era fonte di arricchimento piuttosto che un sudato mutuo, incubo di un ventennio o più della propria vita. Ma non riusciva a dimenticare l’episodio di quella notte – e come avrebbe potuto – che aveva segnato la sua esistenza, e lo colse il desiderio di ritrovare quell’individuo cui aveva salvato la vita, ma che vita, quella comunque di un disperato. Doveva fare qualcosa per lui.
Si ritrovò tra le mani quel foglietto dove aveva appuntato le notizie sulla pistola e si ricordò di Sergio suo compagno di banco del liceo Umberto ,scuola di figli di vip della borghesia napoletana; Sergio, congedatosi dall’arma dei carabinieri, aveva aperto da qualche anno un’agenzia di investigazioni e l’avrebbe certamente aiutato a rintracciare l’uomo Fu così che ruppe ogni indugio e telefonò all’amico fissando un appuntamento per il pomeriggio stesso .
Si incontrarono al Gambrinus, nell’elegante atmosfera del famoso caffè partenopeo. Parlarono a lungo dei tempi lontani del liceo e delle giornate trascorse insieme sul campo del Denza nella fantastica cornice di Posillipo, teatro di combattuti campionati studenteschi di calcio,delle ragazze e delle mille avventure trascorse insieme. Poi Fernando informò l’amico del suo problema e gli chiese di aiutarlo a rintracciare lo sconosciuto; Sergio ascoltò attentamente il racconto dell’amico sorridendo compiaciuto di questo gesto di umanità ma soprattutto sorpreso dall’insistenza di Fernando per rintracciare l’aspirante suicida e prese impegno solenne di procedere nelle indagini.
Era un’assolata giornata di giugno e uno splendido sole dall’alto dominava il meraviglioso paesaggio del golfo di Napoli dove in un dolce dormiveglia – guai a svegliarlo del tutto – si specchiava il Vesuvio dolcemente corteggiato dal monte Somma. Il cellulare di Fernando squillò diffondendo per qualche istante un’allegra musichetta nell’ambiente, stridendo non poco con gli arredi classicheggianti dell’ufficio: era Sergio che gli comunicava di avere le notizie sul misterioso proprietario della pistola.
Decisero così di incontrarsi per l’ora dell’aperitivo alla Caffettiera a Piazza dei Martiri.
Era mezzogiorno inoltrato quando Fernando, parcheggiata la sua Audi, percorse l’elegante via Calabritto e giunse in Piazza dei Martiri volgendo uno sguardo distratto all’elegante palazzo Partanna e alla bellissima colonna dedicata a tutti i napoletani caduti per la libertà in tutta la storia partenopea; si avvicinò quindi allo storico bar e trovò Sergio già seduto ad uno dei tavolini all’aperto, immerso nella lettura del Mattino tra il brusio del chiacchiericcio di eleganti signore che occupavano numerose i tavolini, abbelliti dai multicolori aperitivi decorati con variopinti ombrellini di carta.
Fernando salutò l’amico distogliendolo dalla lettura delle ultime di cronaca e ordinarono un martini; Sergio aggiornò l’amico sui risultati dell’indagine e gli consegnò una breve relazione sull’uomo che finalmente aveva un nome e una storia: Riccardo Parodi, titolare di un’enoteca di Genova, o meglio ex titolare perché l’attività era stata ceduta a seguito dei disastri finanziari provocati dalle pesanti perdite al gioco. Era separato e la moglie Cristina , avvocato civilista, ed il figlio Roberto avevano abbandonato la casa coniugale,messa all’asta, per trasferirsi in un’elegante villetta alla periferia di Genova.
Di lui si sapeva che era ospite del convento francescano di Nostra Signora del Monte nel capoluogo ligure;un vero Sherlock Holmes il nostro Sergio. Fernando si congratulò con l’amico che rifiutò ogni compenso se non una cena a quattro a Palazzo Petrucci nella splendida cornice di Posillipo.
Quindi i due si accommiatarono rinnovandosi l’appuntamento per la cena del sabato sera.
Capitolo 3
Nel pomeriggio Fernando consultò in ufficio l’agenda dei suoi appuntamenti, quindi chiamò la segretaria e le chiese di prenotare un volo per Genova per il mercoledì seguente .
Nella mattinata di quel mercoledì giunse nel capoluogo ligure e, preso al volo un taxi, si fece condurre al Santuario di Nostra Signora del Monte.
Il convento francescano risalente al XV secolo si erge maestoso su una collina da cui si domina il meraviglioso spettacolo del golfo di Genova, ed è circondato dal lussureggiante’’ boschetto dei frati’’che contribuisce a rendere più mistico il paesaggio.
Fernando si trattenne alcuni istanti sulla terrazza e dopo essersi beato del meraviglioso paesaggio si soffermò tra l’incuriosito ed il divertito a leggere una targa che ricordava come il 12 agosto del 1785 il re delle due Sicilie Ferdinando IV di Borbone, mentre cacciava nei boschi alle pendici del monte, uccise tre cervi.
Addentratosi nella stupenda chiesa si diresse verso la sacrestia dove fu accolto dal mite e serafico sorriso di padre Mariano,un simpatico frate dalla folta barba bianca che ascoltò con interesse il racconto di quella notte a Monte Carlo e si affrettò a chiamare il buon Riccardo che, in cambio della loro ospitalità, si prodigava nella cura del verde, sua grande passione,e in piccoli lavoretti di manutenzione sempre necessari nella vetusta struttura. Lo invitò quindi a trattenersi sul piazzale dove di lì a poco lo avrebbe raggiunto Riccardo.
Il sole era alto nel cielo azzurro dove bianche nuvole sospinte dal vento mutavano continuamente forma assumendo l’aspetto di deliziosi animaletti e talvolta assomiglianti a volti umani; Riccardo uscì dalla chiesa fermandosi titubante sulla soglia incrociando commosso lo sguardo di Fernando,quindi mosse alcuni passi e lo abbracciò,il volto rigato di lacrime. Quindi i due corpi si staccarono e Fernando lo prese sottobraccio e lo invitò a inoltrarsi nel boschetto.
I due camminavano lentamente e Riccardo aprì completamente il suo animo raccontando le tristi vicende della sua vita, narrazione spesso interrotta da singhiozzi di rimpianto e commozione.
Fernando ascoltò attentamente le parole dell’uomo senza mai interromperlo e quando l’altro terminò il suo discorso gli sorrise e stringendogli il braccio in un gesto affettuoso gli disse:’’Ora tutto è finito Riccardo..io sono qui perché sento di doverti aiutare a rimpossessarti della tua vita; qui oramai non hai più niente né interessi né affetti, vieni con me a Napoli dove ti aiuterò a trovare una sistemazione’’.
Il volto di Riccardo, quel volto scavato e rugoso contrastante con il suo sguardo sereno, si illuminò alle parole di quell’uomo oramai diventato suo amico e protettore;poi con un gesto fermò quel fiume di parole rassicuranti e con dolcezza scuotendo il bianco capo rispose’’ Grazie Fernando quello che tu mi dici è semplicemente meraviglioso e forse il Riccardo di una volta avrebbe accettato il tuo invito, ma io da quella notte sono profondamente cambiato..tu mi hai ridato la vita, una vita che però non intendo più sprecare inseguendo mendaci sirene; io qui ho ritrovato la mia giusta dimensione,la pace ,la fede … ho ritrovato Dio’’.
Non aggiunse altro e abbracciato Fernando, si allontanò di nuovo da lui, ma non più fuggendo di corsa come quella notte, ma a passo lento … prima di rientrare nella chiesa si voltò per un attimo e con un leggero gesto della mano salutò per l’ultima volta Fernando.
![]()
Veloce e ben suddiviso. In poche parole hai lasciato spazio a descrizioni pertinenti e pensieri dei protagonisti. Complimenti