Premio Racconti nella Rete 2022 “La morte di Felice Pace” di Gianmaria Pistone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022
Prendere la penna per raccontare questa storia è uno sforzo doveroso. Inutile dilungarsi sui motivi atti a
spiegare la forma di una sostanza difficilmente rinchiudibile in contenitori. La storia, questa storia nasce da
fatti reminescenti nella mente del suo protagonista. Felice, questo è il suo nome. Come un semplice
scrittore, inteso come una persona che dotata di calligrafo scrive su dei fogli, senza capacita alcuna, può
riuscire nell’intento di descrivere una storia come questa, si valuterà al termine della lettura. Che dire dei
sentimenti, delle fluttuazioni emozionali di un personaggio del calibro del nostro protagonista.
Probabilmente un racconto orale, in presa diretta esposto da lui stesso risulterebbe più ligio alla vera verità.
Ma questa sarebbe un’altra storia.
Il movimento corporeo messo in atto senza muovere un muscolo da Felice è qualcosa di realmente al di là
delle mie possibilità immaginative. Forse davvero non c’è più niente da inventare, ma solo da riuscire a
spiegare. Come quel giorno in cui la vita porta fuori strada una persona come molte. Se per Dostoevskij
l’uomo intelligente non poteva vivere oltre i 40 anni, il nostro protagonista si ferma molto prima. A
vent’anni iniziò a ricordare, a ricordare i suoi vent’anni. Passando a ricordare i suoi primi vent’anni e poi a
ricordare i ricordi dei sui primi vent’anni Felice era entrato di diritto nella fascia d’età in cui per Fedor
muoiono gli stupidi e i furfanti. Ma un’esistenza passata a ricordare può essere considerata un’esistenza?
Umilmente non mi vergogno di non saper rispondere a questa domanda. Sembra scontata l’azione, l’agire
nel bene, nel male, con o controvoglia, in un modo o nell’altro, in un luogo oppure in un contesto
differente. Agire. Agendo si pongono le basi per una nuova vita, agendo si da vita ad un nuovo agente.
Felice Pace nuovo agente in vita. Come è possibile anche solo pensare ad un non agire duraturo? Altra
risposta alla quale sono lungi da dare risposta. Risposta che il nostro protagonista cerca di dare pur
utilizzando una serie di riferimenti cari solo al suo proprio scibile. Come provare a descrivere un colore a un
cieco di nascita, oppure la melodia del liuto a un sordo. Il tutto a parole, utilizzando significanti legati a
significati completamente sconosciuti a coloro a cui si spiega, un concetto per di più, quindi un concerto,
una sinfonia di significanti. Per la platea insignificanti. Come quando Felice andò a quello spettacolo
teatrale, aspettandosi un musical e trovandosi ad osservare una compagnia di mimi. Non ci aveva capito
nulla, nulla perché gli attori utilizzavano una forma che lui proprio non conosceva. E vaglielo a spiegare!
E’ sublime il piacere che si prova ad arringare persone con discorsi sui quali si ha la totale padronanza, e
così, a maggior ragione, deve esserlo quando si parla di concetti inconoscibili alla stragrande maggioranza
degli agenti di questa terra. Ah Felice, Felice! Sembra quasi che questo nome sia una conseguenza del tuo
vissuto piuttosto che un inizio.
Dicevamo, a 20 anni smise la tuta da agente, un paio di jeans, maglietta e maglioncino, con un bel paio di
scarpe nere e un cappotto con interno in piuma d’oca, per mettere la tuta da ricordante, un semplice,
candido camice bianco. Senza biancheria o chincaglierie inutili. Certo la sua “mise” precedente non era
niente male. Se il grado di attendibilità di un ornamento si misura attraverso le attenzioni che l’altro sesso ti
rivolge, beh il suo era un gran bel vestire.
Ma ora questo non aveva più alcuna importanza. Lo spazio che si deve al narcisismo, alla beltà, allo
stimolare interesse negli altri si esauriva completamente nei ricordi. Che in fondo non è il ricordare
un’azione? Chiedo ancora umilmente perdono.
I libri, ne avrebbe voluti leggere di nuovi. Sempre gli stessi si ritrovava a scorrere davanti, tutti conditi con
immagini riproducenti le trame. Quasi come vedere sempre gli stessi film sottotitolati tanto per intenderci,
tanto per parlare attraverso un linguaggio comprensibile ai molti, me compreso. Certo che erano dei film
con dei gran sottotitoli eh. La media di libri letti da una persona qualunque nel mondo qualunque era nulla
a confronto a quella di Felice nel mondo di Felice.
Certo che lo scherzo che ti può giocare il mondo del non-agire è bello eh! Dover far ricorso ad un agente
per descrivere ciò che si vorrebbe descrivere. Quindi coll’inevitabile filtro dato dalla mente di quest’ultimo,
seppur antropologicamente preparato. E con questo non posso esimermi dall’inserire alcune mie, non dico
opinioni certo! Ma almeno esperienze, valori, oltreché linguaggio.
Quale che sarebbe il linguaggio più indicato per scrivere questo libro sicuramente non lo potrebbe leggere
nessuno. Certo il merito un po’ con me va anche spartito. Avreste voglia di sentire anche la mia storia? Vi
annoiereste dopo poche pagine. Con questa vi riprometto di non stancarvi anche se siete stanchi, di non
annoiarvi anche se siete annoiati, di non obbligarvi alla lettura di una storia normale.
Questo è il diario di una persona che molto pensa e poco fa. Il sessantenne nato Felice e morto in Pace.
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Bravo Gianmaria mi piace molto la tua maniera di scrivere e il racconto mi ha fatto pensare ad Oblomov di Goncarov!
Grazie Concetta, già solo per il tuo commento è valsa la pena di scriverlo questo testo! In più hai afferrato l’atmosfera cosacca che è figlia del mio periodo da talebano della letteratura russa. Tra poco potrai leggermi in un romanzo!..si spera 🙂