Premio Racconti nella Rete 2018 “Caterina e gli angeli” di Pasquale Gallicchio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Caterina crede agli angeli. Ogni stanza del suo appartamento milanese ne ospita una riproduzione. Sposata da oltre quattro anni non riesce a rimanere incinta. Spera. Eppure, nonostante quel peso sul cuore aumenti, non smette di pensare ad un miracolo. E’ un modo per sentirsi meno sola e scacciare lo sconforto che si deposita come tanti strati di ruggine sulla maschera della felicità, indossata ogni mattina con sempre meno convinzione. Vuole ancora fidarsi delle parole di nonna Giuseppina. Le ripete con insistenza, che ognuno si porta a fianco una presenza soprannaturale. Un sostegno nelle belle e nelle brutte occasioni. Caterina adora la nonna come il paese dove vive. Lì, giù al Sud come si dice al Nord ha trascorso la sua infanzia. Non ha mai dimenticato le sere d’inverno in Alta Irpinia, quando la neve tappava i vicoli, trascinata da un vento scultore, capace di creare forme levigate, originali e depositando all’uscio di ogni abitazione voci, rumori che sembravano provenire da luoghi lontani dove nulla assomigliava all’umano. Era l’occasione per ascoltare antiche storie, sapienti alchimie tra religione e superstizione, nell’attesa che la minestra maritata cuocesse nel tegame di creta posto ai bordi dei tizzoni che bruciavano nel camino. Per molte sere d’inverno, quando la luce mancava per giorni, erano la sola luce ad illuminare l’enorme stanza imbiancata a calce. Su quelle pareti le fiamme erano le impalpabili illustratrici di quelle parole che la nonna a volte scandiva, altre volte sussurrava. Giuseppina ha novantacinque anni. La vista ormai é andata e l’artrosi alle mani le impedisce di reggere qualsiasi cosa. La voce, però, é dolce un tantino rauca. Quando l’ascolta ne resta affascinata, soprattutto quando le parla dei personaggi della tradizione popolare. Lupi mannari, janare, fattucchiere di paese che a sentire la nonna, attendono riti e formule magiche per essere richiamate in vita. Un posto d’onore nei suoi racconti é riservato all’angelo che secondo l’anziana donna quando si ha paura basta invocarlo dal profondo dell’anima per poterlo scorgere a fianco. E’ un giorno di novembre e Caterina esce con le buste della spesa dal solito supermercato. Avverte prima come uno strappo e poi un dolore intenso che dalla spalla finisce dritto sotto il seno destro. Resta senza fiato. Si appoggia al cofano della macchina pensando ad un infarto. Un pensiero le attraversa la mente. Proprio non si aspetta di finire i suoi giorni in uno squallido parcheggio. Odora i profumi portati dalla pioggia, prossima ad arrivare, mischiati alle esalazioni dell’asfalto. Il vento le ha trascinato i capelli sul volto. Con un movimento rapido ha liberato gli occhi grandi, profondi e verdi dall’enorme manto di ricci castani. Vuole infilare nella serratura la chiave della centralizzata. Ci riesce. Si stende sul sedile posteriore. Trascorsi pochi minuti si sente meglio. Impreca contro se stessa. Del resto le buste sono pesanti. Crede di aver esagerato nel caricarsi come un mulo. Rimpiange di non aver portato fuori il carrello fino alla macchina. La temperatura é glaciale, nonostante sia autunno. La stagione si é presentata proprio male. Ricorda la telefonata della mattinata con la sorella. Nel paesino dell’Alta Irpinia una rigidità anticipata ha costretto a mettere fuori dagli armadi i giacconi imbottiti. Tornata a casa lascia le borse della spesa all’ingresso e si abbandona sul divano. Una sudata fredda le attraversa tutto il corpo come una lama di coltello. E’ sola in casa. Antonio, il marito, é di turno alla casa per anziani dove lavora come infermiere. Si alza con difficoltà. Le gambe sembrano piombo. Dopo il secondo bicchiere d’acqua e zucchero riprende colorito. L’orologio del soggiorno segna le diciassette e dieci. Decide di fare una doccia. E’ sicura che l’acqua caldissima e il bagnoschiuma preferito le porteranno via la stanchezza. Chiuso il miscelatore della doccia, infila le ciabatte e prende l’accappatoio che ha poggiato sul mobile di fronte. Si sente molto meglio. Strofina con energia le gambe quasi voglia scuotersi dal torpore. Continua con il resto del corpo in maniera più delicata. Dopo qualche decina di minuti lascia che l’accappatoio cada a terra sul tappeto. Resta nuda. Ammira il suo corpo e pensa che per una donna di quarant’anni si può ritenere soddisfatta. Apre un’anta del mobiletto posto a sinistra dell’enorme specchio che ha di fronte e prende la crema allo zenzero e orchidea. Inizia a spalmarsi dalle spalle per poi passare ai seni. Quando massaggia quello destro avverte come un grumo sotto le dita. Pensa a qualcosa nella crema. Forse ne ha messa troppa. Forse qualcosa all’interno. Forse si é solidificata. Pulisce le mani e rimette la dita dove ha avvertito una cosa grande come un cece. Lo sente, quasi le sfugge. Si guarda allo specchio e nota la zona del seno dove l’ha individuato. In testa é un groviglio di paure. E’ di nuovo un bagno di sudore. L’attesa di Antonio é interminabile. Continua a contare i minuti. Le lancette sono troppo lente. Prova a telefonare ma per la terza volta risponde la segreteria telefonica. Tiene a freno una crisi d’ansia. Guarda l’angelo in bronzo sul mobile antico del soggiorno. Tira un profondo sospiro. Poi, sente un rumore di chiavi all’ingresso. Antonio é rientrato. Si sente più sicura. Caterina in accappatoio suscita la meraviglia del marito. Lo abbraccia e si scioglie in un pianto liberatorio. Restano stretti fino a quando lei non gli confessa la scoperta che ha fatto uscendo dalla doccia. Lui la stringe ancora più forte. Antonio cerca di rassicurare Caterina. E’ tardi per mettersi al telefono e prenotare la mammografia. Comunque non c’é tempo da perdere. Durante la cena le voci vibrano di una palpabile malinconia. Gli sguardi bassi di lei non feriscono l’intimità dei due, vera forza della coppia. Il marito ammira la moglie lavare i piatti. Arriva alle sue spalle l’avvolge e la bacia sulla nuca, facendo riposare il volto su una spalla di lei. Caterina arrossisce, come le prime volte che si incontravano da fidanzati sotto le chiome fitte del tiglio secolare, guardiano di piazza Convento in paese. Quando vanno a letto Antonio spegne la luce e cerca il corpo di Caterina che si abbandona tra le sue braccia. Il nuovo giorno si annuncia con un caffè fumante ma il sapore é diverso. Il marito esce presto. E’ in ritardo al lavoro. Caterina vorrebbe chiamare la sorella al paese per comunicarle la sua angoscia. Desiste al solo pensiero che sarebbe scattato il passaparola in famiglia. Intanto, Antonio al centro unico di prenotazione aspetta il turno. Dopo un’ora é davanti alla dipendente. Il tempo di digitare le undici lettere e la risposta lo gela. Sei mesi di attesa. L’uomo vorrebbe sbottare ma si trattiene. Ricambia con una smorfia di rabbia e torna al lavoro. Nervoso, attende lo smonto. Quando timbra il cartellino, rientra e si dirige verso l’ufficio del primario. Bussa e ad aprire é proprio lui. Dopo una breve conversazione il medico gli scrive su un post-it un numero di cellulare. Giunto nell’atrio lo compone. Una signorina con garbo e speditezza gli comunica la data. Giovedì della settimana successiva. Costo, trecento euro. Il pomeriggio dell’esame Caterina é agitata. Prima di uscire mette qualcosa in borsa. E’ un angelo di peluche. La sala d’aspetto é strapiena. Non c’è il display con i numeri delle prenotazioni. C’è, invece, un’infermiera che chiama il cognome e accompagna all’interno dell’ambulatorio. Antonio guarda nervoso l’orologio e fa cenno a Caterina che con quel ritmo lento di visite, arrivati ad una certa ora, il medico di sicuro sospenderà. Si sono fatte le ventidue e restano ancora dieci persone. I due iniziano a prepararsi per quando l’infermiera avviserà che non tutti saranno visitati. Proprio in quell’istante la porta si apre. Esce il medico. Tutti si aspettano un rinvio, invece, si scusa per il ritardo e avverte che tutte le donne saranno visitate. Alle ventitré Caterina inizia la mammografia. Subito dopo é di fronte al medico. Ha il cuore in gola. Antonio ha un viso tirato. Il silenzio é rotto soltanto dal rumore dalla ventola del computer. Poi, tolti gli occhiali il medico inizia a scrivere su un foglio di carta intestata. La firma in fondo é per Caterina la percezione di una condanna. Guarda Antonio che non riesce a sostenere quello sguardo. Si gira dalla parte del medico che inizia a parlare. Spiega che c’è un piccolo nodulo ma non lo preoccupa. Le ha prescritto una cura e il controllo tra sei mesi. Escono dalla clinica baciati da una luna piena che a loro appare sorridente. Caterina stringe tra le mani l’angelo di peluche e si avvia verso la macchina. Dopo una settimana dall’esame Antonio fa una sorpresa alla moglie. Cumula tutte le ferie arretrate e organizza un viaggio al paese. E’ per Caterina più di una cosa inaspettata. Arrivano di sera. Nonna Giuseppina ha già preparato la stanza e una cena con pasta fatta in casa e dell’ottimo formaggio di capra accompagnato da asparagi e melanzane sott’olio. Quando vanno a letto Caterina scorge l’angelo in ceramica che da piccola metteva sull’albero di Natale. E’ sulla mensola ad aspettarla ogni volta che torna in paese. Lo prende tra le mani ed é una successione di ricordi. Si prende cura della memoria, come una lampada magica. Basta prenderlo tra le mani per leggere nella tenerezza di certi momenti trascorsi. Quando Antonio fa cenno di andare a letto, é felice. I due si cercano e fanno l’amore. Rientrati dal paese, il tempo trascorre seguendo la solita routine. Una sera, però, Caterina aspetta con ansia l’arrivo del marito. La notizia é troppo importante. Finalmente é incinta.
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Che bella storia Pasquale, delicata e leggera come una piuma. Con la dolcezza delle favole della buonanotte che potrebbe raccontare una nonna. E gli angeli, è vero, sono presenze che dall’irreale irradiano sul reale tutto il bene possibile. Dolcissimo