Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2017 “Berta e Leonida” di Gessica Scapin

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Berta e Leonida avevano in comune la rete di ferro dal colore verde scuro, e una parte di cinta che al termine della suddetta rete continuava a dividere i loro giardini fino al confine con il campo di granturco, di proprietà della Leonida stessa.
In comune non avevano però il gelso, che stava nel giardino di Berta, ma che allungava le sue fronde in quello di Leonida. Non avevano in comune neppure la vigna di Leonida, sebbene certi grappoli d’uva belli pieni si fossero fatti buoni – come diceva Berta – proprio dalla parte sua. Neanche gli animali erano in comune: il gatto era di Berta, il cane di Leonida. E poi c’erano i nipoti, che erano solo di Leonida, e il bucato sparpagliato nel giardino di Leonida, che in realtà era solo di Berta, non abituata all’uso delle mollette.
In comune, invece, oltre alla rete e alla cinta muraria, avevano gli anni passati a bisticciare – più di trenta – e il fatto di avere dei continui rimproveri l’una per l’altra. Per le foglie secche del gelso che Leonida doveva spazzare, per l’uva che Berta si sentiva in diritto di prendere, per i nipoti che schiamazzavano all’ora del riposo, per il cane che abbaiava troppo e il gatto che si allungava lento per provocarlo, e per quelle parti di bucato che Leonida immancabilmente raccoglieva e gettava a mucchio oltre la rete vicina. Va pur detto che in comune avevano però anche la tregua di qualche serata d’estate passata a ciarlare presso il confine, alimentata dal gusto per il pettegolezzo, e – infine – due mariti in pensione impegnati in “ombre” e Tre sette al bar del paese. Entrambi smettevano solo quando il pomeriggio si allungava sui tetti delle case basse, che si alternavano ai campi di granturco lungo la strada del ritorno. Spesso facevano il percorso insieme, e più o meno nello stesso momento Leonida e Berta sentivano aprire le porte del loro rientro a casa.
Anche per stazza e misura di pancia i loro consorti erano simili, ma ciò che Berta e Leonida non avevano di certo in comune, erano i momenti di intimità coniugale, perché mentre Leonida in qualche nottata fredda e sobria si sentiva ancora stringere vigorosamente dal marito, Berta conservava solo sfumati ricordi del piacere sessuale. E quando vedeva il consorte dormire rumorosamente in poltrona, pancia in evidenza, telecomando in mano, barba incolta e bocca aperta, quei ricordi venivano distorti a tal punto che non poteva più dire con certezza che ne aveva goduto. Sicuramente, però, avrebbe voluto goderne. Provava questo desiderio con un certo imbarazzo per via dell’età, che fosse di mal costume pensare al sesso a più di sessantanni? Finché le sue riflessioni sull’argomento trovarono epilogo con una presa di posizione, netta e irremovibile, di fronte ad un film su La 5 della Rosamunde Pilcher. Le pulsioni carnali dell’amore dovevano per forza appartenere a qualunque età. Anche alla sua.
Nei giorni successivi si rese però conto che nella libertà di poter provare tutta quella passione senza sensi di colpa, e quindi senza frenarla, diventava molto più forte il desiderio di soddisfarla.
Avere un marito avrebbe dovuto rendere le cose più semplici. Cucinò così per lui dolci manicaretti, e quando iniziò a solleticarlo dietro l’orecchio, fu ricompensata con un commento sulla delizia delle sarde in saor che aveva preparato. Poiché da anni non otteneva un complimento culinario dal marito con così tanto entusiasmo, pensò di essere sulla buona strada. Perciò la sera dopo, bigoli all’anitra e tiramisù. Vedendo gli occhi di lui accendersi ad ogni boccone, iniziò piedino sotto la tavola. A quel punto lo vide diventare rosso e spostarsi verso di lei. Pensò – non senza preoccupazione – di essere riuscita ad infiammarlo, ma lui aveva solo bisogno di fare un po’ d’aria. Dopodiché si risedette e chiese un’altra fetta.
Più tardi Berta era in bagno, tra l’infastidito e il rassegnato, a mettersi i bigodini, e mentre lui urlava Domani chiama Gino che qualcosa della televisione non funziona, decise che avrebbe aspettato qualche giorno a riprovarci.
Gino era a letto con la febbre e Berta scelse a caso dalle pagine gialle la ditta F.lli Semenzin. Promisero di arrivare nel giro di due ore e dopo un’ora e venticinque Leonida sbirciava seminascosta dalla tenda quel furgoncino bianco che si era malamente parcheggiato nell’ingresso di Berta. Scese un ragazzo bruno, che vide scomparire dietro il pesante tendaggio dell’ingresso.
Berta accompagnò il giovane sino al salotto, indicando la tv, e chiese – come ogni buona padrona di casa – se voleva un caffè. Lo voleva. Ma solo se di moka, perché l’espresso gli creava fastidi alla pancia – Come delle bolle, disse. Aveva delle espressioni del volto un pochino impacciate, ma dei modi così educati con tutti quegli scusi, posso, permesso, se si può, che erano delizie per le orecchie della donna. In attesa del caffè lo guardava lavorare. Lui le dava le spalle e lei osservava quei capelli che dovevano essere molto soffici, e pensò che forse aveva qualche peluria dello stesso colore anche sul petto, che non doveva essere affatto robusto – come le spalle, minute e curve – ma a cui non riusciva lo stesso a rinunciare di pensare.
Gli versò il caffè e si sedette accanto accavallando le gambe e con sorrisini abbondanti. Aveva tolto il grembiule e aggiustato i capelli con due forcine. Lui chiese il bagno. Berta diede chiare indicazioni verbali, e vedendolo cercare di forzare la porta dello sgabuzzino ebbe quasi una fitta al cuore. Una fitta piacevole per quella tenera goffaggine. Finirono poi di bere il caffè circondati dalla loquacità di Berta.
Dopo un quarto d’ora lui era andato (era risalito sul furgone seguito dagli occhi nascosti di Leonida). La televisione funzionava. Berta lo aveva pagato quasi sventolandogli addosso le banconote, e chinandosi in modo sinuoso. Lo aveva visto abbassare gli occhi e balbettare qualcosa arrossendo. Fu proprio in quel momento, a seguito di tanta timidezza, che la donna intravide la possibilità di condurre il giovane verso piaceri che forse non gli erano ancora stati svelati da coetanee troppo frivole per apprezzare il suo essere tenero ed inesperto. E per questa rivelazione, per questa possibilità inattesa, Berta quasi si aggrappò alla camicia pregandolo di tornare il giorno dopo. La lavatrice – diceva – la lavatrice fa strani rumori. Lui, senza mai tornare al colorito iniziale, disse di chiamare in ufficio. E Berta chiamò in ufficio per prendere un secondo appuntamento.
Nei giorni che seguirono Berta si dedicò molto alla lettura dei suoi romanzi d’amore, e ad ogni passaggio romantico socchiudeva le pagine e sospirava pesantemente. Sospiri che si alternavano al soffio profondo del coniuge addormentato sul lato destro del letto. Da fuori, a porta socchiusa, un ipotetico uditore avrebbe potuto scambiarli per anomali respiri d’amore.
Giovedì primo pomeriggio il cane di Leonida iniziò ad abbaiare. Leonida si accostò alla tenda e vide di nuovo il furgoncino F.lli Semenzin. Di nuovo malamente parcheggiato. Di nuovo lo stesso giovane dalla nuca stretta. E di nuovo lo osservò sparire dietro il pesante tendaggio. Non sapeva che dietro quel pesante tendaggio Berta aspettava il giovane con un abito a righe blu e bianche sopra ad una sottoveste pesca, e col cuore in gola.
Sebbene pregasse da giorni per un guasto improvviso, la lavatrice funzionava e Berta lo sapeva bene. Il tempo per agire era breve e lei – santa madonnina – non si ricordava neppure come fare. E se l’avesse rifiutata? Se suo marito fosse venuto a saperlo? Se Leonida – quel diavolo – avesse immaginato? Gli disse di procedere per il corridoio fino alla lavanderia, poi a destra, poi a sinistra. Lei lo seguiva. Quando furono davanti alla lavatrice Berta gli disse Fa uno strano rumore, e fece dei movimenti decisamente poco attraenti con la bocca, ma senza emettere suono. Lui stava prendendo troppo la faccenda sul serio, e le chiese Ma fa più ggggggg o fffffffffff. Lei risposte ggggggg e aggiunse credo. Poi, improvvisamente, spinse una mano incerta fra i capelli del ragazzo – esattamente come aveva immaginato di fare da giorni – procurandogli un sussulto. No, è che aveva un… moscerino, cercò di scusarsi. Ma chi voleva prendere in giro – santa madonnina – era il momento e doveva coglierlo. Le venne in mente Rosamund Plicher, Abbiamo una vita sola. Nessuno ci offre una seconda occasione. Se si lascia sfuggire qualcosa tra le dita è perduta per sempre. L’alternativa per lei era riprovare col marito, polenta e ossobuco. A questa prospettiva fissò il giovane con una nuova espressione, da materna cerbiatta divenne mantide certa della preda. E con un balzo felino da splendida sessantenne fu su di lui, scoprendo le cosce. Dopo un timido tentativo di resistenza lo sentì sciogliersi sotto la sua voluttà. Non era pensabile per i suoi reumatismi stendersi sul tappeto della lavanderia e lo accompagnò dolcemente al piano di sopra per consumare con avidità la sua passione.
Poco importava che Leonida, da fuori, le urlasse che stava volando via tutta la sua biancheria. E mentre il vento, alzatosi d’improvviso, trasportava i suoi capi oltre la rete, la cinta muraria e pure nel campo di granturco, mentre Leonida correva per raccogliere i pezzi maledicendo la Berta, e il cane le abbaiava intorno e il gatto guardava la scena annoiato, mentre il gelso perdeva foglie, e col furgoncino malamente parcheggiato in strada, Berta rivendicava il sacrosanto diritto suo e di tutte le ultra sessantenni ad una piena e godereccia sessualità.

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15 commenti »

  1. La semplicità della trama, il finale prevedibile ma niente affatto scontato, la naturalezza delle descrizioni, gli ambienti, gli stati d’animo pennellati qua e là, sono gli ingredienti di un racconto spassoso al punto da risultare disarmante.
    L’ho adorato. Bravissima.

  2. Uh! Un po’ in ritardo per ringraziarti?
    Facciamo un salto indietro.
    Leggo il tuo bellissimo commento.
    Il giorno dopo scrivo: grazie per il tuo bellissimo commento. Varrebbe da solo il piacere di aver pubblicato qui.

  3. GESSICA, mi è piaciuta la storia e soprattutto (finalmente ! ) la rivendicazione del desiderio sessuale femminile che non si spegne (maschietti permettendo ) con l’età, ma anzi! ALLA mia età mi sento libera da vincoli riproduttivi! L’unico appunto, ma divertente, è sull’idraulico …Poveri idraulici, ormai son destinati ad essere descritti bestie assatanate di sesso, dispensatori di felicità domestiche..E i poveri muratori , dove li metti? E le altre categorie?? THE best is : Ma fa più gggg o …Adoro l’humour sonoro! .ciao, ti aspetto a casa ..tranquilla, voglio dire Nei miei racconti ! LAURA

  4. Grazie Laura. Effettivamente lo stereotipo dell’idraulico dev’essere passato inconsciamente nella scrittura, ma non potevo certo mettere il muratore: lo è stato mio padre per buona parte della sua vita 🙂
    Adesso faccio un tè caldo e vengo a trovarti a casa tua.

  5. Meraviglioso Gessica, meraviglioso. Scrivi benissimo. Complimenti

  6. E’ talmente divertente nei contenuti che quasi passa in secondo piano che sia scritto divinamente. Ma lo è. Complimenti Gessica.

  7. Bravissima Jessica, delizioso racconto, scritto in maniera egregia, con eleganza e ironia, proprio brava

  8. Bello, con un sapore dolce, come ancora l’amore attorno a sessant’anni…….

  9. Davvero brava: mi sono ritrovata appesa alla lettura d’un fiato senza nemmeno rendermene conto.

  10. Vi ringrazio tanto, di cuore, tutti!!

  11. Chi è Berta, Gessica? Una tua vicina di casa? Dove l’hai vista per averla descritta così bene? Tra un televisore, bigoli e peti, furgoni parcheggiati male e rumori improbabili si arriva alla fine con grazia e piacere, con la consapevolezza che Berta ha tutto il mondo che tifa per lei. “Era il momento e doveva coglierlo” rende benissimo la situazione di apprensione e determinazione della donna. Proprio un gran bel racconto – santa madonnina!

  12. Nonostante abbia letto il tuo racconto alcuni mesi fa, ricordavo il titolo, i personaggi, l’intreccio. E questo dice tutto. Fluido, divertente, scrittura egregia e accattivante. E’ tra i miei preferiti. Secondo me, e sono sicura di non essere la sola, meriti un posto tra i vincitori.

  13. Grazie! Roberto, a dire la verità non so da quali pieghe dell’inconscio arrivi Berta, ma mi fa piacere che sia arrivata con tanto successo a tutti voi.
    Marcella, che dire del tuo splendido commento? Grazie grazie grazie.

  14. Gessica, mi sono molto divertita a leggere le tue descrizioni tanto vivaci e ironiche -ma più spesso feroci e sarcastiche-. Racconto ben scritto e molto efficace. Piaciuto tanto! Ti leggo solo ora perché ho inserito da poco i miei racconti e mi sono ripromessa di leggere tutti i vostri in ordine cronologico.

  15. Delizioso. Hai trattato un argomento serio (per le donne come Berta è sicuramente un problema serio) con un tocco leggero e ironico, senza pregiudizi. Brava.

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