Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2017 “Loro due” di Michela Di Renzo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Di solito vengono il sabato mattina. Io le vedo arrivare a braccetto dal fondo del corridoio, con gli occhiali da sole firmati pressochè identici a coprire la metà del volto, i capelli mesciati e raccolti sulla nuca, le scarpe a decollete nere, i cappotti scuri, dalla linea sobria, comprati nella migliore boutique del corso, i foulard di seta avvolti intorno al collo. Da lontano potrebbero sembrare sorelle tanto si assomigliano, ma io so che sono madre e figlia. Quella più giovane, la figlia, è lei che porta il mazzo di fiori. A volte sono rose, a volte anturium, a volte gladioli, otto, nove, dieci per volta, racchiusi in una sottile carta velina rosa e fermati con un elegante fiocco in tinta. E’ lei quella che li aggiusta con delicatezza nel vaso davanti alla tomba: quando i gambi sono troppo lunghi li taglia con un paio di forbicine che tira fuori dalla borsa, mentre la madre resta in piedi a guardare. Non si fermano a lungo, solo qualche minuto, il tempo di una preghiera pronunciata a voce bassa, con le mani giunte. Poi se ne vanno. Io le osservo con la coda dell’occhio mentre percorrono il corridoio in senso inverso finchè non girano l’angolo e scompaiono.

A volte mi chiedo se loro mi hanno mai notato, mentre mi appoggio al muro con le mani in tasca, nel mio giacchetto di pelle comprato al mercato, il mio unico paio di jeans sdruciti, la sigaretta tra le labbra, mentre faccio finta di guardare la tomba di un perfetto sconosciuto tre metri più in là. E poi mi dico, no, loro di sicuro non si sono mai accorte di me, loro di sicuro non mi hanno mai visto.

Chissà se si sono mai chieste chi è che ogni tanto lascia dei fiori accanto alla lapide, in basso, nell’angolo a destra, fiori di campo, margheritine, violette, ginestre, a volte persino rami di ortica, legati insieme da una mano maldestra con un filo di spago. Forse avranno pensato ad un vecchio paziente, uno di quelli a cui il professor Panzieri noto chirurgo ha salvato la vita oppure ad un collega che a distanza di anni ancora lo ricorda. Ma di certo non hanno pensato a me perché loro di me non si sono mai accorte, loro a me non mi hanno mai visto. Eppure io al cimitero ci capito spesso, alle ore più strane, d’estate e d’inverno. E guardando la figlia, quella più giovane, mi è parso persino che abbia le gambe incurvate, proprio come le mie, quelle di cui mi vergogno così tanto che non ho mai indossato una gonna; ed anche il mio stesso naso aquilino, quello che copro ogni giorno con un chilo di fard per farlo sembrare più dritto ma che prima o poi mi devo rifare. Anche se lei nell’insieme è molto ma molto più bella.

Poi un giorno ho deciso: “Ora le fermo prima che vadano via.” E l’ho fatto. Mi sono avvicinata con le mani in tasca perché non vedessero quanto tremavano e ho detto: “Scusate signore, io mi volevo presentare, io sono Sonia.” “Ci conosciamo?” ha chiesto la figlia guardandomi dall’alto in basso. Io lì per lì  volevo inventare una storia ma poi ho pensato ora basta, ne ho sentite troppe di  balle su come mai non avevo un padre che mi veniva a prendere a scuola, che faccio ora comincio anche io. Allora ho risposto con una voce strozzata e tutto di un fiato: “Sonia, Sonia Burrini, mia mamma era segretaria in Chirurgia, vent’anni fa.” Quella più vecchia si è avvicinata, si è tolta gli occhiali da sole, mi ha squadrato bene, per lungo e per largo studiando per qualche secondo il mio naso e poi ha risposto: “Ma senti.” La giovane invece ha distolto la sguardo aggiustandosi il foulard di seta firmato. Io all’improvviso ho avvertito una grande stanchezza, come quando a ginnastica correvo più veloce di tutte ma dopo mi sdraiavo per terra tanto ero fiacca. Loro due hanno ripreso le loro cose con calma e se ne sono andate, senza nemmeno un saluto.

Ma io sabato prossimo qui ci ritorno.

 

 

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5 commenti »

  1. intenso, forte e commovente come un caffè amaro: la descrizione dei dettagli dà un crescendo misterioso al racconto, che procede per allusioni e tristezze anziché per impatti diretti. Una malinconia trasversale, mirabile

  2. Forte. La voce della protagonista emerge prepotente furibonda intensa. Dalla timidezza alla rivendicazione di un ruolo che le spetta, quello di restate accanto alla tomba.
    Mi piace davvero molto.

  3. Un bel racconto con una descrizione accurata dei particolari che derivano da un sentimento talmente forte che deve essere rivendicato. Una nota malinconia, dolente con la giusta dose di ironia. Brava Michela.

  4. Trattasi di un racconto che ha bisogno di essere metabolizzato ed assorbito piano.Lo lessi appena pubblicato, spesso vi ho pensato e, come mi succede per i racconti che mi piacciono colpiscono e commuovono, lo commento molto dopo.Il fatto è che per me.. è un fatto..vero!! È la storia di un mio amico! un carissimo amico e di suo padre, dalla doppia vita. Hai descritto meravigliosamente bene le due ‘acide’ , solitarie, e morte come i morti che vanno a trovare, che sembrano uscire da ‘Novelle per un anno’ di Pirandello.FAi bene a tornare , Michela, insisti , insisti, con Loro due ..(metafora per dire che sei brava e che devi insistere a scrivere!). Ciao

  5. Michela, tenero, forte, pieno di contrasti. Intenso e scritto bene.

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