Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “La Regina delle Stelle” di Luigi Giampetraglia (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Piccolamè non aveva nessuna voglia di dormire sola, ma la sfuriata di suo padre non lasciava granché spazio alle trattative.
Non avevano funzionato nemmeno gli occhioni da cerbiatto e il labbro tremulo.
E le urla disperate, i singhiozzi e le barbie lanciate contro la porta come tante granate avevano avuto il solo effetto di radicare Papà nella sua decisione.
“Adesso dormi!” aveva tuonato sbattendo la porta e precipitandola nel buio.
Piccolamè aveva paura del buio: nell’oscurità i rami che graffiavano il vetro erano dita di strega pronte a ghermirla e gli schiocchi sordi che sentiva, legnetti spezzati sotto il passo di orchi.
Piccolamè si infilò sotto le coperte, abbracciò il vecchio Bill, l’asinello di pezza che gli aveva regalato sua madre, e allungò la mano verso il comodino.
Clic
Luce, finalmente!
Una luce verdognola, aliena, filtrata dalla plastica economica dell’abat-jour dell’Ikea.
“Sembra un film di fantascienza,” disse a voce alta per farsi coraggio “uno di quelli che guarda sempre Papà, con quei mostri coi tentacoli e le zanne…”
Tump-tump
Qualcuno alla finestra…
Piccolamè puntò l’abat-jour verso le tende e scivolò fuori dal letto.
Per un istante ebbe la tentazione di scappare e…
No, Papà l’avrebbe di sicuro mandata via.
Tump-tump
Ancora quel suono, come se qualcuno stesse battendo contro il vetro.
“C’è qualcuno?”
Un fascio di luce gialla spalancò le ante come una violenta folata di vento e sulla soglia comparve un nano in tuta spaziale, con un paio di baffi lunghi fino al petto e un casco lucido sotto al braccio.
“Principessa?”
Piccolamè fece capolino dalla scrivania sotto la quale si era rifugiata.
“Chi sei?”
“Il mio nome è Keitro,” si presentò l’astronauta “la Regina delle Stelle mi ha affidato il compito di condurvi subito a Stella Paradiso”
“La Regina delle Stelle? E chi è?”
“Una che è meglio non far arrabbiare: andiamo!”
“Ma io non posso!”
“Gli ordini della Regina non si discutono”
“Ma…”
Keitro non le lasciò il tempo di finire, le puntò contro il fucile laser e… Sparaflash!

La prima cosa che vide quando riaprì gli occhi fu un oblò di rame, affacciato su un cerchio di velluto blu puntellato di stelle.
Bill era accanto a lei, gli occhi di bottone, il musetto imbrigliato in un laccio da scarpe.
“Sveglia?”
Piccolamè piantò i gomiti nel materasso e si raddrizzò.
“Dove siamo?”
Keitro le allungò una tazza fumante e consultò la stazione digitale sospesa nell’angolo opposto della cella.
“Stiamo transitando proprio ora al largo di Sirio”
Piccolamè guardò fuori dall’oblò.
“E quello cos’è?”
“Cosa?” chiese Keitro infilando la testa nel cerchio di rame.
Piccolamè strinse più forte la tazza e la spaccò sulla testa del nano.
Keitro si accasciò sulla moquette privo di sensi.
Piccolamè si concesse un urlo di giubilo poi raggiunse la tastiera ancora alla porta e cominciò a pigiare dei numeri a caso.
“Identificazione non valida!” gracchiò una voce metallica. “Identificazione vocale attiva!”
“Sono, ehm, la Principessa”
“Riconoscimento vocale avvenuto: prego Principessa”
La porta sparì nel vano laterale e Piccolamè si ritrovò catapultata nella cabina di pilotaggio.
Si mise subito seduta al posto del pilota e riprese a digitare tasti a casaccio sul supporto digitale che spuntava dal bracciolo.
Un istante dopo avvertì un ronzio alle sue spalle e quando si voltò si ritrovò faccia a faccia col fucile di Keitro.
“Posso spiegare tutto!” disse mettendo le mani bene in vista.
Biiip… biiip-bip-biribbip…
“Cosa c’è adesso?”
Il volto spigoloso di Keitro si velò di angoscia.
“Che hai toccato?”
“Niente” mentì Piccolamè.
“Spostati!”
Piccolamè si fece da parte e Keitro scavalcò lo schienale con un salto da scimmia.
“Hai inserito la velocità supersonica!” trasalì.
“E tu non…”
Ma prima che potesse finire la frase un vortice di luce abbacinante li inghiottì come una pastiglia per la febbre e li scaraventò nell’iperspazio.

“Ah-ahh”
Era la seconda volta in poche ore che si ridestava da uno svenimento. Un record, considerando che in vita sua non era mai svenuta. Keitro era accanto a lei: la piccola testa a uovo stretta tra le mani guantate, la bocca atteggiata in una smorfia di fastidio. Doveva averla trascinata fuori dalla navicella perché adesso erano al centro di un grande spiazzo brullo.
“Come stai?”
“Come vuoi che stia? Stupida ragazzina viziata!”
“Ehi!” protestò Piccolamè. “Non puoi parlarmi così!”
Keitro imprecò in una lingua incomprensibile per Piccolamè, un misto di lapino e glum che si parlava sul pianeta da cui proveniva.
“Ti rendi conto di quello che hai fatto?”
“Io non ho fatto proprio niente”
Keitro sollevò una mano per dissuaderla dal continuare.
“Lascia stare, abbiamo altro di cui preoccuparci ora…”
“Tipo quelli?”
Keitro imbracciò il fucile e lo puntò verso le cose che stavano emergendo dal terriccio argilloso.
“Cosa sono?”
“Non lo so!” ammise l’astronauta cupo.
Quando completarono l’emersione Piccolamè realizzò che somigliavano tantissimo a delle lumache, con tanto di occhi retrattili sulla fronte.
“Noi diamovi su Luscho benvenuto!” farfugliò il più alto dei lumaconi.
“Parlate la nostra lingua?” domandò Piccolamè sorpresa.
“Tutti parlano la lingua della Regina delle Stelle” le spiegò Keitro.
“Davvero?”
Il lumacone si passò la lingua su un occhio, costringendo la bimba a distogliere lo sguardo disgustata.
“Fa cosa qui voi da noi?”
“Abbiamo avuto un problema col pilota automatico” mentì Keitro.
“Aiutare posshiamovi?”
“Forse sì,” azzardò l’astronauta “siamo finiti fuori rotta e se non troviamo del super-carburante non riusciremo mai a raggiungere Stella Paradiso in tempo”
“Per in tempo cosha?”
“La Principessa è attesa dalla Regina delle Stelle per domani sera!”
“Principessha? Eh?”

La navicella spaziale dei luschani aveva la forma di un gigantesco waffle triangolare.
Piccolamè e Keitro erano stati confinati in un’area di detenzione termica, dove ci tenevano anche dei prosciutti di Pobi e delle forme di cerume di Blush, grosse come ruote di carretto.
“Per tutte le lune di Giove! Mi sono fatto fregare come un Monocolo Alloccoide!”
“Un che?”
“Una delle creature più stupide dell’Universo!”
“E adesso?”
Keitro si lisciò i baffi pensieroso.
“Uhmm, credo che tratteranno la tua consegna direttamente con la Regina”
“In cambio di cosa?”
“Questo dovresti chiederlo a loro”

La navicella luschana fu scortata su Stella Paradiso dai caccia dell’Impero.
I quattro lumaconi che ne discesero conducevano due prigionieri, entrambi incappucciati e con i polsi legati dietro la schiena.
“Motivo della visita?” barrì l’imponete Ispettore che gli si parò davanti.
Uno dei lumaconi esibì un sorriso che doveva sembrare beffardo ma che l’Ispettore interpretò come un’espressione di nausea, di quelle che, di solito, preludiano al vomito.
“Scopriremo cosa ha mangiato stamattina signore?”
Il lumacone tornò serio e trascinò verso di sé uno dei prigionieri.
“Qualcosha noi abbiamo che di Regina è!” disse con quel suo modo irritante di strascicare le parole.
“Vediamo!” lo invitò l’Ispettore senza scomporsi.
Il luschano sfilò il cappuccio al prigioniero e restò in attesa.
“Ma quello è…”
“Keitro Phum, deschtrobraccio di Regina!”
“E lui?”
“Lei” lo corresse il lushano “sorpresha è per Regina!”
L’Ispettore si lisciò la proboscide e aggrottò le folte sopracciglia cespugliose.
“Conduceteli subito a Palazzo!” ordinò alle guardie rimaste qualche metro più dietro.

I cappucci luschani erano fatti di un materiale speciale che non si limitava a privare della vista ma inibiva anche gli altri sensi.
Ecco perché, quando qualcuno sfilò il cappuccio dalla testa di Piccolamè, la bambina ebbe un iniziale istante di sbandamento.
Immagini, profumi e suoni la investirono con la forza di un piccolo tornado.
E le ci volle un po’ per realizzare che si trovava…
“Benvenuta a Stella Paradiso Piccolamè, io sono la Regina delle Stelle!”
La donna che aveva parlato era seduta su un trono di cristallo o forse di ghiaccio, difficile a dirsi.
Indossava una lunga veste bianca, come quella di una sposa.
Il viso era celato da un velo bucherellato e nella mano destra stringeva uno scettro d’oro, con una sfera blu in cima picchiettata di stelline gialle.
“Siete bellissima!” le disse Piccolamè estasiata.
“Grazie”
“Ciancio alle bande!” strepitò il lumacone afferrando la bimba per i capelli.
La Regina delle Stelle scattò in piedi.
“Lushano: avevamo un patto!”
“Prima Certificato vediamo!”
La Regina fece un cenno all’Ufficiale con la faccia da mulo che le stava accanto.
L’Ufficiale annuì, sfilò una pergamena dal panciotto e la allungò al lumacone.
“Da questo momento la Terra è sotto il vostro dominio!”
“Che?” sbottò Piccolamè mentre il suo carceriere la liberava dai ceppi. “Voi non potete!”
“Noi già potuto!” esultò il luschano sghignazzando.
“Regina?”
“Un patto è un patto: la Terra in cambio di… te!”
Piccolamè ringhiò come un furetto rabbioso.
“No!” sbottò strappando la pergamena dalle mani del lumacone.
I quattro lushani puntarono subito le alabarde contro Piccolamè.
“Ridà ora o noi spara!”
Piccolamè indietreggiò di qualche passo e finì tra le braccia di…
“Keitro!”
“Sta giù!”
La bimba si accucciò ai piedi dell’astronauta.
Keitro sparò una, due, tre volte, colpendo tre dei quattro lushani in una sequenza da film western. Il quarto provò a scappare verso l’uscita ma finì contro il pancione dell’Ufficiale con la faccia da mulo.
“Ottimo lavoro Bill!”

La Regina si chinò verso Piccolamè e le accarezzò una guancia col dorso della mano.
“E’ proprio vero che ci somigliamo!” disse scostando il velo che le nascondeva il viso.
“Mamma!”
“Shhh!” la zittì dolcemente la Regina. “Se ti ho fatta venire fin quassù è perché sono preoccupata per tuo padre”
“Lui è sempre arrabbiato da quando tu…”
“Non è solo colpa sua, anche tu sei cambiata: sei indisponente e dispettosa…”
“Sì, ma lui è così… diverso!”
La Regina sorrise.
“Quando le persone soffrono finiscono per farsi del male da sole. Da quando non ci sono più vi sentite entrambi soli… ma non lo siete, lui ha te e tu hai lui: è questo che dovete capire!”

“Papà!”
L’uomo seduto sul portico poggiò il bicchiere sul tavolino e si voltò.
“Che c’è Piccolamè?”
“Posso stare un po’ fuori con te?”
“Sì… certo”
Piccolamè saltò sulle ginocchia del padre e appoggiò la nuca contro la sua spalla.
“Mamma inventava sempre un sacco di storie sulle stelle” disse puntando il dito verso il cielo notturno.
“Io non sono mamma!”
“Non voglio che mi racconti delle storie: voglio solo che ascolti!”
“Ascoltare cosa?”
Piccolamè indicò la stellina che brillava sulla punta della falce lunare.
“Quella lassù è Stella Paradiso. Mamma vive lì adesso… anche se nessuno più la chiama Mamma”
“Ah sì? E com’è che la chiamano?” le chiese suo padre passandogli le dita tra i capelli.
“Regina, perché lei è… la Regina delle Stelle!”

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2 commenti »

  1. Molto dolce e fantasiosa. Solo una cosa non ho capito: la bambina ha sognato tutto, l’ha immaginato o cosa? Lo so, sono tarda.

  2. Silvia non sei affatto tarda… Diciamo che l’effetto ‘non ho capito bene’ un po’ è voluto… Sono felice ti sia piaciuto comunque. E grazie per essere passata.

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