Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “I ragazzi e il professore” di Andrea Iannamorelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Quello che vuole Dio”, avrebbe detto mia madre, già da qualche anno nell’aldilà; lei fervente cattolica, apostolica-romana, credente e praticante. “Sia fatta la volontà di Dio”, avrebbe certamente aggiunto, sospirando, all’ascolto della notizia choc delle dimissioni del Papa. Ed il suo “sospiro” sarebbe stato ancora più lungo e profondo nel sentire l’addetto-stampa del Vaticano assicurare perentoriamente i colleghi giornalisti: “Entro Pasqua avremo un nuovo Papa”; un sospiro che avrebbe manifestato un dissenso inespresso; lei, non abituata a dissentire, davanti a Dio; se forzata, preferiva farlo riservatissimamente, certamente senza darlo a vedere. Infatti, non le avevano forse insegnato che è lo Spirito Santo che regolamenta tutte queste operazioni? Non ci aveva, lei, sprecato una vita a convincermi di questo…(e già s’era mostrata molto perplessa quando le raccontai di aver studiato che per eleggere Gregorio X, a Viterbo, ci vollero più di mille giornate di inutili votazioni e che si arrivò alla proclamazione soltanto dopo aver “affamato” i cardinali e averli presi per freddo, perché si ritenne, da parte del Capitano del Popolo, di dover scoperchiare il tetto della sala del Conclave, pur di far cessare quell’assurda contrapposizione “politica” che impediva la scelta del successore di Clemente IV°……). “Queste cose insegnano a scuola?”chiese incredula; “vatti a confessare”, sentenziò.

Professo’, ha fatto proprio come Celestino!” osservarono subito i ragazzi.

Oddio, andiamoci piano con l’accostamento tra Papa Benedetto e Celestino; è meglio metterlo momentaneamente da parte” rispose subito il professore; ”anche se bisogna dire che Benedetto ha ridato una certa dignità a Celestino, sia per i gesti compiuti a L’Aquila, dopo il terremoto (il pallio), sia per le cose dette a Sulmona (attribuendo a Pietro da Morrone… “coscienza” e “coraggio”…). Certamente, se le sue dimissioni provocheranno atti capaci di dare una serie di risposte alle problematiche complesse, poste dalla sociologia laica contemporanea, che la Chiesa cattolica in questi decenni ha sempre tentato di scansare e alle questioni più o meno oscure di cui si parla in questi giorni, a proposito del Vaticano, allora sì che saremmo di fronte ad un gesto “politicamente” stravolgente ed innovativo!….”.

 

Era l’ultimo martedì di Carnevale, il 12 febbraio del 2013, il giorno nel quale il professore si ritrovò a discutere con i suoi allievi dell’evento e l’imbarazzo era evidente.

I ragazzi chiedevano a lui, docente di Storia, come leggere la cronaca di quella giornata.

Non sarà uno scherzo?” aveva provocatoriamente chiesto Andrea.

Altro che scherzo…” aveva risposto Maria, “questa è l’esplosione di un uomo che non ce la fa più. L’età è quella che è, magari la salute è anche poca, la situazione nel Vaticano diventa sempre più ingovernabile…e lui ha pensato bene di dare una scossa. Magari nei prossimi giorni ne sapremo di più. Per ora…”

Per ora – interloquì il professore – resta un dato: Ratzinger, che ha segnato la sua missione con una dichiarata lotta alla relatività del mondo nel quale viviamo, con questo suo gesto ha dato un significativo impulso all’umanizzazione della funzione papale, quindi alla “relativizzazione” di tutto, anche di ciò che mamma mia riteneva inattaccabile ed indiscutibile: la volontà di Dio. A meno che…”

A meno che?”, chiesero, quasi in coro, i ragazzi…

“A meno che, riprese il professore, Dio stesso, come in alcuni fatti narrati nell’Antico Testamento, stanco di assistere passivamente alla corruzione imperante nel mondo, non abbia deciso di dare un segnale del limite (?) oltre il quale non è proprio possibile andare!…”.

“Bella raga’…ci piace”…esclamò Andrea. “Va a fini’ che Dio ci ascolta!..Professo’ ci ritroviamo a commentare i giorni del Conclave? Qualcosa mi dice che sarà una bella battaglia! Ma i commenti li dobbiamo fa’ con l’ottica sua e di quella che sarebbe stata…l’ottica di sua madre! Che ne dice?”.

Studiate!..” rispose, sorridente, il professore, salutandoli; oggi è Carnevale, ma domani interrogherò.

No!..” fecero in coro i ragazzi….

E il gruppo si sciolse tra risatine più o meno compiacenti.

E’ bello fare scuola così” osservò Maria, salendo sul motorino di Andrea.

 

 

La mattina del 14 marzo, quando il professore entrò in aula, i ragazzi erano in subbuglio. Tanti giornali sui banchi, tutti a leggere a voce alta l’articolo più intrigante per ciascuno. Tutti ad ascoltare tutti.

Il protagonista, al centro dell’attenzione collettiva, era Lui, l’uomo “venuto dalla fine del mondo”, Jorge Maria Bergoglio, un argentino di 76 anni, figlio di una famiglia di emigrati piemontesi, che si era voluto chiamare Francesco.

Che ne dice, prof, del miracolo?” chiesero, quasi in coro.

“Dio vede e provvede” fu la risposta immediata.

Anche sua madre avrebbe detto così?”

“Anche lei, anzi, lei per prima… Guardate i segni, ragazzi, e date loro la giusta rilevanza: prima di tutto l’assenza della mantellina rossa con pelliccia e la scelta di una croce di metallo non pregiato; poi l’inchino alla piazza, quando è comparso, a sottolineare subito l’intenzione e la predisposizione al servizio; ancora, la richiesta semplice del silenzio, la voce di quel silenzio, rispetto al clamore che caratterizza il mondo nel quale viviamo e al clamore che la situazione del Vaticano, in questi ultimi tempi, ha generato…Sono tutti segni forti, segni che danno una lezione: la richiesta, ripetuta, di pregare per Lui, Lui che prega con tutti; la residenza a Santa Marta e non negli appartamenti vaticani…e ancora: un gesuita-francescano…

“Infatti” l’interruppe Andrea “io l’avevo detto che la cosa più grande è che si sia fatto chiamare Francesco…”

“…-riprese il professore- ma stai bene attento a collegare le due cose: non è soltanto un francescano, Bergoglio, è un gesuita, francescano; cioè, nella cultura della chiesa cattolica, Lui è un combattente votato al servizio, uno che vuole utilizzare l’arma dell’esempio e dei comportamenti…esempio e comportamento che gli altri saranno chiamati a seguire….”

Comunque è stata una sorpresa enorme – fece Maria, prendendosi attenzione e parola -…Non era tra i papabili, cosa scritta sui giornali; è stato eletto soltanto alla quinta votazione; viene dall’America Latina, ed è la prima volta che un Papa non sia europeo; è uno che ama il tango ed il calcio, è stato fidanzato…”

Sì, Maria, tralasciamo queste cosette…evitiamo di leggere i segni di Papa Francesco, con gli occhi del Grande Fratello…nostrano – riprese il professore -.  La cosa importante è che a me pare che con l’esito di questo Conclave la Chiesa cattolica manifesti il passaggio da una sorta di deficit di testimonianza  all’esaltazione del valore della testimonianza. Lo dicevamo anche il giorno in cui abbiamo commentato l’abdicazione di Ratzinger…ora si tratta di vedere, e lo vedremo presto, se ci sono le condizioni per attuare il Concilio Vaticano II° in quelle parti nelle quali, quel Concilio, pur vecchio di cinquant’anni, ancora non è stato attuato. Io direi, se siete d’accordo, che la sfida è questa…”

“E Francesco Papa ha le carte in regola, per fare la rivoluzione, Lui che viene dalla fine del mondo, da un mondo che ha bisogno di più attenzione di noi…che è tutto dire!….”concluse Andrea.

Bene” riprese il professore “ora, però, riprendiamo il nostro discorso sulla nascita della Costituzione Italiana…dove eravamo rimasti?….”

“All’incontro, nella Costituzione Italiana, tra moralità ed eticità…” fece Pietro.

Certo – rispose il professore – vi stavo parlando del contributo di La Pira al dibattito tra i costituenti e al ruolo forte che ebbe la componente cattolica nell’elaborazione della Carta costituzionale…in breve, moralità ed eticità, nella nostra Costituzione si incontrano, si riconoscono, in qualche modo si identificano, perché la persona, nel concetto tracciato nella Carta costituzionale, costruisce la propria identità in relazione al rapporto con gli altri… sentendo il dovere morale di partecipare alla costruzione di un bene comune…”

Diceva queste cose il professore ai ragazzi, ma aveva la mente altrove.

Pensava che sarebbe stato complicato dire ai ragazzi, soprattutto fargli capire, come erano andate davvero le cose, come si fossero deteriorate le certezze dei Costituenti soprattutto dalla fine degli anni settanta in poi, dall’assassinio di Aldo Moro, in particolare. Sarebbe stato complicato, ora che si delineava una lunghissima battaglia elettorale da concludere semplicisticamente con un SI’ o con un NO su questioni così complesse…“Poi dicono che spetta alla scuola, educare!”…pensava.

 

 

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1 commento »

  1. Lo spessore morale dei personaggi di cui hai narrato rende il tuo racconto reale. Infatti oggi se ne parla proprio così, con poche parole e poco dibattito, e non è certo colpa della scuola. Bravo.

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