Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “Faccia a faccia (Come in uno specchio)” di Alessio Bianco

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Nero prete che attraversa il mondo. Non ricordava più a quale grande scrittore appartenesse questa frase, ma era certo che si trattasse di un autore che visse tra Otto e Novecento, e da quelle parole si sentiva rappresentato pienamente. Sentiva di essere stato prescelto per una importante quanto ardua missione di evangelizzazione del mondo intero, e si sentiva pronto a viaggiare in lungo e in largo senza sosta, fino alla morte, per riuscire nel suo intento. E il vescovo si fidava di lui e del suo entusiasmo, inviandolo qua e là per la diocesi con compiti da predicatore in tridui, novene e feste patronali.
Di fronte a lui prese posto un ragazzo che parlava al telefono senza curarsi di essere ascoltato;
«Ah sì? Veramente?»
L’intervallo tra una breve frase e l’altra veniva allietato da un mezzo sorriso, ma molto luminoso. Era evidente che all’altro capo del telefono qualcuno gli dava una piacevole notizia.
«E quanti ne prendono?»
Fabio cercò di indovinare di che cosa si parlasse in quella telefonata. Quel ragazzo era all’incirca della sua stessa età, vestito però in modo più sgargiante, e più colorato, rispetto al suo abito talare.
L’ultima domanda che lo sconosciuto porse al suo interlocutore appariva indecifrabile: quanti ne prendono? Ma di che? Forse si riferiva a degli amici che stavano per acquistare qualcosa, magari cibo per una cena fra di loro; in tal caso poteva trattarsi anche di bottiglie di bevande alcoliche… ma no, no, la domanda diceva chiaramente “quanti”, non “quante”. Più probabilmente poteva trattarsi di chili di pesce o carne da cuocere alla brace.
Intanto lo sconosciuto, che non rinunciava ad aggiustare il folto ciuffo biondo con un rapido e misurato gesto della mano libera, intercalava la conversazione con monosillabi nasali, e continuava a guardare fuori dal finestrino.
Fabio invece guardava lui, e lo vedeva accavallare prima una gamba e poi l’altra, gesto che metteva in risalto i suoi pantaloni a scacchi, di quelli che lasciano scoperti parecchi centimetri di gamba, e le scarpe di due colori, bianche sulla punta e nere sul tacco. Un simile abbigliamento, pensava, proprio non faceva per lui, neanche prima di prendere i voti aveva mai sentito l’esigenza di vestirsi in quel modo, ma c’era gente oggigiorno che al contrario ne faceva largo uso, e con disinvoltura.
Il treno affrontava ora una larga curva proprio sopra il lago, mai visto così esiguo: non pioveva da lunghi mesi, e il bacino veduto dall’alto pareva una grande pozzanghera. Erano affiorati scogli e isolotti mai visti, verso il centro del lago, e alcuni corvi vi dimoravano indisturbati. Di questo passo ancora qualche settimana…
«Tentar non nuoce!» disse lo sconosciuto, risvegliando bruscamente Fabio dai suoi pensieri sulla siccità. Una frase fatta, inutile per capire di che cosa si parlasse in quella lunga telefonata, arida di parole quasi come il clima degli ultimi tempi.
Sempre gli stessi monosillabi, ripetuti più volte, questa volta però ad occhi chiusi e con espressione stanca, o forse preoccupata;
«Siamo tutti nella stessa barca, si sa…»
Ancora? Ancora un proverbio, “ma allora è un vizio” pensava Fabio. Ricordava che una sua vecchia zia aveva una sfrenata passione per i proverbi, e lo coinvolgeva suo malgrado in vere e proprie sfide, un quiz fatto di proverbi a metà, da completare nel minor tempo possibile, ovviamente. Lui accettava mal volentieri di partecipare al gioco, anche se poi finiva piacevolmente per imparare un nuovo modo di dire; nuovo per lui si intende, perché la zia lo declamava con ovvia sicurezza.
Comunque, non nutriva molta simpatia per i proverbi, e si interrogava spesso sulla loro reale utilità.
Lo sconosciuto di fronte a lui invece pareva abituato a servirsene e, per quanto era possibile capire, il suo interlocutore non ne provava fastidio.
«Va bene amore mio, grazie. Ti richiamo appena arrivo… ti amo anch’io».
Ah ecco, amore mio! Allora parlava con la sua ragazza… sì, niente anello, non dovrebbe essere sposato… ma perché non gli era venuto in mente? E a giudicare dalla gentilezza riversata in quella frase poteva trattarsi di una storia d’amore appena nata, o forse no, data l’indifferenza che lo sconosciuto dimostrava nei confronti di Fabio… non si era preoccupato di essere ascoltato in un momento tanto intimo.
Il treno avrebbe corso per un’altra buona ora, senza fermate intermedie, e Fabio riteneva impossibile terminare il viaggio senza scambiare almeno una parola con lo sconosciuto. Ma questi non aveva ancora chiuso la telefonata, che continuava con altre tenerezze:
«Sì mi manchi tanto anche tu, sei il mio unico amore…anche io? Davvero?…»; le solite frasi tra innamorati, pensava Fabio.
Gli innamorati, infondo, son tutti uguali, e anche Fabio appartenne a questa categoria, in passato.
Osservando gli occhi e i capelli scuri del misterioso passeggero Fabio tentava di abbinargli una ragazza; non troppo bassa, perché lui sfiorava senza dubbio il metro e ottanta; probabilmente dai colori chiari, per contrastare un po’ coi suoi… e chissà dove si trovava! Lui viaggiava andando verso di lei o allontanandosene? A giudicare dal tono nostalgico dei suoi sospiri, era più probabile che se ne stesse allontanando.
«Va bene, ti richiamo subito, ciao ciao ciao…»
Finalmente l’inconfondibile gesto del dito sullo schermo del cellulare, e la telefonata ebbe fine. Ma subito lo sconosciuto riformò il numero, e alla risposta si divertì un mondo:
«…ma come, sei tu che mi hai detto di richiamarti subito!» esclamò con finta meraviglia, «va bé va bé, a più tardi, ciao amore!»
Adesso il telefono finì nella tasca destra del giubbotto, mentre il ragazzo continuava a sorridere dello scherzo riuscito, e la telefonata poteva dirsi ufficialmente conclusa, dopo questo giochetto quasi infantile… da innamorati, del resto.
Sarebbe nato un breve dialogo fra i due passeggeri? Fabio non ebbe il tempo di far nascere in lui questo dubbio, perché lo sconosciuto gli rivolse la parola immediatamente, dandogli del tu, come si usa tra giovani:
«Avresti una sigaretta… ma si può fumare qui?»
«Mi dispiace ma devo rispondere con due no: non ho sigarette e qui è vietato fumare. Forse c’è un vagone infondo dove si può…»
«Va bé dai, manca poco alla stazione. Ne farò a meno».
Detto questo parve rabbuiarsi, il luccichio dell’innamorato che durante la telefonata non accennava a diminuire era svanito.
Fabio si presentò, e ottenne risposta:
«Marco, piacere».
«Fumi molto?»
«Mah, non quanto prima. Sto cercando di smettere ma… quattro o cinque al giorno le fumo ancora. Tu?»
«No io mai… qualche anno fa ho assaggiato un tiro di sigaretta, uno di sigaro e uno di pipa. Tutto qui».

«Insomma, sei un prete?»
La frase di Marco non suonava come propriamente interrogativa, era quasi un’affermazione in attesa di logica conferma, che arrivò puntuale:
«Sì, don Fabio. Ma mi presento sempre come “Fabio”, soprattutto ai giovani, non voglio che sentano distanza da me solo perché sono un prete… sai oggi si è un po’ diffidenti verso il clero.»
«Beh, in effetti una certa distanza la sentiamo».
«Ma perché? Non siamo forse tutti uomini come voi?»
«Sì, sì… certo, ma non in quel senso. Parlavo di mentalità, ma forse non è il caso di continuare».
«E perché mai… temi forse un confronto con un Sacerdote? Guarda che anche io sono stato nel mondo, proprio come te… non so se è chiaro…»
«In che senso?»
«Ecco, senza volerlo ti ho ascoltato mentre parlavi con la tua fidanzata… al telefono… mi sono un po’ rivisto nei tuoi atteggiamenti… anche io ero fidanzato, e stavo per sposarmi.»
Marco sgranò gli occhi e si tirò su sul sedile, come preparandosi ad una lunga conversazione;
«Ah sì… la mia fidanzata, certo. Beh, allora ricordi cosa vuol dire essere innamorati, ma se ti imbarazza parlarne lasciamo stare.»
«Per quale motivo dovrebbe imbarazzarmi parlarne, noi preti non parliamo d’altro, sai? È che la gente non ci ritiene in grado di parlarne solo perché abbiamo rinunciato alle donne, ma siamo molto più preparati di quanto pensiate.»
«Posso chiederti una cosa?… ecco, hai trovato ridicolo il mio modo di parlare con… con la mia ragazza?»
«Ma niente affatto! Se ti dico che mi son rivisto in te… gli innamorati son tutti uguali, mica devi vergognarti delle tenerezze, anzi! Sono essenziali! Si vede subito che il vostro amore è autentico e che è destinato a portare frutto, sempre che regni fra di voi onestà e fiducia.»
«Mi stai facendo una predica da matrimonio?»
«Eh sì, hai ragione, ci somiglia… ma d’altra parte, è di questo che si tratta no? Quando ci si fidanza e ci si dichiara amore, prima o poi si mette su famiglia, è nella natura delle cose insomma… certo, se si vuol dare retta ai cosiddetti “progressisti” presto vedremo uomini sposati a uomini che adotteranno bambini, illudendosi di costituire una vera famiglia… è incredibile, no?»
Marco non sapeva, o non voleva, rispondere a quel prete; soprattutto lo infastidiva il suo tono di voce, sicuro e serio, come se si aspettasse di trovare solidarietà incondizionata; ma Marco su quel punto non voleva cedere, già lo aveva fatto troppe volte in vita sua e adesso vedeva in quell’occasione una possibilità di riscatto per i suoi pensieri e per il suo essere.
«No, non ci trovo niente di incredibile francamente. Tutti gli uomini hanno il diritto di innamorarsi, che importa di chi? Forse devono innamorarsi per accontentare la gente? Ecco la distanza da voi preti, parlate d’amore ma solo se questo rientra nei vostri limiti!»
«È qui l’errore, vedi? Nessuno nega a un uomo di innamorarsi di un uomo, solo non crediamo che possano costruire una famiglia, ecco tutto. Per il resto, ognuno faccia ciò che vuole.»
«No no, scusa un momento: sei stato tu a dire che quando ci si ama prima o poi la natura delle cose porta a costruire una famiglia, e allora? Per i gay ammettete l’amore ma non la conseguenza? Come si spiega?»
Intanto un lungo fischio del treno invitava i passeggeri a prepararsi all’arrivo. Fabio non sapeva che quella conversazione lo aveva messo faccia a faccia non tanto con un coetaneo, ma addirittura coi suoi stessi principi; e cercò di avere l’ultima parola:
«Beh… quello che penso io è che un giovanotto come te, con una donna che corrisponde il suo amore, non dovrebbe mettersi questi problemi; lasciate che ci pensiamo noi a difendere Dio, i Sacramenti e i valori dell’uomo, che è compito di noi preti. Continua ad amare e onorare la tua donna, ché Dio vi ha messo al mondo per questo, ed è amore legittimo e sacrosanto fra te e… a proposito, ma come si chiama?»
Il treno era quasi fermo, e Marco si voltò verso Fabio mentre già si avviava verso l’uscita:
«Chi, il mio amore legittimo? Quello sacrosanto? Antonio. Si chiama Antonio. Ti piace?»

 

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22 commenti »

  1. Ciao Alessio, in un ottica di accrescimento reciproco muovo alcune timide “critiche tecniche”. Al principio ti sei dimenticato di dire che viaggiava in treno: “prese posto”, dove?
    “…più sgargiante rispetto al suo abito talare”, è superfluo, sarebbe bastato dire “in maniera di fin troppo più sgargiante”. “Il treno affrontava ora una larga curva proprio sopra il lago”. Che lago è? Perché lo definisci “il” lago, come se il lettore dovesse conoscerlo? Non se ne era ancora parlato… In fine non mi aspettavo che Fabio fosse “bacchettone”, forse avrebbe più efficacia per il racconto renderlo aperto, fargli intuire la natura omosessuale del ragazzo. Non credi che potrebbe essere interessante se il ragazzo diffidasse del prete e cercasse di nascondere la propria omosessualità e invece il prete avesse intuito e lo appoggiasse? Ma forse diventerebbe banale? Non so. Nella versione attuale, però, mi sembra che manchi qualcosa di grintoso, una svolta, non accade nulla di imprevisto.

  2. Ahahaha bellissimo! Ho esultato alla fine del racconto! “Antonio. Ti piace?”
    Un dialogo realistico, è bello anche il cambio di punto di vista dal prete a Marco, è bello il finto buonismo del prete che fa finta di mettersi alla stessa altezza dei ragazzi dei suoi tempi ma poi non fa altro che giudicarli… Bravo! Il tema è affrontato benissimo, mi è proprio piaciuto!

  3. Ciao Alessio, ho letto con attenzione il tuo racconto. Fai un ottimo uso della punteggiatura e questo rende la tua narrazione ed i dialoghi armoniosi e fluidi. Ho, però, trovato un errore che ti vorrei far notare ( che non sminuisce la validità del tuo racconto ma che e’ solo una mia fissazione da purista ): la ” e ” congiunzione dopo la virgola non andrebbe messa. Ma , forse, sarà stato l’ inconscio a suggerirtelo? Sarà un caso che, per tutta la tua narrazione, ” congiungi ” e, allo stesso tempo, ” dividi ” i due personaggi? Ha ha ha …e chi può dirlo? Comunque, a me e’ piaciuto questo ” finto avvicinamento ” di entrambi per poi ” prendere le distanze ” …Bravo Alessio!

  4. Quando i contenuti seri ed importanti sono trattati con una leggerezza consapevole, il risultato è notevole. Certi argomenti possono sollevare polemiche infinite, tu hai trovato l’approccio giusto, secondo me, e con un allegro finale. Complimenti!!!!

  5. Carissimi amici scrittori, scrivo questo commento in calce al mio racconto per ringraziarvi tutti, comunque vada a finire. Io non sono mai stato iscritto ad alcun social network, non avevo mai “chattato” in alcun modo prima d’ora, ma con voi mi sto divertendo. E sono sicuro anche di un’altra cosa: con voi sto crescendo… e non è mai troppo tardi! Grazie anche a chi non ha letto il mio racconto, anche se spero sempre nei vostri commenti.

  6. Dico subito che un racconto fatto di dialoghi è difficile da scrivere perché insidioso. Spesso ci si perde e il lettore , ad un certo punto, non capisce più chi sia l’uno e chi l’altro, perché l’autore tende a far parlare i due interlocutori allo stesso modo. Ecco, questo nel tuo racconto non accade, e tanto basterebbe per giudicarlo ottimo. In più, hai tenuto viva la mia attenzione fino all’ultima riga dove la rivelazione, che già si intuiva, ha il sapore della soddisfazione

  7. Alessio,

    ho tifato per Marco come un sostenitore incallito!

    Scrivi proprio bene: la storia scorre veloce verso un finale effervescente grazie ad una penna leggera e mai eccessiva o invadente.

    L’ultima frase è da antologia.

    Mi sarebbe proprio piaciuto vedere l’espressione imbarazzata del povero Don Fabio, anzi di “Fabio”, come gli piace presentarsi ai giovani perché “non vuole che sentano la distanza” :-).

    Complimenti!

  8. Ben scritto, interessante e, come ogni vero e buon racconto, con intrigante finale.

  9. Alessio eccomi! Intanto grazie per i tuoi apprezzamenti al mio racconto e sì, è come dici tu, fa molto bene sentirsi dire che il proprio scritto si lascia leggere con piacere. Il tuo fa riflettere su quanto sia facile cadere nella banalità del mero consiglio dando per scontato l’interlocutore che abbiamo di fronte, e che soprattutto non conosciamo affatto. E poi fa venire, mano mano che si legge, quel sorriso sottile, come quando scopri al tavolo verde chi è il baro, ma tieni su le carte fino alla fine solo per il gusto di mandargli tutto all’aria….

  10. Ho letto delle belle storie, scritte bene e molto varie. La voglia e la necessità di scrivere, di raccontare, personalmente mi accompagna da vent’anni, ed ero convinto che i miei racconti fossero destinati a restare miei… finché non vi ho incontrati. Essere letto e commentato è una soddisfazione insostituibile per chi scrive, finalmente mi sono sentito meno solo. L’arte del racconto non può morire, un immenso GRAZIE a tutti voi che la tenete in vita, e me con lei. In bocca al lupo a tutti voi, grandi scrittori.

  11. Complimenti Alessio, hai scritto un racconto ironico e intelligente, che si legge volentieri e che lascia uno strano sorriso sul volto di chi legge.

  12. w l’amore in tutte le sue forme!Bel racconto dal tema attuale e trattato con sensibilità ed ironia,mi sono piaciuti molto i dialoghi e mi hanno affascinato i personaggi,il finale poi è stato la ciliegina sulla torta.Tanti complimenti e in bocca al lupo

  13. Davvero ben costruito. Ho intuito a poche righe dalla fine il possibile finale e quando l’ho visto realizzato con quella splendida battuta finale ho praticamente goduto (sempre in modo legittimo e sacrosanto, sia chiaro). Complimenti.

  14. Ciao Alessio! Bel racconto, ho trovato ottima l’idea alla base della trama, tra l’altro ben sviluppata e molto piacevole da seguire. E poi, il finale è SACROSANTO! 🙂 🙂 Complimenti.

    ps.: Grazie mille per il tuo commento al mio racconto!!!!

  15. Ciao a tutti. Volevo solo precisare che io continuo a leggere i racconti di tutti voi anche se poi magari non li commento o li commento tardi. In generale devo complimentarmi con tutti per la varietà di temi e di stili narrativi che ho potuto riscontrare, e sono orgoglioso di essere tra voi.

  16. Caro Alessio devo farti i complimenti perché scrivi davvero bene. Bei personaggi, bell’ambientazione. Che si trattasse di un uomo il fantomatico amore dall’altra parte del telefono l’ho intuito a un certo punto. Forse un po’ troppo presto. Ciò non toglie nulla alla trama che regge ed è quantomai attuale. Bravo.

  17. Anche se non ricevo più commenti al mio racconto io continuo a leggere i vostri, e voglio lasciare un commento che valga per tutti: l’Italia è zeppa di grandi scrittori in erba, cercate di emergere in qualunque modo perché di voi c’è bisogno. Per quanto mi riguarda spero anche io di farmi conoscere in un modo o nell’altro e di condividere con voi questa grande gioia.

  18. Ciao Alessio,
    sono restia a commentare perchè a volte mi trovo davanti altri commenti che, invece di apprezzare la trama e la sensibillita’ di affrontare un tema delicato e piu’ che odierno, c’e’ chi si ostina a rimarcare cosa avresti dovuto scrivere e come.
    Insomma, questo e’ un concorso che permette lo scambio e l’interazione e per questo motivo ho partecipato per il secondo anno consecutivo.
    Mi danno pero’ fastidio i vari “maestrini dalla penna rossa” .
    Non siamo a scuola, non è un compito in classe da correggere.
    Ti faccio i miei complimenti con l’augurio che anche tu possa trovare una collocazione in questo mondo fatto di lettere che scorrono sotto le dita in modo spontaneo .
    in bocca al lupo!

  19. Complimenti ai vincitori. Chissà se un giorno capiterà anche a me di colpire una giuria con la mia scrittura…

  20. Alessio, persevera e ci riuscirai. Tuttavia non mi riesce di capire come mai un commento a nome di art bell gia’ ieri faceva i complimenti a un autore che è nella rosa dei vincitori ( peraltro vincita meritatissima, io stessa mi ero complimentata).
    Ma la domanda, per chiarezza e perche’ non so bene dove postarla, perchè gia’ ieri pomeriggio il non meglio identificato art bell sapeva che ce l’avrebbe fatta?
    mi piacerebbe avere una risposta a questo commento di questo tizio/a che mi pare non essere ancora stato approvato dallo staff e in attesa di essere pubblicato

  21. Ovviamente i vincitori sono stati avvertiti prima di essere pubblicati nel sito. Ieri pomeriggio chi ha ricevuto la comunicazione non si è trattenuto e deve averlo detto al suo amico – in questo caso art bell. Tutto qui.

  22. ok, ci sta. Non ho mosso polemica per non essere rientrata nei vincitori, la mia vittoria l’ho avuto dieci giorni fa con il primo premio di un concorso internazionale per narrativa inedita e la pubblicazione gratuita del romanzo piu’ la vincita’ in denaro. Tuttavia, mi chiedo perche’ ci sono, ad esempio, le regole sulla lunghezza del racconto che in molti hanno disatteso sono stati comunque pubblicati. Questo non mi pare corretto; nel mio caso specifico rendo meglio ” sul lungo” , ma in modo ligio mi sono attenuta alle regole.
    Al di la’ di tutto, molti dei racconti che ho visto vincitori li ho trovati da subito piu’ che esilaranti. Alcuni credo di non averli proprio letti.
    Grazie per la solerte spiegazione.

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