Premio Racconti nella Rete 2016 “Colorati granelli di vita” di Rena Bianchi (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Quella primavera era particolare, i rami del susino erano già fioriti, ma, se alzavi gli occhi al cielo, lo vedevi grigio come d’autunno. Non era freddo, ma ancora il tepore del sole che scalda, lieve, lieve, non si faceva sentire. La bambina, comunque, uscì fuori di casa divertendosi a schiacciare le pozzanghere, con piede deciso. Poi, avendo ritrovato il pallone che il giorno prima il fratellino aveva calciato con vigore e che era sparito dietro gli alberi, si divertiva a lanciarlo in aria e a farlo ricadere in terra con molteplici sobbalzi, che davano il ritmo a tutta l’aia.
Nell’inverno passato, col freddo e la pioggia frequente, Novella aveva potuto giocare poco all’aperto e così, per tanto tempo, se ne era stata nella stanza che i genitori avevano attrezzato per loro: sì, perché Novella e Rocco erano bambini molto fortunati, ovvero molto amati, e avevano una stanza dei giochi tutta per loro.
Fin da quando era più piccola, Novella aveva una particolare predilezione, tra i giochi della loro stanza, per un cavallino a dondolo, di legno, rosso, con decorazioni gialle, piccole, che formavano una specie di ornamento e gli davano un aspetto importante: era bello cavalcare, dondolare, fin quando non veniva distolta da qualche altro giocattolo lì appresso. Nelle giornate piovose, la stanza era il rifugio ideale per i fratelli, e lì potevano piacevolmente passare i pomeriggi.
A loro, spesso, si univa Elisabetta, la bambina della casa con il pino, prima della curva. Con i ragazzi di casa Tolomei lei stava molto bene, proprio a suo agio e appena si liberava dagli impegni di scuola e dai compiti pomeridiani, andava spedita verso la vicina abitazione dei due amici, che l’accoglievano sempre con calore.
Un giorno, mamma e papà Tolomei dovevano uscire per accompagnare lo zio Giorgio ad un congresso su recenti scoperte scientifiche, e lasciarono i ragazzi da soli, raccomandando loro di fare i bravi e rassicurandoli che sarebbero tornati dopo poco tempo. Così Rocco e Novella si godettero per un po’ la libertà della casa intera. Non che di solito ci fossero per loro proibizioni eccessive, dei divieti particolarmente pesanti, ma si sa che senza i genitori, per quanto bravi e pazienti come i loro, i figli sono sempre i re delle situazioni. Infatti, frugando in giro, in un armadio, nella stanza dove la mamma stirava, trovarono un vecchio vestito di carnevale, che era stato, forse, del loro papà. Si trattava di un paio di pantaloni neri, un po’ lucidi, larghi, che si stringevano poi alle caviglie con un elastico e una casacca che cascava morbida, con rombi marroni, neri e bordeaux, e un collettino bianco. Era la maschera di un personaggio della commedia lombarda, forse dell’ottocento, loro non ne sapevano bene la storia, ma Rocco lo indossò e cominciò a recitare una piccola pantomima, che lo vedeva discutere con un immaginario ed improbabile altro personaggio. Novella aveva trovato, invece, sempre nella stessa stanza, delle pattine di stoffa e cominciò con quelle ad ondeggiare sul pavimento, con morbidi passi, quasi di danza.
In sottofondo c’era solo il vocio di Rocco, alle prese con il suo misterioso antagonista e da fuori, un vago battere di martello o scalpello, che proveniva sicuramente da una casa non distante. Mentre i due fratelli erano intenti a curiosare in un altro cassetto dell’armadio, dove avevano già trovato di che divertirsi, sentirono un guaito vicino alla porta di casa, e come qualcosa che grattava.
Andarono tutti e due a vedere cos’era e si resero conto che Sancho, il cane dei vicini, era arrivato da loro, un po’ triste, forse perché il suo padrone era uscito. Sancho aveva scavato una buca piano piano, sotto la siepe del giardino ed era riuscito ad allontanarsi, arrivando fino lì. I ragazzi lo conoscevano bene, perché spesso il suo padrone, quando lo portava in giro, si fermava a salutarli e loro gli facevano le feste e lo accarezzavano.
Allora, dopo averlo consolato un po’, con carezze e colpetti sulla groppa, a mò di buffetti, lo fecero entrare in casa e pensarono di farlo rimanere lì, in attesa del rientro del suo padrone. Con loro, Sancho si sentì rassicurato e dopo un po’ cominciò a scodinzolare e a fare delle piccole corse da una stanza all’altra, seguito dai ragazzi, che giocavano a farlo scappare per poi riacchiapparlo.
Senza dubbio, per loro un cane sarebbe stata un’ottima compagnia ed avevano anche osato chiedere ai genitori di adottarne uno, magari sfortunato perché abbandonato da cucciolo, ma mamma e papà, su quel terreno, erano irremovibili: non avrebbero avuto il tempo e la pazienza necessari per accudire l’animale, che, si sa, deve essere trattato con tutto il rispetto possibile, quasi come un figlio. E loro di figli ne avevano già due, che sicuramente, da adulti, avrebbero potuto soddisfare quella sana voglia di compagnia.
Quindi, quel giorno, si godettero in tutta libertà, il brio e la vivacità dell’animale ed anche Sancho si deliziò dell’allegria dei due piccoli amici.
La sera, al rientro, i genitori si mostrarono un po’ risentiti per la confusione che regnava, ma senza troppe discussioni riaccompagnarono, tutti insieme, il cane dal proprio padrone. Quest’ultimo, quando vide Sancho, lo accolse con infinita tenerezza, cosicché, per i due bambini, il distacco fu ragionevolmente sereno.
Una volta a casa, Rocco e Novella aiutarono mamma e papà a sistemare stoffe e giochi, con i quali si erano parecchio divertiti, sparsi un po’ in giro e dopo la cena, a base di crema di piselli e polpettine di carne, che soprattutto a Rocco piacevano molto, se ne andarono a dormire, salutando con un bacio i cari genitori.
E dopo una giornata così intensa e divertente, sicuramente c’era una folla di personaggi fantastici che li aspettava ancora, nel sogno di quella notte…
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