Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “Dietro le tende” di Fiorella Malchiodi Albedi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

            Mi accorgo con stupore che l’attesa in questa stanza disadorna e la forzata inattività, che pensavo sarebbero state causa di noia e di fastidio, stanno invece inaspettatamente nutrendo per il mio spirito, e sento crescere dentro di me quella che potrebbe diventare l’idea di un racconto. Colgo per ora solo immagini disordinate, dettagli troppo vaghi che non potrei tradurre in parole e soprattutto che non riuscirei a fissare sulla carta. D’altra parte è ciò che accade sempre: in principio è solo l’ombra di un’intuizione, come il movimento di una forma indistinta dietro ad una tenda, avverto la sua esistenza, ma non riesco a darle concretezza. Devo coltivare con pazienza questo barlume di idea, ed attendere senza scoraggiarmi, come quando affondiamo nel terreno un ramo tagliato di fresco, sperando che da esso nasca una nuova pianta. All’inizio è solo uno stelo nudo, ma dobbiamo innaffiarlo e curarlo con perseveranza, e credere fiduciosi che anche se in superficie continua a sembrarci solo uno zeppo privo di vita, le radici stanno allargandosi, invisibili, sotto il terreno. E quando sarà il momento, quando avrà attecchito e preso sufficiente vigore, lo stelo germoglierà.

            E intanto attendo, dietro alle tende, che la donna amata si mostri nel vano delle finestre di fronte. Mi chiedo se sia stata un’idea malsana, se sia la nuova beffa di quello spirito maligno che spesso governa le mie azioni. L’ho chiamato maligno? Dovrei chiamarlo salvifico, so bene che è ad esso che devo la mia ispirazione alla scrittura, quell’estro un po’ satanico che sa tradurre in narrazione tanti miei incubi. Non ho saputo resistere. Avevo scorto il cartello riaccompagnandola a casa, ma non avevo potuto leggerlo con attenzione. Ridiscendendo, ho attraversato la strada, e mi sono fermato davanti al esso, fingendo di sostare per indossare i guanti. E mentre facevo scivolare con lentezza la seta lungo le mie dita, ho scoperto che un appartamento veniva affittato al terzo piano della casa di fronte a quella della mia fidanzata, e che affacciava sulla strada, proprio nella collocazione ideale per sorvegliare le sue finestre, che sono al secondo piano. Mi sono reso conto che mi si presentava, inaspettatamente, l’occasione di scoprire il vero volto della donna che sto per sposare. La tentazione, fortissima, è nata dentro di me. Mi ha colto per un attimo il dubbio che fosse una cosa sconveniente, ma l’ho subito fugato. Io ho il diritto di sapere quello che alberga nell’animo della donna che sarà mia moglie, e come posso essere sicuro di cogliere la sua reale natura se non osservandola quando ella è sola, quando le sue azioni si spogliano dagli atteggiamenti forzati, dai gesti obbligati che la presenza altrui, fosse anche quella della persona amata, le impone? E’ l’ansia di conoscenza, che mi ha portato ad indossare questa inusuale veste di spettatore nascosto, null’altro. Voglio osservarla nell’intimità delle sue stanze, nella spontaneità della solitudine. E’ un piano rischioso, ne sono cosciente, se venisse scoperto certo tutto andrebbe all’aria, il fidanzamento e quindi il matrimonio. Ma io devo scoprire chi è lei davvero, se qualcosa di ignoto si cela nel suo animo, coperto dall’inganno delle convenzioni. Solo così avrò la certezza che il passo che sto per compiere è quello giusto.

            Ma è il secondo giorno che sosto, inattivo, davanti a questa finestra, spiando attraverso il sottile spiraglio che ho lasciato tra le tende tirate, ma nulla sembra accadere nell’appartamento di fronte. Oggi, riaccompagnandola, le ho chiesto cosa avrebbe fatto, salita in casa. Lei mi ha risposto che si sarebbe esercitata al piano prima di cena. Ne sono stato molto felice, perché da tempo desidero ascoltare la sua musica. Così, mentre lei saliva, accertatomi che le tende della sua casa fossero ben tirate in tutte le finestre e che nessuno osservasse i miei movimenti, sono sgattaiolato nel mio nascondiglio. Ma è passata ormai un’ora e nulla è accaduto. E’ molto strano, perché la finestra che ho di fronte è proprio quella del salotto in cui è posto il piano, di fianco alla finestra, nella giusta collocazione perché la luce illumini lo spartito. Ne intravedo la sagoma dietro la tenda chiusa, ma nessuno siede sullo sgabello, e il coperchio della tastiera è abbassato. Quale altra attività, più urgente, la sta trattenendo? Perché non me ne ha parlato? Mi ha spesso raccontato della sua passione per la musica, di come passi ore ed ore ad esercitarsi al piano, dei suoi brani preferiti e ho scoperto con piacere, commentandoli con i miei amici, che denotano un gusto colto ed alquanto originale. Ma non ho mai avuto occasione di ascoltarla. E’ sempre stata schiva, in questo, ha detto di vergognarsi, di temere il mio giudizio. Ma come potrei criticarla, proprio io, che ho abbandonato lo studio del piano così presto, che non ho mai avuto alcun talento in questo campo, e che non ho alcun senso della musicalità, come dicono i miei amici? Ed è invece proprio per questo, che sono così ansioso di ascoltarla. Spero che attraverso il suo affetto io sia contagiato dalla passione per la musica, e riesca ad entrare in quel mondo che osservo in punta di piedi, dal di fuori, incapace di comprenderlo. Ha detto che sta esercitandosi sulla partitura per piano del trio opera 100 di Schubert. Ne ho sentito parlare come di un’opera di una bellezza sublime, e di una modernità emozionante. Io attendo con ansia il momento che lei mi sveli i segreti di questa musica, ma lei indugia, sostiene che non vorrebbe mai darmi una delusione. Io non le credo, penso ad una ritrosia di maniera, al desiderio di essere pregata, ma sono ormai mesi che continua a negarsi. Come mai?

            Improvvisamente, un gesto veloce e risoluto apre le tende della finestra di fronte. Faccio un salto indietro, come se fossi stato scoperto. Poi mi riprendo, nessuno può vedermi, e torno ad avvicinare con attenzione l’occhio allo spiraglio tra le tende, ben attento a non farle muovere. La mia fidanzata è vicina al piano, sua madre è con lei; ho lasciato aperti i vetri, per sentire il suono del piano, ma non sono abbastanza vicino, dubito che riuscirò a sentire le note, e certamente non riesco a cogliere le parole delle donne, che discutono vicino allo strumento. Non capisco cosa dicono, ma il loro atteggiamento è inequivocabile: la donna più anziana sta sgridando la giovane, che ha il capo chino, nell’atteggiamento che si confà a quello di una figlia rimproverata. Me ne compiaccio, apprezzando la sua remissività di figlia rispettosa. Ma la piacevole sorpresa dura poco. Ecco che la figlia rialza la testa, e ora sembra stia ribattendo con durezza alle accuse della madre. Questa dapprima sembra arretrare di fronte all’inaspettata violenza, poi si riprende, le due donne ora si affrontano, l’una gridando contro l’altra, con asprezza. Alla fine, è la giovane ad arrendersi. La madre tace e con un gesto autoritario le indica lo sgabello del piano. La figlia sospira, e, apparentemente con grande sacrificio, si siede e apre la tastiera. Non riesco a sentire le note, ma distinguo con precisione il movimento delle sue mani e vedo le sue dita articolarsi rigidamente, con difficoltà, eseguendo in maniera lenta e incerta quella che sembra una banalissima scala di do.

            Ieri ho rotto il fidanzamento, ma che importanza ha? E’ come se la sofferenza della scoperta dell’inganno e della conseguente rottura, e il ritrovato senso di solitudine, siano stati il giusto alimento per la mia anima. L’idea che vagava indistinta nella mia testa è sbocciata e l’incubo che mi tormentava ha preso la forma di un racconto. Questa è la prima riga:

            Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto.

 

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4 commenti »

  1. Un’idea originale quella del protagonista, seppur forse un po’ perversa. Rimango titubante sulla rottura a seguito dell’inganno subito, che, almeno all’apparenza, con gli elementi di cui il lettore è a conoscenza, da la sensazione di essere stata una decisione poco sofferta e non troppo riflettuta. Per renderlo più completo avrei indagato maggiormente la psicologia dei personaggi. Comunque risulta un racconto ben scritto, fluido e scorrevole.

  2. Grazie dei commenti. Hai ragione, la decisione appare affrettata. Ma ora che mi ci fai pensare, se fosse invece un’inaspettata via di fuga, che lo scrittore intravede e si affretta a cogliere? Ci rifletterò su (a volte i personaggi dei racconti ti prendono la mano e cominciano a vivere di vita propria….)

  3. Ciao Fiorella, ti segnalo che proprio all’ inizio e alla fine del tuo racconto c’e’ qualche omissione di parole ed una punteggiatura non congrua al testo. Credo tu possa risolvere inviando una mail agli autori affinché ti consentano di rimediare alla piccola svista.( Se di svista si tratta.. se è , invece, ‘ stata una scelta, chiedo scusa per il mio limite personale alla comprensione del testo). Tutto, ma dico proprio tutto il resto del racconto fila che è una meraviglia!! Mi è piaciuto moltissimo sia il tuo stile sia la storia del tuo personaggio ” voyeur ” che mi ha ricordato vagamente ” L’ uomo che guarda ” del grande Moravia. Bello il finale che si ricollega all’ incipit.

  4. Grazie mille, Gloria, puoi rileggere un racconto mille volte e l’errore che è proprio sotto i tuoi occhi continui a non vederlo. Proverò a fare come dici per correggerlo.

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