Premio Racconti nella Rete 2016 “La panchina” di Fiorella Malchiodi Albedi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Sto uscendo per andare al lavoro, ma prima scendo un attimo in giardino a guardare la panchina nuova. L’ho comprata ieri sera e quando l’ho sistemata sul prato, sotto al fico, era già tardi e quasi buio e non sono riuscita a capire se faceva un bell’effetto. Ora, scendendo le scale, non vedo l’ora di ammirarla immersa nel verde e già pregusto il tocco di eleganza che darà al giardino.
Ma girando l’angolo della casa, scopro che sulla panchina è seduto un signore anziano, sconosciuto.
Vi avvicino perplessa.
– Salve! – gli dico.
– Buongiorno – risponde lui, con un bel sorriso, facendo il gesto di sollevarsi il cappello. Ha un giornale in mano, ma non lo sta leggendo.
– Scusi, ma come è entrato?
Sorride di nuovo.
– Il cancello era aperto.
Sto per dirgli: “Si, ma non vede che è proprietà privata!” ma poi mi sembra una cosa davvero brutta. Così dico solo:
– Trova comoda la panchina?
– Sì, è molto comoda. Ha scelto lei di metterla qui, sotto il fico?
– Sì.
– Non c’era posizione migliore. Vede, arriva il profumo di quell’arbusto con i fiori bianchi… Petti d’angelo, se non sbaglio…
– Sì, sono proprio petti d’angelo.
– Non sentivo questo profumo da quando ero bambino, ce n’era un cespuglio proprio sotto la mia finestra. E’ incredibile il potere evocativo dei profumi, sono seduto qui da dieci minuti, ed ho visto scorrere davanti ai miei occhi tanti ricordi che credevo perduti…
– E’ proprio vero, – gli rispondo – e anch’io ho dei petti d’angelo nei ricordi della mia infanzia. Sa, quando ho traslocato qui, questa pianta non fioriva. Sapevo cos’era, e tutti gli anni aspettavo ansiosa la primavera, ma niente, mai neanche un bocciolo. Allora ho pensato che l’esposizione non era delle migliori e l’ho spostata qui, dove riceve il sole del mattino. Può immaginare la mia gioia l’anno dopo, quando si è coperta di fiori?
– Certo, risponde lui.
Tacciamo un attimo e poi dico.
– Può chiudere il cancello quando va via?
– Senz’altro, dice lui, e di nuovo fa quel gesto gentile di saluto.
Percorro i pochi passi verso il cancello e mi giro. Lui se ne sta comodamente seduto, e ancora guarda lontano con aria sognante.
La mattina dopo, sulla panchina, c’è seduta una donna che ha vicino una carrozzina con un bimbo.
Di nuovo trasecolo.
– Scusi, ma come ha fatto a entrare?
– Oh, il suo vicino, gentilissimo, mi ha aiutato a scendere i gradini con la carrozzina.
Non era questo che intendevo ovviamente!
– E il cancello era aperto!
– Sì, aperto e molto invitante, grazie.
Mi viene il dubbio che qualcuno mi abbia fatto uno scherzo. Magari sul mio portone hanno attaccato un cartello, tipo “Entrate e mettetevi comodi”. Vado a controllare, ma sul cancello non ci sono scritte di nessun genere.
Torno indietro, di nuovo vorrei chiedere conto dell’intrusione, invece dico:
– Le piace il giardino?
– Oh, è veramente delizioso. Lo cura lei?
– Sì. Che ne pensa di questi tralci di rose rampicanti, non li trova un po’ troppo invadenti?
– No, affatto, creano questo effetto di fiori a cascata, davvero bello. E sono anche profumati.
Guarda con affetto il bimbo che sonnecchia nella carrozzina.
– Tutti dovremmo vivere l’infanzia a contatto con la natura.
Penso che abbia ragione e mi viene in mente un ricordo a cui non pensavo da tempo.
– Sa, – le dico – forse il mio primo ricordo sono le foglie di una pianta che filtrano i raggi del sole; dovevo essere proprio piccola, forse avevo appena un anno, ed ero seduta sulla terra, magari ancora non camminavo, e quella luce era così intensa…
– Già, – dice lei – è il sole dell’infanzia, non sarà mai più così luminoso… Ma non vuole sedersi a fare due chiacchiere?
– No, la ringrazio, purtroppo devo andare a lavorare. Ma come farà a risalire i gradini da sola, con la carrozzina?
– Il suo vicino gentile mi ha detto che posso citofonargli, quando vado via.
– Quindi è tutto a posto?
– Sì, certo. Grazie ancora.
– Bene, allora vado. Può chiudere il cancello quando va via?
– Senz’altro!
La mattina dopo, scendendo le scale di casa, già mi immagino, che so, un signore con il cane o una coppia di fidanzati, ma invece oggi non c’è nessuno. Beh, almeno potrò vedere se la panchina è comoda, ma mentre mi avvicino, ecco che da dietro il fico spuntano due donne, una di una certa età, l’altra più giovane. Mi vedono e fanno un cenno di saluto, come se niente fosse.
– Veniva a sedersi sulla panchina? – chiede la giovane.
– No, no, – rispondo un po’ a disagio – prego, sedetevi pure.
Mi sorridono e si accomodano.
– Com’è bello questo cespuglio giallo, come si chiama? – chiede l’anziana.
– E’ una kerria.
– Ah, ecco, dice lei. Ma tanto non riuscirò a ricordarlo. Sa, il bello di questo giardino è che è un luogo separato, ben delimitato, e per entrarci si apre un piccolo cancello e si scendono dei gradini. Insomma si ha l’impressione di entrare in un posto diverso, e speciale. Mentre ora si fa tutto prato, si mette qualche pianta, magari si creano delle aiole, e lo si chiama giardino, ma non è così. Questo è un vero giardino.
– Ha ragione, – le rispondo – capisco bene quello che dice. Era così il giardino di mia madre, ed io ho cercato proprio di ricreare la sensazione di cui lei parla, di entrare in un luogo esclusivo in cui potersi appartare, lontano dagli sguardi degli altri. Da piccola era il luogo preferito in cui sognare e vivere avventure immaginarie, un’attività importante quando si è bambini.
– Anche quando si è adulti, a volte – dice la giovane, sorridendo.
Sorrido anch’io. Almeno i miei intrusi sono gente simpatica, penso.
– Purtroppo devo andare. Mi raccomando di chiudere il cancello, quando uscite.
– Stia tranquilla. A presto.
Ieri, al tramonto, mi sono affacciata dal balcone a guardare il giardino. Questa è davvero la stagione più bella; gli iris viola stanno sfiorendo, ma già cominciano quelli color oro, e i tralci di rose, e i cespugli gialli, e il tronco del fico, così contorto e nodoso, su cui cominciano a verdeggiare tenere foglioline: è una vera gioia starli a guardare. Presto farà caldo, ma sotto il fico ci sarà un’ombra piacevole. Sì, proprio lì, sotto le sue fronde, devo proprio decidermi a mettere una panchina.
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Molto simpatico e creativo!!!!
Che bel racconto. Elegantissimo nella forma, nello stile, nelle suggestioni che crea. Complimenti
Questo mi sembra un racconto ben riuscito, nulla da dire.
Stile molto elegante, pulito e preciso.
Sobrio, mi trasmette tanta serenità! Complimenti!!!
Sei praticamente il mio opposto, e perciò mi attrai moltissimo. Solare, positiva, delicata…bravissima.
Grazie a tutti, anche da parte del mio giardino, che è molto orgoglioso di aver suscitato il vostro interesse.
Delicata e intensa la tua storia. Complimenti. In bocca al lupo.
Se ti va, passa da me.
Ho letto gli altri tuoi due racconti che, come sai, ho apprezzato molto.Bellissimo anche questo, molto suggestivo, rilassante…non ho potuto fare a meno di notare, mettendo a confronto ” lo scolapasta ” con ” la panchina ” che , in entrambi i casi, la vera protagonista è la generosità: nel primo racconto vorresti essere generosa fino in fondo, ma non ce la fai , mentre, nel secondo vorresti goderti il tuo giardino con ” sano ” egoismo ma…di nuovo non ce la fai perché, tuo malgrado, la generosità ha il sopravvento. ..
Cara Gloria, sono molto lusingata dal fatto che hai speso del tempo a interpretare i miei racconti e ti ringrazio. Non so se nel secondo è la generosità che anima la protagonista, oppure la curiosità di capire chi sono gli intrusi, o anche una certa vanità per l’ammirazione che riscuote il giardino… o forse un misto delle tre.
Stasera ho riletto il tuo racconto cara Fiorella e il mio giudizio non è mutato affatto. Elegantissimo e suggestivo
Grazie ancora, Ottavio, e di nuovo complimenti, anche se, tra i tuoi racconti, il mio preferito è quella ambientato a Procida.